People are strange
Height Ashbury. Gente stranissima in ogni dove. Ma anche colori, musica, vita. Fu questo lo scenario che si presentò davanti agli occhi ingenui di Jane, appena scesa dall'autobus. Le sembrava di essere entrata in uno di quei sogni dove tutto era talmente armonioso da ricordare le immagini patinate delle riviste,che di solito le lasciavano una sensazione di pienezza e felicità anche dopo essersi svegliata.
Convincere i suoi genitori a lasciarla andare non era stato semplice: alla grandiosa notizia del suo secondo invito ad uscire, da parte di persone diverse, delle ragazze, tra l'altro, le sue prime amiche!, i genitori avevano reagito in due modi opposti. La madre si era unita immediatamente all'eccitazione che aveva riempito l'animo della figlia dopo il primo momento di esitazione, e non faceva che ripeterle quanto fosse felice del fatto che lei, la piccola Jane, a differenza della sorella maggiore Anne, si fosse già integrata così bene. D'altra parte, Bob, aveva digrignato i denti ed emesso un sospiro profondo: "Chi sono queste ragazze Jane? Conosci i genitori? Ci sarete solo voi o ci saranno anche dei ragazzi? Dove andate? Sono vaccinate?" Erano solo alcune delle numerose domande a cui Jane si rifiutò categoricamente di rispondere, anche perché, della maggior parte, non conosceva la risposta.
Alla fine era riuscita ad ottenere il consenso solo grazie alle pressioni di Lou, e solo dopo aver assicurato al padre che sarebbero state solo ragazze, presumibilmente di buona famiglia. Lei sapeva che non era vero, ma non c'era ragione per cui suo padre avrebbe dovuto scoprirlo, no?
"Quanta gente!" Pensò Jane, incamminandosi per la via. "Immagino siano quelli di cui mi ha parlato Kristopher, i vandali anarchici. Eppure sembrano tutti così pacifici, e colorati, e simpatici!" Un gruppetto di giovani le aveva addirittura chiesto se aveva bisogno di un aiuto, senza nemmeno che lei avesse fatto nulla. Oltre ad indicarle il negozio, a quanto pare un locale particolarmente rinomato, si erano informati sulla sua salute, poiché l'avevano vista sperduta in mezzo alla strada, con l'aria di una che non sapeva neanche da che parte fosse girata.
Ed ecco che finalmente aveva raggiunto la sua meta: The Paul Smith Experience. Una grande insegna colorata svettava sull'edificio sull'angolo, illuminato, nonostante fosse pieno giorno, da numerose luci a led dai colori vivaci. Appena varcata la soglia, Jane sobbalzò. Qualcuno aveva urlato "Hey Joe"! Lei non lo sapeva ancora, ma quello era il campanello musicale della porta del negozio. Ogni volta che entrava un cliente, la voce di Jimi Hendrix scaldava l'atmosfera del negozio di dischi, un ampio locale dal soffitto basso e dalle pareti tappezzate di poster colorati. Chitarre classiche ed elettriche erano appese in alcuni punti, mentre in altri erano presenti dei vinili, conservati in apposite "teche", come se fossero degli oggetti preziosi. Infiniti scaffali, stipati di dischi, occupavano tutta la stanza; lo spazio tra uno e l'altro era talmente ridotto che a malapena riusciva a passarci una persona per volta. In sottofondo si poteva sentire una musica dolce e seducente, proveniente da un jukebox posto a fianco dell'entrata, il cui diffondersi era però ostacolato da una melodia diversa, più forte e passionale, proveniente probabilmente da un diverso piano del locale. Essendo un tranquillo lunedì pomeriggio, il negozio era praticamente vuoto, a parte un paio di clienti sparsi in due lati opposti della grande stanza.
"Avanza pure, piccola stella senza cielo. Posso aiutarti?" Un uomo di bassa statura, sulla cinquantina, le era apparso davanti all'improvviso, quasi dal nulla. Pelato, con un lieve e distratto accenno di barba sul volto, aveva un aspetto gioviale ed affabile.
"V-v-veramente io starei c-cercando Eleanor... e Penny!"
"Oh! Sei l'amica australiana! La mia Elli mi ha parlato di te! Io sono Paul...Smith! Il padre. E il proprietario del negozio. La banda è nel seminterrato. Oggi c'è anche Richie! Ti porto subito da loro"
Prima che Jane facesse in tempo a chiedersi chi fosse Richie, e soprattutto cosa intendesse Paul con banda, l'uomo le aveva fatto cenno di seguirlo e si era addentrato nell'intricato labirinto di scaffali ripieni di dischi, iniziando a farle da Cicerone.
"Qui abbiamo la sezione country, qua quella folk... ma ecco, questa è quella davvero importante! La sezione rock'n'roll, con grandi nomi, come Elvis Presley, i Beach Boys, e Chuck Berry! Oh, su quel tavolo là in fondo Eleanor e Penny facevano sempre i compiti quando erano alle elementari, ovvero quando ancora li facevano!" aveva aggiunto Paul, con un sorriso ammiccante.
"Ma tu da che città vieni? Da Sydney?" Le chiese l'uomo, mentre passavano accanto alla cassa. Jane fece per rispondere, ma lui la interruppe: "Sai, non ci sono mai stato in Australia."
Jane fece una risatina nervosa e spostò lo sguardo sulla parete, sperando che quel tour finisse presto: parlare con un adulto che non conosceva la metteva enormemente in soggezione.
Non c'era un centimetro di muro libero; l'intera parete era occupata da fotografie ritraenti il proprietario, sorridente e con il pollice alzato, accanto ai personaggi più disparati.
"Oh! Vedo che hai notato la galleria." Le disse Paul, guardando anche lui in quella direzione. "A quanto pare il mio è il negozio di dischi preferito dalle star. Ogni volta che un personaggio famoso entra qui mi faccio scattare una foto con lui e la appendo per ricordo. Per di qua." L'uomo condusse la ragazza verso delle ripide scale a chiocciola, che portavano nel seminterrato. Il volume della musica qui era talmente alto che quasi non riusciva a sentire le parole di Paul. Quasi.
"L'ultimo cantante che è entrato nel negozio -che grande onore!- è stato Bob Dylan!"
"Chi è Bob Dylan?" Jane, semi assordata dal frastuono, dimenticò la prudenza e si lasciò andare nell'esternare quello che le passò per la mente. Il signor Smith le rivolse uno sguardo perplesso poi, con grande stupore della ragazza, scoppiò a ridere:
"Bella battuta! Sono proprio felice di averti conosciuto." Si fermò davanti ad una piccola porta a cui era appeso un cartello con su scritto Do not disturb, che Paul ignorò. Spalancò la porta e disse:
"Ecco, vai pure dai tuoi amici."
La prima cosa che Jane notò fu che le dimensioni della stanza erano alquanto ridotte per il numero di persone che la occupavano. La seconda che, a parte Eleanor e Penny, erano tutti, ma proprio tutti, maschi. E Simon non c'era. In compenso c'era il ragazzo con la bandana azteca che le aveva dato indicazioni quella mattina. Ma cosa faceva lì? Anche lui era parte della "banda"? Jane avrebbe voluto sprofondare.
"Cazzo Paul! Quante volte ti ho detto che non ci devi disturbare?" Urlò al microfono un ragazzo afroamericano, che si trovava al centro della stanza con una chitarra appesa al collo.
"Tanto non sarete mai bravi come la nostra band!" Urlò di rimando il signor Smith, con un tono divertito, prima di uscire sbattendo la porta con la delicatezza di un bisonte.
Jane rimase impietrita davanti alla porta, con gli occhi sbarrati e il naso invaso da un odore sconosciuto, gli sguardi di tutti puntati su di lei. A salvarla da quel momento d'imbarazzo intervennero Eleanor e Penny che le andarono incontro, salutandola, abbracciandola e ringraziandola per essere venuta.
"Avete finito?" Domandò stizzito il ragazzo di colore, sempre al microfono.
"No." Gli rispose piccata Penny. "Adesso dobbiamo presentarvi alla nostra nuova amica Jane."
Lui sbuffò: "Io sono un professionista. Devo suonare."
"Ma hai suonato fino ad adesso. Da solo! Smettila di rompere i coglioni Francis!" Sbottò Eleanor.
"Ha ragione lei." Intervenne un ragazzo che parlava con uno strano accento strascicato. "E poi dovresti smetterla di insultare il nostro protettore."
Jane notò che era seduto in terra, su un tappeto, e che teneva in grembo uno strano oggetto, uno strumento musicale, forse una grossa chitarra allungata? Non riusciva proprio a capire. Il ragazzo si accorse dello sguardo di Jane sul suo strumento, le sorrise e disse:
"Ti piace il mio sitar? Vuoi provarlo?"
Jane era sconvolta: l'ultima volta che un maschio le aveva chiesto se le piaceva qualcosa denominato in modo strano era stato quando suo cugino Benjamin, di quattro anni, si era calato i pantaloni per mostrarle ciò che si celava là sotto, dove non batte il sole. Non le era piaciuto. Ancora una volta venne salvata da una situazione imbarazzante da Penny:
"Adesso zitti tutti. Devo presentarle la Band."
"Sì, beh, se proprio devi parti da me, sono il più importante." Le parole del ragazzo al microfono furono accolte da uno sbuffo collettivo e da una serie di insulti da parte degli altri.
"Va beeene! Lui è Francis, il rompicoglioni del gruppo. Come vedi, suona la chitarra e pensa di essere molto bravo..."
"Lo sono, stronza!" La interruppe lui.
"Taci testa di cazzo! Stavo dicendo: anche lui ha la nostra età ed è il cantante della Band. Potresti ritrovartelo in alcune tue classi, quindi non scegliere musica."
Jane si voltò verso il ragazzo afroamericano. Indossava un paio di pantaloni a zampa che calzavano a pennello sulle sue gambe lunghe e muscolose e un giubottino di jeans senza maniche e senza nulla sotto: esibiva una sfilza di addominali sul petto nudo, sormontati solo da una collana con un ciondolo a forma di zampa d'uccello. I lineamenti erano da occidentale e la pelle color caffè-latte, mentre i capelli afro, nerissimi, formavano una nuvola morbida e vaporosa, tirata indietro da una fascia rossa.
"Come vedi cerca di imitare Jimi Hendrix, ma senza successo." Disse Eleanor, ignorando la vagonata di insulti da parte del ragazzo ed iniziando a parlare di un altro: "Il suonatore di sitar è Freddy. E' il pezzo grosso della Band. Quale altra band contemporanea può vantare uno strumento del genere, suonato da uno che ha vissuto veramente in India? Freddy ha trascorso dieci anni della sua vita a New Delhi."
"Wow! Quindi sai parlare indiano?" Domandò Jane affascinata.
"No." Rispose semplicemente il ragazzo, sorridendo pacifico. Non era un brutto ragazzo, tutt'altro; aveva un'aria ingenua che lo faceva sembrare un bambino di dieci anni, però l'espressione serena, i profondi occhi verdi, la lunga tunica bianca, i capelli neri e scompigliati e il sitar gli davano un appeal da saggio.
"Devi sapere che a scuola c'è la classe di Indiano. Il prof pensa che Freddy sappia parlarlo alla perfezione e allora gli fa saltare i test, reputandoli troppo facili per lui, che in teoria è praticamente un madrelingua. Anzi, lo invita addirittura ad aiutare i suoi compagni! Freddy, da parte sua, sa almeno dire 'buongiorno' e 'grazie', quindi regge perfettamente il gioco e ha A+ in Indiano, senza sapere praticamente nulla. 'Sto infame!"
A parlare era stato un altro ragazzo che colpì immediatamente Jane per la sua bellezza. Non le aveva provocato le stesse sensazioni di Simon, ma era oggettivamente bellissimo: capelli mossi, color cioccolato, di media lunghezza, lineamenti perfetti, da statua greca e due occhi blu, del blu più blu che avesse mai visto, più blu del cielo nelle terse giornate d'estate sopra la fattoria in Australia. Ci si poteva perdere dentro.
"Lui è George. E' il figone della scuola. Lui non suona, è solo bello."
"Non è vero Penny, sono anche simpatico. E gentile. E intelligente."
"Intelligente come una murena annegata." Borbottò Francis.
"E tu come una gallina." Replicò George, facendogli il medio.
Prima che la situazione degenerasse Eleanor proseguì: "Lui invece è Fred, il bassista della Band. E' l'unico normale qua. Più o meno."
Jane spostò lo sguardo verso il ragazzo che già "conosceva", arrossendo: "Noi ci siamo già conosciuti stamattina. Sono stata imbarazzante, scusami."
"Davvero?" Domandò lui, cadendo dalle nuvole.
"Sì. Mi hai indicato la segreteria."
"Owww! E chissà cosa avete fatto in segreteria. Abbiamo già una nuova coppietta!" Intervenne un ragazzo dai lunghissimi capelli castani, magro come un manico di scopa, con la faccia segnata dall'acne e incorniciata da due basette molto curate rispetto al resto del suo aspetto.
"Ma io e chi?" Chiese Fred, perplesso.
Eleanor lo guardò sospirando: "Sarai anche carino e quasi normale, ma sei stordito come non so che roba!"
Fred sembrò offeso, ma Jane non ci fece troppo caso, impegnata a conoscere il ragazzo con le basette:
"Beh, io sono Richie e sono autosufficiente, quindi so presentarmi da solo. Nonostante ciò che dice Francis, sono io il miglior chitarrista. E anche seconda voce della Band. Comunque, parliamo di te: da che parte dell'Australia vieni?"
Jane iniziò a raccontare della sua vita nell'Outback, sentendosi stranamente a suo agio con quei ragazzi, forse più di quanto si era sentita con Kristopher. Mentre parlava del fatto che non fosse mai andata in una vera e propria scuola, Freddy l'indiano la interruppe:
"Ma quindi sei esotica come me!" E la abbracciò, come se avesse appena ritrovato un amico. "Allora adesso vuoi sentire il mio sitar?"
In quel momento la porta si spalancò e sulla soglia apparve Simon, splendente come il sole a mezzogiorno, e il cuore di Jane mancò un battito:
"Scusate, ero agli allenamenti. Ho fatto una doccia veloce ed ora eccomi qua."
"Bene, adesso possiamo finalmente ricominciare a suonare!" Disse Francis, con tono saccente.
"Oh, vi prego! Fate sentire a Jane la nuova canzone! Dai!" Esclamò George.
Simon si tolse la maglietta, mentre prendeva posto alla batteria, lasciando Jane a bocca aperta: quella mattina non si era sbagliata sul suo fisico! Il ragazzo picchiò le bacchette tre volte, urlando: "One! Two! One-Two-Three!"
Musica che Jane non aveva mai sentito invase la stanza.
I woke up alone this morning
and I saw blood on the streets.
This violence shocked me
and I asked myself: WHY?
La voce di Francis era inebriante e il testo, la musica, l'avevano scossa nel profondo.
I wonder lonely as a cloud,
trying to find a reason for this,
but I can't and this makes me sad.
So I just keep asking myself: WHY?
But where have all gone?
Maybe we are not interesting enough.
"Where's Peace?" I'm asking to God.
WHY?
A quel punto le parole si interruppero e partì un assolo di chitarra di Francis, che catapultò Jane in una dimensione diversa, finché Freddy non urlò, sempre con il suo strano accento:
"Basta! Adesso tocca a me!" Per la prima volta la ragazza poté ascoltare il suono esotico ed avvolgente del sitar. Per dieci minuti.
"Era bellissima!" Applaudì Jane.
"Lo so. Ecco perché chiedo sempre di suonarla!" Concordò George, estraendo da una tasca quella che sembrava una sigaretta. "Jane, vuoi fare un tiro?"
Lei si voltò verso Eleanor e Penny, semi sconvolta.
"Perché no? E' bello farsi." La incoraggiò Penny, mentre Eleanor annuiva.
"Non lo so, non me la sento tanto..." Incominciò a dire lei, ma venne interrotta da Richie:
"Ragazzi, stasera andiamo allo Spot of Time?"
"Sì dai! Jane, vieni anche tu, c'è della musica fantastica!"
"E fanno degli hamburger buonissimi." Aggiunse Simon sorridendo.
Jane, sull'onda di tutto quello che era successo quel pomeriggio, accettò immediatamente, pur essendo rimasta un po' scioccata da certe scene a cui aveva assistito, ma felice di aver trovato una compagnia. Solo dopo realizzò che avrebbe dovuto comunicarlo a suo padre.
~•~•~•~•SPAZIOAUTRICI~•~•~•~•
E così ecco la Band. Ricoprirà un ruolo fondamentale all'interno della nostra storia, quindi vedete di non dimenticare questi meravigliosi ragazzi.
La canzone è il pezzo forte del capitolo, lo sappiamo, e vi promettiamo che presto usciranno altri singoli. 😏
Nel prossimo capitolo, Jane uscirà con tutta la squad e succederà qualcosa che potrà far arrabbiare il santissimo Bob (anche se, a dir la verità, cosa non lo fa arrabbiare?😂).
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia divertito; se avete dei consigli scriveteceli pure, vi ascolteremo sicuramente volentieri.
Detto questo, a venerdì prossimo e
STAY TUNED!!!!✨☮️💕
Kiss kiss, le autrici😘
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