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Alice, leggendo quel breve messaggio di suo cugino — un semplice "S.O.S" —, non perse tempo. Spintonò chiunque avesse davanti per farsi strada in mezzo a quella massa accaldata di ragazzi e quando fu di fronte alla porta aperta della palestra, da cui pendevano delle tende di perline, la oltrepassò velocemente, senza nemmeno dare ascolto all'insegnante che aveva gridato il suo nome. Hayden aveva bisogno di lei. Al professore avrebbe spiegato dopo il perché della sua corsa improvvisa, ora non aveva tempo.

Una volta individuato suo cugino — ancora rannicchiato su stesso, seduto sul pavimento del corridoio e intento a piangere —, corse a perdifiato verso di lui e subito gli si gettò addosso, avvolgendo le sue braccia intorno alle spalle dell'altro, «Che cazzo è successo?», sbraitò rabbiosamente.

Hayden, percependo il calore della pelle di sua cugina contro la sua, si rilassò un po', ma le lacrime non cessarono di fuoriuscire dai suoi occhi gonfissimi e così rossi da far paura. Il ragazzo adagiò il mento sulla spalla di sua cugina mentre dolorosamente tirò su con il naso; era quasi certo che Cole gliel'avesse fratturato perché non aveva mai provato un dolore simile. Si aggrappò con le mani sporche di sangue secco alla schiena scoperta di Alice e singhiozzò fortemente, il suono riecheggiò nel corridoio vuoto.

La ragazza provò ad allontanare suo cugino dal suo corpo per guardarlo in volto, ma lui si attaccò maggiormente al petto di lei, percependo perfettamente il suo seno contro il suo sterno piatto, «Ti prego, restiamo così. Non voglio che mi vedi in questo stato. Faccio schifo», parlò lui con un filo di voce poiché intrappolata infondo alla gola, dove il groppo si era fatto sempre più soffocante e grosso.

Si meritava tutto quel dolore. Se lo meritava davvero, continuava a ripetersi lui. Era giusto che Cole l'odiasse a morte. Era persino giusto il pugno che aveva ricevuto da parte sua. Tutto la sofferenza, il cuore lacerato in mille pezzi, se l'era cercata lui perché aveva mentito spudoratamente al ragazzo che amava. E per cosa? Per finire in quello stato? Non ci sarebbe più stato niente tra loro due. Niente di niente. Lui avrebbe continuato a guardarlo con disprezzo e odio e non gli avrebbe più permesso di avvicinarsi a lui. E la colpa era solamente sua. Sua e di nessun altro.

«No, Hays, voglio vederti», Alice riuscì a staccare suo cugino da sé, in quanto in quel momento pareva essere perso nei suoi pensieri e subito i suoi occhi si spalancarono nel vedergli il naso incrostato di sangue e l'enorme ematoma violaceo che gli stava colorando il viso.

«Che cazzo ti ha fatto quel bastardo di Cole?», strillò sgomentata, sfiorando appena il viso di Hayden che solo in quel momento, per via del dolore, ritornò in sé e i suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime, «Me lo merito», sussurrò lui con la voce spezzata.

Lei scosse il capo, attirandolo nuovamente a sé per abbracciarlo ancora, lasciandogli un bacio sulla fronte, «No, piccolo mio, non te lo meriti.»

«S-sì, invece. Io... Io gli ho mentito per tutto questo tempo. Q-questo è il minim—»

All'improvviso dall'altoparlante della scuola, dove a volte annunciavano notizie riguardanti la scuola, il meteo e altre cose di quel genere, si sentì qualcuno schiarirsi la voce e subito la musica all'interno della palestra cessò di rimbombare contro le pareti dell'edificio mentre Hayden ed Alice alzarono lo sguardo e inarcarono un sopracciglio per capire di cosa si trattasse.

Qui, è Simon che parla. Volete sapere una cosa che ho appena scoperto? Giuro che ho assistito io stesso alla scena, anche se nascosto

Il moro spalancò gli occhi perché aveva capito cosa voleva fare e il fiato gli si mozzò in gola per la paura. Simon aveva assistito al litigio tra lui e Cole e adesso voleva fare outing al suo posto? Perché l'odiava in quel modo? Che cosa gli aveva mai fatto di male per meritarsi tutto quel suo odio gratuito?

«Quel verme...», il viso di Alice si incupì e i denti cozzarono tra loro per la rabbia mentre ancora stringeva suo cugino fra le braccia.

Hayden Morrison, il gay di seconda, è un fottuto travestito di merda. Esatto, avete capito bene. Oltre ad essere frocio, è persino un travestito che indossa gonne e reggiseni imbottiti per ricreare un seno che non avrai mai. Si è vestito da donna per prendere per il culo Cole Powell. E poi noi dovremmo dar loro dei diritti? Sono sol— [voce di Cole] Simon, ma che cazzo stai facendo? E non t'azzardare ad insultare ancora una volta i diritti degli omosessuali. Ascoltate bene tutti: fate finta di non aver sentito niente e dimenticatevi questa storia. Continuate a godervi il ballo. Addio.

Hayden stava tremando. Letteralmente tremando. Il viso era pallidissimo, sembrava un cadavere. Gli occhi velati di lacrime erano ancora spalancati dal terrore mentre mormorava parole senza senso di fronte a sua cugina. La sua vita da studente era rovinata. Avrebbe passato gli ultimi due anni a venir preso sempre più di mira dagli omofobi all'interno della scuola. Avrebbe persino rischiato di lasciarci le penne, n'era più che certo. Lo avrebbero picchiato, massacrato di botte sino a rompergli qualcosa e lo avrebbero torturato in ogni modo possibile, verbalmente ma anche fisicamente.

Simon aveva fatto outing per lui. Simon aveva alterato completamente la realtà. Lui non era un travestito né un transgender perché non aveva mai pensato al cambio del sesso poiché si era sempre identificato in entrambi i generi. Lui era un genderqueen. Il genere non-binario. Ma ormai, per colpa sua, ora i suoi compagni di scuola avrebbero pensato fosse un travestito e che meritava di venir preso a botte e per i fondelli.

«Ora vado ad ammazzarlo», sbraitò Alice, alzandosi da terra per poi spolverarsi l'abito blu notte che indossava, «Tu chiama Sebastian. Io arrivo tra qualche minuto. Giusto il tempo di spaccare la faccia a quel ratto.»

Hayden scosse il capo e con le poche forze rimaste in corpo, le afferrò un polso per cercare di fermarla dal beccarsi qualche punizione dagli insegnanti in palestra, «Ti prego, lascia stare», biascicò fiacco. Lei lo osservò per qualche secondo poi mormorò un: «ma col cazzo» e infine corse verso la segreteria dove avrebbe sicuramente trovato quel ratto schifoso.

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