Prologo - Capitolo Primo

Pensai che la normalità fosse sopravvalutata. Altre volte, la definizione di normalità veniva dettata tramite stereotipi stupidi e tutto ciò che veniva considerato fuori dal normale, veniva escluso da tutto... ma era vero che "Ciò che può sembrare normalità per un ragno, è caos per una farfalla". Così io me ne infischiavo altamente della normalità e degli stereotipi, continuando ad ignorare le parole e i giudizi di tutti. Ignoravo gli sguardi e i commenti, restando nel mio mondo che tanto amavo e di cui tutti avevano paura. In realtà questi sguardi avrei voluto poterli evitare tante volte, ma purtroppo il mondo era ingiusto ed io dovetti farmene una ragione per sopravvivere.

Con questo modo di pensare, feci delle scelte nella mia vita che mi portarono in un appartamento di Bologna condiviso con una strana ragazza. Tutto questo, per andare nella facoltà di lettere e filosofia. Il trasloco a dir la verità fu traumatico soprattutto per Edgar, il mio pipistrello domestico a cui ero affezionata da molto tempo: il viaggio in auto lo fece agitare molto, facendolo volare da una parte all'altra della gabbia che gli sistemai in un angolo della nuova stanza. Quella matta della mia coinquilina non volle nemmeno vederlo dato che ne era rimasta terrorizzata e credetti sinceramente che di questo passo non avremo legato molto. Riuscii comunque ad arrivare ad un compromesso: io avrei potuto arredare camera mia a modo mio e lei non avrebbe esagerato con i colori nel resto delle stanze... non avrei mai sopportato di avere un appartamento troppo luminoso e non sarei riuscita a studiare la mia amata letteratura o leggere in tranquillità un libro di Bram Stoker. Amavo leggere, soprattutto opere lugubri, funeree ed inquietanti. Amavo Stoker, Poe, Jane Austen, Ann Radcliffe, tutti autori di romanzi gotici che non si poteva non leggere.

Andai in cucina a passi piccoli e svelti per prendere un tè caldo che sorseggiai seduta al tavolo della cucina di fronte ad Agata, la mia coinquilina, che mi osservò impaurita. In realtà, ero io a dover avere paura di lei: i suoi capelli biondi e ondulati quasi angelici mi inquietavano, come i suoi occhi celesti tutti luccicanti. Per non parlare del top rosa che le fasciava il busto: quello mi dava il voltastomaco. Sorseggiai il mio tè ignorandola e poi tornai in camera mia, che aveva tutt'altra atmosfera rispetto al resto dell'appartamento. Mi sedetti sul letto e slacciai gli anfibi mettendoli sullo scaffale assieme alle altre scarpe. Mi spogliai dei miei abiti restando in intimo e subito dopo mi accoccolai fra le lenzuola di raso nero che mi facevano da sempre sentire a casa. Chiusi gli occhi e pensai che il giorno dopo sarebbe stata una lunga giornata, la prima nella nuova università.

Ma nonostante gli occhi chiusi e il rumore delle ali di Edgar che si agitavano facendomi da ninna nanna, la musica orribile nell'appartamento non mi faceva proprio dormire. Mi alzai e misi una camicia da notte di pizzo nero addosso per coprirmi. Andai dritta a bussare nella camera della mia coinquilina, che aprì qualche secondo dopo intimorita forse dalla mia presenza. Sorrisi, dovevo essere gentile.

<<Perdonami, potresti usare le cuffie per ascoltare questa roba insopportabile? Domani è il primo giorno in facoltà e avrò bisogno di tempo per prepararmi>> dissi, chiudendo il piccolo monologo con un sorriso sperando di ottenere un risultato.

<<Si chiama musica. Comunque metto le cuffie, così puoi dormire>> rispose, forse un poco infastidita. Sorrisi ancora e voltai le spalle tornandomene in camera, pensando che la bionda aveva appena chiamato musica una robaccia commerciale.

Sbuffai pensando di aver appena scoperto la prima cosa che con questa ragazza non avrei avuto in comune: i gusti musicali. Io in primis, preferivo di gran lunga ascoltare i vinili ai CD o peggio a YouTube; in secundis, mentre io ascoltavo rock, metal e gothic... lei aveva appena dato prova di ascoltare musica commerciale a livello di hit estive prodotte solo per fare denaro. Una parte di me sperò che non ci fossero altre cose che spostassero me e la ragazza nella stanza accanto ai poli opposti, ma qualcosa mi disse che io e lei non saremmo mai state della stessa opinione su qualcosa. Non me ne incolpai né incolpai lei, sapendo di guardare le cose da un punto di vista differente.

Lei fece come aveva detto e la musica non si sentì più, così io mi sentii a mio agio per leggere uno dei libri di Edgar Allan Poe, uno dei miei autori preferiti. Mi feci cullare dalle frasi cupe e dalla luce della luna che filtrava dalle persiane rigorosamente chiuse. La luce della luna, l'unica che sopportavo, mi faceva sentire energica e felice ma il sole... lo odiavo, era così accecante. Per questo avevo messo delle tende scure a coprire la finestra, nella speranza di rendere un po' più accogliente la stanza. L'aria funerea e lugubre che aveva mi metteva proprio di buon umore.

Chiusi il libro e lo poggiai sul comodino rigorosamente nero come ogni arredo nella stanza, poi spensi la lampada da lettura e la fioca luce presente nella stanza sparì. Sistemai il cuscino pensando che il giorno dopo sarebbe stata una giornata speciale: Il primo giorno nell'antica facoltà di lettere, un edificio storico che avevo scelto proprio per la sua bellezza. Le cose antiche mi affascinavano, così pensai che per visitarla sarei potuta andare un po' in anticipo rispetto alle lezioni per girare fra i corridoi e magari fare qualche foto. Amavo la fotografia: quella che esprimeva sentimenti, che emanava angoscia e paura ed amavo il gotico in ogni sua sfumatura. Amavo l'architettura gotica, la sua moda e la sua letteratura.

Sì, pensai, arrivare in anticipo sembra una buona idea.

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