10.
"Impronte nella neve"
Mosca,Russia
Una settimana dopo
Dazai teneva le mani sui fianchi e lo sguardo fisso sugli orari dei treni che comparivano e scomparivano sull'enorme tabellone della stazione.
La maggior parte portavano in città limitrofe,per quel poco di Russo che sapeva leggere,mentre degli altri poteva osservare soltanto gli orari. Anche la voce femminile che parlava attraverso l'altoparlante proprio sopra la sua testa non poteva fornirgli più di qualche informazione ricavata dalla parola "treno" "diretto" "carrozza tre".
Accanto a lui,così tranquillo nel suo solito cappotto e una sciarpetta di pelliccia,la ragazzina dai capelli verde cenere e gli occhialini da pilota in testa tremava come una foglia,le braccia strette attorno alle spalle.
<<L-leviamoci di mezzo il p-prima possibile>>
Borbottò il signor Hesse,anch'egli in preda a forti tremiti mentre il suo acerrimo nemico,Victor Hugo,allo stesso modo di Dazai sembrava non essere minimamente disturbato dalla temperatura tanto vicina allo zero;anzi,teneva il primo bottone della camicia sbottonato e gli occhiali da sole fra i capelli senza scomporsi affatto.
<<Fuori farà ancora più freddo>>
Li avvertì Dazai con un sorriso.
<<G-ghiaccioli!>> esclamò Saffo abbassandosi gli occhialini <<gli abitanti di questa città devono essere tutti ghiaccioli!>>
Durante la visita all'isola deserta,il comportamento di Saffo era arrivato a ricordare quello di un'adulta. Adesso,probabilmente grazie all'alleviarsi della pressione che era stata generata dall'incontro con Lesbia,era tornata ad essere quella stramba del gruppo,e nessuno avrebbe mai scommesso che era la stessa persona che in preda all'ira aveva ribaltato un tavolo in casa dei propri ospitanti.
D'altra parte,non c'erano state molte cerimonie d'addio quando se n'erano andati. Con l'aiuto degli isolani e dell'abilità delle donne,erano riusciti a rimandarli a casa su una sorta di imbarcazione di fortuna. La Divina Commedia era andata parzialmente distrutta quando erano atterrati (Dante ci aveva versato più di qualche lacrima per la perdita dei suoi possedimenti e James Joyce ne aveva versate altrettante perchè quel dirigibile era il suo fiore all'occhiello),ma avevano scoperto che l'isoletta deserta non era molto lontana dalle coste del Giappone.
Erano sbarcati ad Okinawa e da lì avevano deciso di dividersi per iniziare le indagini sul loro nuovo obiettivo.
La D.A.N.T.E aveva ufficialmente preso in carico la richiesta di Saffo di far luce su quello che,secondo Lesbia,fu un omicidio e non un incidente,nel quale rimasero coinvolti il presidente Greco e quello Russo insieme alle loro scorte e ai genitori della ragazza. Bisognava investigare da ambedue le parti della questione: Dazai,Hermann,Victor e Saffo sarebbero andati in treno fino in Russia,e lì avrebbero cercato informazioni negli archivi della città di Mosca e nelle biblioteche.
Chuuya,Dante,James e Kano sarebbero invece andati in nave fino ad Atene,e lì avrebbero cercato informazioni facendo attenzione a non fare il nome di Saffo che era ancora teoricamente dichiarata un nemico pubblico lì. Si sarebbero incontrati nuovamente una volta che entrambe le parti avessero terminato,e si sarebbero rivisti a Yokohama.
<<Quanto dista la stazione dalla sede degli archivi?>> domandò Victor con tono scocciato dall'idea di camminare nella neve alta per troppo tempo.
Si guadagnò un occhiataccia da Hermann,che tuttavia non aveva fatto accenno ai suoi esaurimenti nervosi se non una volta durante il viaggio,nel tentativo di aprire la maniglia del bagno.
<<Sono circa venti minuti a piedi>> rispose Dazai che aveva tirato fuori una cartina dalla tasca del cappotto.
Saffo sembrò rabbrividire ancora di più.
Usciti dalla stazione,il paesaggio della capitale gli apparì come lo raccontano nelle storie. La neve candida copriva ogni cosa,dalla piazza centrale alle abitazioni e i negozi che si aprivano a semiretta sui lati dell'edificio della stazione. La vita era frenetica,metà della gente non era nemmeno del posto; si potevano vedere persone di tutte le etnie con in mano bagagli,buste o soltanto valigette da lavoro che si affrettavano in probabile ritardo.
Il viaggio in treno non era stato particolarmente complicato: da Okinawa avevano preso una nave fino ad una cittadina dal nome lunghissimo sulla costa Ovest del grande Stato,e da lì un treno con cui avevano dovuto fare un paio di cambi per raggiungere la capitale.
Più do una volta avevano assistito a grosse nevicate impetuose che avevano costretto il capotreno a fermarsi proprio in mezzo al nulla come nei grandi film dove,in quelle occasioni,di solito si commette un omicidio.
Ma l'omicido non c'era stato e dopo dieci minuti il viaggio era ripreso fino all'intoppo successivo.
Adesso,la squadra camminava (chi più tranquillamente,chi meno) facendo ben attenzione ad alzare i piedi e a non strusciarli sul terreno innevato per rischiare di non cadere.
Per venti minuti,nessuno disse una parola,tutti troppo impegnati a fare tesoro del paesaggio circostante e ad ascoltare le conversazioni degli abitanti senza capirle.
Dazai teneva gli occhi fissi sulla cartina e li alzava di tanto in tanto per guardarsi intorno e riconoscere un rettangolo disegnato sulla carta come un negozio o una casa in particolare; cercava di memorizzare in poco tempo quante più informazioni possibili.
<<Perchè non hai portato il tuo ragazzo con te?>> domandò Victor con leggerezza.
Dazai trasalì per un secondo,perchè davanti ai suoi occhi si era materializzata l'immagine di Oscar Wilde,non quella di Chuuya. Si riscosse in fretta e sorrise come suo solito.
<<ChuuChuu è dotato più di capacità diplomatiche che di ricerca!>>
Chiuse in fretta la discussione ripromettendosi di dimenticare l'equivoco avvenuto nella sua mente proprio in quel momento.
La veritá è che separarsi da Chuuya era stato fin troppo semplice,e ciò lo aveva spaventato. Da quando si era risvegliato nel dirigibile di Dante,dopo essere quasi morto in quell'ospedale a Yokohama,sentiva come se dentro di sè qualcosa si fosse rotto. Le lettere di Oscar non avevano contribuito,sentiva come se qualcuno avesse cosparso di sale le ferite di un cadavere.
Non aveva avuto molte occasioni di confrontarsi da solo col partner su ciò,causa la frenesia delle giornate alla D.A.N.T.E e poi quelle sull'isola,i vari eventi che si succedevano e i nuovi personaggi che si aggiungevano alla storia.
Portava le lettere di Oscar sempre con sè,tuttavia.
"Oscar è morto",si ripete mentalmente il castano, "ha cercato di uccidermi ed è andato incontro alla fine che tutti hanno fatto quando ci hanno provato"
Fissava le sue impronte nella neve e si convinceva di questa affermazione,come aveva fissato le sue impronte nella sabbia e le sue scarpe sbattere sul metallo freddo del dirigibile e si era ripetuto la stessa identica frase senza risultati.
Prima che potesse pensare altro,fu costretto a rimettere il suo cervello in modalità "lavoro",poichè avevano raggiunto quello che doveva essere il palazzo degli archivi.
Era distante da tutto il resto degli edifici del governo,dato che all'interno non vi si svolgevano vere e proprie funzioni bruocratiche,ma era più che altro il deposito delle cronache delle cose avvenute; il tipo di posto dove si puó trovare un giornale datato un secolo addietro o il rapporto dell'omicidio di un presidente. Una cosa su cui Dazai non era sicuro,tuttavia,era se anche per le vicende insabbiate fossero lasciate testimonianze dell'accaduto o se fossero repentinamente distrutte non appena la vicenda passava in secondo piano.
<<È enorme- cioè è proprio grosso più grosso->> Victor parlava a bocca semi-aperta,Saffo dovette trattenere una fragorosa risata.
Hermann gli tirò una pacca sulla spalla,tutt'altro che amichevole,più quella di un padre che rimprovera il figlio.
<<Cosa?>> chiese lui,confuso.
Saffo lo guardò ridacchiando.
<<Capisco che te la fai con chiunque e che sei abituato ad usare un certo linguaggio ma->>
<<Non è un problema>> Dazai si intromise nella conversazione,anche per distrarsi dai suoi pensieri <<non penso che qualcuno parli il Giapponese qui.. È tanto imorobabile quanto trovarci una greca>>
Accennò a Saffo con la testa,lei scrollò le spalle con un sorrisetto fiero.
Il palazzo degli archivi era una costruzione rettangolare che si ergeva più in altezza che in larghezza. Si poteva presuppore che prima fosse una parrocchia o qualcosa del genere dai tratti tipicamente gotici della costruzione che Dazai sapeva essere caratteristici degli edifici sacri: Rosoni e archi rampanti,contrafforti e i caratteristici pinnacoli. La soglia era segnata da tre porte in metallo riccamente decorato,mentre il contorno di esse era rifinito in marmo e basalto: una più grande con decorazioni floreali e due più piccole e rovinate,quindi teoricamente più usate.
<<Entreremo qui come nulla fosse?>> domandò Victor.
<<Mi sembra ovvio che ci introdurremo di nascosto>> gongolò la ragazzina dai capelli verdi.
Hermann non disse nulla,troppo impegnato ad ammirare le bellezze dell'arte che prbabilmente solo lui che aveva cinquant'anni poteva soffermarsi a commentare mentalmente.
Tuttavia Dazai aveva tirato fuori il suo cellulare con aria annoiata e stava componendo un numero.
<<Spero che mi risponda presto,qui in Russia le chiamate da cellulare mi costano un rene al minuto.. E ho finito quelli di scorta>>
Si portò il cellulare all'orecchio sotto gli sguardi vigili e attenti dei suoi compagni,e dopo qualche minuto esplose in un fragoroso <<Lev! Amico mio!>>
Il suicida si allontanò leggermente dal gruppi,che si lanciava occhiate perplesse,e appena tornó col cellulare nuovamente in tasca e tutto sorridente,informò gli altri che sarebbero stati fatti entrare a breve.
<<Entriamo davvero come se niente fosse?>> sbottò Victor.
Hermann si massaggiò le tempie.
<<Immagino tu abbia qualche aggancio,Her Dazai>> suppose.
Dazai annuì.
<<Ci farà entrare un mio vecchio amico che mi deve un favore,immaginavo che avrebbe accettato fin da quando sapevo che saremmo dovuti venire qui>>
Saffo inclinò la testa con aria curiosa.
<<Di chi si tratta?>>
Dazai le sorrise.
<<Il suo nome è Lev. Lev Tolstoj>>
Non ebbero modo di conversare oltre,dato che la porta piccola sul lato sinistro della facciata dell'edificio si aprì scricchiolando tanto quanto faceva immaginare la sua usura. De dentro,una mano lì invitò ad entrare velocemente,dato che si stava alzando il vento insieme ad una temoesta di neve.
Saffo e Victor furono i primi a correre verso quello spiraglio di salvezza al riparo dal freddo.
<<Se non è Lev Nikolàevič Tolstòj,che mi venga un colpo>>
Dazai ridacchiò davanti all'ometto che gli aveva aperto.
Molto magro e non troppo alto,capelli biondo platino lunghi raccolti in un codino e il cappello a bombetta per cui Dazai aveva imparato a riconoscerlo. Aveva l'aria di uno che legge troppi libri e trascorre metà della sua giornata nella sua labirintica mente,tipica aria che hanno tutti i filosofi di quell'età.
<<Se non è Dazai Osamu,che mi venga un colpo a mia volta>> disse con aria spenta e un giapponese masticato appena.
L'ingresso dell'edificio era ampio e spazioso,con dei sottili pilastri che dividevano l'ambiente in tre navate. Il pavimento era di un materiale simile al marmo,lucido,dei colori del granito. Il soffito obliquo sembrava molto più alto che da fuori.
Mentre i membri della D.A.N.T.E si guardavano intorno con aria da bambini entusiasti,accompagnati da Lev verso una saletta interna,Dazi si ritrovò a fissare quella che sembrava una fonte battesimale all'ingresso sulla destra.
Si chiese se dentro ci fosse ancora dell'acqua,e come ipnotizzato si avvicinò per guardarvi dentro.
Effettivamente,uno strato sottilissimo di acqua cristallina riempiva la coppa di pietra circolare,anche se uno strato di polvere appena sulla superficie lasciava intuire che non venisse usata da molto tempo.
Nonostante questo,Dazai riusciva ancora a specchiarsi in essa,e fissò il suo volto riflesso come se gli fosse estraneo; soffermò lo sguardo sui suoi capelli corvini lunghi e lisci,gli occhi come due pozze grige talmente scure da sembrare nere,i lineamenti della bocca sottili e le occhiaie sotto gli occhi che contrastavano sulla pelle chiara come il suo mantello nero.
Quando se ne rese conto,fece un salto all'indietro come se avesse visto un fantasma. E mentre Lev lo chiamava,capì di averlo visto sul serio. Quello non era il suo volto.
Era il volto di Oscar Wilde.
~🌹~
Spazio autrice
E con questo é ufficiale. Sono tornata! Non so se qualcuno segua ancora questa storia,ma sono comunque grata per tutto il suppotto che dopo un anno date ancora a Gli Immortali.
Ebbene,dopo una pausa perchè non ero molto convinta,mi è tornata l'ispirazione e per ora so cosa scrivere,quindi aspettatevi aggiornamenti più frequenti per questa storia!
Spero anche,dopi un anno,di avere uno stile di scrittura migliore rispetto a prima e spero che la storia sia ancora interessante per voi.
Tanto amore uwu
Zero
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