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Quando le labbra si incontrarono in un bacio soffiato tutto fu caldo.

La pelle di Jimin sembrò sgretolarsi, come se quel ghiaccio incantato intorno al suo corpo, che lo immobilizzava, si crepasse, cadendo a terra. Gli sembrò di potersi muovere di nuovo, di poter assaporare la sensazione più strana che avesse mai provato. Le labbra gelide di Yoongi posate sulle sue erano tanto fredde da fargli male e, nello stesso preciso istante, tanto bollenti da scottarlo, da far bruciare il suo corpo. Rimase immobile, fermo in quel punto, con le braccia alzate, le dita strette intorno all'arma, con il collo teso, con i pensieri bloccati. Jimin non riusciva a pensare a nulla e neppure ci provò.

L'unica cosa che riuscì a fare, l'unica cosa che gli sembrava giusta, fu chiudere gli occhi. Le palpebre si abbassarono, fece un profondo respiro, calmò il suo cuore che, invece di cominciare a battere all'impazzata come si sarebbe aspettato facesse, cominciò a regolarizzarsi, a farsi frenare dal freddo, a rendersi tiepido dal calore.

Gli sembrò una magia e, forse, lo era davvero.

I secondi passavano a tempo dei loro respiri e Jimin si chiese perché quello strano individuo che era apparso in casa sua durante la notte di natale tenesse così a lungo le labbra sulle sue. Non sapeva che Yoongi, così come lui, stava assaporando semplicemente quella sensazione tanto strana e nuova da farlo confondere. Il figlio di Babbo Natale aveva chiuso gli occhi, teneva le labbra su quelle dell'altro e, per la prima volta dopo tanto tempo, non provava freddo.

Yoongi deglutì a vuoto, piegò la testa di così poco che non sembrò neppure farlo, ma entrambi sentirono quel movimento sulla bocca così intenso da essere certi lo avrebbero ricordato per sempre.

Il figlio di Babbo Natale era abituato alla magia, ma quella sembrò la più grande che mai avesse visto e provato.

Jimin risollevò le palpebre, guardò la pelle chiarissima dello sconosciuto che lo stava baciando e si chiese se, forse, non fosse davvero tutta una magia. Dopotutto, lo strano individuo lo aveva congelato solo in un soffio, forse poteva far ben altro.

Il ventenne spostò la testa all'indietro, all'improvviso, staccandosi da quel bacio che era sembrato durare un sol istante e un'eternità assieme. Nel preciso istante in cui le loro labbra si divisero, Yoongi aprì gli occhi di scatto, stupito: «Cosa?»

Jimin buttò il mattarello sul divano - contro dei poteri magici, in fondo, non aveva granché possibilità di essere utilizzato - e incrociò le braccia al petto, sollevando il sopracciglio sinistro: «Cosa? Pensavi sarei rimasto lì per poi ringraziarti per il reg-»

Non fece in tempo a finire la frase perché l'altro fece un passo indietro, allontanandosi da lui e strabuzzando ancor di più gli occhi: «Come ti sei liberato!?» chiese, a voce alta. Jimin eliminò le distanze tra di loro raggiungendolo, gli posò una mano sulla bocca e lo intimò di far silenzio.

«Sei scemo!?» chiese ironicamente «Vuoi svegliare i miei!?»

Yoongi gli appoggiò una mano sul polso e con poca forza riuscì a togliergli il palmo da sopra la propria bocca: «Staccati, tipo violento.» risollevò immediatamente la mano, di nuovo con il palmo sollevato, e soffiò ancora sopra di esso; i fiocchi di neve si vennero a creare, danzarono a spirale fino a raggiungere il volto di Jimin, ma una volta colpito non successe nulla.

Il ventenne arricciò il naso, trattenne uno starnuto, mosse la mano davanti al volto per liberarsi dalla neve in eccesso: «La finisci?» chiese, chiedendo poi a sé stesso, nella propria mente, dove avesse trovato tutto quel coraggio dal trattare così qualcuno che non solo lo aveva congelato magicamente, ma aveva anche creato il lui quel sentimento tanto forte con un solo bacio.

Jimin pensò che fosse meglio lasciar perdere tutto, lasciar perdere il figlio di Babbo Natale, la magia, le sensazioni provate e tornare semplicemente nel suo letto, ma qualcos'altro gli impediva di farlo: «Lo sai che sei stato proprio sgarbato?» fece un passo indietro, donando di nuovo il proprio spazio vitale ad entrambi.

Yoongi boccheggiò a vuoto, scosse il capo: «Cosa?» sembrava ancora confuso, incapace di seguire i suoi discorsi quando l'unica cosa alla quale riusciva a pensare fosse per quale strano motivo non riuscisse più a congelarlo. L'altro non fece neppure in tempo a dire nulla che l'intruso si girò verso l'albero di natale e alzò la mano: schioccò le dita in aria e le luci delle lampadine si spensero, le fece schioccare di nuovo e si riaccesero. Lo fece un paio di volte poi si rigirò verso il proprietario di casa: «Funzionano.» si portò le dita alla nuca, la grattò nervosamente, scompigliandosi i capelli «Sei tu».

Jimin sospirò e sollevò gli occhi al cielo: «Senti, non mi interessano le tue scenette.» fece scoccare la lingua al palato e tornò a guardarlo «Dato che sei stato uno stronzo ora mi farai conoscere Babbo Natale».

Tutta la confusione di Yoongi svanì in un sol istante, il suo sorrisetto ironico tornò a mostrarsi sulle sue labbra, piegò la testa di lato e assottigliò gli occhi: «Ah, sì?» chiese, rimanendo in attesa e ottenendo solo un annuir del capo dell'altro «Certo, come no, ora ti prendo un appuntamento, va bene?»

Lo sguardo innervosito di Jimin rimase a fissare l'altro mentre cercava nella tasca qualcosa, già ipotizzando qualche battuta o presa in giro, cosa che effettivamente fu; Yoongi ritirò fuori la mano senza aver preso nulla, si guardò il palmo, con l'indice dell'altra fece finta di cliccare qualche tasto invisibile sulla pelle: «Sì, allora, qui vedo che il primo buco libero è tra quindici anni, il ventidue Aprile, intorno alle tre e mezza.» sollevò lo sguardò azzurro ghiaccio in quello nero dell'altro e, seriamente, chiese «Va bene per te? Ti aggiungo?»

Jimin sollevò il sopracciglio, il resto del volto rimase impassibile: «Devo riprendere il mattarello?» chiese, districando le braccia dall'incrocio al petto e indicando il divano «È lì e posso ancora», sollevò le dita per mimare delle virgolette, «fracassarti il cervello».

Yoongi ruotò gli occhi, sospirò, ma poi tornò con lo sguardo azzurro chiaro sulla figura davanti a lui, in silenzio. Rimase ad osservarlo, pensieroso, con espressione indecifrabile, tanto che Jimin cominciò ad arrossire leggermente, a disagio, e tanto da obbligarlo a parlare, per interrompere quel momento: «Senti, me lo fai conoscere e basta, okay?» deglutì, boccheggiò un istante «C-così impari a baciare degli sconosciuti contro il loro consenso, l-lo sai che è violenza sessuale e potrei farti arrestare?»

Il sorrisetto malizioso del figlio di Babbo Natale fece semplicemente arrossire ancora di più Jimin, così come le sue parole successive: «Se per te questa era una cosa sessuale capisco perché tu abbia chiesto un ragazzo e perché ti sei ammazzato di seghe gli anni scorsi».

«SENTI-»

«E va bene!» sbraitò a voce alta il biondo dallo sguardo di ghiaccio, sollevando le braccia esasperato «Ti farò conoscere mio papà se mi aiuterai a finire il lavoro nel quartiere, va bene?» e a nulla servì lo sguardo non tanto convinto dell'altro perché aggiunse immediatamente «Le cose bisogna guadagnarsele, mio caro Park Jimin, quindi prendi quel sacco e seguimi».

Fu tutto veloce, forse troppo perché Jimin si ritrovò con il corpo pieno d'ansia nel mentre Yoongi gli passava accanto, camminando verso la porta d'ingresso, e un enorme sacco verde si materializzava sotto i suoi occhi vicino al caminetto. Jimin avrebbe potuto imporsi, urlare, riprendere il mattarello e dargli di nuovo dello stronzo, ma, invece, si affrettò a prendere il sacco e a trascinarlo lungo il pavimento, scoprendo immediatamente quanto fosse pesante: «Cazzo, ma che c'è dentro?» chiese retoricamente in un sussurro affaticato.

Yoongi sembrò sentire il suo sussurro da svariati metri di distanza, già alla porta: «Mattoni e ciocchi di legno, che domande.» sbuffò esasperato, aggiungendo subito dopo «Regali, ovviamente. Ma ci sei o ci fai?»

Jimin digrignò i denti, infastidito, e una volta arrivato alla porta, una volta ritrovato il quasi sconosciuto appoggiato al muro ad aspettarlo, sbottò un semplice: «Era una domanda retorica, stronzo!» si fermò, osservò gli occhi di ghiaccio del figlio di Babbo Natale, la porta, poi di nuovo quello sguardo gelido e annoiato «Perché siamo qui?»

«Pardon?» chiese l'altro, sollevando le sopracciglia e scuotendo il capo.

La lingua del ventenne si bagnò le labbra velocemente, nervoso: «Perché non passiamo dal camino?» chiese, specificando cosa non gli tornasse, in modo tanto ovvio che quasi l'altro si sentì stupido.

Quasi, perché in realtà gli rise in faccia, scuotendo la testa e sospirando: «Perché dovremmo? Ci sono le porte».

Jimin portò i pugni sui fianchi, tirò fuori il petto, stizzito: «Beh, ovviamente ci sono regali nel sacco, ma passiamo dalla porta?» ridacchiò nervosamente, passando le mani tra i capelli scuri «A quanto ne so io Babbo Natale passa dai camini, no?»

Yoongi si staccò finalmente dal muro: «Ah sì? Siete intimi? Non pensavo lo conoscessi bene.» lo prese in giro, aprendo la porta: un vento gelido di notte inoltrata, di dicembre ormai quasi finito, entrò prepotentemente in casa, facendo congelare il giovane ventenne, ancora in pigiama - il suo pigiama natalizio con le renne. «Andiamo o hai altre domande stupide da fare?»

Avrebbe tanto voluto mandarlo a quel paese e, insieme, avrebbe tanto voluto chiedergli di aspettarlo nel mentre si metteva qualcosa di più pesante addosso, ma tanta la rabbia verso quell'individuo e tanta la voglia di non dargliela vinta che non fece nulla delle due cose: «Andiamo.» rispose seccamente, uscendo per primo di casa, tirandosi dietro quell'enorme e pesante sacco, trascinandolo sul porticato della sua villetta. Venne prontamente superato dall'altro, mani in tasca e aria annoiata, che lo intimò di seguirlo in modo scorbutico e sgarbato, quasi in un grugnito. Il sacco era pesante e Jimin era lento nel trascinarlo, ma ringraziò il cielo che fosse così faticoso quel lavoro dato che, almeno, il freddo sembrava meno distruttivo tanto il caldo che provava nello sforzo. Gli sembrò, quasi, di star facendo una maratona.

Quando il giovane ventenne raggiunse la casa davanti, qualche minuto dopo, Yoongi era già appoggiato allo stipite, salutandolo con un sonoro sbadiglio: «Sei ancora vivo?» chiese, sebbene il suo tono non sembrava più di tanto preoccupato.

Jimin lasciò il sacco davanti alla porta, si poggiò al muro con entrambe le mani e fece profondi respiri d'aria gelida, annuendo semplicemente senza fiato. Yoongi tirò fuori un mazzo di chiavi dalla tasca: un grosso anello di metallo aveva attaccato ad esso una trentina di chiavi tutte diverse, tutte colorate; gli occhi azzurro chiaro le osservarono ad una ad una, passandosele tra le dita, mentre quelli neri rimanevano fissi sulla figura intera dell'altro, aspettando di vedere la sua prossima mossa.

«Eccola qui.» Yoongi scelse una chiave e, sicuro, la infilò nella toppa, la girò al suo interno e, un istante dopo, aprì la porta «Dai, muoviti». Mai un ordine fu eseguito tanto velocemente, ma solo perché quella casa sembrava calda e, una volta dentro, Jimin ringraziò il cielo che esistesse il riscaldamento.

Il ventenne si portò le mani alle labbra, ci sospirò dentro, provando a scaldarle, pensando a quanto i guanti fossero un'invenzione fantastica, soprattutto quando non li indossi in piena notte, mentre trascini sacchi magici pieni di regali.

Jimin, stanco, si sedette semplicemente sul divano, rimanendo semplicemente in silenzio osservando l'altro: il biondo vestito di rosso tirò fuori la sua pergamena arrotolata, la aprì velocemente, la lesse poi annuì e si avvicinò al sacco, ci si chinò davanti e lo aprì, infilandoci subito dopo la mano e rovistandoci dentro.

«No, no, non è questo, manco questo...» borbottava a voce bassa e Jimin fu tentato da prenderlo in giro, ma tanta era la stanchezza che non gli venne nessuna battuta d'effetto. Decise di rimanere semplicemente a riposarsi, seduto, conservando il fiato. «Ah, eccolo qui!»

Yoongi prese un grosso pacco, decorato con carta verde brillante e un nastro rosso lucido, chiuso su uno dei lati più larghi con una coccarda elegante; non c'erano biglietti, non c'erano firme, era un semplice regalo impreziosito da alcuni adesivi a forma di stelle, in alcuni punti, sopra la carta.

«Cos'è?» chiese, curioso, il moro, poggiando la testa al bracciolo e continuando a seguire con lo sguardo l'altro lavorare.

«Fatti i cazzi tuoi.» fu la risposta secca dell'altro.

Jimin sospirò e chiuse semplicemente gli occhi, stanco: «Sarà una lunga, lunghissima, notte».

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