7
Yoongi continuò la sua visita guidata tenendosi il ragazzo in spalla, come un sacco di patate - o meglio ancora come il sacco di regali di natale - e senza dar mai ascolto ai suoi lamenti. Jimin aveva sbraitato di metterlo a terra per vari minuti, si era sbracciato, gli aveva tirato i capelli e aveva provato a prenderlo a calci ripetutamente, ma l'altro aveva desistito dal dargli ciò che volesse, continuando a stringerlo per la vita e a spiegargli dove fossero perciò si era messo l'animo in pace e aveva semplicemente osservato il posto da quella posizione scomoda, covando secondo dopo secondo sempre più frustrazione e odio nei confronti del magico ragazzo biondo. Gli unici sorrisi che riservava Jimin - e c'era da dire che erano anche i più genuini e grandi - erano donati tutti agli elfi che gli passavano a fianco: nessuno di loro si stupiva di trovarlo in spalla al loro conoscente e lo guardavano dal basso elargendo i saluti più gioviali e dolci che il giovane avesse mai visto. Tanto erano gioiosi che Jimin non poteva far altro che ricambiare con la stessa cordialità, sebbene stesse sulla spalla dell'altro e le sue ossa spigolose cominciassero ad entrargli nello stomaco.
«Ciao Jimin! Buona permanenza!» gli augurò l'ennesimo piccolo elfo, muovendo la mano in aria come un bambino, tornando poi subito dopo al lavoro, una volta ricambiato da un saluto da parte del ventenne, adornato da un sorriso.
Yoongi lo sistemò meglio sulla spalla, facendolo sollevare in aria con una spinta e facendolo ricadere sulle ossa dure: «Che cazzo!» si lamentò, Jimin, senza però chiedergli di rimetterlo a terra, sapendo benissimo che la risposta sarebbe stata negativa, così come lo era stata per tutti i minuti precedenti.
«Quanto sei sboccato.» commentò il ragazzo dagli occhi di ghiaccio con tono disgustato «Perché con gli stupidi elfi sei così gentile ed educato e con me diventi uno scaricatore di porto?»
Jimin infilò la mano nei suoi capelli e glieli tirò con foga, provando a fargli male: «Perché tu non te lo meriti, brutto stronzo».
Proprio mentre i due uscivano dalla stanza dei biglietti d'auguri, mentre Jimin digrignava i denti inferocito e Yoongi arricciava il naso per il dolore una terza voce, femminile e cordiale, interruppe il loro battibeccare: «Cosa non si merita?» Yoongi si bloccò di colpo, osservò la figura davanti a lui, e Jimin rimase in silenzio, confuso, donando alla donna che aveva parlato solo la visuale del proprio sedere, impossibilitato di guardar davanti a sé, ancora in quella posizione. Il suo starsene sulla spalla dell'altro, però, ebbe vita breve; Yoongi lo prese per i fianchi e lo posò a terra l'istante successivo così che potesse girarsi e trovarsi faccia a faccia con la figura che aveva pronunciato quella domanda: la donna davanti a loro sorrideva gentile, era alta - molto più alta di loro, forse toccava i due metri di altezza - e il suo corpo emanava raffinatezza da ogni poro; indossava un lungo abito verde, elegante, adornato di brillanti decorazioni di cristallo sui fianchi, sullo spacco della gonna e lungo le cuciture, i suoi capelli neri erano riccissimi, pieni e rimanevano su da soli in una pettinatura naturale e perfetta con la sua essenza; la pelle scura era priva di imperfezioni alcune e gli occhi dello stesso color del giovane - ma ancor più chiari - risplendevano sulla sua persona, sembrando bianchi al contrasto con il color della pelle.
«Cosa non si merita mio fratello?» ripeté, ancora, dato il silenzio di entrambi. Nella sua voce non vi era rabbia o rancore, non sembrava arrabbiata per le parole sentite ed anzi sembrava divertita dal loro battibeccare. Jimin la guardò dal basso e si sentì presto colmo di inferiorità. Non era un'inferiorità opprimente allo spirito che lo faceva sentire una nullità, era più un'inferiorità giusta, quella che si può sentire davanti ad una persona con un'aurea di regalità, un'inferiorità rispettosa e pregna di stupore.
Jimin avrebbe continuato a guardarla per ore, in silenzio, se Yoongi non gli avesse dato uno schiaffo alla nuca improvvisamente: «Scemo violento?» lo richiamò dal suo stato di beatitudine alla visione della donna con il solito epiteto ineducato «Ti sei rotto?» Jimin avrebbe voluto ribattere, ma la vergogna e il boccheggiar senza parole lo fecero rimanere in silenzio, lanciando comunque uno sguardo di puro odio all'altro. Yoongi gli mise una mano intorno alla spalla, se lo portò a fianco con violenza, facendo sbattere il suo corpo sul proprio, e sorrise alla sorella «A quanto pare sono tanto stronzo da non meritarmi alcuna gentilezza da parte sua.» spiegò al posto dell'altro, sebbene la domanda non gli fosse stata fatta direttamente «Cosa ne pensi, Zwena?»
La ragazza mostrò un sorriso divertito, allegro e dolce, puntò gli occhi su Jimin che, nel frattempo, si era lasciato stringere dall'altro senza opporre troppa resistenza, giusto per non fare "i capricci" davanti a quella figura tanto divina. «Penso che abbia ragione, fratello mio, sei un tale stronzo a volte». La donna si piegò leggermente, arrivando con il volto all'altezza del giovane ventenne ancora in silenzio, sollevò il palmo della mano in sua direzione e rise divertita alla sua espressione preoccupata; interruppe i suoi movimenti, girò il volto verso il fratello e chiese «Cosa gli hai fatto?»
«L'ho congelato».
Zwena tornò con lo sguardo candido su quello scuro pece dell'altro e sorrise: «Io non ti farò nulla, Jimin». Il ventenne non si chiese come facesse a sapere il suo nome, così come non se lo era chiesto - o non l'aveva chiesto - per gli elfi, rimanendo semplicemente immobile, aspettando. La donna arricciò le labbra, soffiò piano e un elegante e minuscolo turbine di neve gli crebbe sul palmo, finché morì lasciando al suo posto un minuscolo cuore di ghiaccio. «Te lo porgo in dono». Jimin non crebbe ai suoi occhi e riuscì a mala pena a sollevare le mani per prendere quel pensiero, osservandolo come fosse un diamante.
«Grazie.» sussurrò appena, senza staccare gli occhi da quel cuore scintillante che sembrava vetro da quanto era intagliato bene e scintillasse sulle sue mani, così perfetto da mostrare la luce dividersi al suo interno e creare piccoli riflessi arcobaleno.
Yoongi rimase fermo ad osservare il suo volto, le guance arrossire di emozione, le labbra formare un dolce cerchio stupito, gli occhi brillare. Senza chiedergli nulla e senza delicatezza, all'improvviso, gli prese quel dono dalle mani; Zwena si risollevò osservandolo confusa e divertita, rimanendo a vedere cosa avesse in mente, Jimin si girò verso di lui colmo di collera, rosso in volto e con la bocca spalancata: «Ridammelo!» chiese con veemenza. Yoongi fece finta di non sentirlo, chiuse il cuore tra le mani a coppa, nascondendolo ai suoi occhi; portò le dita alle labbra, appoggiò la bocca all'unica fessura che era rimasta tra le dita, tra i pollici, e ci soffiò dentro. Un istante dopo riaprì le mani e mostrò ciò che aveva fatto.
«Ecco, è per te».
Dal cuore di ghiaccio, da un punto sulla curvatura, partiva un filo di quella che sembrava neve, tanto bianca e morbida all'occhio pareva. Jimin non fece neanche in tempo a prenderla perché dopo un sol sospiro Yoongi la sollevò e gliela mise intorno al collo con gentilezza, appoggiando quel cuore sul suo petto. Al tocco era fredda, ma non gli faceva male, neppure la neve che gli toccava il collo.
Gli occhi scuri di Jimin si alzarono e trovarono quelli di ghiaccio del ragazzo, le sue labbra si mossero senza volerlo per donargli la più gentile delle parole: «Grazie...» in un flebile suono che quasi si perse nell'aria, così piena di imbarazzo e sentimento che non voleva essere sentita da nessuno. Jimin avrebbe voluto mandarlo a quel paese per tutti gli insulti che gli aveva donato, ma mentre lo guardava così, pieno di dolcezza, non riusciva a non ringraziarlo, a non sospirare, a non far battere furiosamente il suo cuore. Pensò di aggiungere giusto qualcosa, per non sembrare un completo imbecille. «...stronzo». Ma uscì talmente tiepido e a mezza voce, con le guance imporporate e le mani sul cuore - o meglio sul ciondolo -, che a Yoongi parve quasi una dichiarazione, così come alla sorella.
«Prego.» e, ancora, fu detto in un sussurro.
Un tremore al cuore, un peso nel petto crebbe in entrambi. I loro sguardi si legarono, fermi, confusi, pieni di sentimenti sopiti e coperti, come se fossero destinati a cercarsi a trovarsi e volersi. Deglutì Jimin, Yoongi si morse il labbro inferiore e nessuno dei due si mosse perché era chiaro a tutti e due che un sol rumore o un solo movimento avrebbe distrutto quel castello di carte così tremolante, sostenuto dal caso, ma tanto piacevole da guardare e sentire da non voler smettere. Ad entrambi sembrò tornare al loro bacio, qualche ora prima, così sbagliato e senza senso e lo stesso indistruttibile e fragile.
Nessuno dei due si mosse, ma Zwena parlò al posto loro: «Vi siete congelati?» lo chiese in una risatina leggera, dolce e nessuno dei due sentì risentimento, sebbene il momento terminò nell'esatto istante in cui la loro voce arrivò loro. Distolsero i loro sguardi, li posarono su di lei leggermente confusi. Yoongi si leccò le labbra piano, come se sentisse il sapore di quel bacio ancora impresso solo da quello sguardo appena ricevuto mentre Jimin, invece, sdrammatizzò il momento abbozzando un sorriso: «A quello penso di essere immune».
Zwana crucciò la fronte confusa, schiuse le labbra per rispondere con una palese domanda, ma Yoongi interruppe la loro discussione riprendendo la mano dell'altro: «Ora andiamo, ti faccio vedere il resto».
«Ma io voglio stare ancora con tua sorella!» si lamentò, il giovane ventenne, provando a staccarsi di nuovo dalla sua presa inutilmente «E lasciami!»
«Vuoi tornare in spalla!?» gli chiese minaccioso l'altro, mostrandogli un'espressione nervosa e frettolosa «Allora stattene buono e vieni con me, okay?»
Zwana rimase in tutta la sua regale eleganza ad osservare i due, con lo sguardo piacevolmente stupito, con un sorriso appena accennato che mostrava però tutta la sua felicità. I suoi occhi chiari guardarono i ragazzi allontanarsi e battibeccare, tenendosi per mano e prendendosi a schiaffi sulla nuca a vicenda, insultandosi e digrignando i denti dal nervoso. L'ultima cosa che vide, prima di scoppiare a ridere portando la mano alla bocca e andandosene con passo elegante, fu Jimin infuriarsi per qualcosa che aveva detto il fratello, tirargli una ginocchiata in mezzo alle gambe e, una volta questo si ritrovò a terra in agonia, trattenendosi le parti intime, fuggire via sbraitando quanto fosse uno stronzo.
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