20.

"Ti amo Faith"

Graham aveva passato gran parte della sua vita a Londra,dove aveva iniziato la sua professione di medico e di esperto di veleni,ma la sua famiglia non lo aveva mai seguito. 
Era nato in una piccola cittadina della Scozia di nome Glefinnan che affacciava su un lago in campagna,in una piccola casetta in cima ad una salita sulla quale si scivolava in continuazione per la friabilità del terreno. 
Non aveva molte memorie della sua infanzia e dei suoi genitori,forse perchè erano persone estremamente ordinarie che non avevano mai davvero partecipato attivamente alla sua vita senza però  imporgli di sottrarsi ad alcuna esperienza,ma il ricordo di quella casetta dove aveva trascorso l'infanzia prima del College era impresso nella sua memoria ed era sicuro che sarebbe rimasto lì fino alla sua morte.

Nel momento del bisogno quei ricordi gli tornarono utili,perchè trovare vecchie lettere dei suoi genitori e scrivere la via dell'abitazione su un foglietto era stata la parte più facile; trovare un biglietto aereo per la Scozia per il giorno seguente era stato mediamente difficile; e il vero problema era stato trovare trasportare il corpo di una persona priva di conoscenza in maniera discreta. Alla fine aveva risolto il problema pagando di più per avere un passaggio su un aereo commerciale che aveva abbastanza spazio per trasportare una barella,in aggiunta al pagamento per non fare domande. Alla fine era arrivato a Glefinnan e nessuno di quelli del vicinato aveva riconosciuto il timido e silenzioso Graham che giocava sempre da solo sotto la quercia davanti casa; gli abitanti del posto,e lui li conosceva, non si facevano troppe domande e si limitavano ad osservare tutto ciò che accadeva da uno spiraglio dietro le tende chiuse.

Mentre ripensava a tutto questo, il dottore se ne stava seduto su una delle sedie della cucina con una tazza di thè in mano e lo sguardo fisso attraverso le tende della piccola finestrella della cucina: da piccolo era così basso che non vi arrivava nemmeno al bordo. 
Si alzò tirando un respiro profondo e immaginando sua madre,donna ordinaria e camaleontica,che cucinava il pranzo così come un figlio dovrebbe ricordare la propria madre: di spalle,intenta a fare qualcosa per lui consapevole che viene dato tutto per scontato,ma comunque amorevole. 
Una delle stanzette in fondo al corridoio era la camera da letto dei suoi genitori,dove il corpo che tanto aveva faticato per portare fin lì giaceva privo di conoscenza,attaccato ad una serie di flebo e macchinari. Il giovane dottore si sedette sull'altro lato del grosso letto matrimoniale come faceva sempre da un paio di giorni a quella parte,quando erano arrivati. 

Sentì gli occhi pesanti e senza neanche accorgersene cadde in un sonno profondo per la prima volta dopo una settimana: sognò la sua vita come l'avrebbe voluta,espresse un desiderio all'unico Dio che conosceva,quello della Morte,e gli chiese di stare lontano da quel letto matrimoniale. Era la prima preghiera che avesse mai rivolto a qualcuno che non fosse una dose letale di veleni. 

A svegliarlo fu una leggera pressione sul suo braccio che inizialmente non riconobbe. 
Quando ci pensò meglio,però,sgranò gli occhi.
<<Faith?>> 
La sua vista si fece appannata dalle lacrime; un paio di occhi color nocciola,vacui e persi nel vuoto ma vivi,lo guardavano con aria assente. Appoggiata sul gomito,la donna che amava lo stava guardando, il petto che si alzava e si abbassava regolarmente,viva. 
Graham non aveva mai davvero conosciuto la felicità perchè non aveva mai davvero desiderato qualcosa. Lì,su quel letto matrimoniale,finalmente ne ebbe un assaggio. Finalmente si disse che aveva preso la decisione giusta per sè stesso ed espresse il desiderio di poter finalmente essere il protagonista della sua stessa storia.

[...]

Faith era viva,ma sarebbe stato stupido anche solo immaginare che non ci sarebbero stati danni al suo organismo per l'ingente quantità di veleno che aveva assunto. Per i due giorni successivi al suo risveglio non disse una parola,fissando il vuoto con aria spenta come se non capisse le parole che le venivano dette. Dovette fare un po' di esercizio per riuscire ad alzarsi ed ebbe bisogno dell'aiuto del dottore per lavarsi,per tutto il tempo non battè ciglio come se fosse ancora convinta di star sognando. 
Graham le mise addosso una vestaglia da notte trovata in un armadio,le disse che era bella e che non la invecchiava,ma anche qui lei non battè ciglio come se fosse una bambolina.

La prima volta che parlò era mentre l'inglese le stava cambiando le fasciature della ferita dell'operazione,ma anche lì le sue parole sembravano provenire da chissà dove ma non dal suo cervello.

<<Chi sei?>> gli chiese,inclinando la testa.
Graham non si scompose,anzi,fu felice di sapere che Faith non si ricordasse di lui,avrebbero finalmente potuto ricominciare senza che nessuno s'intromettesse.
<<Graham Young. Puoi chiamarmi Graham>> le sorrise appena.
Lei elaborò l'informazione.
<<Gra..ham>> ripetè <<Graham. Graham. Ho fame>>
Fino a quel momento avevano mangiato cose che il dottore aveva reperito al supermercato più vicino,muovendosi solamente quando era sicuro che la ragazza dormisse profondamente.
<<Ho fatto la spesa ieri>> spiegò lui mentre sistemava la fasciatura <<cosa vorresti mangiare?>>
Faith Foster,o almeno quello che ne rimaneva,scosse la testa.

<<Mi piacciono il pane e il latte di Yokohama>> sussurrò, Graham si accigliò leggermente.
<<Non siamo a Yokohama,siamo a Glefinnan,in Scozia>>

<<Mi piacciono il latte e il pane di Yokohama>> ripetè la giovane a voce alta,poi si stese sul letto e chiuse gli occhi.
Quella sera dormì così profondamente che fu impossibile anche solo svegliarla per mangiare.

[...]

I due non avevano molto da fare in quel luogo ,ma sembrava che poco a poco Faith stesse cominciando ad ambientarsi. Il suo sguardo vacuo diventava curioso di tanto in tanto e faceva molte più domande di prima.

<<Che albero è quello?>>
<<Una quercia Faith>>
<<C'è una cassetta delle lettere qui?>>
<<Si,perchè?>>

<<Perchè penso che qualcuno dovrebbe scrivermi prima o poi,e sarebbe brutto se non ci fosse una cassetta delle lettere>>

<<E chi dovrebbe scriverti?>>
<<Mio marito,o i miei figli>>
Molte delle cose che diceva non erano coerenti,altre rimandavano a parti della sua vita di cui però sembrava non fosse consapevole. 
A Graham non importava. Da quando lei era lì,lui si svegliava e andava a dormire con il sorriso. 
Si sentiva felice,e non desiderava essere in nessun altro posto. 

Un giorno la prese per mano,e lei lo guardò con aria interrogativa.

<<Cosa fai?>> chiese,inclinando leggermente la testa così che i lunghi capelli castani le andarono davanti agli occhi.

<<Ti dispiace?>> chiese lui leggermente ansioso.
Lei scosse la testa e prese a guardare da un'altra parte.

<<Fai pure>>
Si tennero la mano seduti sulle scale d'ingresso della casa,con lo sguardo fisso davanti a loro,incantati dalla pioggia che cadeva torrenziale e inumidiva l'erba,ipnotizzati dal lieve rumore delle gocce di pioggia che scontravano con l'acqua del lago.
Un dottore inglese e una ragazza di cui rimaneva poco e niente ai confini di un mondo che cadeva a pezzi. Forse si sentivano ancora soli,forse si sarebbero sentiti così per sempre. 
Ma non aveva importanza,perchè i gradini erano larghi giusto per due persone.
Sedervici da soli sarebbe stato uno spreco.

[...]

<<London Bridge is falling down,falling down,falling down. London Bridge is falling down,my fair lady>>
Faith canticchiava seduta sul divano del piccolo salotto dondolando le gambe,era passato circa un mese da quando erano lì e adesso sorrideva. 
Graham stava seduto accanto a lei e teneva un giornale in mano,quando sentì la canzoncina ridacchiò. 
<<Proprio una canzone che canterebbe una londinese>> commentò.
Lei rise a sua volta e all'uomo parve il suono più bello del mondo.
Faith si alzò in piedi sul divano e si mise a saltare.

<<London bridge is falling down! Falling down! Falling down!>> 
Quando fece per saltare verso il pavimento,Graham fece appena in tempo a tirarsi su e a prenderla in braccio rimettendola delicatamente a terra.

<<Stai attenta!>> la rimproverò <<la ferita non è ancora chiusa del tutto!>>
Lei dondolò un po' sulle gambe perdendo lo sguardo nel vuoto.
Ci fu silenzio per qualche istante.
Pioveva spesso in Scozia,quindi il rumore delle gocce di pioggia che battevano sul vetro era familiare e rilassante,ma per qualche motivo quel giorno creava tensione.
La ragazza si girò di spalle.

<<Mi piacciono il pane e il latte  di Yokohama>> ripetè come quasi ogni giorno. 
Guardandola da quella prospettiva si vedeva chiaramente quanto fosse malnutrita. L'uomo deglutì a quella vista,preoccupato.
<<Se li vado a prendere...>> biascicò rigirandosi i pollici <<...li mangerai?>>
Lei stette in silenzio senza girarsi,ma l'altro potè intuire che il suo sguardo si era fatto cupo e gli occhi erano nuovamente privi di vita. 
<<Mi piacciono il pane e il latte di Yokohama>> disse,ed uscì dalla stanza di corsa.

[...] 

Ogni tre giorni Graham, Young volava per sei ore fino a Yokohama,prendeva pane e latte e volava per sei ore fino a Glefinnan,e Faith non dormiva nel frattempo. Lo aspettava davanti alla finestra della cucina col naso attaccato alla tenda come un cagnolino,gli occhi spenti finchè non lo vedeva tornare,allora si illuminavano e brillavano per lui come la stella più bella.
La prima volta si era fermato all'appartamento di Faith e le aveva recuperato qualche vestito che lei si era rifiutata di indossare (preferiva le vecchie camicie da notte trovate nei cassetti),insieme ad alcune delle sue cose e a Dazai,il gattino,che era riuscito a sopravvivere un mese da solo all'appartamento facendo cadere la scatola di cibo da un ripiano e mangiandone poco al giorno.

La ragazza inglese mangiava tutto il pane e beveva tutto il latte che Graham le portava,con un sorriso smagliante sul volto,mentre accarezzava il gattino che però le soffiava contro ogni volta che lei si avvicinasse.
<<Mi odia?>> domandò Faith riferendosi all'animaletto,un giorno.
Graham scosse la testa.
<<Deve ambientarsi,vedrai che migliorerà>>
Lo sguardo di Faith non era per nulla convinto però,nè quel giorno nè i giorni successivi.

[...]

Il primo problema sorse un giorno che il dottore stava tornando dal supermercato cittadino dopo aver fatto la spesa di cibo per sè stesso,di detersivi ed altre cose necessarie.
Faith girava per le stanze della casa come un fantasma dallo sguardo vuoto,finchè non passò davanti ad uno specchio. La sua pelle era quasi dello stesso colore della vestaglia,i capelli lunghi erano morbidi e sottili,Graham la lavava e la pettinava personalmente,ma in quel momento un ricordo veloce le passò davanti agli occhi: un ragazzo dai capelli rossi con uno strano cappello le accarezzava quegli stessi capelli,poteva sentire il suo tocco delicato anche se intorno a lei non c'era nessuno.
Improvvisamente fu colta da un lampo di rabbia e strinse forte i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. 

<<Non mi piacciono,non mi piacciono per niente!>>
Corse in cucina e prese un paio di forbici dal cassetto,si fiondò davanti alla porta del bagno e iniziò a tagliare ciocca dopo ciocca in maniera rabbiosa e scoordinata,alla fine le più lunghe le arrivavano alle spalle,in altri punti della testa erano così corte da farla sembrare calva.
Quando ebbe finito si guardò nuovamente allo specchio e tirò un sospiro di sollievo.
<<Chissà se a Graham piaceranno...>> 

Improvvisamente fissò lo sguardo sulle forbici dalla punta affilata,prima che potesse accorgersene aveva iniziato ad accarezzarsi la gamba con la lama,lo sguardo attento e curioso. Applicando più pressione,notò che iniziavano ad uscire goccioline di sangue,ma la sensazione di bruciore mista a dolore non le provocava fastidio,anzi.
Raccolse un po' di sangue uscito da un taglio sul dito e se lo portò alle labbra,sapeva di ferro ma non eccessivamente,le piacque.
<<Graham dovrà bendarmi anche queste ferite ora>> constatò,senza sapere se fosse una cosa positiva o negativa.
Stava per posare le forbici quando un rumore alle sue spalle la fece sussultare.
"Fsss"
Dazai ondeggiava la coda con aria ostile sulla soglia del bagno.
Faith Foster sgranò gli occhi e non posò le forbici.

[...]

<<Faith?>> 
Non era in cucina,Graham aveva posato le buste della spesa sul tavolo di legno ma non l'aveva trovata come al solito vicino alla finestra. La porta non era aperta,ma per qualche secondo il suo cuore minacciò di uscire dal petto al pensiero che fosse andata da qualche parte.
Poi sentì dei singhiozzi provenire dal bagno. 
Quando andò lì la scena che gli si parò davanti sarebbe stata definita da tutti raccapricciante.
Ma Graham le corse incontro (era inginocchiata nel bel mezzo del bagno) incurante del sangue che ricopriva tutto il pavimento e si inginocchiò al suo fianco,prendendola fra le braccia.
<<Mi hai fatto morire di paura,Faith! Pensavo fossi andata via>> affondò la testa nella sua spalla,dove prima poggiavano i lunghi capelli.

<<N-non soffia più..>> biascicò lei scossa dai singhiozzi,nelle mani ancora stringeva le forbici <<non miagola,non respira più... ho toccato il suo cuore Graham,non batte più>>

Lui le accarezzò la testa dolcemente per calmarla,non gli importava nulla del gatto.
<<Te ne prenderò un altro>> le disse,poi si staccò da lei solo per prenderla in braccio e portarla in cucina,facendola sedere sul tavolo.
Le disse di aspettare lì e pulì il bagno,poi andò da lei e la sorprese a leccarsi via il sangue dalle ferite sula gamba. 
La rimproverò aspramente e poi le bendò anche quelle; sul volto della ragazza però adesso c'era un sorrisetto di soddisfazione.
"Dovrei tagliarmi più spesso" pensò.

Una volta finito,Graham Young la guardò dritta negli occhi,era una pazza psicopatica il cui cervello aveva smesso di funzionare bene quando era svenuta quel giorno in ospedale,avrebbe dovuto capire che non si poteva salvare l'insalvabile,aveva anteposto ai suoi desideri alla cosa giusta e adesso aveva il doppio dei problemi. Forse,quel giorno,Faith Foster sarebbe dovuta morire sul serio.
<<Ti amo>>
Fu quello che disse,rompendo il silenzio carico di parole.
<<Ti amo Faith>> 
Adesso era lui quello che stava piangendo,le mani che accarezzavano le guance dell'amore della sua vita,e si rese conto di avere dentro tanta frustrazione e tanta paura.
Ma lei gli sorrise con dolcezza.

E poi prese le forbici dal tavolo e lo trafisse all'altezza del fianco.

[...]

Ogni tanto la si sentiva urlare,senza motivo. 

Diceva di vedere cose.
Diceva di vedere persone.
Portava sempre quelle forbici con sè,costrinse Graham a cavare una tomba per il gatto grande quanto quella di un umano.
Ogni tanto lei gli si avvicinava e si sedeva sulle sue gambe,lo baciava, poi gli tirava uno schiaffo.
Lui la guardava con gli occhi tristi ricolmi di amore.
<<Ti amo,Faith>>
Le diceva,e lei gli sorrideva sempre in modo gentile.
Un giorno provò a strangolarlo durante la notte. Graham scoppiò a piangere,lei si scusò e cercò di farsi perdonare baciandolo più a lungo del solito.
<<Mi piacciono il pane e il latte di Yokohama>> quando diceva così Graham doveva correre a mettersi il camice e prenotare il primo volo per il Giappone,e tardava di troppo lei si metteva a tirargli calci e pugni.

<<Sposiamoci,Graham. Ti va?>> gli chiese lei mentre lui si infilava per l'ultima volta le scarpe sull'uscio di casa.
Graham si bloccò,e non solo per una leggera fitta alla ferita nel fianco. 
Si girò verso la ragazza con le scarpe ancora slacciate e dovette ricacciare indietro le lacrime.

<<Sposiamoci,Faith. Appena torno,okay?>>
Lei sorrise e gli saltò addosso abbracciandolo,allacciando le gambe intorno alla sua vita.
<<Torna presto>> gli disse. 
Lui annuì ed uscì dalla porta.

[...]

Graham Young era innamorato. Di quell'amore vero,profondo,l'amore che ti fa commettere follie. Per quanto lei lo spaventasse,per quanto fosse convinto che lo avrebbe ucciso un giorno,per quanti lividi e ferite potesse avere addosso,lui era andato a comprare anche quel giorno pane e latte a Yokohama. 
Perchè la amava,e l'avrebbe sempre amata.
L'amava così tanto che si mise a piangere nel bel mezzo della strada,tremando e abbracciandosi senza nemmeno sentire più il dolore corporeo.
La amava così tanto che avrebbe venduto l'anima al diavolo per essere sicuro di finire con lei all'inferno.
La amava così tanto da infilarsi velocemente una pillola al cianuro sotto la lingua alla vista di Chuuya,non l'avrebbe più lasciata nelle sue mani. Torturarlo non sarebbe servito,non gli avrebbe rivelato dove si trovava.

La amava così tanto.
La amava così tanto...

La amava così tanto che fu terribilmente facile ingoiare.

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