Capitolo 6

Passarono diversi giorni e, nella dimora di Clorinda, quest'ultima e Rebecca stavano discutendo sul da farsi, alquanto amareggiate di non essere riuscite ad eliminare le loro avversarie.
Clorinda: Mi aspettavo di più da te, sai?
Rebecca: Il sentimento è reciproco. Non pensavo che esistessero degli esemplari di Witchpire così deboli.
Clorinda: Ho fatto molto più di te nel combattimento. Io mi sono impegnata, c'ho creduto davvero. Sembra, invece, che a te non importi. Sei venuta da me e mi hai chiesto aiuto. Il tuo scopo era quello di uccidere quelle streghe... Io ho deciso di accontentarti, ma quando abbiamo lottato contro di loro, non ti sei minimamente sforzata e t'hanno stesa in poco tempo. Pensavo fossi una strega potente. Mai sono stata più cieca, a quanto pare.
Rebecca: Piantala di sminuirmi, vecchia.
Clorinda: Stai oltrepassando il limite della mia pazienza. E soprattutto, continua a darmi del "lei". Ti credevo all'altezza della situazione, ma è chiaro che non lo sei. Forse sei troppo coinvolta sentimentalmente per assassinare le tue amiche. Da quanto mi hai raccontato, Diana e Nimue sono quelle con cui hai legato di più nella vostra combriccola di streghe. Dal momento che ti sei rivelata una delusione, potrei chiederti un favore, sperando che tu sia in grado di accontentarmi?
Rebecca: Cosa devo fare?
Clorinda: Esci, compra il miglior liquore che trovi e portamelo. Ho un impellente bisogno di bere.
Senza fiatare, Rebecca si recò alla porta, la aprì e, una volta sull'uscio, guardò Clorinda con rabbia, e se ne andò. Tornò poi qualche ora più tardi, con il liquore richiestole; lo posò su un tavolino e fece per andarsene nuovamente, ma con uno schiocco di dita Clorinda chiuse a chiave la porta.
Clorinda: Dove pensi di andare?
Rebecca: Non sono affari che la riguardano.
Clorinda: Va bene... Ti va di uscire fuori a mangiare qualcosa? Una mia cara amica lavora in un ristorante poco lontano da qui. Fanno una zuppa deliziosa.
Rebecca: Non ci tengo. Per stasera preferisco digiunare.
Clorinda: E se cucinassimo insieme qualcosa? Conosco qualche ricetta del posto che potrebbe piacerti...
Rebecca: No, grazie.
Clorinda: Sei particolarmente recalcitrante ai miei desideri... Posso sapere cos'hai? C'è forse qualcosa che ti turba? O magari ti è successo qualcosa mentre eri via?
Rebecca: Si faccia gli affari suoi!
Clorinda: Ora basta!!
Clorinda si alzò di scatto, afferrò la poltrona sulla quale era seduta, infilandovi dentro le proprie unghie, e la lanciò attraverso un muro, disintegrandolo. Dopodiché, la donna fece un respiro profondo e si avvicinò alla ragazza e le prese il viso, carezzandole le guance.
Clorinda: Mia cara... Tu non hai idea di quanto mi farebbe piacere stringerti le mani attorno alla gola e vederti morire. Mi piacerebbe tanto vederti bruciare su una pira o magari prendere il grosso coltello che ho in cucina per tagliarti la pancia e decorare questo pavimento con le tue viscere... Ma ti ho presa sotto la mia ala e, mio malgrado, devo sopportare i tuoi difetti. Ma posso anche apprezzarti per ciò che vali, se solo mi mostrassi quel qualcosa che ti rende speciale. Che ti rende la Rebecca che sei adesso.
Rebecca: Non so di cosa lei stia parlando.
Clorinda: Sai, quando ti incontrai la prima volta, ti vidi decisa, mi sembrasti una strega che sapeva cosa voleva. Ma poi, ti sei come rammollita. Forse, da qualche parte in te, c'è ancora un minuscolo frammento dell'antica Rebecca, la debole, piccola, insignificante streghetta del gruppo di Giubilea. Quell'esperienza ti ha fortificata, sei diventata malvagia e io ho deciso di accoglierti nella mia casa, facendoti da mentore. Quello che sei ora lo devi a me, quindi se pensi di potermi trattare come più ti aggrada, ti sbagli di grosso, signorina. Se volessi, potrei spingere le mie dita nel tuo cranio e tirarne fuori il contenuto, sempre che esista. Quindi ti consiglio di servirmi e d'essermi fedele, visto che ti offro un tetto sotto cui stare e un giaciglio sul quale poter dormire.
Rebecca: Veramente, il mio letto non è molto comodo.
Clorinda: Bambina, ti avverto: vedi di cambiare atteggiamento, o potresti farti male. Tanto male.
Dopo quelle agghiaccianti parole, Clorinda abbandonò la stanza, attraversando un muro, lasciando una pensierosa Rebecca, che cercava di capire i discorsi della donna mentre era intenta a fissare il vuoto. Nel frattempo, Mei e Gisèle avevano raggiunto le loro compagne per scusarsi con Diana riguardo a quanto accaduto prima, facendosi perdonare. Poco dopo incominciò a piovere e tante, piccole, gelide gocce caddero sui fragili corpi delle quattro streghe. Lo scrosciare della pioggia era frustante ma piacevole al tempo stesso, e lo sguardo delle donne fu rivolto verso il nuvoloso cielo sopra le loro teste. Nuvole nere, che oscuravano il sole, ostruivano il passaggio dei suoi raggi dorati.

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