Capitolo Diciassettesimo
Passai la notte a ripensare agli ultimi avvenimenti. Uran non mi chiamò né mi scrisse ed io non avevo il coraggio di farlo al posto suo, non avrei saputo che cosa dire. L'appuntamento era andato così bene che credevo che niente mi avrebbe rovinato quel giorno, ma Agata aveva scelto proprio quella sera per svelarci la sua malata indagine sulle nostre vite. Pensai alla mia coinquilina e mi sentii tradita a tal punto da pensare di andar via da Bologna, ma qualcosa mi fermò.
La curiosità. Quella mi spinse ad alzarmi dal letto nel bel mezzo della notte e ad andare nella camera di Agata. Quando vidi la porta accostata non bussai ed entrai direttamente avvicinandomi al suo baldacchino bianco. Vidi Agata girata dall'altra parte, immobile.
La osservai pensando che era anche riuscita a dormire dopo ciò che aveva fatto e detto ma il flusso dei miei pensieri si fermò quando il soggetto dei miei pensieri si svegliò, mettendosi seduta sul letto. Accese la luce dell'abat jour e sotto quella luce calda notai che non aveva affatto l'aria di una ragazza appena sveglia. Nemmeno lei, quindi, aveva chiuso occhio come me.
Girai le spalle e uscii dalla sua stanza senza dire niente, dirigendomi in cucina. Mentre aspettavo che capisse di dovermi raggiungere osservai per curiosità l'orologio: questo segnava le tre del mattino. Vedendo l'ora sentii di dover sbadigliare e non potei che assecondare questo istinto.
Agata entrò in cucina. Preparai due caffè per farci rimanere sveglie e ci sedemmo una di fronte all'altra a tavola. Con i nostri caffè davanti puntammo entrambe il nostro sguardo sul fascicolo rimasto aperto sul tavolo e sulle fotografie e i documenti sparsi sul tavolo.
<<Ho bisogno di capire Agata, di sapere. Ho bisogno di scoprire la verità e poi parleremo delle tue ragioni. Ne discuteremo, ma non adesso. Prima devo sapere tutta la verità>> le dissi guardandola dritta negli occhi.
<<Indaghiamo Endora, insieme>> mi disse lei in risposta. Sapevo che era felice che non me ne fossi andata, lo sentivo, ma al contempo sapevo anche che si era resa conto del fatto che non avrebbe evitato il confronto perché io non avrei mai dimenticato la gravità di un gesto del genere.
Iniziammo a dividere le foto e i documenti. Da una parte le prove relative al presunto gemello di Uran e dall'altra le prove relative a me. Mettemmo prima di tutto sotto la nostra attenzione il mistero legato ad Uran. Osservai la foto del ragazzo in ospedale, quasi irriconoscibile per via di tutte le bende che aveva sul viso.
<<Se Uran dice che è suo fratello, dov'è il mistero?>> chiesi curiosa, osservando anche il retro della fotografia non trovando niente di strano.
<<Quella è la foto del ragazzo in coma di cui ti avevo parlato tempo fa, ricordi?>> mi chiese, cercando di spiegarmi qualcosa.
Ricordai immediatamente il giorno in cui Agata mi svegliò sconvolta e mi chiese di parlare mentre io mi concentrai sui suoi pantaloni bianchi e su tutti gli svantaggi generali dell'indossare jeans bianchi nella vita quotidiana.
<<Ehm... sì>> risposi, con poca convinzione.
<<Viene nella tua università Endora, come Uran, ti sembra una coincidenza?>> mi chiese quasi retorica.
<<Spesso i fratelli gemelli frequentano le stesse scuole, può succedere>> le risposi facendo spallucce. Non c'era niente di strano.
<<Okay...>> disse pensierosa, <<Ma se sono davvero gemelli qualcuno lo saprà, no? Qualcuno all'università o in ospedale>> continuò poi con una nuova teoria.
<<Immagino di sì>> le risposi.
<<Fermiamoci ad indagare su questo. Parliamo con i colleghi dei corsi che frequenta il ragazzo e quelli che frequenta Uran>> mi disse sbattendo l'indice sul tavolo ripetutamente.
<<Come si chiama il ragazzo in coma?>> le chiesi curiosa, giocando con una ciocca dei miei lunghi capelli neri.
<<Lo scoprirò!>> esclamò Agata più determinata che mai.
<<Bene, allora per adesso faremo qualche ricerca su Uran, nonostante io non trovi assolutamente giusto impicciarci nella sua vita>> le dissi sospirando.
<<Endora, due misteri del genere non possono non essere collegati, non possono essere tutte coincidenze. Troveremo il collegamento fra la ragazza nell'ospedale psichiatrico e il ragazzo dell'università in coma>> mi disse seria, senza vacillare nemmeno per un secondo.
<<Troviamo il collegamento se pensi che ci sia, ma io credo che Uran dica la verità, mi fido di lui>> le dissi sinceramente, riponevo totale fiducia in quel ragazzo che tanto mi piaceva.
<<Magari dice la verità perché è ciò che crede, ma con tutte quelle bende sul viso, come potrebbe riconoscerlo?>> mi chiese lei, aspettando che in qualche modo io buttassi giù anche quell'affermazione.
<<Non credo che i medici siano degli inetti, non scambierebbero l'identità di un paziente per un'altra, no?>> le risposi io con una punta di incertezza nella voce.
<<Così torniamo sempre allo stesso punto: dobbiamo scoprire il nome di questo ragazzo ma tieni presente che nessuno chiamerebbe il proprio figlio Uran, è troppo strano.>> disse alla fine ed io mi sentii offesa nel profondo.
<<Ti ricordo che io mi chiamo Endora>> le dissi infastidita, dedicandole un'occhiataccia di fuoco.
<<Ma il tuo soprannome è Batibat. Ho fatto delle ricerche anche sui nomi. Batibat è il nome del demone degli incubi, Uran invece è il demone degli svenimenti. Credi che siano tutte coincidenze? Entrambi nomi da demoni, chi ci dà la sicurezza che il suo non sia soltanto un soprannome? Ti sembrano coincidenze poi, davanti ai tuoi incubi ed ai tuoi svenimenti?>> argomentò la mia coinquilina.
Come argomentazione in effetti, non faceva una piega. Il fatto che Uran fosse solo un soprannome mi sembrò più che plausibile, ma non provava nulla e nemmeno la coincidenza con gli incubi. Il mio soprannome lo avevo scelto da sola mentre il nome di Uran non era in alcun modo collegato ai miei svenimenti, dato che avevo passato tutta la mia adolescenza a svenire un giorno sì e l'altro pure, molto prima di conoscere lui.
<<Potrebbe essere solo un soprannome, sì, ma questo non prova niente>> le dissi facendo spallucce, non trovando alcuna prova tangibile che provasse che Uran aveva mentito.
<<Potrebbe diventare una prova quando scopriremo il nome del paziente in ospedale>> rispose gesticolando animatamente come se mi fosse sfuggita una cosa totalmente ovvia.
<<Ci siamo impantanate su questo>> dissi in preda all'esasperazione, poggiando i gomiti sul tavolo e mettendo le mani fa i capelli.
<<Abbiamo una pista, una volta scoperto il nome del ragazzo andremo avanti. Ora possiamo passare alla ragazza>> mi disse e così si chiuse il discorso relativo al primo mistero che poi così tanto misterioso non sembrava.
Cercammo così di fare delle ipotesi davanti al certificato di nascita, ai documenti della reclusione della ragazza con il mio stesso nome e alle foto della ragazza così tanto somigliante a me.
<<Potresti avere una sosia>> azzardò un'ipotesi Agata, ma la scartammo subito: una sosia non poteva avere gli stessi genitori.
<<Potrebbe essere... una sorella>> ipotizzai a voce alta.
<<No Endora, avreste avuto lo stesso cognome o comunque non lo stesso nome e codice fiscale>> mi rispose.
<<Magari una sorella gemella, si spiegherebbe il codice fiscale così simile>> provai ancora a pensare.
<<Due sorelle, soprattutto se gemelle, non hanno mai lo stesso nome>> disse bocciandomi l'ennesima ipotesi.
<<Allora come spieghi tutte queste cose?>> le chiesi esasperata, bevendo il caffè preparato poco prima tutto d'un fiato.
<<E se fossi tu la ragazza della foto?>> mi chiese, sporgendosi verso di me con sguardo indagatorio.
<<Cognome diverso>> risposi soltanto.
<<Quello di tua madre, non uno a caso. Potrebbe essere riconducibile ad un cambio fatto dopo la nascita magari per scelta di uno dei tuoi genitori>> mi disse tranquilla.
<<Me lo avrebbero detto, non credi?>> le risposi in tono ovvio.
<<Non se questo cambiamento fosse parte di un qualche programma testimoni>> rispose ed in effetti l'ipotesi aveva senso, ma non il resto.
<<Il codice fiscale invece?>> le chiesi, alzando un sopracciglio.
<<Lo abbiamo dal documento che mette nero su bianco l'internamento della ragazza. Abbiamo solo un documento scritto a penna di un codice fiscale copiato a mano, potrebbe essere stato un semplice errore di trascrizione. Oppure, una modifica per il presunto programma testimoni>> mi disse lei.
Questa era l'ipotesi con meno falle a cui arrivammo in tutta la notte, ma la sconciai subito.
<<Come lo spieghi il fatto che io ora sono qui?>> le chiesi ovvia, allargando le braccia in un gesto teatrale.
<<Non lo so, è questo il punto. Io non capisco>> mi rispose perdendo l'entusiasmo dato dall'illusione di averci capito qualcosa.
<<Allora che si fa?>> le chiesi.
<<Perché pensi che io sappia come agire a questo punto?>> mi chiese perplessa.
<<Perché sei tu la sociopatica che fa indagini di nascosto sulle persone che ha intorno>> le risposi con una punta di cattiveria sulla lingua.
<<Me lo merito, hai ragione>> disse con un'espressione colpevole ma al contempo ferita sul volto. Apprezzai il fatto che non cercò di fare la vittima davanti alla realtà delle cose con il semplice scopo di uscirne pulita.
<<Allora?>> le chiesi incitandola a parole a sputare il rospo sulla strategia a cui aveva sicuramente pensato.
<<Beh ci sarebbe un modo per avere delle risposte in merito a questa storia>> disse pensierosa, strofinando indice e medio sul mento. Osservò un punto indefinito della stanza per qualche secondo mentre le briciole della mia pazienza si dissolvevano sparendo.
<<Chiamare a mia madre?>> provai ad indovinare e lei mi guardò dritta negli occhi.
<<Qualcosa di meglio Endora. Andremo da lei>> rispose in un attimo di genialità.
<<Da mia madre?>> chiesi perplessa, non fingendo nemmeno per un attimo di aver capito cosa stesse intendendo.
<<Da Endora, all'ospedale psichiatrico>> disse lasciandomi completamente di stucco.
Un silenzio imbarazzante ci avvolse nella cucina, alle quattro del mattino le nostre menti erano più sveglie che durante lo scritto di matematica della maturità.
<<Sei un fottutissimo genio>> le dissi soltanto.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top