29.
"Canto V"
<<Nel mezzo del cammin di nostra vita...>>
<<Stronzate>>
Il luogo era una piccola casetta di Firenze,graziosa,che si trovava in cima ad una salita nella periferia della cittadina che era solitamente così affollata dai turisti in quel periodo. Lì invece era calmo,ecco perchè Dante Alighieri aveva scelto proprio quell'abitazione e non un'altra.
Le piaceva il silenzio,ma il rumore della vita nel vicinato non era fastidioso e contribuiva a farle mantenere quel rapporto con la realtà che solitamente tendeva a perdere mentre si concentrava nei suoi studi.
La donna dai capelli rossi,legati in una coda ordinata,sedeva alla sedia girevole della scrivania del suo studio con un libro in mano. Tutti le dicevano che era molto bella oltre che intelligente: capelli rosso fuoco,mossi,occhi di un azzurro intenso nascosti di tanto in tanto dietro le lenti da vista spesse. Lei diceva che non le piaceva come stava con gli occhiali,ma aveva bisogno di metterli dato che leggeva spesso.
<<Non sono stronzate,Bea>>
Stesa su una poltrona in quella stessa stanza,con le gambe e la testa poggiate sui due braccioli,c'era una ragazza più giovane di lei di circa cinque anni,infatti ne aveva diciotto. Era molto diversa: aveva lunghi capelli biondi dorati,mossi ma in maniera più spettinata rispetto ai suoi,gli occhi di un azzurro più spento,più bassa e magra ma non in maniera attraente,inoltre aveva almeno due taglie di seno meno dell'altra.
<<Se gli dici queste cose quando viene a trovarti sono sicura che ci ripenserà sul volerti sposare>> la bionda aveva una cuffia nell'orecchio e ascoltava qualche strano tipo di musica a tutto volume mentre masticava una gomma.
<<Beatrice Portinari!>> la richiamò Dante con aria severa <<farai meglio a trattarlo bende quando verrà,sono stata chiara?>>
<<Tu non mi dai ordini>> ridacchiò lei.
Dante sospirò sconfitta,togliendosi gli occhiali.
Si prese un po' di tempo per osservare le targhe e le medaglie sugli scaffali: erano il suo lavoro di una vita,come scrittrice,come professoressa e come ricercatrice letteraria. Aveva ventitrè anni ed era già professoressa in un liceo Classico non molto lontano da casa sua; aveva realizzato il sogno che la accompagnava fin da quando nemmeno arrivava con la testa al tavolo della cucina.
Dante chiuse il libro appena sentì il campanello suonare.
<<Oh,porco il cazzo!>> Beatrice scattò in piedi rischiando di inciampare <<io non lo voglio vedere a quello!>>
<<Vedere è un verbo transitivo Bea!>> le gridò appreso l'altra ragazza,resistendo di tirarle addosso uno dei pesanti dizionari che aveva sulla scrivania.
Din Don.
Si scontrò con la bionda mentre entrambe uscivano dalla stanza,quest'ultima cercava di salie le scale che portavano al piano di sopra senza farsi vedere.
Dante si guardò allo specchio all'ingresso sistemandosi i capelli e il rossetto,poi aprì con un sorriso smagliante.
<<Ciao James>> lo salutò con tono melenso,a Beatrice che era ferma sul primo gradino venne da vomitare.
<<Piccola>> il ragazzo irlandese,dai biondi riccioli,baciò la padrona di casa a fior di labbra,poi rivolse il suo sguardo all'altra ragazza <<ciao Bea!>>
Beatrice gli fece un dito medio da dietro la schiena.
<<Ciao quattrocchi>> lo salutò per poi correre di sopra,guadagnandosi un'occhiataccia dalla rossa.
Quest'ultima e James si sedettero con una tazza di thè al tavolo della cucina,scambiandosi sguardi pieni d'amore e battute stupide a cui ridevano. Avevano entrambi al dito un anello,il loro anello di fidanzamento. Si sarebbero sposati fra qualche mese.
<<Come va con Bea? Sa già delle carte?>> domandò il ragazzo abbassando la voce a un certo punto,anche se la bionda era chiusa in camera sua al piano di sopra.
<<No,non lo sa>> ridacchiò Dante <<è un tipo difficile lei,lo è stata fin da quando i suoi genitori l'hanno affidata a sua madre quando era piccola>>
James si tolse gli occhiali,appoggiandoli sul tavolo.
<<Sono entrambi morti,giusto?>> chiese,incerto.
Dante annuì.
<<Il padre aveva il cancro,la madre divenne un alcolista dopo la sua morte ed ebbe un incidente. Sua madre la affidò alla sua migliore amica pregandole di garantirle un futuro.. ma ha lasciato la scuola a sedici anni,ti rendi conto??>>
Il biondo tossicchiò fintamente,infatti subito dopo Beatrice entrò in cucina e aprì il frigo con nonchalance,tirando fuori una bottiglia di Whiskey.
<<Non puoi bere a quest'ora!>> la rimproverò Dante,lei provò a giustificarsi.
<<É stata una giornata stressante>>
<<Sono le dieci e mezza di mattina>>
<<Allora prova a immaginare quanto mi stressi>>
Non ebbe nemmeno la decenza di prendersi un bicchiere,fece la linguaccia a James e se ne tornò in camera.
I due rimasti in cucina scoppiarono a ridere prendendosi per mano.
<<Come va con quell'associazione che stavi fondando,James?>>
Lui arrossì,come faceva ogni volta che parlava di qualcosa di cui era davvero fiero.
<<Splendidamente sai? Ho già quattro membri oltre me. Rappresentanti di vari paesi>> lei applaudì soddisfatta.
<<Potresti prendere Bea come rappresentante dell'Italia!>>
<<Vuoi davvero diventare il tutore legale di quel mostriciattolo?>> le chiese lui.
Lei annuì sorridendo,poi si alzò per mettere le tazze vuote nel lavandino.
James la abbracciò da dietro inspirando il suo profumo,a lei vennero i brividi.
<<Guarda che Bea ha la stanza proprio affianco alla mia>> sussurrò,sospirando.
Sentì la risata cristallina dell'Irlandese proprio vicino al suo orecchio,e questo la mandò su di giri.
<<E allora?>>
[...]
Bea odiava James. Dante era la sua migliore amica,e anche se la prendeva in giro per essere una bigotta e un topo d'appartamento le voleva bene come non voleva bene a nessun altro. Avevano sempre vissuto insieme,loro due contro il mondo. Poi era arrivato James. Simpaticissimo irlandese dai riccioli d'oro,intelligentone,attraente,premuroso... non aveva uno straccio di difetto quello lì. Bea non lo poteva proprio sopportare. Avrebbe sposato la sua migliore amica e se la sarebbe portata chissà dove nella terra delle patate.
<<Io ti detesto!>> gridò rinchiusa nella sua camera,mettendosi anche l'altra cuffia per non sentire il rumore proveniente dalla stanza accanto.
Ma non bastò lo stesso.
[...]
Il 'quattrocchi' era venuto sempre più spesso a casa loro da quella volta.
Bea aveva provato di tutto: impostare il microonde con un cucchiaino dentro per farlo esplodere,sostituire i profumi di Dante con l'aceto,andare a raccontare ai bambini del quartiere che la casa era infestata per farglielo sapere... niente. Lui era sempre lì col suo fottuto anello e col suo fottuto accento a fottersi quella che lei riteneva sua sorella e a trattarla come una regina.
Leccaculo.
Capitava,delle volte,che Dante uscisse per fare qualche commissione e che rimanesse a casa da sola con lui. In primo luogo aveva cercato di giocargli qualche scherzo come mettere il ketchup sulle sedie o tirargli gavettoni ad acqua,ma lui aveva riso e le aveva fatto pat pat sulla testa come se fosse un animaletto da compagnia.
Infine,si era arresa.
Decise che si sarebbe limitata ad ignorarlo per quanto possibile,ritirandosi nella sua stanza a fumarsi una canna (c'era il cartello 'vietato entrare') o nello studio di Dante dove però fumare era vietato,erano posti inaccessibili per l'intruso.
Inaccessibili fino ad un certo giorno.
Bea sentì bussare allo stipite della porta e il ragazzo col camice si fece avanti invadendo quel luogo sacro.
<<Non puoi stare qui>> lo richiamò la bionda.
<<Dante ha detto che posso stare dove voglio>> rispose gentilmente lui.
<<Se ti avvicini di un altro passo le dirò che mi hai stuprata>>
<<Allora dovrò stuprarti,altrimenti non avrai le prove per dimostrarlo>>
Fece un passo avanti e lei sussultò,ma presto scoppiò a ridere sguaiatamente dato che lui si era messo a farle il solletico mentre era seduta sulla sedia. Gli gridò di smetterla varie volte,e lui disse che l'avrebbe fatto solo se lo avesse chiamato 'papino'.
La ragazza dai capelli rossi,tornata con le buste della spesa in mano,si mise ad osservarli dallo stipite della porta con il sorriso di una madre che guarda i suoi due figli giocare.
[...]
Bea non era riuscita più a prendersela con James come una volta e questo le dava molto fastidio.
Lui faceva battute divertenti e la faceva ridere mentre beveva la Vodka,le consigliava nuovi generi musicali e film da guardare,le fece conoscere una certa 'Billie Eilish' che faceva delle canzoni fighe.
Sembravano una piccola famiglia felice.
Ma qualcosa si stava rompendo.
Più si avvicinava a James,più si allontanava da Dante. Prima che potesse accorgersene,lei aveva iniziato a guardarla con aria sospettosa; a non rimproverarla più scherzosamente come prima,a cercare sempre più momenti di intimità col suo promesso sposo lontano da lei.
La verità è che la rossa aveva paura. Beatrice era più giovane,più attraente,più avventurosa.
Iniziò ben presto a litigare ferocemente con la sua coinquilina,accusandola di stare provando a sedurre il suo ragazzo.
La bionda le rideva appresso,negando fermamente.
E poi successe.
[...]
<<IO TI AMMAZZO!>>
Bea cadde a terra per schivare il colpo di un ombrello.
Fuori pioveva a dirotto,l'acqua entrava dalla finestra aperta oltre a colare dall'ombrello nelle mani del ragazzo con il fiatone e gli occhi sgranati.
In mezzo allo studio,al piano terra,c'era un cadavere.
Il sangue fuoriusciva dalla testa e macchiava il centro del tappeto,quel sangue sarebbe rimasto lì per cinque anni prima che qualcuno tentasse anche solo di pulirlo.
<<M-MI DISPIACE...>> la ragazza bionda era in lacrime,il respiro talmente accelerato che sembrava sarebbe svenuta da un momento all'altro.
Era ubriaca.
Quella mattina aveva bevuto troppo.
Aveva solo rapidi flash di ciò che seguiva: Dante che la chiamava nel suo studio per litigare,lei che afferrava una delle sue targhe di vetro e gliela suonava violentemente in testa mentre era di spalle. Aveva visto i suoi occhi ruotare nelle orbite,poi si era accasciata a terra con la testa sul tappeto e non si era più mossa.
Bea era scoppiata a piangere,era corsa in bagno a vomitare anche l'anima e quando era tornata per decidere cosa fare aveva trovato lui.
James.
La sua espressione era indescrivibile.
L'espressione di chi avrebbe dato volentieri la sua vita se fosse bastato a riportare indietro la donna che amava alla follia.
Aveva tirato un urlo straziato,scoppiato in un pianto disperato mentre si trascinava verso di lei e l'aveva stretta fra le braccia come il tesoro più prezioso che un uomo possiede.
E poi aveva visto lei.
James non era certo un detective,ma non gli ci volle molto per capire cosa fosse successo. Ora voleva vendicarsi.
<<IO TI AMMAZZO!!>> gridò così forte da graffiarsi la gola tentando di colpirla alla testa con l'ombrello dalla punta dura,per schivare la bionda cadde a terra mettendo le mani avanti,scossa dai singhiozzi e col volto paonazzo.
<<M-MI DISPIACE...>>
<<Mi dispiace un cazzo Bea. L'hai uccisa. LA HAI UCCISA!!>> tentò di conficcare la punta all'altezza del suo occhio,lei riuscì a rotolare verso sinistra ed alzarsi a fatica,per quanto permettesse la vista annebbiata.
<<Non volevo,te lo giuro... lei era mia amica...>>
Singhiozzò più forte lei,ma prima che potesse rendersene conto l'irlandese aveva abbandonato l'ombrello e si era fiondato contro di lei spingendola contro una delle librerie; delle targhe caddero a terra fracassandosi e facendo un rumore infernale.
Le mani di lui le si strinsero intorno al collo. Inutile dimenarsi. Lui era più forte.
Beatrice scosse la testa cercando di urlare,ma negli occhi di lui c'era solo una ferita così profonda che lo stava dissanguando,la rabbia accecante di chi si trova davanti l'assassino della persona che ama.
<<Se mi uccidi sarai un assassino anche...>> provò a parlare la ragazza con voce strozzata per la mancanza d'aria,ma lui aumentò la presa impedendole di finire.
Ormai la vista le era invasa da puntini rossi,sentiva la faccia bruciare così tanto che credeva sarebbe esplosa da un momento all'altro. Smise di fare resistenza e sentì le lacrime calde che le scorrevano lungo il viso bagnare le mani dell'uomo.
Se lo meritava.
Si meritava di morire per ciò che aveva fatto.
Aveva ucciso la sua amica,la sua sorella,la sua unica famiglia.
Perchè? Perchè la stava assillando. Perchè l'aveva infastidita. Perchè aveva bevuto troppo.
Non meritava di continuare ad esistere in un mondo in cui Dante non c'era più per colpa sua.
Poi d'improvviso accadde quello che non si aspettava.
I polmoni si infiammarono bruciando così forte che fu costretta a tossire violentemente e per poco non vomitò di nuovo. L'impatto del suo corpo col terreno le provocò un po' di dolore,ma non quanto le schegge di vetro delle targhe che le si conficcavano nella carne.
Un peso le cadde addosso.
James l'aveva lasciata andare e si era lasciato cadere sopra di lei che era appoggiata di schiena alla libreria,lasciandosi andare ad un pianto disperato.
Bea continuò a tossire per un po',poi tacque.
Non seppero dire quanto tempo rimasero in quella posizione,con i soli singhiozzi disperati e straziati di James che risuonavano sopra lo scroscio della pioggia.
<<Io non posso ucciderti>> mormorò l'irlandese alla fine,senza più voce in corpo <<ma posso farti di peggio>>
La ragazza sgranò gli occhi,spaventata.
James la guardò senza vederla,con occhi spiritati.
<<Verrai con me nell'associazione che ho fondato. Ti prenderai le responsabilità che non hai mai voluto prenderti,voglio vederti lavorare per gli altri come non hai mai saputo fare. Preferisco vederti soffrire personalmente piuttosto che lasciare che ti mettano in carcere con vitto e alloggio dove ci staresti solo che bene>>
Bea scosse la testa piangendo.
<<NO! TI PREGO!>>
<<ALLORA CHIAMIAMO LA POLIZIA!>>
Il biondo afferrò il telefono e iniziò a comporre il numero,ma lei glielo strappò di mano.
Aveva gli occhi così rossi che quest'ultimo colore sembrava mescolarsi con le sue iridi azzurre.
<<Va bene.. verrò con te. Non chiamare la polizia>> mormorò infine.
Lui posò il cellulare e rivolse uno sguardo alla sua amata stesa sul pavimento.
Le accarezzò la testa come se però non la vedesse,oppure come se fosse ancora in vita.
In quello stato James le faceva paura.
<<Da oggi assumerai l'identità di Dante. Non scopriranno mai di quest'omicidio>> disse lui,con tono sofferente.
Beatrice si alzò la terra tremando e appoggiandosi alla libreria.
<<Come?>>
Joyce si alzò e le prese il braccio,lei sussultò pensando che volesse farle del male ma non successe niente. Lo guardò con aria interrogativa mentre la lasciava.
<<Guardati allo specchio>> fu la sua risposta,con la voce rotta dal pianto,distolse lo sguardo.
La ragazza quasi tirò un urlo a vedersi riflessa nel vetro delle targhe. Era Dante. Il suo aspetto era proprio come quello di Dante. Identica. Viva. Così come se la ricordava.
<<Io...>>
<<É un'illusione. La mia abilità, "Dubliners",mi permette di fare questo. Tutti gli altri e te stessa ti vedono così,anche io. Posso farlo con una sola persona o cosa alla volta,e si annulla solo se io muoio o decido di rimuoverla>>
Si inginocchiò di nuovo accanto al cadavere,la baciò sulle labbra e le sussurrò parole dolci per dirle addio. Le lacrime del suo amante bagnarono il volto di Dante.
Poi lui si alzò e porse a Beatrice,che aveva l'aspetto del cadavere ma più vivo,la collana che portava sempre la sua amica: quella con i ciondoli che rappresentavano foglie di alloro.
[...]
Seppellirono il cadavere in giardino con la pioggia. Chiusero lo studio a chiave e chiusero la chiave in un cassetto.
James le diede le spalle per tutto il tempo.
Solo una cosa le disse,prima di uscire da quella casa una volta per tutte.
<<Io non spero che tu vada all'Inferno,Bea...
...ti ci accompagnerò personalmente>>
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top