Capitolo 16
16.
Vermicello, croci e un arresto
"La pace eterna non esiste per nessuno!
Il conforto tra le braccia di Dio è un lusso permesso a ben pochi!"
Così citava a grandi lettere l'articolo riportato per metà sullo scorcio di pagina malamente strappata del giornale londinese.
In base a quella constatazione di cronaca, dunque, non un solo cadavere poteva dirsi al sicuro, rinchiuso nella propria tomba interrata, e se davvero era così, meglio che qualcuno si fosse dato una mossa al fine di impedire che anime disturbate dal proprio sonno continuassero a ribaltarsi nella fossa.
Ci precipitammo come schegge al cimitero, luogo incriminato dove già qualcun'altro aveva però anticipato le nostre mosse.
Agenti in divisa se ne stavano difatti a guardia della nera cancellata d'accesso alla - avevo pensato fino a quel momento - pace degli angeli, allorché in un comune e silenzioso cenno d'assenso, io e Lawrence decidemmo di procedere per un giro tutt'intorno al largo perimetro e di raggiungere così il secondo ingresso laterale.
Una volta lì, scoprimmo con sollievo la totale assenza di umani, dato dal fatto che la soglia secondaria era stata sigillata con un lucchetto di solide fattezze. Artifici capaci di sbarrare la strada a un vampiro dovevano ancora venire ideati.
Grazie alle abilità di cui ero in possesso, cascai giù dall'altra parte tutta intera, la gonna un po' meno a causa dello strappo che presentò subito dopo essermi rimessa in piedi.
«Pensi che ci scopriranno?», chiesi al vampiro che mi attendeva qualche passo più in là.
«Non ci resta che scoprirlo».
Con quel gioco di parole per nulla rassicurante ci avviammo alla svelta, ma con fare felpato – per quel che i miei stivaletti dal tacchetto squadrato permettevano – abbandonando il sentiero principale.
Preferimmo invece muoverci tra l'intrigo di tombe, croce e alberi che ben permettevano alle nostre figure di rimanere nascoste e fornirci, al contempo, una buona panoramica dei tanti esseri umani alle prese con le loro attività di supervisione.
Mi accostai a schiena curva a una tomba di granito decorato da chiazze verdi di muschio dall'odore pungente, e lì rimasi mentre Lawrence se ne stava come me nell'ascolto di vocii e scalpiccii poco lontani.
Il cimitero pareva essersi rianimato improvvisamente, come se la notte, testimone silenziosa dei fatti accaduti, non fosse più un pretesto per impedire una visitina alle tombe dei defunti.
Persino il gracchiare di cornacchie sulle nostre teste faceva sentire la propria presenza, così come anche un gufetto pareva tubare aspramente il suo disaccordo per così tanto fracasso ai danni di una perduta tranquillità.
«Ehi, tu, Barley, da quella parte! E tu, Gils, lì in fondo!»
Rannicchiai ancor più la mia figura assottigliandola a misura della lapide. Sperai vivamente che la mia veste non attirasse l'attenzione dei poliziotti in perlustrazione della zona circostante.
«La pressione data dai parenti dei defunti interessati ha sortito un certo effetto sulla tempestività d'azione di Scotland Yard». Ridacchiò Lawrence ben celato dalla statua di una donna raccolta in preghiera.
«Lawrence, un po' di contegno!», sibilai, puntando il giovane con gli occhi. «È un luogo di riposo, non un circo di pagliacci che si divertono a schernire delle povere salme sotterrate. Se neppure un defunto può restarsene indisturbato tanto vale tramutare tutti quanti in non-morti come noi».
«Se i misfatti non accadessero, qualunque essi siano, non esisterebbe la polizia ad agire per il bene della gente. Chissà se anche lui-»
«Silenzio! Ascolta!», ordinai con gli occhi fissi sul gruppetto di individui radunati tutt'intorno a una fossa. In base a ciò che mi veniva permesso di vedere vi sbirciai senza alcuna difficoltà le fattezze familiari e nervose del signor Bob Coda folta.
«Che razza di domande! Ero qui, vi dico, ma quei maledetti sono riusciti un'altra volta a farmela sotto il naso!», sbraitò a gran voce Bob di fronte ai tre poliziotti lì presenti.
«Qualcosa vi sarà stato dato da vedere. Non si dissotterra un cadavere senza che qualcuno se ne accorga in tempo!».
Un botta e risposta seguì all'accesissima conversazione, Bob che sempre più faticava a mantenere la rabbia.
«La curiosità mi ucciderà per la seconda volta, accipicchia! Questa statua mi impedisce di vedere l'interno della buca!», lamentò Lawrence alla stregua di un bambino capriccioso.
«Fa' silenzio o ci sentiranno!».
Nel tentativo di riuscire a zittire il vampiro scalpitante portai la mano destra a posarsi sulla fredda croce di metallo, che vi era affissa nel bel mezzo della liscia lastra marmorea, ma la tolsi con altrettanta foga come se un fuoco incandescente mi avesse bruciacchiato la pelle.
Lasciate correre le molte dicerie curiose circa il nostro impellente timore verso tutto ciò che abbia una croce come forma.
Non fu la croce ad apparirmi incandescente, né il viscido vermicello che vi strisciava lentamente sopra. Il vermicello in sé era, per l'appunto, il disgustoso problema, ed io l'avevo toccato avvertendo nell'immediato istante dei piccoli brividi di freddo attraversarmi la schiena.
La risatina di Lawrence mi provocò e non poco, tant'è che per mezzo di un gesto scattante brandii il parasole a mezz'aria e scacciai via il lungo verme solitario aiutandomi con la punta sottile del mio cimelio di famiglia.
Ciò indusse Lawrence ad arretrare di conseguenza e a non scostare gli occhi, fissi su quel vermetto che s'era visto catapultato con violenza a pochi passi dalle scarpe del ragazzo.
Sghignazzai di gusto perché conscia delle labbra serrate che il vampiro mi mostrò come a conferma evidentissima del suo coraggio che vacillava pur davanti a un inerme vermicello.
«Non sono stato io!!! Vi dico che ero qui quella notte!»
Sobbalzammo entrambi dimenticandoci ben presto del lombrico vivo e vegeto nonostante l'impatto. L'urlo rindondante del furioso Bob richiamava nuovamente all'attenzione.
«Rimanete calmo, signore. Spetterà a Scotland Yard constatare chi ha ucciso il Dottor Frank Pickford».
«Ah! Quel maledetto ladro di cadaveri! Possano quelli come lui perire nei loro letti di una morte lenta!».
Il gruppo di agenti dedito alle domande non perse poi tempo a fare ciò per cui Bob s'era ormai indirettamente macchiato: sospetto.
«Ehi... Ehi, signori, non facciamo scherzi! Cosa fate?!», andò domandando tremante il custode mentre si vedeva afferrare da entrambe le braccia muscolose.
«Non ponete resistenza e andrà tutto bene. Forza, portatelo via», comandò uno dei tre, probabilmente una figura di spicco rispetto al resto degli agenti. Ci badai solo allora a quel suo modo di vestire comune, senza la consueta divisa nera ad associarlo a tutti gli altri.
«Voi non capite! Vogliono incastrarmi! Giuro su Dio che me la pagheranno. Me la pagheranno tutti!». Così andò promettendo alla notte la funesta ira da mannaro di Bob Coda Folta, e pensai per davvero che sì, il licantropo arrabbiato lo avrebbe fatto per davvero.
Con la voce dell'uomo che si affievoliva sempre di più mentre le ombre nere delle tenebre si allungavano come pronte a divorare ogni cosa, osservammo impotenti il custode dei morti essere condotto via dalle guardie saldamente ancorate alle sue braccia pelose.
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