ISTERECTOMIA

Il tecnico mostra le salette dell'obitorio. Sono talmente piccole che dentro non ci si sta neanche in cinque.

– La vedete quella sala lì in fondo? Su quel tavolo abbiamo fatto l'autopsia di Ciro Esposito, il ragazzino del rione Traiano che è morto sparato da un poliziotto.

Ne parla fiero, come se fosse una celebrità. Intanto dal sacco degli strumenti caccia un coltellaccio in acciaio e plastica nera. Ricorda il coltello che si usa per affettare il pane.

Chiara se ne sta a fissare il vuoto dello schermo sul cellulare o fuori dalla porta dell'obitorio che è un po' la stessa cosa del vuoto se ci riflettete. Tutti quegli studenti che vagano per i corridoi dei reparti e che fanno a gomitate tra di loro per dire un giorno di essere affermati in società e Chiara se ne sta in disparte fuori dalla saletta dell'autopsia sforzandosi di dimenticare tutta la polvere d'ossa nell'aria che le si depositerà tra i capelli, sul camice, sulle scarpe.

– Siete del primo anno voi?
Chiede il tecnico ai piedi del corpo. Picchietta col manico del coltellaccio sul ventre della donna. Ne viene fuori un suono ottuso, segno di scongelamento.

Gli studenti annuiscono. Tra di loro qualcuno sta già sbiancando.

– Eh la strada è lunga... Sono sei anni giusto? Mio figlio ci ha provato a passare il test ma non ce l'ha fatta... Ora però è entrato all'accademia aeronautica... Sono soddisfazioni per un genitore, credetemi.

Dice posando il coltellaccio sulla tavola settoria parallelo alla gamba destra della donna. Dal borsone caccia un giocattolo nuovo.

– Questo è un seghetto elettrico a lama circolare. Ora lo utilizzerò per fare lo scalpo. Se è la prima autopsia a cui assistete, consiglio, soprattutto a chi è asmatico, di uscire un attimo dalla sala. L'incisione sul cranio porta in aria molta polvere... Eh con l'osso è così... L'odore è simile a quando vi fate l'otturazione dal dentista. Se avete problemi di nausea, ricordo che il lavabo è lì. Per piacere non sporcate per terra.

Il medico legale, per esperienza si è già portato fuori dalla saletta, non può macchiarsi la giacca buona. La giornata di lavoro è ancora lunga, ha altri sopralluoghi da fare per la città in altri obitori giudiziari.
Chiara lo osserva mentre caccia dalla tasca della giacca una macchinetta fotografica digitale della Olympus.

– Ho migliaia di foto macabre qui sopra, scattate tutte da me – le dice il medico, – Fortunatamente non mi è mai capitato di lasciare la macchina incustodita. Mi prenderebbero per un pazzo assassino.

Chiara si sforza di ridere ma la sua mente è presa da altro. Che freddo fa qua giù? Perché mi tremano le gambe? Giuliano è rimasto dentro con gli altri a guardare?

– Mentre i tuoi compagni se ne stanno a succhiare la polvere, vieni un attimo con me. Ti faccio vedere il resto dell'obitorio – dice il medico.

Il corridoio è stretto, lungo, asettico e ogni dieci passi, conta Chiara, ci confluisce l'ingresso di una nuova sala settoria.

– Guarda qui– fa il medico tirandosi la manica sinistra della giacca, – queste celle frigorifere hanno una capacità di almeno cinquanta corpi.

Una parete in acciaio tassellata di piccole vetrate rettangolari ognuna delle quali è accompagnata da un manico sempre in acciaio.
Etichette come i post it che usano gli studenti per annotare argomenti importanti, cartellini in plastica come quelli che le compagnie aeree applicano sui bagagli al check in. Chiara realizza che forse era meglio osservare l'autopsia con gli altri. Sotto l'edificio venti del policlinico c'è un mondo a parte, un mondo in attesa di essere osservato, giudicato. Bambini, anziani, future mamme, studenti, tutti stesi dall'altro lato della parete.

Il medico legale intanto stringe la mano a un uomo, presumibilmente il guardiano che ha fatto capolino in quel momento come un forestiero in una terra di desolazione.

– E questo non è niente–  dice rivolgendosi alla studentessa, – ieri ci è arrivata una signora da Caserta in un sacco della scientifica.

A Chiara tremano ancora di più le gambe. È il freddo? La desolazione?

– La gente sta uscendo pazza. A sta cristiana l'hanno ritrovata nella notte sull'asfalto dell'autostrada. Stava attraversando ed è stata messa sotto da ben tre macchine. Solo la terza si è fermata. Non hai idea di come l'hanno ridotta –
Il guardiano indica una delle piccole vetrate in basso sulla destra, – in quel sacco ci sta una poltiglia... è irriconoscibile... povera cristiana... un hamburger.

Intanto dalla sala dove s'impolverano di ossa gli studenti, il tecnico ha concluso col seghetto circolare. Il medico è richiamato al dovere, saluta di nuovo il guardiano e conduce Chiara dai suoi colleghi.

La donna distesa sul tavolo ora ha gli occhi coperti dal lembo di pelle che copriva la fronte. La calotta cranica è stata rimossa e il cervello appare nella sua interezza.

– Odora davvero come dal dentista – dice Giuliano, il ragazzo di Chiara, mentre si annusa il camice.

– Ho visto altri morti di là... ci sono le celle... bambini... una donna spiaccicata ... resto qui comunque, non ho voglia di entrare.

– C'hai paura?

– No, sento molto freddo.

La defunta ha quarantacinque anni, extracomunitaria, nessun figlio, nessun familiare qui in Italia. Viveva da sola, si è data fuoco prima di andare a lavoro. Sul corpo sono ben visibili i segni di bruciatura lasciati dal cherosene, dal petto fin sopra la testa scoperta.
Giuliano osserva come gli altri quel che non ha ancora studiato sui libri: l'apparato gastrointestinale, il respiratorio, il sistema nervoso man mano che il tecnico incide col bisturi ed eviscera.

Più tardi, ad autopsia conclusa, nel parcheggio dell'ospedale non può fare ameno di raccontare a Chiara quel che si è persa:

– ...ha fatto un taglio verticale lungo tutto l'addome. Poi ha cacciato l'intestino ma non l'ha aperto ulteriormente... o forse si, non ricordo... e a proposito di intestino, poco fa, mi ha mandato un messaggio un ragazzo che stava col gruppo nell'altra sala e dice che anche a loro è toccato un morto suicida. Il loro tecnico ha aperto un tratto d'intestino. Dentro ci ha trovato della pasta con patate. A quanto pare è stato l'ultimo pranzo del suicida prima di gettarsi nel vuoto.

– Oddio è gli altri che hanno detto?

– Loro niente però il tecnico non si capacitava del fatto che quel tizio avesse mangiato roba così comune. Tu prima di farla finita non mangeresti qualcosa di veramente buono? Che ne so... tipo il tuo piatto preferito.

– Che imbecille...

– Come?

– No intendevo dire che il tecnico ha parlato da vero imbecille. Che ne può sapere della vita del suicida? Metti che quell'uomo ha preparato la pasta con le patate perché non poteva permettersi il suo piatto preferito.

Così dicendo Chiara salta sulla sella dello scooter di Giuliano. Ha casa libera, i genitori di lei tornano tardi da lavoro, ne approfitteranno per "studiare" insieme.

– E metti che a quel tipo piaceva da impazzire la pasta e patate.
Replica Giuliano.

– Mh... ne dubito. Almeno a me non piace.

– Neanche a me... comunque tornando al discorso di prima: il nostro tecnico scende in giù col bisturi fino al pube. Voleva vedere se la donna era incinta e quindi ha portato fuori dal corpo anche l'utero con annesse ovaie.

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