3. La trappola


L'uomo si alzò in piedi e, con un sorriso falso, fece un passo verso di lei.

«Allora, che cosa hai da proporci?» Gli chiese Carmen.
«Nemmeno un saluto? Non pensavo che vi sareste presentati già il primo giorno.» replicò lui.
«Spero di non essermi scomodata per nulla.» borbottò la donna. Faceva la smargiassa, ma qualcosa nell'atteggiamento dello sconosciuto le aveva fatto rizzare i capelli sulla nuca.

«Sono certo di no».

L'acrobata gettò una fugace occhiata dietro di sé, scambiandosi impressioni con lo sguardo con gli altri membri del gruppo.
L'impulso a fuggire si faceva sempre più pressante ad ogni respiro.
«Insomma, dove sono questi chip?»
Il sorriso dell'uomo distinto si allargò sempre di più.

«Proprio qui! Volete vederli?» Con quelle parole, cavò di tasca un telecomando non più grande di un tappo di bottiglia, e premette un pulsante. Le casse si aprirono dall'interno, sparpagliando tutt'intorno i pannelli di legno di cui erano composte e rivelando il proprio contenuto.
Si trattava di grossi cilindri metallici, lucidati a specchio, che poggiavano su una coppia di robusti cingoli. Avevano un diametro di circa quaranta centimetri ed erano alti poco più di un metro.
«Sono lì dentro!» Esclamò il misterioso venditore.

Carmen era sempre più perplessa. Si sforzò di rimanere lucida e calma, proprio come avrebbe fatto Sivar. «Sono già dentro gli AI?»
L'altro annuì.
«Che cosa hanno di particolare?» insistette.
«Presentano una versione modificata della prima legge. Diciamo che gli è stata aggiunta una piccola postilla».

Gli AI, le intelligenze artificiali create per coadiuvare l'umanità, avevano ormai assunto ogni sorta di forma e dimensione: dalle semplici telecamere dotate di sofisticati software di riconoscimento facciale che sorvegliavano le strade, fino a quelli più complessi di cui si circondavano i ricconi, che assolvevano al compito di maggiordomi, cuochi, perfino medici. Fin dagli albori di quel tipo di tecnologia, tutti gli AI venivano programmati in modo da seguire rigidamente i dettami delle tre leggi della robotica. Nessuna delle loro azioni poteva prescindere da ciò.

La prima di queste regole, quella fondamentale, recitava: "Nessun AI può recar danno ad un esser umano, né permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno".
Da quel poco che sapeva Carmen, i robot semplicemente non potevano funzionare senza le tre leggi complete: nemmeno sul mercato nero si erano mai visti esemplari simili. Senza contare che un simile hackeraggio poteva rivelarsi molto pericoloso: nessuno voleva per le strade delle mine vaganti, pronte a dare di matto e far del male alle persone.

«Che ne dite di una dimostrazione?» propose il losco figuro, premendo nuovamente il pulsante del telecomando.
Ci fu uno scatto metallico seguito da un rumore a metà tra la vibrazione di un motore e una friggitrice. L'istante successivo, Jethro crollò a terra in preda alle convulsioni, fulminato da un taser. Una bava schiumosa gli uscì di bocca, colando sul pavimento di cemento grezzo, mentre il robot recuperava rapidamente i cavi ai quali erano collegati gli elettrodi che diffondevano la scossa. A quella vista, Smyrna scattò come una lepre e fuggì via, sparendo dallo specchio del portone.

«A quanto pare ho annientato il tuo esercito!» sghignazzò lo sconosciuto.

Carmen ricacciò indietro le lacrime di rabbia che minacciavano di far capolino. Aveva commesso un errore di valutazione, aveva sbagliato a disporre gli uomini... Si era comportata da novellina. La vita tranquilla dei componenti del circo forse era a repentaglio. Soltanto per un suo stupido capriccio, dettato dalla gelosia.

Soltanto perché aveva voluto farsi bella agli occhi di Sivar.

«Chi sei? Che cosa vuoi da noi?» Chiese, la voce tremante di emozione.

L'altro sfoggiò un sorriso soddisfatto, estrasse una sigaretta elettronica di tasca con la mano libera e la portò alla bocca, prendendosi tutto il tempo per aspirare voluttuosamente il fumo prima di rispondere.

«Mi chiamo Pavlov, sono a capo del dipartimento speciale anticrimine di Nilemouth. Vorrei poter dire che è un piacere conoscerti, ma non sono avvezzo alle menzogne».
«Suona strano, detto da chi ci ha attirato qui con l'inganno!»
L'altro si strinse nelle spalle. «Non c'era niente di falso nelle informazioni che vi ho fatto pervenire. Lì dentro,» spiegò, indicando le macchine con la sigaretta «ci sono i chip modificati di cui vi ho parlato. Sono solo dei prototipi, per il momento: qualcuno ancora ne osteggiava l'uso, sostenendo che anche la feccia avesse dei diritti. Che sarebbe immorale permettere alle macchine di attaccare i criminali, che l'umano discernimento sia insostituibile. Ma dopo i vostri stupidi attentati, sono certo che troveremo la strada spianata, alla prossima riunione del consiglio cittadino: tutti vogliono sentirsi al sicuro, ora più che mai.»

Carmen non riuscì a negare di essere un'abolizionista. Odiava troppo i padroni per poter prendere le distanze dai rivoltosi, per quanto non fosse d'accordo con i loro metodi. «Cosa vuoi da noi?» chiese invece.

Pavlov fece un passo verso di lei, brandendo il telecomando con un ghigno.
«Mi racconterete tutto dei vostri capi e dei vostri contatti. Dopodiché vi farò fare un'immersione nel Namus senza bombole, smantellerò la vostra nauseabonda rete commerciale e otterrò finalmente la gratifica che attendo da anni. Forse perfino una casa nel Lakeview District!»

Carmen si sforzò di non iperventilare. Non poteva andare peggio di così.

Le macchine si mossero all'unisono, circondandola, e avanzarono verso di lei, stringendo il cerchio. Non c'era tempo per elaborare piani, e quello per le discussioni era finito.

La giovane corse incontro al robot più vicino, quindi si tuffò di lato all'ultimo istante. I taser degli automi spararono i propri elettrodi nel punto in cui lei si era trovata fino a poco prima, mancandola. Senza dare al nemico il tempo di recuperare i cavi, Carmen si rialzò agilmente con una capriola all'indietro, quindi prese una breve rincorsa e spiccò un balzo, superando il poliziotto meccanico più vicino a gambe divaricate, poggiandogli le mani sopra come fosse stato la cavallina di una palestra.

Nonostante il panico che le attanagliava le viscere, il suo corpo tonico e allenato reagì come uno strumento ben accordato. La giovane atterrò agilmente e guadagnò l'uscita prima che quelle macchine infernali si rimettessero in movimento.

Ma il pericolo non era cessato.

Pochi passi oltre la saracinesca, Smyrna giaceva a terra, ai piedi di un poliziotto tarchiato con un manganello elettrico in mano. Carmen poté solo sperare che non fosse peggio che svenuta.
«Fermatela!» sbraitò Pavlov da dentro il garage. «Prendete quella bastarda!»

Con una cacofonia di emozioni che le rimbombava nel petto, l'acrobata si mise a correre come mai aveva fatto in vita sua.
Alle sue spalle, gli AI si stavano riversando in strada, i cingoli che slittavano leggermente quando passavano dal cemento della pavimentazione all'asfalto della strada.


SPAZIO AUTORE

Niente da fare... Come altri personaggi, anche Carmen pare totalmente incapace di seguire i buoni consigli.

Le avevo detto di lasciar perdere. Le avevo consigliato di scegliere con attenzione chi l'avrebbe accompagnata, se proprio doveva andarci. E soprattutto, l'avevo messa in guardia in merito alle conseguenze, nel caso qualcosa fosse andato storto.

E, si sa, c'è sempre qualcosa che va storto.

Ma lei ha voluto fare di testa sua. 

E adesso?  :p

Fatemi sapere se vi sta piacendo e se avete gradito il riferimento ad Asimov. ;)

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