Girasoli nell'aula 303

Quella mattina faceva un caldo tremendo nella minuscola cittadina di Greenstone: Alex era uscito da appena qualche minuto e già stava sudando copiosamente.

Lanciò l'ultimo giornale che doveva consegnare contro la finestra di un vecchietto che non usciva quasi mai di casa e, sbuffando, fece inversione in direzione del centro artistico del comune.
Non che fosse uno di quei fanatici dell'arte che stavano ore chiusi in casa a dipingere senza nemmeno degnare di uno sguardo il mondo attorno a loro dall'alto del loro talento, semplicemente lì mettevano il condizionatore a palla tutto il giorno e l'ingresso era pure gratuito: un paradiso.
Inoltre, se era abbastanza fortunato, riusciva pure a dormire fino alla chiusura delle aule, quando una signora con la faccia tutta rugosa gli ruggiva contro di non appoggiare i piedi sui cavalletti per le tele e brontolava che i giovani d'oggi "non sanno cos'è la fatica vera".

Alex parcheggiò la bicicletta (la buttò a terra senza ritegno) ed entrò nell'edificio: grande e con certi finestroni enormi, il Saint Joseph aveva, se lo si guardava con un po' di fantasia, la forma di una grossa colonia di funghi e funghetti, con varie torrette che spuntavano dal tetto ergendosi del tutto incuranti del loro aspetto sgangherato dovuti ai ragazzacci che ci passavano le notti ad imbrattarlo.

Svoltò prima a destra, poi a sinistra, ancora a sinistra e di nuovo a destra, per poi arrivare a destinazione: l'aula 302, quella tenuta meglio solamente perchè era la più lontana dall'ingresso principale.
-Incredibile, Bertha ha di nuovo chiuso a chiave questa dannata aula... che quella donna sia un demone lo sapevo già, ma privarmi dell'aria condizionata è veramente un...- borbottò Alex, smanettando con il vecchio lucchetto rosa che la vecchia aveva applicato alla porta.

Il corvino alzò gli occhi al cielo e diresse lo sguardo verso la stanza accanto, la 303, l'unica di tutto il corridoio senza lucchetto.
"Ovviamente, è la più disastrata dell'intera struttura, nemmeno a Bertha importa" immaginò. Quel pensiero lo rese lievemente malinconico, quando realizzò che era la stessa descrizione che avrebbe dato a sè stesso per giustificare l'aura di squallore che lo seguiva sempre dappertutto.

-Tsk- scosse la testa innervosito e tirò un calcio alla porta in legno verde melma.
Un giallo abbagliante, vivo, in contrasto ad un celeste allegro e potente smorzato dal verde chiaro dei campi in estate, quando il sole batte forte e l'erba brucia lo risucchiarono in un vortice di colori e sensazioni, mentre il mondo roteava intorno a lui, senza badare alla logica dei sensi.

Alex rovinò a terra, con una tela per dipingere ancora fresca di pittura a olio sui jeans nuovi, mentre qualcosa si muoveva accanto a lui. Sbattè le palpebre e rimise a fuoco la scena: la vernice stava colando copiosa sulle ginocchia di Alex e un ragazzo che non aveva mai visto prima stava cercando freneticamente il suo cappellino da baseball dappertutto, tastando il terreno centimetro per centimetro.

Alex lo guardò stranito: -Oi...
Il biondo si immobilizzò, voltando di scatto il viso pallido nella direzione del suono. -Sì?- rispose gentilmente.
-Il tuo cappellino... tienilo- replicò lui, distogliendo gli occhi dal viso a forma di cuore di...

-Come ti chiami? Non ti ho mai visto qua- chiese Alex, rialzandosi e porgendo una mano allo sconosciuto, che non afferrò: si limitò a guardare nel vuoto per qualche secondo prima di accorgersene e afferrarla vigorosamente.

Quel primo, piccolo contatto fece arrossire, anche se solo di poco, Alex, che ancora una volta distolse lo sguardo.
Lui era il classico tipo un po' teppistello, con voti buoni ma non troppo, che cazzeggiava continuamente e stava simpatico alla maggior parte della gente perchè un po' timido e leggermente attraente, senza però risultare scialbo. Nella sua normalità aveva un fascino quasi ammaliante che lo rendeva agli occhi di tutti il ragazzo perfetto. "Altroché" pensava invece, lui.

-Sono Will, scusa per i pantaloni, credo- rise il ragazzo pallido. -Hanno un che di artistico, però- aggiunse, questa volta serio.
Will era l'esatto opposto di Alex: gentile, pacato e con un enorme talento per l'arte, era così delicato nei suoi gesti che gli amici lo soprannominavano "Bocciolo" ironicamente. Con voti insospettabilmente orribili e una certa lingua lunga quando discuteva con i professori sembrava veramente avesse due personalità totalmente diverse tra loro.

Il ragazzo con i capelli neri sbuffò, accennando una piccola risata: -Sei imbranato, eh? Ti capisco...-. Si passò una mano tra la zazzera scura, scompigliandola.
Will sorrise: -Oh, no, è che sono ipovedente, sai! È da un po' che vengo qua ma ancora non riesco a ricordarmi la posizione delle cose, accidenti...
"Eh? È ipovedente? E allora come fa a dipingere?" Si interrogò Alex, con un'espressione confusa sulla faccia.

Glielo stava per chiedere, quando vide Bertha la bidella avviarsi a passo di marcia verso di lui con il mocio in mano e il viso rugoso deformato in un ringhio inferocito.
-Cavolo- sussurrò Alex.
-È stato bello incontrarti, credo, immagino, penso... ma ora devo andare o Berths mi fa fuori a colpi di spazzolone... bye bye Will!- gridò mentre si scapicollava per scappare dalle grinfie della anziana signora.

Accennò un cenno di saluto con la mano, ritirandola subito pensando che Will non la poteva vedere.
Will però la notò eccome.

Il giorno dopo l'aspirante artista biondo si ritrovò nella stessa aula, seduto a gambe incrociate su una sedia in plastica blu al centro di essa e con davanti una tela ancora immacolata.

Era sempre così, ogni volta prima di iniziare a dipingere: visualizzava i suoi soggetti nella mente e poi, come per magia, aveva una chiara idea dello spazio da usare, che linee tracciare e dove...
Era ciò che chi fa arte chiama "tocco d'artista".

Una caratteristica peculiare dei quadri di Will era che il soggetto di ogni illustrazione era un mazzo di girasoli rigogliosi, ripresi da ogni angolazione e dalle sfumature più strane, tutti colorati con tinte talmente luminose e brillanti da potere essere definite vive.

La porta cigolò piano, attirando l'attenzione del pittore: Alex era sull'uscio,  le guance abbronzate pervase da un colorito roseo che sfumava in un rosso pallido.
-Ho pensato che ieri ti ho fatto sprecare una tela, così ho pensato di prendertene una da quelle che avevo da casa e, boh, dartela- esordì con naturalezza, entrando e appoggiando su un cavalletto una tela ancora avvolta nella plastica.

-Ah- accennò Will. -Beh... grazie- sorrise, con il volto pallido colorato da un tocco di rosa sugli zigomi.
Alex fece per andarsene e togliere il disturbo, ma Will lo trattenne: -Fammi compagnia- disse, con una vocina delicata. Lui annuì.

Dopo minuti passati in silenzio, Alex esordì: -Senti... ieri mi chiedevo, come fai a dipingere, se sei cieco?-.
Dopo quella domanda, si sentì molto stupido: forse Will avrebbe pensato che era una curiosità idiota e se ne sarebbe andato, o magari non avrebbe semplicemente risposto.

Invece, con sua grande sorpresa, Will scosse la testa e sorrise pacato: -Io ieri ti ho detto che sono ipovedente, Alex, non cieco. Ciò vuol dire che, seppure solo in  un'area molto ristretta dell'occhio, io vedo. Certo, ho anche problemi a visualizzare bene i colori, non lo nego, ma è per questo che i miei girasoli hanno tutti colori così vibranti, ed è per questo che sono così belli, non trovi?- spiegò, iniziando a cancellare le linee guida che aveva appena tracciato con cipiglio da esperto.
-C-capisco...- mormorò Alex.

Quasi un'ora e mezza dopo il dipinto era terminato: questa volta i girasoli erano immersi nella foschia del mattino, con i raggi del sole nascente che ne accarezzavano i petali bagnati dalle gocce di rugiada che brillavano come diamanti in quell'atmosfera un po' spettrale e sonnacchiosa tipica del primo mattino.
Alex era senza fiato.

-Ti piace? Mi ricordano quelli sul davanzale della mia vecchia casa- fece, soddisfatto, Will.
-Wow...- esalò solamente l'altro, con gli occhi verdi sgranati.

Quello di incontrarsi ogni giorno nell'aula 303 divenne il loro piccolo rito finchè, quasi una settimana dopo, Alex gli fece una richiesta: -I tuoi quadri catturano l'essenza di ogni tuo soggetto, quindi ti prego... mi potresti fare un ritratto?- chiese, facendo gli occhi dolci al ragazzo.

Ma Will scosse la testa, sorridendo come al solito.
-Mi dispiace, Alex. Non riesco a dipingere ciò che non ho davanti agli occhi.
E mentre il grande edificio dall'aspetto di una colonia di funghi iniziava a crollare, e solo il pavimento sotto alla tela immacolata e sotto di loro rimaneva intatto, il ragazzo ipovedente per cui Alex aveva iniziato a provare qualcosa unì le loro labbra in un piccolo bacio, delicato come la sua indole.

Dopodiché, si voltò verso la porta e, senza voltarsi, in un soffio Alex credette di udire le parole "addio, Alex" tra il frastuono assordante del centro artistico che cadeva a pezzi.
"Ti amo".

Il ragazzo biondo e sempre un po' pallido aprì lentamente gli occhi, stiracchiandosi e sbadigliando sonoramente.
Mentre faceva colazione continuò ad osservare il vaso pieno di girasoli rigogliosi e splendenti sul davanzale della cucina, ridendo alle facce buffe di sua sorella minore che non voleva mangiare.
"Sai, April?" Disse il ragazzo alla piccola.
"Oggi ho fatto proprio uno strano sogno...".

Parole scritte: 1552
One shot realizzata per il contest "Sogno di una notte di mezza estate" del 4BLUTeam.
Spero di essere rimasta in tema e che questa lettura vi sia piaciuta!
Buona fortuna anche agli altri partecipanti, non vedo l'ora di leggere le altre one shots!

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