11. Docili come animali di peluche (I)
«Xavi e quel ragazzo sono fratelli?!» saltò su Camelie.
«Non proprio... Diciamo che sono due Karev».
«E che significherebbe?»
«Significa che non mi va di spettegolare di Xavi e Sivar con una sconosciuta. Sarebbe un po' come lavare i panni sporchi in piazza».
«Detto da una che i panni sporchi li lava letteralmente in piazza, suona un po' ridicolo» sbottò Camelie, indicando con un piede il catino dove Olaria aveva messo a mollo il suo abito firmato.
«Lavatelo da sola, va. Volevo essere ospitale, ma credo che sia controproducente continuare a trattarti con gentilezza. Non credo tua abbia ben chiara la differenza tra cortesia e riverenza». Olaria la trapassò con i suoi occhi petrolio.
Camelie sbuffò teatralmente. Era una vera e propria tortura che la Pizia non volesse rivelarle la connessione tra il bell'angelo del ghetto e il buzzurro che le aveva rivolto lo sguardo più truce che avesse mai ricevuto. Se solo Olaria fosse stata indiscreta la metà di Sheila Mc Gowan, che sguazzava nei pettegolezzi dalla mattina alla sera, le avrebbe già rivelato vita, morte e miracoli di mezzo circo.
Fisicamente i due Karev non si assomigliavano per niente. Sivar Karev, diversamente da Xavi, aveva un genotipo nordico. La ragazza spiò con fastidio la pettinatura più diffusa nel ghetto: i capelli cenere del ragazzo erano rasati, fatta eccezione per una cresta morbida, lasciata volutamente spettinata. Camelie detestava quel taglio, lo associava a un conformismo spicciolo da criminali. Poco importava che a Sivar Karev donasse più che ai suoi loschi compagni di merende.
Non sarebbe stato difficile stare alla larga da quel ragazzo che la metteva terribilmente in soggezione.
«Non puoi neanche dirmi perché è pericoloso?»
«È coinvolto in tutti gli affari del circo con il mercato nero. Coordina i furti dei clown e gira voce che torturi chi gli va di traverso nelle gabbie degli animali».
Camelie sbatté più volte le sopracciglia candide. Boccheggiando si rese conto che era in apnea da troppi secondi. Le parole della Pizia l'avevano talmente inquietata da farle dimenticare di respirare.
«Se hai capito quello che ti ho detto, mi fai la cortesia di smettere di fissarlo?» la sgridò Olaria.
«Ma perché Ozzie gli permette di restare?»
«Perché, a modo suo, è d'aiuto alla comunità. Serve sempre qualcuno che faccia il lavoro sporco. E poi è il miglior domatore che il circo abbia mai avuto. Da quando sul palco con gli animali c'è lui, il numero dell'Arca di Noè è diventato il più popolare».
Camelie non rimase troppo sorpresa di scoprire che Sivar era un domatore. Un tipo così non poteva che stare meglio in mezzo alle bestie che con gli esseri umani. Chissà cosa faceva a quei poveri animali per costringerli a esibirsi.
«E Xavi, invece? Qual è il numero di Xavi?»
«Xavi è al trapezio».
Un sorrisetto soddisfatto illuminò il volto di Camelie. Avrebbe dovuto arrivarci da sola. Niente si addiceva al suo Xavier come il volo tra i trapezi. Calzava alla perfezione con la sua identità di angelo del ghetto. Moriva dalla voglia di vedere il suo numero! Magari gli avrebbe chiesto di darle qualche anteprima in privato delle sue acrobazie. Solo loro due. E un trapezio.
Ridacchiando come un'ossessa, Camelie si rintanò nella tenda di Olaria. Nonostante fosse in piedi da poche ore, una stanchezza improvvisa, dovuta a tutte le novità, le appesantiva le palpebre. La ragazza si stese sul materassino gonfiabile, che stranamente le sembrava più comodo di poco prima, e crollò in un sonno profondo.
***
Se il primo risveglio nel circo era stato caratterizzato da un intenso profumo di orchidee, il secondo era intriso di un aroma altrettanto deciso. Tutto odorava di incenso, nella tenda della Pizia, e Camelie non ebbe difficoltà a ricordare istantaneamente dove fosse.
C'era un silenzio irreale, agli antipodi con il frastuono e il suo eco costante, che avevano riempito ogni momento della giornata precedente.
La ragazza ruotò su un fianco e trattenne un'esclamazione di stupore nel ritrovarsi praticamente addosso a Olaria. Aveva dato per scontato che la proprietaria della tenda le avrebbe lasciato il suo letto, dormendo magari in una di quelle amache che penzolavano dal soffitto, ovunque nel tendone. E invece la Pizia non si era fatta alcun problema a condividere l'unico giaciglio con la sconosciuta di cui non si fidava e con cui non voleva condividere nulla della vita dei suoi compari circensi.
Seccata da quell'intimità forzata, Camelie tentò maldestramente di scavalcare l'altra ragazza, pestando per sbaglio un grosso dado pieno di spuntoni. Trattenendo un'imprecazione raccolse il bizzarro oggetto, su cui erano dipinti a mano numeri romani e costellazioni.
L'angusta abitazione di Olaria era piena di cianfrusaglie, artefatti esoterici di cui Camelie non riusciva a indovinare la funzione. Il fatto che la Pizia prendesse il suo ruolo di cartomante semplicemente come un lavoro, la rassicurava. Non le sarebbe piaciuto dormire sotto lo stesso tetto, seppur di stoffa, con una svitata che credeva davvero di poter predire il futuro.
Chissà chi erano gli ingenui clienti che si facevano leggere le carte da Olaria e quanto si faceva pagare la Pizia del circo per quell'attività di dubbia eticità.
Aveva dormito vestita, così come l'altra ragazza, e la cosa la infastidiva terribilmente. La sciatteria e la poca igiene di quella gente erano per lei intollerabili.
Silenziosamente si affacciò dall'apertura. L'occhio le cadde su una delle poche stufe accese, accanto alla quale una donna dall'età indecifrabile stava allattando un neonato, appisolandosi di tanto in tanto.
Camelie si stiracchiò e fu tentata di sfilarsi la gonna attillata per fare qualche esercizio di yoga. Le sarebbe dispiaciuto perdere la flessibilità muscolare sui cui aveva lavorato tanto. Persino una pausa di sette giorni poteva fare la differenza; questo perlomeno era quello che continuava a ripetere il suo yogin da quando lo conosceva.
Il russare incostante che proveniva da una delle tende vicine, la fece però desistere. Rischiare di essere vista in posizioni ambigue, in mutande, nel cuore della notte, non le sembrava una mossa vincente per passare inosservata.
La mente era già più calma rispetto ai giorni precedenti. Al contrario, i suoi genitori, Sheila, Mei e gli altri amici erano probabilmente nel panico. Una notte fuori sarebbe anche passata inosservata, ma due di seguito sicuramente avevano messo in allerta sua madre. Chissà se la polizia aveva già provato a ripercorrere i suoi passi grazie alle tracce digitali che aveva lasciato fino al ghetto.
Camelie gongolò tra sé e sé, pensando ai sensi di colpa che avrebbe provato Antoine Lambert nel realizzare la sua responsabilità nella scomparsa dell'unica figlia. L'aveva sfidata a trovare una nuova casa? Ebbene, l'aveva fatto in meno di ventiquattro ore!
Sheila e Mei dovevano sentirsi perse senza di lei. Sheila, soprattutto, che aveva bisogno del suo OK per prendere anche la più banale delle decisioni.
Non poteva fare a meno di domandarsi come avrebbe interpretato Kennedy Holsen la sua scomparsa. Avrebbe capito che quanto era accaduto alla festa di Carnevale con quello schifoso di Rajat era uno dei tasselli del mosaico di disperazione che l'aveva spinta a scappare di casa? Era inutile nascondersi dietro a un dito; se all'inizio era finita nel ghetto per sbaglio, perché distrutta psicologicamente da tutto quello che le era capitato in pochi giorni, il fatto che avesse scelto di restare era una presa di posizione chiara. Era fuggita dai suoi problemi, non era tanto sciocca da non saperlo, ma si trattava di una fuga coraggiosa. In quanti, dei suoi conoscenti, avrebbero accettato di mescolarsi alla feccia della società, per risolverli, quei problemi?
Non avrebbe mai immaginato di essere tanto impavida.
Il brontolio dello stomaco le ricordò che a breve avrebbe dovuto prendere un'altra pillola di cibo sintetico, rischiando di contrarre l'UDR.
«Siamo mattiniere, vedo» la voce assonnata di Olaria la colse alla sprovvista.
«Dipende» ribatté Camelie. Dipendeva infatti dal mal di testa; la ragazza non aveva problemi ad alzarsi presto, le rare volte che le emicranie le davano tregua.
«Bene, così possiamo andare subito a metterci in fila per i pasti del giorno. A quest'ora c'è ancora poca coda».
Olaria era in grado di orientarsi nel marasma delle tende, delle amache e della gente che dormiva sul nudo cemento, con la stessa facilità di Xavi. Attente a disturbare meno persone possibili, le due ragazze raggiunsero la tenda di Ozzie, davanti alla quale si era radunato già un discreto numero di circensi.
«Ozzie distribuisce le pillole a tutti, ogni mattina?» chiese Camelie incredula.
«No, chiaramente Ozzie ha di meglio da fare. Ci pensa un AI; è l'unico modo per verificare che nessuno se ne approfitti e chieda la razione due volte nel corso della stessa giornata» spiegò pazientemente Olaria.
La ragazza albina si rese conto solo in quel momento che quello era il primo sistema di intelligenza artificiale con cui aveva a che fare da quando era arrivata nel circo. Effettivamente la stravagante comunità sembrava quasi fossilizzata nel passato, tra un'accozzaglia di tecnologie appartenenti a epoche diverse.
Eppure, neanche loro potevano fare a meno degli AI. Gli algoritmi di Artificial Intelligence regolavano il mondo. Da quando erano stati perfezionati, ed erano in grado di imparare e correggersi autonomamente, avevano permeato ogni aspetto della vita umana.
Nella vita di chiunque, che fosse borghese o appartenente ai ceti medi, c'era un AI che gestiva la casa, uno che ottimizzava gli spostamenti, uno che supportava qualsiasi mestiere, uno che intratteneva, uno che curava, uno che dava i consigli. Nell'era ultramoderna esisteva un AI per qualunque cosa.
I modelli antropomorfi erano passati di moda nel giro di un paio di generazioni; i costruttori avevano realizzato che non aveva senso dare la stessa forma ad AI con scopi molto diversi. A seconda della funzione, poteva servire infatti uno schermo molto grande o nessuno schermo, braccia meccaniche che ricalcassero l'anatomia umana o attrezzate in un modo completamente diverso, e così via. Il vero valore degli AI era dato dagli algoritmi, dai modelli matematici che permettevano di ottimizzare, e soprattutto ottimizzarsi, continuamente.
L'AI addetto a verificare l'identità di chi ritirava il cibo sintetico era una semplice telecamera montata su un cubo con un led spento. La distribuzione vera e propria era fatta da un essere umano, un uomo anziano che puzzava di alcol.
Camelie rabbrividì. Alla paura di contrarre l'UDR, si sommò quella di prendere le pillole dalle mani di un uomo ubriaco già di prima mattina, che con una lentezza snervante le stava estraendo da tre barilotti di plastica organica. Trattenendo un conato di vomito, Camelie allungò una mano.
Improvvisamente il led dell'AI si accese di una luce rossa, che perentoriamente avvisava che c'era qualcosa fuori posto.
«Non ti avranno ancora registrato» considerò Olaria. «Beh, a pensarci bene, non ha neanche senso registrarti, visto che rimarrai qui solo un paio di giorni. Magari hanno impostato il sistema in modo che sia io a ritirare una doppia razione, questa settimana».
Olaria provò a fare tentativo. Una volta ricevuta la prima dose, l'AI si illuminò però di nuovo per evitare che le venissero consegnate altre pillole, avvertendo l'addetto alla distribuzione con un bip acuto.
«Le toccherà digiunare anche oggi, milady!» scherzò Olaria.
Camelie si strinse la pancia per contenere i versi famelici del suo stomaco, che reclamava di essere saziato da quando si era alzata.
«Per oggi prendi le mie, Venice. Domani facciamo in modo che risultino due dosi per la Pizia». La voce gentile di Xavi giunse alle orecchie di Camelie come la più soave delle melodie e la ragazza si voltò di scatto a guardare il ragazzo per cui aveva una mastodontica cotta.
Xavi Karev era bello come lo ricordava. I capelli mossi, nerissimi, erano tirati indietro da una fascia bordeaux, tonalità che si sposava alla perfezione con i suoi occhi acquamarina. Anche quel giorno, il ragazzo indossava una canotta verde militare. Se anche fosse stata la stessa del giorno prima, a Camelie non sarebbe importato minimamente. Le sue idee sulla moda e sull'igiene personale si sbriciolavano davanti a quel sorriso perfetto.
«Non tocca a qualcun altro farle da balia? Credo che preferirebbe di gran lunga la tua compagnia, Xavi» sospirò Olaria, divertendosi a mettere in imbarazzo Camelie davanti al ragazzo.
«Solo perché ancora non mi conosce» rise Xavi. «E perché ancora non conosce te. Lo sanno tutti che sei la compagnia migliore del circo».
«Detta così suona proprio male, Karev».
Xavi le strizzò l'occhio con complicità e, solo in quel momento, Camelie fu colta dal dubbio atroce che tra Xavi e Olaria ci fosse, o ci fosse stato, qualcosa. Era impossibile che Xavi non avesse stuoli di ammiratrici. La Pizia non era però alla sua altezza, non era abbastanza bella per stare insieme a un essere tanto divino.
Rassicurata da quelle considerazioni, Camelie accettò le pillole che Xavi le porgeva.
«La più grande è la colazione, la più piccola è la cena» aggiunse il ragazzo, sapendo che Camelie non aveva familiarità con il cibo sintetico.
Non aveva neanche finito la frase che l'altra ingoiò la pillola della colazione, incapace di resistere un attimo di più ai morsi della fame. Si sarebbe preoccupata dell'UDR in un altro momento; era certa che esistesse un antidoto al veleno che ogni anno mieteva migliaia di vittime per tenere costante la popolazione della provincia di Nilemouth. Gli scienziati dovevano aver messo in conto la possibilità che la persona sbagliata contraesse il virus letale, studiato nei laboratori segreti del Governo. E di conseguenza dovevano aver pensato a un antidoto.
L'unica figlia di uno dei proprietari terrieri più ricchi della città era decisamente la persona sbagliata. Suo padre forse la reputava viziata e nullafacente, ma non l'avrebbe di certo lasciata morire come una persona ordinaria.
Camelie avrebbe voluto rimanere con Xavi più a lungo di quello scambio veloce, ma l'attenzione del ragazzo fu richiamata da un gigante barbuto che aveva qualche problema con i suoi attrezzi, qualsiasi cosa quella spiegazione vaga volesse dire.
Camelie si infilò le preziose pillole di nutrimento nel taschino della maglia e seguì Olaria alla fontana dove si era tinta i capelli la sera prima. C'era già molta gente in piedi, nonostante fosse ancora presto. La Pizia le aveva effettivamente detto che nel circo ci si svegliava all'alba. Per fare cosa, era però un mistero.
«Che facciamo oggi?» chiese allegramente Camelie, mentre si sciacquava il volto. Se non avesse avuto la certezza di essere splendida anche struccata, si sarebbe preoccupata di aver incontrato Xavi prima di essersi data una sistemata. Fortunatamente in molti le avevano detto che il look acqua e sapone le donava particolarmente. Dopo aver recuperato le ore di sonno perso negli ultimi giorni, le occhiaie erano sparite. La tonalità di castano che Olaria aveva scelto casualmente per lei, si sposava inoltre alla perfezione con la sua carnagione. Xavi doveva essere rimasto senza fiato.
Era solo una questione di tempo prima che il bell'angelo cedesse all'attrazione che sicuramente provava per lei. E se anche fosse stata costretta a restare qualche giorno in più, per conquistarlo, non sarebbe stato un problema.
Olaria sospirò esasperata da un'incombenza che stava intralciando chissà che programmi. «Ti faccio fare un giro del circo, poi direi che sei grande abbastanza per gestire il tuo tempo come meglio credi».
Camelie sapeva esattamente qual era il modo migliore di mettere a frutto il suo tempo lì dentro. Xavi, Xavi, ancora Xavi.
La Pizia conosceva un gran numero di persone. Camelie non ci aveva fatto caso il giorno precedente, troppo presa dalla variopinta assurdità che la circondava. Olaria si fermava in continuazione a salutare uno, a informarsi su un altro, a controllare se le profezie - che considerava in realtà scommesse con se stessa - si fossero già avverate.
«Posso assistere, la prossima volta che hai un cliente?»
«Non se ne parla minimamente, Venice. La fiducia tra cartomante e cliente è uno dei pilastri del mestiere. E poi non ho appuntamenti in questi giorni».
«Hai mai letto la fortuna a qualcuno che conosco, tipo Xavi, Ozzie, l'altro Karev?»
Olaria si fermò e fece cadere le braccia lungo il busto, come se le domande petulanti di Camelie l'avessero prosciugata di ogni energia.
«Ozzie ti sembra il tipo da credere ai tarocchi? Men che meno Karev!»
Karev? Quale Karev? Camelie stava facendo del suo meglio per nascondere a Olaria il suo interesse per Xavi, però la Pizia rispondeva in modo vago a tutte le sue domande trabocchetto. Che avesse già capito il suo gioco?
Camelie era abituata alla lentezza di Sheila e all'egocentrismo di Mei Chen. Riusciva a rigirare le due amiche come calzini; mentre con Olaria i suoi trucchetti cadevano puntualmente nel vuoto.
«Conosci bene Ozzie?» domandò infine, tentando di sviare l'attenzione dall'argomento che veramente le interessava.
«Ma a un certo punto finiranno questi interrogativi, Venice? Sei veramente un'impicciona» tagliò corto Olaria, spingendola attraverso un'apertura buia.
L'olfatto fine di Camelie venne bombardato da una serie di fragranze spiacevolmente nuove, ma al tempo stesso familiari. Era cresciuta nei maneggi e per quanto pulire i cavalli che montava in gara era un'attività da cui tipicamente riusciva a svincolarsi, era assolutamente in grado di riconoscere l'odore di una stalla.
Dietro le quinte
Io, fossi al posto di Olaria, rinchiuderei Camelie in una gabbia e la lascerei marcire lì dentro finché non giura di smetterla con le domandine velate - e neanche troppo - su Xavi.
Bene, lettori. Man mano stanno entrando in scena i personaggi principali e a un certo punto, hopefully, capirete di cosa parla questo romanzo!
A proposito di personaggi, volevo fare un piccolo sondaggio. Qual è il prossimo Avatar che vi piacerebbe vedere, tra quello di Olaria Navarro e quello di Xavi Karev? Let me know, pubblicherò il più votato in uno dei prossimi capitoli!
Concludo con due parole sul fatto che GADI è nella longlist dei Wattys. Camelie ovviamente si è già montata la testa; dice che lei, quando partecipa, partecipa per vincere. Io ho cercato in tutti i modi di farle abbassare la cresta, anche perché questa prima selezione è stata fatta da un algoritmo. Dunque, a mio parere, il merito più che a lei va a voi lettori che avete reso visibile la mia storia a questo fantomatico wattalgoritmo!
Non diciamolo a Camelie, ma personalmente sono abbastanza convinta che la mia corsa ai Wattys finisce qui. Prenderò un appuntamento per farmi predire il futuro dalla Pizia e vi farò sapere.
Per il momento ne approfitto per ringraziarvi ancora del supporto che mi mostrate sempre. 🖤
Elaine
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