Quella strana ombra
Era un freddo pomeriggio di dicembre, la vigilia di Natale, quando io e mio padre ci mettemmo alla disperata ricerca del presepe. Avevamo infatti scoperto che nella casa nuova quello vecchio, essendo troppo grande, non aveva un posto in cui stare.
-Ne troveremo un altro- aveva detto fiducioso mio padre.
Peccato che non ne avevamo ancora trovato uno che gli andasse bene. Troppo grandi, troppo piccoli, troppo elaborati, troppo semplici, inutile ricordargli che la perfezione non è di questo mondo, mio padre quando si mette in testa qualcosa non se la toglie più. Tremante per il freddo lo seguivo lungo la strada, pregando che si sbrigasse a trovare qualcosa di suo gradimento, così da poter finalmente rifugiarci nel calore di casa nostra e dedicarci alla cenetta che mamma stava certamente preparando.
-Intanto non troveremo nulla- continuavo a ripetere.
-Lo sapevo, manchi di speranza-
E lui abbondava d'ottimismo evidentemente. Ognuno la sua pena. Intanto ben presto i negozi avrebbero chiusi e mio padre si sarebbe dovuto arrendere all'evidenza: non aveva trovato nulla. E poi successe l'impensabile.
-Ecco cosa cercavo!- esclamò mio padre, fermandosi proprio dinnanzi ad un piccolo negozio che io non avevo neppure visto. In vetrina c'era un presepe dall'aspetto bizzarro. Infatti non era ambientato dentro una stalla, ma dentro il portico di una villa di epoca vittoriana ed i personaggi parevano ognuno venire da un periodo storico diverso. Antichi romani, dame rinascimentali, c'era un po' di tutto lì dentro. Inoltre niente bue od asino, solo un unicorno ed un grifone.
-Non dirmi che ti piace quello- esclamai, tra il sorpreso e l'inorridita.
-Non vedi che è tremendamente originale?- e dal tono della voce capii che non avrebbe ammesso repliche. Senza aggiungere altro entrò nel negozio. Io feci per seguirlo ma mi bloccai vedendo che c'era qualcosa di strano nel presepe. Un movimento sul fondo del portico. Aguzzai la vista. Mi era parso di vedere un'ombra, ma ora non c'era più nulla. Scossi la testa ed entrai anch'io nel negozio. Era piccolo, buio e polveroso. Un luogo angusto che on mi piaceva. Mio padre stava già contrattando con il negoziante, un uomo dall'aspetto inquietante.
-Non è in vendita- stava dicendo l'uomo.
-La prego, mi piace tantissimo- gli rispose mio padre.
-Mi dispiace, ma è solo da esposizione- ribatté l'altro.
-Sono disposto a pagarlo qualsiasi cifra-
-Non si vende-
-La prego- e mio padre si buttò in avanti, le mani giunte, come se volesse supplicarlo.
L'uomo dietro il bancone sospirò. Aveva perso la sua battaglia e lo sapeva molto bene. –Va bene, ma deve tenere presente alcune regole-
-Le metterò in atto-
-Prima di tutto deve essere coperto al calar della notte- disse l'uomo –poi non deve mai essere esposto alla luce diretta del sole-
-Promesso- disse sbrigativo mio padre –ora posso averlo?-
- Un'ultima cosa: se uno dei personaggi dovesse spostarsi nessuno dovrà mai e poi mai metterlo in un'altra posizione-
Un brivido mi percorse la schiena. Spostarsi? Potevano spostarsi da soli? Doveva esserci un meccanismo, non c'era altra spiegazione.
-Promesso, non sposterò nulla ... allora me lo vende questo presepe?-
-Sì, ma deve ricordare queste tre regole e soprattutto deve tenere ben a mente che non è un presepe-
-Per me lo è-
E così il contratto fu firmato.
Mia madre non approvò l'acquisto e ancora di meno quando scoprì che c'erano tre regole da rispettare.
-La punizione quale sarebbe?-
-Non ho chiesto- disse mio padre, stringendosi nelle spalle e facendo per aprire la scatola dentro cui si trovava il presepe.
-Adesso è buio- gli ricordai.
-Fammelo almeno sistemare sul mobile, poi lo coprirò-
-Non se ne parla- disse mia madre –se la regola è questa non si deve infrangere-
-Va bene, vorrà dire che aspetterò fino a domani per vedere come starà su questo mobile-
-Scelta saggia- intervenni io.
-Già- borbottò mio padre, lo sguardo fisso sulla scatola.
La cena fu più silenziosa del solito. Gustammo le pietanze che mia madre aveva preparato sforzandoci di parlare, ma non riuscendo ad intavolare nessun argomento davvero soddisfacente, probabilmente stavamo tutti pensando al nuovo acquisto.
-Domani siamo invitati dagli zii- ci ricordò nostra madre.
Notai che mio padre corrugava la fronte. Certo, lui e la zia non andavano molto d'accordo. Ovviamente a mia madre, soprattutto in occasione di Natale, non si poteva proprio dire di no.
Quella notte, al calduccio nel mio letto, gli occhi chiusi, mi parve di sentire degli strani rumori provenienti dall'interno della casa, ma non mi mossi. Qualcosa, una sorta di atavica paura, mi costringeva a stare ferma lì. E alla fine, fortunatamente, il rumore cessò e io mi addormentai.
Quando mi alzai, il mattina seguente, il presepe si trovava già sul mobile. Mio padre non aveva perso tempo e l'aveva subito messo laddove secondo lui doveva stare, ovvero in bella vista. Mia madre lo fissando con il suo sguardo dubbioso, non era convinta di ciò che vedeva e non riusciva a fingere il contrario. La capivo molto bene. Quel presepe visto nel nostro salotto sembrava ancora più inquietante di quanto non fosse nella vetrina del negozio.
-Più passa il tempo meno riuscirò a capire tuo padre- borbottò mia madre.
-Diciamo che è molto originale- commentai.
-Già, originale- scosse la testa ed andò in cucina.
Io rimasi a fissare quelle statuette, chiedendomi perché appartenessero ognuna ad un'epoca diversa. La cosa era decisamente inquietante. Mi avvicinai e notai che erano perfette in ogni dettagli, come se un tempo fossero state persone vere. Questo pensiero mi fece rabbrividire. Avevo decisamente troppa fantasia. Inspirai a fondo e scossi la testa. Era solo un presepe bizzarro, ecco tutto.
-Oggi siamo dagli zii?- chiesi a mia madre, entrando in cucina, non sapendo cosa dire.
-Già- rispose lei, mettendomi davanti una tazza di caffelatte.
Annuii ed iniziai a mangiare un biscotto.
-Più lo guardo meno quella cosa mi piace-
-Il presepe?-
Mi fulminò con lo sguardo. –Non è un presepe, non chiamarlo così, il presepe è qualcosa di sacro, quello è un obbrobrio e poi non capisco il motivo di quelle regole, non mi piace per niente-
E presto capimmo la ragione di quelle regole.
Era l'antivigilia di Capodanno quando mio padre decise di mostrare a tutti gli ospiti che avevamo a casa il suo meraviglioso nuovo acquisto nonostante ormai fossero le undici di sera.
-Il negoziante ci ha detto di non scoprirlo- gli ricordai io in un sussurro.
-Le regole sono fatte per essere infrante- fu la risposta che mai mi sarei aspettata da mio padre, uomo dalla mentalità rigida e che non mi aveva mai permesso di tornare a casa dopo la mezzanotte.
Il telo fu rimosso e tutti si ritrovarono ad osservare lo strano scenario. Ed improvvisamente successe qualcosa. Un rivolo rosso parve scivolare fuori dal portico, quasi fosse un fiume di sangue. Uno dei presenti urlò. Mio padre lo ricoprì rapidamente con il telo.
-Deve esserci una reazione chimica- borbottò per giustificare la cosa, ma non ci credeva neanche lui.
La seconda regola fu infranta solo pochi giorni dopo. Mia madre stava pulendo e mi chiese di togliere le tende del salotto per cambiarle. Le avevo appena fatte cadere a terra e stavo per raccoglierle quando sentii uno strano verso, qualcosa a metà tra un gemito di dolore ed un pianto disperato. Non avevo mai sentito nulla di più straziante, quasi qualcuno stesse per morire. Mi guardai intorno e vidi che anche mia madre era stata richiamata da quelle strane grida.
-Cosa sta succedendo?- mi chiese.
-Non ... - e poi capii, senza quasi parlare le indicai le statuette che si stavano coprendo il viso con le braccia.
-Oh mio Dio!- esclamò mia madre.
Io rapida presi il telo e le coprii. Le urla cessarono di colpo.
Per alcuni secondi né io né mia madre parlammo. Alla fine fu lei ad affrontare l'argomento.
-Dobbiamo liberarci di quella cosa-
La pensavo esattamente come lei. –Ma come?-
-La riportiamo al negozio-
E fu quello che, perlomeno, cercammo di fare.
- Dov'è?- chiese mia madre, camminando al mio fianco lungo la via.
-Deve essere da queste parti- le risposi io.
Inutile dire che non trovammo mai quel negozio. Era come se non fosse mai esistito. Sconfitte tornammo a casa.
-Dobbiamo buttarlo via- decise mia madre –farlo sparire il prima possibile-
-Sì- acconsentii anche se avevo un terribile presentimento.
Aiutai mia madre a metterlo dentro un sacchetto dell'immondizia, quindi lo buttammo via.
-E anche questa è risolta- esclamò mia madre, tirando un sospiro di sollievo –qualsiasi cosa fosse ce ne siamo liberate-
Il momento di gioia non durò poi così a lungo.
Quella sera mio padre entrò in casa con un enorme pacco. Io e mia madre ci eravamo messe d'accordo su cosa dirgli circa la fine del presepe. Era venuto il proprietario del negozio a riprenderlo, aveva insistito e noi alla fine avevamo ceduto. Semplice ed abbastanza credibile. Mio padre ben presto avrebbe trovato un nuovo passatempo, succedeva sempre così e quel presepe, o qualunque cosa fosse, sarebbe stato solo più un brutto ricordo.
-Eccomi a casa- disse, posando il pacco sul tavolo.
-Quello cos'è?- chiese mia madre.
-L'ho trovato fuori dalla porta, sopra c'è il mio nome, forse è un regalo di Natale con parecchi giorni di ritardo-
Mi avvicinai incuriosita ed osservai mio padre che lo apriva. Quando vidi cosa conteneva per poco non lanciai un urlo. Dentro alla scatola c'era un presepe identico a quello di cui io e mamma ci eravamo sbarazzate. E la cosa più assurda di tutte fu che mio padre non si sorprese del fatto che la sua adorata creatura non si trovasse nel posto che lui gli aveva assegnato, anzi la risistemò subito laddove avrebbe dovuto essere, come se nulla fosse successo. Quello fu l'inizio della fine.
Abbiamo cercato di sbarazzarci del presepe varie volte, abbiamo anche provato a distruggerlo, abbiamo pubblicato ovunque annunci per venderlo, ma nessuno lo vuole, nessuno sente l'oscura attrazione che attira mio padre. Purtroppo so che la sua fine si avvicina sempre di più. L'altro giorno ho a stento impedito che spostasse una delle statuine perché ora, finalmente, ho compreso cosa sono. Quelle fragili statuine un tempo erano persone che si sono imbattute in questo strano oggetto e ne sono rimaste attratte. Ben presto tra di esse ci sarà pure mio padre.
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