Capitolo 6

Si trovava in un corridoio di una grande casa deserta e in rovina. Apparentemente era solo anche se sentiva una serie di voci concitate di cui non riusciva a capire la provenienza. Una volta arrivato in fondo, scorse una statua: sembrava innocua ma non appena si avvicinò la vide tramutarsi nell'immagine della donna che aveva visto l'altra sera al ballo. Era priva di espressione, agghiacciante. Non ebbe nemmeno il tempo di gridare: una lama affilata affondò nel suo petto e sprofondò giù, sempre più giù....

Il Doge si risvegliò di soprassalto, madido di sudore e scosso da brividi. Si passò una mano sul volto cercando per l'ennesima volta di scacciare il volto che ormai tormentava i suoi sogni: mai si sarebbe aspettato di rivederla dopo tutti questi anni. Certo, il tempo l'aveva cambiata ma gli occhi erano quelli di allora...

"Com'è possibile che sia tornata dopo quella notte?" pensò tormentato "Anzi, com'è possibile che sia viva?".

Si alzò in fretta dal divanetto dello studio su cui si era appisolato e si diresse verso la scrivania. Aveva appena fatto in tempo a sedersi quando sentì bussare: era uno dei valletti che annunciava l'arrivo del conte Vittorio Bernardello e del marchese Ludovico Mosca Manin che venivano a riferirgli delle ultime notizie riguardanti le nuove rotte commerciali.

<< Fateli entrare>>

I due, puntuali, dopo essersi rispettosamente inchinati, iniziarono ad illustrare nei minimi dettagli il frutto di tante ore di trattative. Tuttavia, si accorsero ben presto che il Doge li ascoltava a malapena: rispondeva a stento e quando gli porsero i documenti da firmare, li lesse così in fretta che i suoi occhi sembravano quasi sfocati.


 << Anche a te sua Eccellenza il Doge è sembrato molto strano oggi?>> domandò Vittorio non appena lui e Ludovico furono di nuovo all'aria aperta, congedati da Furnier con la scusa di una forte emicrania.

<< Hai ragione>> rispose il marchese <<sembrava persino che avesse la testa da un'altra parte>>. Fece per dirigersi verso casa quando vide la mano dell'amico posarsi sulla sua spalla, nel punto in cui era fissato il mantello di panno nero che indossava ogni volta che il Maggior Consiglio si riuniva per una seduta. Si voltò e vide il conte che sfoggiava un sorriso furbo.

<< Un momento, non ho ancora finito. Anche tu sembri avere la testa da un'altra parte. Di un po', non è che per caso la donna giusta di cui avevamo parlato qualche giorno fa si è finalmente palesata?>>

Ludovico non rispose, così Vittorio riprovò: << Avanti, siamo cresciuti insieme, a me puoi dirlo...>>

<< E va bene >> cedette il marchese << ho conosciuto una donna, ma è tutto così complicato...>>

<< Sei innamorato di lei?>> domandò il conte Bernardello a bruciapelo.

Nel sentire quella domanda, Ludovico si sentì come investito in pieno da una carrozza. Cosa provava per Cristina? Era ancora presto per chiamarlo amore, però non poteva certo negare l'alchimia tra loro, un'alchimia che aveva percepito fin dal loro fugace primo incontro in Piazza San Marco.

<< Lascia perdere...>> concluse, decidendo di tenere questi pensieri per sé

Vittorio, da vero amico, non insistette pur avendo capito tutto. Si salutarono promettendosi di rivedersi l'indomani al Maggior Consiglio e Ludovico si avviò verso casa.


Nel frattempo, Cristina si trovava davanti al portone di palazzo Mosca Manin, incerta sul da farsi. "Sei qui solo per vedere come sta Agnese" pensò, cercando di scacciare quella vocina interiore che le stava dicendo che quello non era l'unico motivo...Alla fine, si fece coraggio e bussò. Giuseppina venne ad aprire e la accolse immediatamente con un sorriso, che lei ricambiò.

<< Sono venuta a sincerarmi delle condizioni della marchesina Agnese>> disse

<< Sta molto meglio, grazie. Ora sta riposando, ma il marchese non fa entrare ospiti nella sua camera quando è assente. Se vuole può aspettare qui, non dovrebbe tardare molto>>

Cercando disperatamente di non far vedere il lieve rossore sul viso, Cristina decise di optare per la soluzione più diplomatica: << D'accordo>> rispose << lo attenderò>>.

Giuseppina annuì e si allontanò, ma mentre tornava alle sue faccende non potè fare a meno di pensare che quella donna era alquanto misteriosa. Affascinante e gentile, certo, ma misteriosa.

Intanto Cristina, per ingannare il tempo una volta rimasta sola, si guardò intorno osservando meglio lo splendido arredamento che aveva notato a malapena la notte in cui aveva riportato lì Agnese, troppo preoccupata per la ragazza e, successivamente, troppo concentrata sul ritratto di Jacopo, dal quale ora aveva rapidamente distolto lo sguardo. Ad un certo punto, si incuriosì vedendo un bellissimo vaso d'argento decorato con disegni blu che sembrava provenire dall'Oriente. Incapace di resistere, lo prese in mano per esaminarlo...

<< Cosa state facendo?!>>

La voce alterata, che riconobbe subito come quella di Ludovico, la riportò bruscamente alla realtà. Aveva appena fatto in tempo a posare il vaso e a voltarsi, quando il marchese si rivolse a lei con tono aggressivo.

<< Perché avevate in mano il vaso preferito di Margherita? Volevate rubarlo?>>

<< Non vi permetto di darmi della ladra. Trovo inappropriato il vostro atteggiamento. E poi non so nemmeno chi sia questa Margherita>> rispose Cristina raccogliendo subito la sfida.

Ludovico passò una mano sul prezioso soprammobile per assicurarsi che non fosse stato danneggiato, prima di tornare a rivolgere la sua attenzione a Cristina.

<< Sapete, trovo inappropriato che qualcuno esamini i miei ricordi senza il mio permesso! Inoltre vi pregherei di nominare la mia defunta moglie con maggior rispetto>>

<< Vostra moglie è morta e voi vivete solo di ricordi!>> sbottò Cristina senza soppesare minimamente le sue parole, le mani che tremavano per la rabbia. Aveva conosciuto molte persone vedove, ma nessuna così suscettibile.

<< Se parlate così, probabilmente  non avete mai avuto una famiglia!>> sbottò Ludovico, altrettanto impulsivamente.

Per Cristina fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso: furiosa, si avvicinò al marchese replicando a muso duro che lui non sapeva proprio nulla di lei. Per un attimo che sembrò un'eternità, si guardarono lottando contro la tensione ormai evidente tra loro dopodiché Cristina si allontanò a passo svelto verso la porta e a Ludovico non rimase altro che guardarla andarsene,  troppo orgoglioso per scusarsi con lei.

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