6


Quando le renne toccarono la neve fredda la slitta le seguì a ruota, poggiandosi delicatamente sul freddo e bianco manto morbido che si distendeva a vista d'occhio in ogni direzione. Il sole brillava alto e sebbene facesse freddo il vento non soffiava più forte e i raggi solari scaldavano i loro volti come potevano anche lì, al polo nord. Yoongi tirò le corde verso di sé dopo un paio di minuti, una volta arrivati ad un piccolo igloo di ghiaccio adonato da una semplice porta rossa all'ingresso, tanto uguale alle tante altre porte di ogni casa nel quartiere di Jimin. Le renne si fermarono, zampettarono sul posto stanche, Yoongi disse loro che erano state brave in modo più veloce del solito per girarsi l'istante successivo verso Jimin: si era guardato intorno e aveva riso a lungo e Yoongi lo sapeva - lo sapeva benissimo - che era la magia del Natale a rendere la sua risata tanto simile ai campanelli, tanto musicale e rinvigorente per la sua anima, ma non gli era importato. Il figlio di Babbo Natale era rimasto ad ascoltarla per ore, godendone appieno la melodia, finché Jimin non si era addormentato per la stanchezza della nottata passata.

Yoongi avvicinò la mano verso di lui, gli scosse lievemente la spalla: «Tizio violento, siamo arrivati.» lo chiamò con un sussurro, provando a svegliarlo con calma. Jimin deglutì e crucciò la fronte, arricciò il naso e mugugnò infastidito dal doversi svegliare, ma quando i ricordi gli riaffiorarono alla mente spalancò gli occhi all'improvviso, richiudendoli subito dopo accecati dalla luce del sole.

«Cosa succede?» chiese confusamente il giovane ospite, portandosi una mano al volto e stropicciandosi gli occhi, tenendo lo sguardo basso e sollevando piano le palpebre; le iridi nere si soffermarono un istante sul proprio corpo, trovandolo nascosto da una calda e morbida coperta bianca. Pensò, in un primo momento, di chiedere cosa fosse, ma si sentì pieno d'imbarazzo e silenzio appena capì da sé che solo Yoongi poteva aver avuto la gentilezza di mettergliela addosso durante la notte, mentre dormiva. Decise di non chiedere nulla, pensò di ringraziarlo, ma non trovò le parole adatte e, alla fine, rimase semplicemente in silenzio, togliendosela da dosso e piegandola in modo gentile per poi riappoggiarla al suo fianco. Yoongi rimaneva anch'esso immobile, osservandolo, beandosi dell'ultimo istante su quella slitta. «S-siamo arrivati?» chiese Jimin alzando lo sguardo e evitando di posarlo sul volto dell'altro, preferendo guardare la distesa immensa di neve intorno a sé «Dove siamo?»

Yoongi aprì la porticina al suo fianco, saltò giù dalla slitta e cadde con gli scarponi nella neve, affondandoci di qualche centimetro: «Siamo a casa.» rispose, girandosi verso di lui e aspettando che anch'esso scendesse dal rosso mezzo di trasporto, chiudendogli successivamente la porticina dietro le spalle.

Jimin affondò nella neve, fece qualche passo verso l'igloo, poi si bloccò e si girò verso il ragazzo biondo: «Questa è casa tua?» chiese incerto, indicando la porta rossa tanto fuori luogo, così assolutamente non adatta a quel posto. Yoongi annuì semplicemente e avrebbe volentieri invitato l'altro ad entrare sé Jimin non si fosse portato le mani alla bocca e un'espressione di terrore non si fosse creata sul suo volto «Ma è pieno giorno!» esclamò guardandosi intorno, alzando lo sguardo verso il sole alto in cielo, riabbassandolo subito sull'altro con gli occhi già affaticati a quella vista veloce con la stella, trovandosi un cerchio nero ovunque guardasse per i secondi successivi.

Il figlio di Babbo Natale lo raggiunse e sollevò lo sguardo al cielo, stanco: «Sì, ma non ti far venire una crisi.» sollevò il proprio polso toccandoselo con l'altra mano, metafora di ciò che avrebbe dovuto fare «Guarda che ore sono e placati».

Jimin ricordò in un solo istante quanto quello strano personaggio gli stesse antipatico, ma fece come richiesto; osservò il quadrante dell'orologio e, di nuovo, si stupì: «È ancora l'una e mezza».

Yoongi gli passò a fianco, sospirò esasperato e scuotendo il capo: «Dovrò dirtelo ancora tante volte che il tempo non deve interessarti quando sei con me o hai imparato, ora?» ovviamente non si degnò neppur di guardarlo in faccia, aggiungendo semplicemente un «Seguimi.» quando fu a qualche metro da lui, ormai davanti alla porta rossa. Jimin si maledisse per aver anche solo pensato di seguirlo davvero, ma una cosa che aveva imparato nella sua vita è che non si poteva tornare indietro e, di certo, da lì, lui non avrebbe saputo tornare a casa sua da solo: tanto valeva buttar giù tutta quell'ineducazione come boccone amaro e starsene zitto.

Era pur vero che starsene del tutto zitto lo avrebbe portato a scoppiare prima o poi, quindi decide semplicemente di rispondere senza mandarlo a quel paese. «Scusa tanto se per me è normale che il tempo passi, eh!» sputò acido camminando nella neve e raggiungendolo alla porta.

«Scuse accettate». Yoongi accennò ad un ghigno nascosto, Jimin digrignò i denti e fece finta di non aver sentito.

Il giovane ragazzo prelevato da casa sua la notte di natale sentì di provare tanto odio verso quello stupido ragazzo dagli occhi di ghiaccio che nulla al mondo avrebbe potuto fargli cambiare l'umore nero che gli stava facendo venire, ma, come aveva fatto tante volte quella notte, si sbagliava perché appena la porta rossa si aprì dimenticò ogni cosa: l'odore di biscotti al cioccolato e crema zabaione si impossessò del suo corpo al primo respiro, il tempore gli scaldò la pelle come se fosse davanti ad un camino acceso - abbastanza vicino da sentire tutto il calore, ma non troppo da scottarsi - e la musica di sottofondo accese l'aria di pura gioia. Se da fuori l'igloo sembrava minuscolo appena la porta si aprì si rese conto che l'interno era immenso e si ritrovò ancora una volta a bocca aperta nel trovarsi in un'enorme sala tanto immensa da sembrare una piazza e tanto alta da somigliare ad un castello.

La porta dietro di loro si chiuse e Jimin non riuscì a tener bocca la chiusa, chiedendo forse stupidamente: «Com'è possibile! Fuori sembrava così piccolo!»

Forse fu la gioia sul suo volto o forse semplicemente Yoongi era troppo stanco per trovare una battuta, perché rispose semplicemente e in modo annoiato: «La magia del Natale». Ed era così, era indubbiamente la magia del Natale, e Jimin la sentiva tutta intorno a sé. Il salone davanti a loro era colmo di gente che camminava a passo svelto e con il sorriso sul volto: tutti sembravano giovanissimi adolescenti ed indossavano tutine colorate di rosso o di verde, cappellini natalizi e scarpe a punta. Jimin non dovette nemmeno chiedere chi fossero perché con quei pacchi in mano e indaffarati fu ovvio anche a lui che dovevano essere per forza di cosa i famosi elfi di Babbo Natale. Ogni qual volta che uno di loro gli passava vicino gli donava un sorriso e un saluto gentile.

«Bentornato Yoongi!» «Buon Natale a voi!» «Buona permanenza Jimin!»

Ognuno di loro sembrava aspettarsi di vederlo lì, come se ne fossero già tutti al corrente, e lo chiamavano perfino per nome. Jimin si avvicinò al figlio di Babbo Natale e chiese, in un sussurro nascosto: «Come fanno a sapere il mio nome?» ma, dato che la risposta fu ovviamente la solita "è la magia del Natale", lasciò perdere, chiedendo successivamente «Dovrei chiedergli come si chiamano?»

Yoongi si massaggiò le tempie e lo guardò con aria di sufficienza: «Jimin, sono migliaia e stanno lavorando, pure chiedessi il nome ad ognuno di loro non te lo ricorderesti, lasciali perdere, okay?» scortese, come sempre, gli prese il braccio e lo trascinò in avanti, ignorando i suoi lamenti e insulti a mezza bocca, facendolo camminare a forza per il salone «Ti faccio vedere casa mia, va bene?»

«Fammi conoscere tuo padre, me la farà vedere lui!» propose, immaginandosi già la risposta.

«Certo, sono certo che la notte di Natale papà non abbia assolutamente nulla da fare che star dietro ad un cretino violento».

Jimin si staccò dalla sua presa, lo guardò in cagnesco, spalancando la bocca arrabbiato: «Non ti permettere di chiamarmi cretino, brutto stronzo».

«Ah stronzo va bene però?» Yoongi sollevò un sopracciglio con l'aria di chi non era minimamente toccato dal suo insulto, aspettando una risposta.

«Se è la verità, sì.» assottigliò gli occhi, arricciò il naso e rimase a fissarlo con aria di sfida.

Yoongi ricambiò lo sguardo - anche se non vi era traccia di cattiveria alcuna nei suoi occhi -, avvicinò il volto al suo, rimanendo a pochi centimetri con la punta del naso da quella dell'altro: «Ma tu hai provato a colpirmi e continui a farmi domande stupide quind-» si bloccò, spostando le iridi chiare sulle guance del moro «Sei pallido», sollevò entrambe le mani e le poggiò sul suo viso, sfiorandogli la pelle in modo delicato, Jimin si immobilizzò a quel gesto, trattenendo il respiro, «e sei freddo». Il ventenne prese aria e aprì leggermente le labbra, provando ad elaborare una risposta che non lo facesse sembrare davvero un cretino, ma Yoongi non gli diede tempo. «Ti farò vedere il posto velocemente poi ti faccio una cioccolata calda.» sollevò gli angoli della bocca, tornando a fissarlo negli occhi «Ti piace, vero? Sei un tipo da cioccolata calda?»

Aspettò semplicemente che l'altro annuisse alla sua domanda per lasciargli andare il volto. Jimin credette di riuscire a tornare a respirare, di poter tornare ad odiarlo in tutta la sua altalenante gentilezza e ineducazione, ma la mano sinistra di Yoongi andò a prendere la destra del giovane, intrecciando le dita con le sue e infilandosele entrambe nella tasca della tuta rossa e bianca da Babbo Natale: «Andiamo, ti mostro casa». Jimin deglutì e abbassò il volto, senza dire una sola parola. Era assolutamente incredibile come, sebbene per la maggior parte delle volte - ogni volta che parlava, lo guardava, gli ordinava qualcosa o alzava gli occhi al cielo - sentisse di volerlo prendere a schiaffi, quando gli diceva piano qualcosa di gentile non riuscisse a respirare bene, non riuscisse a tenere il cuore a freno, le guance del suo colore. Si chiese perché non opponeva resistenza alla presa della sua mano nella sua tasca, ma si rese conto che era così piacevole che avrebbe preferito litigare con lui con le dita intrecciate. Se gli avesse chiesto perché provasse quelle cose, allora, Yoongi avrebbe risposto semplicemente che era la magia del Natale?

Erano talmente tante le emozioni provate da Jimin che non riusciva neppure a darsi un senso a ciò che sentisse. Come poteva, però, una persona che amava il natale più di ogni altra cosa, riuscire a provare tanto odio verso qualcuno che gli prometteva di fargli incontrare Babbo Natale in persona, che lo aveva portato a guardare il cielo da una slitta volante, che gli mostrava ogni stanza di casa sua al Polo Nord? Per quanto lo facesse arrabbiare e sentisse di volerlo prendere a schiaffi ogni qual volta gli parlasse come poteva odiare qualcuno che lo teneva per mano e gli mostrava le stanze meravigliose che c'erano in quel luogo?

La prima stanza che gli mostrò fu un enorme laboratorio con tavoli, buffe macchine industriali colorate e tanti di quegli elfi al lavoro che non si riuscivano a contare. Da piccoli tubi di plastica scendevano piccole pergamene arrotolate, gli elfi addetti li leggevano ad alta voce ad un gruppo - elencando i regali che qualcuno chiedeva e perfino per chi fossero - e tutti insieme si mettevano a costruire piccoli prototipi in legno o in buffi computer tondeggianti prima di cominciare a tirar leve e girare manopole: i regali richiesti uscivano da un nastro esattamente come richiesto e tutti gioivano dandosi sonore pacche sulle spalle e ridendo. Jimin era sicuro di aver sentito qualche elfo commentare i regali specificando che sarebbe piaciuto tantissimo al bambino che l'aveva richiesto, come se lo conoscessero davvero. Lo aveva chiesto a Yoongi, il perché di quelle parole ascoltate, e lui aveva annuito: «Li conosciamo tutti, infatti!» aveva esclamato, rispondendo immediatamente alla ovvia domanda che l'altro non fece in tempo a fargli «È la magia del Natale, come potremmo fare i regali perfetti altrimenti?»

Jimin aveva chiesto perché servisse così tanto conoscere un bambino per fargli il regalo perfetto e Yoongi aveva spiegato al ventenne che spesso i bambini sanno essere molto precisi, ma altre volte non lo sono e chiedono solo una bella bambola, un trenino veloce o un vero amico. «Se non avessimo conosciuto bene Lucas, che ci aveva chiesto semplicemente di poter inseguire il suo sogno come avremmo potuto regalargli un orsacchiotto in cui poter nascondere dalle sorelle le monetine che i suoi nonni gli davano?» fece un grosso sorriso, strinse la sua mano al caldo della tasca «Con quei soldi ci ha comprato la sua prima macchina fotografica usa e getta, ora studia fotografia. È davvero bravo».

La seconda stanza che gli mostrò era fatta su più piani, aperti, e tutti in vetro, così che guardando verso l'alto o verso il basso si potessero vedere gli altri elfi lavorare. Un lungo nastro trasportatore passava davanti a tutti i tavoli, salendo e scendendo come una montagna russa e portando i regali creati nella stanza precedente agli addetti; gli elfi prendevano i regali e li impacchettavano meglio che riuscivano con carta colorata, nastri brillanti e stelline. Yoongi gli spiegò che quel lavoro era stancante e ripetitivo ed era per quel motivo che ogni elfo aveva a fianco a sé un timer che doveva far partire appena si metteva a lavorare. Ognuno di loro poteva impacchettare regali solo per un'ora di fila e mai più di tre volte al giorno. «Non vogliamo che gli venga un esaurimento nervoso!» esclamò Yoongi sicuro di sé.

La terza stanza era un enorme parco giochi pieno di scivoli, fontane di latte al cacao, trampolini e vasche di palline colorate. Gli elfi correvano qua e là ridendo e giocando tra loro.

«Sembra divertente?» commentò Jimin non troppo convinto.

Yoongi rispose con un'alzata di spalle: «Gli abbiamo chiesto più volte se non preferissero una stanza cinema o una piscina», si grattò la nuca e osservò gli elfi saltellare in mezzo alla stanza, «ma sono abbastanza stupidi quindi preferiscono queste stronzate».

«Non dovresti chiamare gli altri stupidi, ognuno ha le sue preferenze.» rispose frettoloso Jimin, dispiaciuto per le parole dure che aveva pronunciato su quei piccoli lavoratori sempre sorridenti.

Yoongi estrasse le loro mani dalla tasca, districò la presa per incrociare le braccia al petto e guardarlo con aria di sufficienza: «Cos'è? Ti senti di fottere perché vuoi rimanere anche tu a giocare?» gli rise in faccia, osservando il volto di Jimin crucciarsi infastidito, come ogni volta succedeva «Forse sei stupido pure tu».

Per ripicca Jimin rimase a giocare per almeno un'ora, annoiandosi a morte, giusto per farlo aspettare. Non era propriamente il tipo da scivoli e vasche con le palline colorate, ma il volto annoiato del ragazzo dagli occhi color ghiaccio seduto ad un piccolo tavolino di plastica era tanto appagante che sarebbe rimasto lì tutta la vita. Fortunatamente per entrambi Yoongi, ad un certo punto, andò a pescarlo dalla vasca, mettendoselo in spalla e portandolo di forza alla stanza successiva.

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