CAPITOLO 9
CAPITOLO 9
-Quindi, chi sono io davvero? Qual è la mia storia?- gli chiesi senza altri indugi.
-La sua, mia Regina, è una lunga storia. Forse è meglio che si sieda, prima di cominciare.-
Il dottor Walker, che si era da poco seduto, aveva ripreso subito dopo il bicchiere di vino in mano finendolo tutto d'un fiato. A causa del suo comportamento iniziavo a sentirmi impaziente e quasi ansiosa. Poco dopo aver svuotato il bicchiere si stropicciò gli occhi probabilmente sia a causa dell'orario che si era fatto, sia a causa della stanchezza e lo stress che le condizioni di Venom gli avevano procurato; osservandolo meglio si potevano notare le profonde occhiaie che gli incorniciavano le due pietre ambrate che aveva agli occhi. Poi iniziò a grattarsi la barba scura pensieroso.
- Prima di iniziare dovrei andare a prendere un volume che contiene alcune fotografie sulla sua famiglia. Può aspettarmi qui Altezza, o preferisce venire?-
Anche io iniziavo a sentire la stanchezza e ci misi un momento prima di rispondere . - No no, vada pure dottore. Io la aspetto qui.-
Appena il dottor Walker se ne fu andato mi spostai sul divanetto contro la parete e ci sprofondai dentro. La stanza era coperta da una lieve luce argentea che proveniva dalla luna in cielo, ed entrava attraverso le finestre. Il tappeto che ricopriva il centro della sala, su cui erano appoggiati il tavolino e le sedie, aveva praticamente perso il suo colore rosso scuro e, sotto questa nuova luce, risaltavano i fili bianchi e azzurri. Era incredibile come tutto quello che vediamo di giorno ci appaia diverso al chiarore della luna. Il resto della stanza aveva diversi quadri appesi alle pareti ma a causa del buio non avrei saputo dire cosa ci fosse raffigurato con precisione. In quel momento, mi resi conto che da quando avevo trovato il dottore ero rimasta al buio.
Erano passati svariati minuti da quando il dottor Walker se ne era andato ed io iniziavo ad assopirmi sul divano poi, improvvisamente, mi svegliò un rumore proveniente da fuori. Mi alzai per controllare e mi diressi verso la finestra più vicina a me senza però vedere nulla; con la coda dell'occhio però notai una piccola sagoma bianca muoversi. Spaventata, ed in modo inconscio, mi allontanai dal vetro; nel mentre ero anche caduta sul pavimento inciampando nell'orlo del tappeto.
Quando mi rialzai la sagoma bianca era ancora lì e, guardandola bene, notai che era un gufo. Era bellissimo, con due occhi giallo zafferano e il piumaggio bianco come la neve. Quando gli fui davanti ci scrutammo a vicenda per brevi secondi, poi lui spiccò il volo nell'oscurità. Faceva un contrasto molto surreale con il resto del paesaggio notturno, tanto che, più si allontanava, più sembrava la sagoma di un fantasma.
Non so per quanto ero rimasta a fissare la boscaglia fuori dalla finestra ma mi riscossi solo quando il dottore tornò nella sala.
-Spero di non averla fatta aspettare troppo Altezza.- Era entrato portando con se due grossi volumi. Ci risedemmo entrambi sulle sedie e lui appoggiò i libri sul tavolino. Uno dei due era rilegato in pelle e con alcune rifiniture dorate, mentre l'altro era molto più semplice e spoglio, con la sua copertina verdastra.
Non sapevo esattamente cosa dire ed iniziavo a sentirmi a disagio nel silenzio che si era creato.
- Cosa sono questi libri? - chiesi senza mezzi termini. Avevo bisogno di risposte e in fretta.
- Questo Altezza - disse indicando il libro rilegato e spostandolo verso un'estremità più lontana del tavolo – è un diario che sua madre aveva iniziato a scrivere poco prima di rimanere incinta. Credo sia il caso che sia lei a leggerlo per conto suo.- Non riuscivo a capire perché mia madre avesse tenuto un diario quando avevo sempre saputo che lei odiava scrivere. Scherzava sempre dicendo che scrivere era una virtù di mio padre e che lei si limitava a tramutare i suoi pensieri in immagini disegnando. Nonostante le mie perplessità mi limitai ad ascoltare quello che diceva senza interromperlo.
-Come le ho già detto prima, la sua è una lunga storia per questo, se non le dispiace, partirei da molto prima che lei nascesse, tanto per avere un quadro più completo del suo albero genealogico.-
Mi limitai ad annuire in risposta.
Il dottor Walker, prima di iniziare, si versò qualche dito di vino nel bicchiere. - Suo nonno, Klaus Lundin, è un guardiano del fuoco nonché il comandante dell'esercito del Regno di Ignis. È un uomo rispettato e temuto al tempo stesso. Diversi anni fa dovette recarsi in Norvegia, ad Austevoll un comune della contea di Hordaland, per degli affari militari per conto del re, e qui conobbe una giovane donna bellissima.- Mentre parlava aveva iniziato ad aprire il secondo volume che conteneva moltissime fotografie, di cui molte in bianco e nero. Poi, dopo aver sfogliato qualche pagina dell'album fotografico, si era fermato fino a trovare quello che cerca. Il dottor Walker tolse la foto dall'album e me la mostrò. Era una foto di due persone che si abbracciavano sorridenti: un giovane alto e robusto con i capelli scuri corti e la barba folta, che gli che gli ricopriva interamente il collo, ed una donna snella dal viso angelico e i capelli chiari e lunghi, che venivano mossi dal vento. Entrambi erano vestiti con dei cappotti invernali e lei indossava una cuffia che gli ricopriva interamente la fronte, come se fosse di qualche misura più grande. Sullo sfondo a destra si intravedeva quello che doveva essere un lago con delle barche ormeggiate, mentre sulla sinistra c'erano delle casette a schiera tutte rigorosamente bianche.
- Come si chiamava quella donna?- Chiesi, iniziando ad incuriosirmi.
- Il suo nome era Ingrid Berg. Questa giovane donna nella foto è sua nonna. Quando il comandante Lundin è andato il Norvegia ha conosciuto Ingrid e se ne è innamorato; lei era umana ma lui non le ha mai svelato la sua natura, nemmeno quando Ingrid è rimasta incinta della loro unica figlia, Ellen.- Detto ciò mi mostrò un'altra foto di Ingrid che aveva tra le braccia una bambina di qualche anno. La bambina aveva i capelli mori e lisci e gli occhi scuri con un piccolo neo sotto l'occhio sinistro. Stavano sorridendo entrambe verso l'obbiettivo ed ero sicura che a fare la foto fosse Klaus. Mio nonno.
Più ascoltavo le parole del dottor Walker più mi sentivo disorientata. Non solo parte del mio passato era svanito dalla mia testa ma la mia famiglia, le mie vere radici, mi erano del tutto sconosciute.
-Suo nonno temeva che Ellen fosse immortale ma col passare degli anni si accorse che il gene non si era trasmesso in lei, quindi non si preoccupò mai di dire alle sue due donne la verità.- Continuò il dottore.
- Ma se gli immortali, come tali, invecchiano molto più lentamente rispetto ai comuni mortali, com'è possibile che Ingrid dopo tutti gli anni passati insieme non si sia accorta di nulla?-
-Questo perché, purtroppo, è morta all'età di 36 anni, lasciando il comandante Lundin e la loro figlia di soli 7 anni. Il comandante decise poi di trasferirsi in una diversa città, sempre in Norvegia, per evitare problemi, a causa del suo aspetto immutato. All'età di 19 anni Ellen, in piena fase adolescenziale, scappò di casa. Quello che si sa è che, nel periodo tra i diciannove e i vent'anni, incontrò un uomo, del quale poi rimase incinta. Ellen, poco dopo essere venuta a conoscenza della sua situazione, tornò a casa dal padre. Diversi mesi dopo nacque una bambina, che però, a differenza della madre, era una guardiana del fuoco. Purtroppo anche Ellen morì molto giovane, poco dopo il parto.- Il dottor Walker mise sul tavolino altre foto che raffiguravano Ellen da adolescente. Era davvero una bella donna, dai tratti marcati nonostante la giovane età. Una delle foto mostrava Klaus con in braccio un neonato; anche quest'ultimo aveva i capelli scuri ma a differenza di Ellen, non aveva un neo sotto l'occhio.
-Immagino che quella bambina sia io. Sbaglio?- Dissi indicando la foto. Non ci voleva molto per capirlo.
-Esattamente.- mi rispose lui – Inizialmente suo nonno la portò con se nel Regno di Ignis anche se non lo credeva adatto perché, a causa del forte dolore per le perdite subite, si immerse corpo e mente nell'esercito; ritenne una scelta migliore lasciarla alle cure di una coppia italiana con cui aveva instaurato un buon rapporto in Norvegia. Questa famiglia, quando si trasferì in Italia, la adottò e crescendola come se fosse figlia loro, in modo molto amorevole immagino.- A questa affermazione mi limitai ad annuire.
Ero talmente stanca che non mi arrabbiai per la decisione presa da mio nonno, infondo la famiglia a cui mi aveva affidato mi aveva davvero dato tutto, amore compreso. Forse, pensandoci razionalmente, è stata la scelta migliore, anche se avrei preferito conoscere le mie origini molto tempo fa.
-Quindi presumo di non chiamarmi Cassandra Serra.-
Il dottore fece un sorriso accennato prima di rispondermi – Il nome è giusto, ma siccome il cognome del suo padre biologico è sconosciuto, le è rimasto quello di sua madre e prima ancora di suo nonno. Lundin.-
Cassandra Lundin, suonava bene.
Iniziai a sfogliare le varie fotografie che raffiguravano i miei nonni o mia madre, cercando di immaginarmi come potesse essere la Norvegia. Magari un giorno sarei andata a visitarla.
-Questa è la storia della mia nascita e delle mie radici, ma come sono finita in questo mondo?- Forse questa era la cosa che mi interessava maggiormente, perché mentre di ciò che era successo prima della mia nascita non potevo avere ricordi per ovvie ragioni, degli ultimi sei anni si.
-È stato proprio suo nonno a portarla qui, una sera verso giugno. Pensava che fosse giunto il momento di dirle tutta la verità. Inizialmente lei, Altezza, ha vissuto con Klaus e la sua prozia Ester, poi, dopo che a Settembre ha conosciuto Re Venom, si è trasferita qui a castello-. Fece una piccola pausa per riempire nuovamente il bicchiere di vino e poi continuò – Quando incontraste Venom non eravate ancora pratica dei regni e dei suoi regnanti, mia Regina, quindi non potevate sapere di aver attirato l'attenzione del Re del Regno degli Incubi e una volta scoperto, il Re ci mise ben tre anni prima di riuscire a convincervi a sposarlo. Dopo il matrimonio avete vissuto una vita felice e normale, per quanto possa essere normale la vita di un sovrano.- Aveva finito di parlare nel momento esatto in cui il sole stava iniziando a sorgere. Il buio si stava schiarendo poco per volta, lasciando spazio a mille sfumature che andavano dall'azzurro al viola, fino al giallo chiaro.
-Abbiamo avuto una vita felice e normale fino alla mia perdita della memoria- Dissi in modo lievemente sarcastico. Lui mi guardò in modo dispiaciuto ma non aggiunse altro, rivolgendo l'attenzione all'alba.
Decisi che per oggi avevo troppo su cui pensare, così, salutando e ringraziando il dottore, mi avviai verso la mia stanza portando con me l'album fotografico e il diario. Non sapevo per quando sarei riuscita a dormire ma dovevo riposarmi, perché al mio risveglio avrei iniziato a riscoprire me stessa e i miei poteri.
BUONGIORNO A TUTTI! COME DI CONSUETUDINE CI HO MESSO CIRCA UN MESETTO A SCRIVERE IL CAPITOLO. CHIEDO PERDONO PER LA MIA LENTEZZA!
SPERO CHE IL NUOVO CAPITOLO VI PIACCIA. BUONA LETTURA A TUTTI.
BACI!
-sentodoredimorte-
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