GIUNGLA ELETTRICA (2)

-Sensei - disse, -è bello vederti qui -

-Oggi non lavoro, sono in ricognizione - risposi, -lui è Marco, Marco Valente. E' nella tua lista -

- Piacere Amalia, ah beh in ricognizione...capisco - rise.

Avrei fatto volentieri ricognizione su quel corpo appena diciottenne ma la serata era ancora lunga e poi c'era l'imbarazzo della scelta.
Amalia aveva ragione: nel locale c'era un maschio ogni sette otto femmine.

AMALIA Avevo in lista cinquanta persone, niente male rispetto ai colleghi con una ventina di nomi in meno. I miei agganci tra scuole e università stavano fruttando. Non era poi così male come lavoro. Ingressi gratuiti, alcol, belle fighe. E a proposito di belle fighe quella sera presi un gin tonic con Giordano e il suo amico e mi ritrovai di fronte il bel culo sodo della barista nell'atto di voltarsi a prendere la bottiglia di gin. Una roba assurda vi dico, mai vista prima eppure io di serate ne ho fatte ma la nuova bartender del club era alto livello.
Si chiamava Sara, me lo aveva detto Antonella, la ragazza del guardaroba...mi sarei portata a letto volentieri anche lei.

ANTONELLA Mi mancava da morire, era il dodicesimo squillo che gli facevo in giornata. Ma perchè comportarsi così da stronzo? Non mi amava più? Che stronzo. Avevo solo voglia di farmi. La nuova barista Sara aveva un pò d'erba nello zaino ce la saremmo fumata dopo la chiusura del club e intanto avevo voglia di una sigaretta ma continuava ad arrivare gente con le loro cazzo di giacche e a stento potevo gettare lo sguardo sul telefono per sapere se avevo ricevuto chiamate. Poi è arrivato Giordano che non lavora più qui o almeno così mi pare. Mi ha consegnato anche il giubotto del suo amico, un tipo alto e biondiccio che ricordava molto quello stronzo e aveva un buon profumo addosso. Il giubotto ne era impregnato. Anche il profumo dello stronzo era simile al suo.

MARCO Mentre bevevo il drink me ne stavo a contemplare il corpo della barista. Con quelle forme avrebbe potuto fare la pole dancer o anche la ragazza immagine per l'evento e invece faceva la barista. Persino le mani affusolate mi sembravano sexy mentre rigirava i cocktails ma era quando chiudeva le braccia al petto per usare lo shaker che mostrava il meglio di se con il seno che diveniva più prominente e i movimenti ritmici con le mani che agitavano il ghiacccio nello shaker tcha tcha tcha. I due promoter mi proposero di seguirli a un tavolino per continuare la chiacchierata ma io non avevo niente da dire e allora restai fermo al banco a contemplare un altro pò fino a quando la mia attenzione non fu catturata da un cretino a pochi passi da me che stava prendendo fuoco nell'atto di bere un cicchetto flambè. I suoi amici lo riprendevano col telefonino e ridevano. Passato lo spavento iniziale cominciò a ridere anche il cretino chiedendo agli amici che gli mandassero foto e video dell'accaduto.
A un tratto mi prese a noia anche quella scenetta ridicola e allora per non uscire di nuovo a fumare, me la palleggiai tra i divanetti.
E chi ci trovai seduto in un angolino da solo?
Il fratello di Anna che non ricordo come si chiama.

MICHELE Tornai a respirare di nuovo, il fattone dalla camicia a maniche corte si era alzato. Fu un piacere momentaneo perché poco dopo mi trovai dinanzi un altro tipo. Uno dalla faccia conosciuta.

- Come va caro? Sono Marco. Ti ricordi di me?

Provai a simulare un'espressione di meraviglia ed è probabile che mi fosse venuta male ma chi se ne fregava. Non mi sono mai andati a genio quelli che esordiscono con un "Caro".

- Carissimo, va benone grazie. Perdonami ma ho bevuto un po'...Mi è difficile ricordarti tra tutta questa gente.

- Capisco, - rise. - capisco molto bene. Io di certo non sto messo meglio di te ma, se non sbaglio, tu sei il fratello di Anna. Giusto?

Annuii.

- Penso di averla vista qua in giro ma l'ho persa. Sai dove si è cacciata?

- Purtroppo non ne ho idea. Comunque se la trovi dille che io sono qui e le devo dire una cosa. Buona fortuna. - risposi giocoso.

Già, buona fortuna a non prendere anche tu un palo. Come gran parte di questi imbecilli che partecipano alle serate unicamente per fare i maiali. Le serate così sono soldi facili per il deejay che non deve mostrare alcun talento. Potrei metterla anche io la musica collegando il mio telefono alle casse. A quella gente serviva solo un'atmosfera.
Un pretesto, uno stupido pretesto per...

ANTONELLA "Ballo, musica, superalcolici. Il solo modo di dimenticare finchè non si trova qualcosa per cui valga la pena di ricordarsi."
Mi venne in mente questa citazione presa dal film in cui David Bowie interpreta un gigolò. Guardai l'orologio digitale che avevo al polso e segnava le tre o le quattro di mattina. Anche nel camerino regnava il buio della sala. Avevo appena restituito i cappotti alle coppie che avevano fretta di rincasare. Diedi uno sguardo verso la pista da ballo. Sotto le luci colorate rimanevano solo i single, i gruppi di amici, i disperati e gli ubriachi.
Presi l'erba dalla borsetta di Sara che stava ancora dietro il banco a shakerare e mi rollai una bella canna. Non ce la facevo più a trattenermi. Non più dopo l'indifferenza dello stronzo. Feci due tiri boccheggiando lenta verso l'alto.
Poco dopo dall'uscita secondaria che si trova dietro il camerino spuntò Alessandro, uno dei proprietari del locale, il mio capo. Era abbracciato a un ragazzo e una ragazza.

- Te la godi eh? - disse indicando la mia canna.

- Ci provo Ale.

- Io vado di sopra con loro. Per piacere assicurati che nessuno dei ragazzi salga...anche quando chiudiamo intendo.

- Nessun problema capo. Ci penso io.

Si trascinarono sulle scale rimanendo abbracciati. Mi ricordarono una di quelle masse informi presenti nei b movies horror come il Blob.
Feci altri due tiri e lasciai il guardaroba incustodito. Iniziai a sentirmi troppo bene per pensare agli altri. Potevano andare a farsi fottere i loro cappotti di merda. Abbandonai la mia postazione per andare sotto le casse. Ero rifugiata in mezzo a tutti loro, i clienti, che avevano formato un cerchio attorno a una ragazza che ballava indemoniata.

ANNA Al centro della sala, davanti a tutti, presi a ballare da vera isterica. Il long island mi era salito alla testa e le casse pompavano roba sconosciuta ma pesante. La batteria andava sui centotrenta battiti al minuto e io giocavo con le braccia e le gambe in movimento. Mi sentii parte di un insieme più grande come un albero nella giungla, una giungla elettrica in cui tutto va a ritmo e ci si perde a scambiare messaggi con gli altri indaffarati come te nel sostenere l'ecosistema. Sguardi persi, contatti salvati e baci negati, fa tutto parte del nostro insieme. Non possiamo fare niente se non continuare a dimenarci.
Danzando, ogni tanto qualcuno si avvicinava ma andavo troppo forte, troppo veloce per loro. Non erano all'altezza, non erano Marco.

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