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Il giorno del proprio compleanno dovrebbe essere considerato un giorno speciale nella vita di qualsiasi persona. Il mio, invece, è considerato come un giorno da dimenticare. Mi ha lasciato una cicatrice che è veramente impossibile da cancellare.

Ero contenta di stare con il ragazzo dei miei sogni. Si chiamava Mark e ormai erano due anni che stavamo insieme. Aveva sette anni in più di me, era sempre stata una persona molto particolare. Viveva un po' nel segreto del mondo. Nessuno sapeva niente di lui e a nessuno era dato saperlo, compresa me.

Non l'avevo mai detto a nessuno, solo al giudice durante il processo, ma spesso capitavano episodi di violenza nei miei confronti. Era molto ossessivo e soprattutto possessivo. Non potevo avere amici, a malapena mi faceva parlare con mio fratello.

Il giorno del mio compleanno si presentò davanti a casa nostra con una pistola in mano. Era fatto, anzi strafatto di chi sa cosa. Si vedeva dagli occhi e dal modo di fare.

Violenza più droga uguale niente di buono, mi hanno sempre insegnato i miei genitori.

Mark urlava il mio nome, ma quella pistola mi faceva tremare le gambe. Allora era uscito mio padre per cercare di farlo ragionare da uomo a uomo. All'inizio sembrava una conversazione pacifica, poi iniziarono a litigare e a mettersi le mani addosso.

In quell'istante partì un colpo.

Mark aveva ucciso mio padre a sangue freddo e non gli aveva fatto nessun effetto.

Improvvisamente non era più da solo, ma insieme ad altri due amici.

Mio fratello ci fece nascondere. Io nell'armadio di camera mia, mentre mia madre sotto il letto. Mio fratello si occupò di mettere dei mobili davanti alla porta, in modo che ci avrebbero impiegato un po' a entrare. Noi nel frattempo eravamo incaricate di chiamare la polizia, ma il telefono non prendeva.

Mia madre era terrorizzata sotto il letto, lo sentivo dal fiato corto che arrivava fino all'armadio dove ero nascosta.

Mark era furbo, era passato dalle finestre. Le aveva rotte una a una. Sentivo i vetri rotti in salotto e pensavo a mio fratello. Chi sa dove si sarà nascosto. La porta della nostra camera si apre. Da uno spiraglio di luce intravedo mio fratello tenuto per un braccio e con una pistola puntata alla testa.

«Dimmi dov'è» si impone Mark.

Nel frattempo entrano in stanza anche i due scagnozzi di Mark e gli sussurrano qualcosa all'orecchio.

Mia madre uscì dal suo nascondiglio con il viso pieno di lacrime. «Prendi me, non toccare i miei figli» gli propone uno scambio.

Vidi Mark pensarci e alla fine accettò l'offerta. Mio fratello venne spinto via, ma finì nelle braccia di uno dei suoi amici. Mark l'aveva ingannata.

«No!» mi uscì istintivamente dalla bocca.

Mia madre e mio fratello si guardarono tra di loro. Tutti i loro sforzi erano stati inutili, perché avevo appena svelato il mio nascondiglio.

Le porte del mio armadio si spalancarono e mi trovai davanti Mark. Era un uomo davvero imponente e in quel momento ebbi davvero paura. Pensavo che la mia vita sarebbe finita da lì a momenti.

«Ciao, bambolina. Guarda chi si rivede.»

Mi trascina fuori dall'armadio, facendo pressione sul mio braccio fino a farmi male. Mi spinse contro il muro e sbattei la tempia contro una mensola in marmo. Mi si offuscò la vista dall'urto violento. Chiusi gli occhi d'istinto, ma dovevo combattere contro il dolore per reggermi in piedi.

Le urla di mio fratello mi fecero tornare un po' lucida. Aprii gli occhi e vidi una scena raccapricciante: mio fratello era steso sul pavimento e Mark lo stava prendendo a calci. Lo sentivo lamentarsi per il dolore. Ma la cosa che mi faceva più impressione era il suo viso coperto di sangue e gli occhi spenti, ormai rassegnati di morire.

Mark poi lo alzò di forza e lo portò verso il balcone. Un momento prima era lì davanti a me e un momento dopo... lui non c'era più. Mark l'aveva buttato giù dal balcone.

«No! Mark... Basta... Ti prego... Lasciaci andare... Basta..»

Si avvicinò pericolosamente al mio viso. Mi toccò con l'indice il viso e per poco non mi venne da vomitare. «Tua madre può rimanere qua con i miei amichetti. Tu invece vieni con me.»

Mi prese in braccio e mi portò via.

Vidi la porta di camera mia chiudersi per l'ultima volta con mia madre all'interno.

Urlai.

Mi dimenai.

Volevo tornare a un'ora prima dove vivevo felice con la mia famiglia. Ma Mark mi aveva portato via tutto: una famiglia, un futuro, l'ingenuità e la voglia di vivere ancora.

Avevo scoperto che ero stata insieme a un trafficante di armi e droga per due anni.

Mi aveva rinchiusa nel suo scantinato.

Mi aveva torturata per anni fino a quando la polizia non l'aveva arrestato e fatto marcire in cella.

Questa è la mia storia.

Questo è il passato che volevo dimenticare andando via dalla California.

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