Girls with kaleidoscope eyes
Lunedì mattina: il giorno tanto atteso quanto temuto era arrivato. Mentre varcava il vasto ingresso della Lincoln High School insieme a sua sorella Anne, Jane ripensò a tutti gli anni che aveva passato quasi confinata nella grande fattoria di famiglia, con nessun'altra compagnia se non quella dei suoi cugini, che erano davvero tanti. Per questo, non si poteva dire che lei fosse cresciuta da sola, ma non aveva mai provato e vissuto le emozioni e le avventure che i normali adolescenti di sedici anni potevano raccontare; in più non era abituata a vedere facce nuove, per cui quella giornata le pareva davvero unica e speciale.
"Tieni qui." Le disse Anne, mettendole in mano la piantina della scuola. "Io devo andare in bagno, tu cerca la segreteria."
"Ma Anne, non puoi lasciarmi qui da sola." Iniziò a dire Jane, mentre il panico prendeva possesso di lei.
"Ci vediamo a casa." Borbottò Anne, fingendo di non aver sentito una sola parola di quello che la sorella minore le aveva detto.
Prima che potesse ribattere, Jane si ritrovò da sola, nel mezzo di un corridoio di una scuola sconosciuta, senza avere la minima idea di cosa fare. In giro non c'era nessuno: gli studenti dovevano essere tutti a lezione, visto che lei era entrata mezz'ora dopo per il suo primo giorno. Doveva raggiungere la segreteria, ma non sapeva come leggere la cartina:
"Maledetto senso dell'orientamento inesistente!" Imprecò a mezza voce, accartocciando quell'inutile pezzo di carta e buttandolo stizzita in un cestino.
"Hey, hai bisogno di una mano?" chiese una voce maschile proveniente da dietro di lei. Jane si voltò e si ritrovò davanti un ragazzo alto, dai grandi occhi grigi e i capelli castani tirati all'indietro da una bandana decorata con una misteriosa fantasia, probabilmente azteca.
"Anche due!" gemette sollevata la ragazza. "Devo trovare la segreteria, ma non so proprio come fare!"
Lui la guardò perplesso, poi indicò un punto sul muro alla loro sinistra: "Devi andare da quella parte. C'è il cartello."
"Oh." Esclamò Jane, mentre le guance le si tingevano di rosso per l'imbarazzo. "Beh, grazie."
"Io vado... in classe." Disse lui, dileguandosi all'istante e lasciando la ragazza piuttosto delusa, davanti ad un gigantesco cartello con su scritto "SEGRETERIA".
"No ragazze, vi ho detto di no. Non potete tappezzare i servizi maschili con i vostri volantini."
"Neanche se li facciamo attaccare da un nostro amico maschio?"
"No, Eleanor. Punto e basta. Vi ho già lasciato imbrattare la mia segreteria. Smettetela di assillarmi."
"Sì, ma stai calmo Charles, lo sai che ti vogliamo bene."
"Tu taci Penny."
Appena varcata la soglia della segreteria, Jane si era trovata nel bel mezzo di un'animata discussione tra il segretario e due ragazze, presumibilmente due studentesse.
"Tu. Che vuoi?" Le chiese l'uomo, accorgendosi della sua presenza nella stanza.
"Buongiorno, mi chiamo Jane Davis, sono la nuova studentessa. Mi è stato detto di venire qui per chiedere informazioni e compilare dei moduli."
"Pfft. I moduli non sono ancora pronti. Quel gran figlio di brava donna del preside è un incompetente." Sbuffò il segretario, per poi rivolgersi alle due ragazze: "Voi due non avete intenzione di andare a lezione adesso, vero?"
"Ma secondo te! Certo che no, c'è ginnastica!" Disse una delle due.
"E poi abbiamo del lavoro da fare." Aggiunse l'altra, indicando i volantini che la sua amica teneva in mano.
"Perfetto. Allora portate Johanna a fare il giro della scuola."
"È Jane." Ribatté lei quasi offesa: era un nome così comune, come si faceva a sbagliarlo?
"È uguale." Rispose il segretario, facendo un gesto con la mano, il cui significato era evidente: fuori di qui. Le due ragazze si scambiarono un'occhiata e la trascinarono fuori.
Sin dal primo istante in cui le aveva viste, Jane aveva notato che quelle due erano una l'opposto dell'altra, almeno fisicamente; l'unica cosa che le accomunava era che l'aspetto di entrambe attirava chiaramente l'attenzione. La prima assomigliava tantissimo a quella giovane modella inglese che aveva visto un paio di volte sulle riviste di sua zia: non particolarmente alta, di una magrezza invidiabile e i lineamenti delicati. I capelli erano di un insolito colore biondo miele, ed erano raccolti nella parte superiore in quattro piccole trecce, mentre le ciocche restanti le ricadevano in una cascata di onde morbide lungo la schiena e attorno al viso; le davano, insieme ai vivaci ed espressivi occhi grigi e al sorriso furbo, un'aria sbarazzina, da ragazza semi vissuta, che si sa divertire. Anche l'abbigliamento confermava questa impressione: indossava un paio di pantaloncini corti, di jeans, su cui erano stati applicati dei fiori di stoffa rosa, una camicetta molto colorata, un gilet ornato di frange, dello stesso azzurro polvere delle sue espadrillas. L'altra aveva la carnagione più chiara che avesse mai visto, resa ancora più pallida dal contrasto con il castano molto scuro dei suoi lunghissimi capelli ricci, una nuvola vaporosa che le arrivava fino alla base della schiena, lasciati sciolti e tenuti lontani dal volto da una fascetta circolare dai colori accesi. Portava un paio di grandi occhiali dalla buffa montatura tonda, ma Jane non era sicura che fossero da vista o un semplice accessorio. Indossava un vestito bianco, dalle linee morbide, lungo fin poco sopra il ginocchio, con un decoro floreale del medesimo colore, e le maniche a tre quarti, svasate: se non fosse stato per i numerosi braccialetti colorati ai suoi polsi, i dolci occhi nocciola e le scarpe basse color camoscio, si sarebbe potuto pensare che la ragazza fosse la fotografia in bianco e nero di una diva del cinema, sul set di un film in costume.
"Allora sei nuova?" Le chiese la riccia. "Io sono Penny Thompson." Si presentò subito dopo.
"Io sono Eleanor Smith. E' un vero piacere conoscerti!" Esclamò l'altra abbracciandola. Jane si sentiva a disagio, ma le sembrava estremamente maleducato darlo a vedere, così ricambiò l'abbraccio, si sforzò di sorridere e disse: "Io sono Jane."
"Sì, l'hai già detto prima." Disse Penny dandole un colpetto sulle spalle. "Mentre facciamo il giro della scuola ti va di aiutarci ad appendere i volantini?"
"Certo, ma a cosa servono?"
"A diffondere un messaggio di speranza per un mondo migliore." Rispose serissima Eleanor.
"Ah. Beh, interessante." Disse Jane. Interessante le sembrava la parola giusta da usare, sufficientemente neutra, mentre testava il terreno in cui si stava avventurando. Le due ragazze non le sembravano male, tutt'altro. Camminare per i corridoi semi deserti con loro che le spiegavano cosa si faceva nelle varie classi, qual era il bagno migliore dove rifugiarsi quando si voleva stare un po' per i fatti propri, cosa evitare assolutamente di prendere in mensa, quali corsi scegliere, dove si trovava la palestra e cose del genere, era molto piacevole, sicuramente più divertente di stare ad ascoltare Kristopher che raccontava aneddoti. Ma era anche vero che Eleanor e Penny corrispondevano esattamente alla descrizione che il ragazzo aveva fatto delle compagnie sbagliate, seppur depurata da tutte le parti più negative: eppure Kristopher era una delle poche persone che conosceva in quella città, per cui si fidava abbastanza della sua opinione. Abbastanza, perché l'odio che aveva percepito in lui mentre parlava di quei ragazzi, qualche giorno prima, le era parso non solo eccessivo, ma anche piuttosto ingiustificato.
"Conosci già qualcuno qui?" Le chiese Penny, mentre superavano il laboratorio di scienze.
"Sì, c'è Kristopher, il mio vicino di casa. Sembra simpatico." Rispose lei, senza sbilanciarsi.
"Kristopher Hale?" Chiese Eleanor. "Quello carino?"
"No, no, Kristopher Brown, e non è molto carino." Le parole della ragazza suscitarono una reazione alquanto singolare nelle sue accompagnatrici, le cui espressioni sembravano trattenere a stento una risata o un conato di vomito. "Ho detto qualcosa che non va?"
"Certo che no, è solo che non lo conosciamo molto bene."
"E non ci teniamo nemmeno a conoscerlo."
"Penny! Non essere scortese." La riprese scherzosamente Eleanor, per poi rivolgersi a Jane: "E' che abbiamo interessi diversi. E poco compatibili, tutto qui."
"Mi hanno detto che ci sono dei gruppi di studenti con interessi diversi, qui a scuola."
"Oh sì! Dovresti uscire con noi qualche volta, sono sicura che ti piacerebbe." Disse Penny, appendendo al muro un volantino su cui spiccava la scritta Bombing for peace is like fucking for virginity, circondata da una serie di linee e ghirigori colorati.
"Sono belli. I disegni intendo." Disse Jane, affascinata dagli azzardati accostamenti cromatici che, tuttavia, risultavano piacevoli a vedersi. "Li fate voi?"
Penny sorrise: "E' Eleanor l'artista. Io mi diverto molto a dipingere, ma i risultati sono quello che sono."
La bionda abbassò gli occhi, con modestia: "Li facciamo al corso di arte, il professor Pinkman è molto favorevole alla sperimentazione."
"A proposito, Jane, hai già scelto le materie che studierai?"
"No, diciamo che quest'ultimo mese di scuola prima delle vacanze estive sarà un po' di prova per me. Orientativo. Così l'anno prossimo saprò cosa fare." Rispose la ragazza, attingendo liberamente a ciò che le aveva detto sua madre quella mattina.
"Beh, se hai bisogno di qualsiasi tipo di consiglio, puoi sempre chiedere a noi." Disse Eleanor, poi spalancò gli occhi, afferrando la sua amica per un braccio, come se avesse avuto un'idea improvvisa: "Possiamo presentarle il professor Pinkman! Dovrebbe avere un'ora buca adesso."
"Giusto! Vieni, Jane, andiamo in aula insegnanti. Oh, sarà sicuramente felice di conoscere la sua nuova futura allieva!"
Jane non ebbe il tempo di formulare una protesta, che già stava salendo le scale, sospinta dalle due ragazze. Non fece in tempo a mettere insieme una frase in cui spiegava che non era molto convinta di iscriversi ad Arte, che tra l'altro era uno dei corsi da cui Kristopher le aveva detto di stare lontana, che si ritrovò dentro quella che doveva essere l'aula comune degli insegnanti, a stringere la mano a un uomo dall'aspetto alquanto singolare, e di sicuro difficile da dimenticare. Pinkman era l'opposto di qualunque professore, per quanto Jane ne avesse visti pochi, si potesse immaginare. Di media statura, e leggermente in carne, la prima cosa che Jane aveva notato era la sua lunghissima barba di uno strano colore, in contrasto con i suoi grandi occhi blu, di un rosso tendente al ramato, lunga sino al petto; a completare il quadro del suo volto c'erano un lungo paio di baffi rossicci, che le ricordavano quelli dei pistoleri dei film western che gli australiani amavano tanto, e una cascata di capelli ondulati, dello stesso colore della sua barba, lunghi fino alle spalle, folti e spettinati. Nonostante queste caratteristiche alquanto particolari, era il suo abbigliamento che rendeva la figura del professore impossibile da non notare: una lunga camicia dalle decorazioni esotiche e dai colori vivaci, lasciata leggermente sbottonata, mostrava una parte del petto ricoperta da tatuaggi, a loro volta colorati, che ricoprivano anche la parte visibile delle sue braccia. Jane non aveva mai visto delle persone tatuate, a parte gli anziani aborigeni che una volta era andata a trovare con i suoi nonni australiani. Lunghi jeans a zampa dall'aria trasandata e una grande collana, ornata da ciondoli in legno, completavano il suo aspetto. L'ultimo particolare che scosse l'animo di Jane, ma che sembrava non avesse colpito particolarmente le altre due ragazze, erano le calzature di Pinkman. O meglio, le NON calzature. Il professore non indossava né scarpe né calze, e questo, sommato a tutto il resto, aveva reso Jane sempre più perplessa.
"Prof, lei è Jane Davis, la nuova studentessa. Ha detto che non vede l'ora di iscriversi al suo corso per imparare le tecniche d'arte contemporanea che lei ci insegna contro il parere del preside."
Jane era confusa: quando aveva detto una cosa del genere?
"Oh, un nuovo essere pensante! Ci divertiremo un sacco insieme." Disse l'uomo, per poi guardare l'orologio. "Ora scusatemi cucciole, ma devo andare a cercare quel figlio della nebbia del vostro amico Freddy. Sono tre mesi che mi deve consegnare le tavole, figa pelosa!"
Jane era sconvolta: il professore le aveva chiamate cucciole? E aveva appena detto "figa pelosa"? Le sembrava un linguaggio del tutto fuori luogo. "Che Kristopher avesse ragione riguardo queste persone?" si chiese, mentre l'uomo lasciava la stanza.
"Il professor Pinkman è un filosofo della Beat Generation." Le disse Eleanor.
"Oh, questo spiega tutto." Borbottò Jane, anche se in realtà nulla le era chiaro.
"Senti, alcuni nostri amici suonano in una band e oggi pomeriggio ci troviamo per le prove. Ti va di unirti a noi?" Le chiese gentilmente Penny.
Jane era combattuta: da un lato non era sicura di voler iniziare a frequentare quel genere di persone, che tra l'altro le erano state fortemente sconsigliate, dall'altro quell'invito le sembrava la cosa più meravigliosa che le fosse mai capitata.
"Dove?"
"Nel negozio di dischi di mio padre, sull'incrocio con Height Ashbury." Le rispose candidamente Eleanor, ignara del fatto che le sue ultime due parole avessero acceso nella testa di Jane una serie di campanelli d'allarme. Se prima le era sembrato azzardato uscire con quelle due, ora l'idea di doversi recare nella zona della città dove le era stato espressamente detto di non mettere mai piede, le sembrava pura follia.
"Non saprei. Mi sono appena trasferita e devo ancora finire di sistemarmi..." La fiacca scusa che stava cercando per rifiutare, senza offendere nessuno, le morì in gola, alla vista del bellissimo ragazzo che si stava dirigendo nella loro direzione. Alto e dai voluminosi capelli neri, dai riccioli perfettamente definiti, indossava quella che sembrava una tuta da ginnastica. Nera e particolarmente aderente, non lasciava molto spazio all'immaginazione. Jane non poteva ignorare gli addominali, alquanto scolpiti, del ragazzo, e le sue gambe perfette, che di sicuro facevano invidia a qualunque altra persona, che fosse essa maschio o femmina. Il suo sorriso splendente, le fossette profonde, e i grandi occhi neri, lo facevano apparire come una sorta di divinità appena rientrata da una faticosa lotta combattuta sicuramente sul monte Olimpo.
"Eleanor! Penny! Non vi ho viste a ginnastica."
"Perchè non c'eravamo! Stavamo facendo fare il giro della scuola alla nostra nuova amica Jane."
"E poi io rimango convinta che correre all'aperto faccia male." Aggiunse la riccia, lanciando un'occhiata sprezzante al ragazzo, che a quanto pareva era di tutt'altro avviso.
Lui rise. Aveva una risata che riempì il cuore di Jane di leggerezza, quasi come se milioni di farfalle le stessero volando dentro, nello stomaco. Poi abbracciò entrambe le ragazze, per salutarle, e rivolse uno dei suoi indescrivibili sorrisi a Jane, che si sciolse sempre di più: "Io vado. Ci vediamo dopo."
"Ci sarà anche lui oggi pomeriggio?" Chiese trepidante Jane, appena il ragazzo si fu allontanato.
"Ovvio!" Rispose Penny. "Simon è il batterista!"
"Come vi dicevo prima, devo finire di sistemare delle cose a casa, ma se me la sbrigo in fretta posso raggiungervi."
"Sarebbe stupendo! Ti scrivo l'indirizzo del negozio, che poi è anche dove abito, e il numero di telefono." Disse Eleanor, prendendo un foglietto e una matita dalla borsa e iniziando a scarabocchiarci su qualcosa. "Non puoi sbagliare. Si chiama The Paul Smith Experience. Paul Smith è mio padre, prima il nome era solo Paul Smith's, poi qualche mese fa Jimi Hendrix ci è entrato a comprare il vinile del suo album Are You Experienced, così abbiamo deciso di rinominarlo in suo onore."
Jane,con un sorriso tirato, prese il biglietto che la bionda le stava porgendo.
"Perfetto! Allora faccio il possibile per venire." Disse, mentre nella sua testolina si iniziava a formare una domanda: chi diavolo era Jimi Hendrix?
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Salve a tutti! Speriamo che questo capitolo vi sia piaciuto! Noi ci siamo divertite molto a scriverlo 😂 anche perché abbiamo sparato delle trashate assurde! #colpidifulminelandia
Nel prossimo capitolo Jane uscirà con Eleanor e Penny e conoscerà la Band (o la Banda?)
Per le fan di John, tranquille, tornerà nel quinto capitolo e farà scintille!✨✨
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Le autrici
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