Extra: Buio

Persefone non aveva mai accettato la decisione di Zeus e Ade per la durata del periodo in cui il dio dei morti restava con lei. Sei mesi l’anno erano decisamente troppi pochi per lei. Se avesse potuto, si sarebbe incollata ad Ade, fusa con lui così da potergli stare accanto per sempre.

I loro doveri ovviamente non lo permettevano, e non avrebbe più potuto fare certe cose particolarmente interessanti in camera da letto se fossero stati la stessa persona.

Secondo il loro accordo, Ade poteva stare con lei solo a mesi alterni. Non avevano però messo clausole che la riguardassero, quindi nessuno le impediva di andarlo a trovare negli inferi. Sua madre non avrebbe mai approvato, ma se mai lei fosse stata innamorata, avrebbe capito perché lo faceva. Avrebbe capito cosa la spingeva ad avanzare tra le ombre umane, a pagare Caronte due oboli per il disturbo di trasportare la Dea della Primavera e della Vita in persona attraverso l’Acheronte.

Caronte era scorbutico come individuo, ma pareva essersi abituato a trovarla con le ombre di tanto in tanto. La salutava con un cenno, e non le diceva altro per il resto del viaggio, limitandosi a salutarla quando scendeva. Quel giorno addirittura dalla sua bocca sentì uscire una frase intera: «Buona permanenza agli inferi, signora.»

Resistette alla tentazione di correggerlo. Non era ancora una “signora”, era una signorina, ma chiamarla tale indicava essere la moglie di qualcuno.

Su quello ci stavano lavorando. Sorrise, accarezzando l’anello di fidanzamento sul suo anulare: era in oro e c’era incastonata una piccola gemma di ossidiana (1). Persefone non aveva potuto fargliene uno di persona, ma aveva scelto personalmente la gemma da incastonare in quello del suo amato: aveva scelto una pietra rarissima (così aveva detto Ade) chiamata hauyna (2), l’unica tra le tante scelte che avesse il colore dei suoi occhi.

Si diresse a passo di marcia verso il castello di Ade, impaziente di rivederlo. Le ombre attorno a lei si girarono al suo passaggio, attratti da lei come fosse stata un magnete. Era la dea della vita, del resto; i morti erano attratti da lei naturalmente.

Non ci mise molto ad arrivare al castello dove Ade dimorava. C’erano un paio di individui di guardia alla porta, ma le rivolsero a stento uno sguardo quando passò per le scale diretta verso il giardino.

Poiché viveva frequentemente con lei, Ade non odorava più di zolfo, o meglio, non soltanto: odorava costantemente anche di erba appena tagliata e di rose. Negli inferi quell’odore spiccava e Persefone riusciva sempre a individuarlo ovunque si trovasse.

Dovette cercare l’ingresso tra il labirinto di pietre che era fuori dal castello, infine riuscì ad entrare in quello che doveva essere il suo giardino.

Nonostante andasse spesso agli inferi, non era mai entrata nel giardino di Ade. Lui l’aveva descritto come costituito solo da pietre e alberi morti o pietrificati, e vide che era effettivamente così. Era un giardino circolare, sul cui perimetro c’erano diverse piante grigie, morte, dall’aria anche parecchio spettrale. Ce n’era una seconda fila più interna e si potevano vedere delle panchine in pietra qua e là, alcune con su dei cuscini scuri. Alcuni sassi più solitari erano posti qua e là, come fossero sedie.

Persefone notò con stupore che non c’erano rovi. Ovviamente non sarebbero potuti crescere lì, ma in un posto così buio e ostile se li sarebbe aspettati.

In centro al giardino, oltre la fila interna di alberi morti, c’era un albero più grande degli altri, e ad esso era appesa un’altalena. Seduto su di essa c’era Ade.

Stava dondolando con gli occhi chiusi e i piedi puntati per terra. Persefone da dietro uno degli alberi interni studiò incantata l’altalena. Rispetto alla sua, che era praticamente un’asse di legno tenuta da due corde, era decisamente più sofisticata: pareva in ferro, la seduta larga e lunga come una sedia, e aveva uno schienale in ferro nero tutto curve. Era tenuta su da due catene nere.

Si sporse ulteriormente per osservare i dettagli, ma la corteccia del tronco che la sosteneva si sbriciolò, sbilanciandola. Riuscì a non cadere per puro miracolo, ma quando sollevò la testa, delusa di non avere più l’effetto sorpresa, notò che era cambiato qualcosa.

Non vedeva più gli alberi oltre l’albero su cui era Ade. Il dio non si era minimamente mosso, ma ora era fermo ed eretto sull’altalena, come fosse in ascolto.

Le ombre fluirono dietro di lei, nascondendo ogni cosa alla sua vista. Persefone sapeva Ade non le avrebbe mai fatto del male, ma sentì una certa tensione. Non aveva molti poteri lì, non era certa di potersi difendere se Ade avesse rilasciato il proprio potere contro di lei, lì, nel suo regno.

Si girò nuovamente verso di lui, e vide che la testa era girata verso di lei. Sentiva come se la stesse osservando.

Poi aprì gli occhi, ed erano bui, come se dentro non ci fosse altro che tenebra.

Qualcosa si materializzò davanti a lei. Qualcosa di grigio come un teschio impolverato, con gli occhi neri, e non aveva una bocca, ma una fessura nera, contornata da zanne affilate, ed era affamato.

Persefone lanciò un urlo, arretrando di scatto, e tutto svanì, la figura, le ombre, qualunque altra cosa. Tornò a vedere il giardino e Ade, ora di nuovo con gli occhi neri ma stavolta con il bianco dell’occhio visibile.

«Persefone.» disse, le sopracciglia alzate in un’espressione leggermente sorpresa. «Non ti aspettavo.»

«Che diamine era quel coso?!» esclamò lei con voce acuta.

«Ci sono molte creature che entrano in questo giardino mentre sono qui, generalmente non benevole. Quando si tratta di ombre, questo è sufficiente a scacciarle.» disse lui con un lieve sorriso.

Persefone doveva ringraziare che con lui era in ottimi rapporti. Non riusciva a immaginare il potere di Ade, ma sapeva che quello non era che una minima parte delle sue capacità effettive.

«Beh, questo prova la mia teoria per cui sei il dio più forte tra i tuoi fratelli.» disse lei alla fine mentre il cuore rallentava il battito fino a tornare normale.

«Ci occupiamo di cose diverse, mettere a confronto i nostri poteri non è tanto semplice. Sono però certo che potrei far venire un infarto anche ai miei fratelli con questo trucchetto.» rispose Ade divertito. «Ora, mia dolce Perse, a cosa devo la tua visita?»

La dea sorrise a quel soprannome. Ade non lo usava spesso, ed era una delizia per le sue orecchie quando poteva sentirla, anche più di quando diceva il suo nome per intero.

Si avvicinò a lui con passo leggero, quasi danzante, finché non gli fu davanti. Ade la guardò dal basso, indugiando per qualche secondo sui suoi seni, che aveva quasi davanti al naso. Persefone adorava il fatto che la desiderasse con lo sguardo ma che prestasse più attenzione a lei che al suo corpo.

«Mi mancavi.» disse con un sorriso.

«Sono passate solo due settimane.» rispose lui ricambiando il sorriso.

«Se fosse dipeso da me, starei con te tutto il tempo. Qui o su che sia.» rispose lei, poi studiò un momento l’altalena di Ade. Non c’era spazio per le sue gambe accanto alle sue cosce, così fece un sorriso furbo e si avvicinò di un passo verso di lui.

Ai lati del suo petto c’era spazio per farci passare le sue gambe, così infilò una gamba tra il suo fianco e la catena, reggendosi a quest’ultima per non cadere. Fece lo stesso con la seconda, finché non fu seduta su di lui, le gambe a penzoloni oltre lo schienale.

Ade non poteva più scappare da lei ora. Gli sorrise e gli sollevò il mento con un dito in maniera sensuale, così da rendere evidente che lui la stava guardando dal basso.

«Ho la sensazione che ti piaccia, come dire… che ti piaccia avere potere su di me.» disse Ade con un lieve sorriso. Non si era divincolato affatto. 

«Lo confesso, è così. Mi piace sapere di avere potere su di te che sei così potente.» rispose lei divertita, chinandosi su di lui fino a baciarlo. Gli lasciò andare le labbra per potergli sussurrare una seconda frase: «E credo che a te un pochino l’idea di essere alla mia mercé piaccia.»

Ade fece uno sbuffo dal naso che era una lieve risata, poi la attirò gentilmente a sé, baciandola. Persefone si strinse a lui, facendo aderire i loro corpi e sapendo benissimo la reazione che gli avrebbe causato.

«Non mi hai detto che ne pensi del mio giardino. Non ti ho mai portato qui.» disse Ade appena si separarono a prendere fiato.

«Cosa posso dire, è molto… morto. In linea con il resto degli inferi.» rispose Persefone, strappandogli una risata.

«Già, beh, è per questo che non ti ci ho più portato. Rispetto al tuo giardino…»

«L’hai detto tu stesso che qua non cresce nulla, no? Contando questo, questo giardino è davvero molto bello. Ha il suo fascino.» stabilì la Dea, poi gli sorrise e aggiunse: «Soprattutto se ci sei anche tu.»

Lo baciò di nuovo. Lo voleva ardentemente, voleva che fosse suo, o che lui la rendesse sua, voleva solo essere il più vicino possibile a lui, in qualunque modo.

Si staccò per rivolgergli un sorriso lussurioso. Sentiva che anche lui la voleva.

«Vuoi che ci spostiamo al letto, mia dea?» mormorò Ade sulle sue labbra, prima di baciarle ancora. Persefone decise in un secondo, dopo le parole “mia dea” uscite dalle sue labbra lievemente gonfie per i loro baci, che non avrebbe resistito fino al letto.

«Non ho intenzione di aspettare così tanto. E poi credo proprio ti meriti una piccola punizione per lo spavento che mi hai fatto prendere.» rispose lei con malizia prima di levarsi il peplo che indossava come volesse strapparselo di dosso e prima di levare il chitone a lui senza quasi aspettare che capisse cosa stesse accadendo.

Lo amava, lo amava tantissimo, ogni pensiero che poteva avere lo sottolineava, ogni gesto, ogni bacio, ogni incontro, ogni fiore piantato per lui.

Lo amava, e lo avrebbe amato per sempre.

***

(1) ”L’ossidiana veniva ritenuta una pietra capace di connettere con il mondo spirituale, incluso quello dei morti.” - Greenstyle.it
(2) La pietra Hauyna ha questa tinta (trovate altre foto su internet):

E con questo racconto, questa storia si è conclusa. Spero vi sia piaciuta e che l'abbiate trovata piacevole da leggere.
Grazie a tutti!
-Aly

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