Sporchi dentro

No, non ne sei in grado. Per me è stato naturale, con un'unica maledetta eccezione. «Allora, impara a recitare meglio, ma con me non funzionerà mai.»

«Come?»

La stringo di più. «Non avere fretta. Ogni scambio ha i suoi tempi.»

«E qual è il prezzo?»

«Tu.» Le mordo il labbro, ma il campanello interrompe il gioco.

Si può sapere chi cazzo rompe i coglioni a mezzanotte? Dall'espressione stupita, anche lei non se l'aspettava. Anzi, da come corruga la fronte e tende le labbra in basso, direi che c'è paura di fondo. Mi sposto e raggiunge la porta. Esita. Chissà cosa le ha fatto per scavarle dentro tanto a fondo.

Guarda dallo spioncino. «Black?» mormora. La paura scema e resta soltanto la confusione.

Bene, ci divertiamo!

Apre. «Ehi, che fai qui?»

«Ti disturbo?»

«Come sei entrato?»

«Al solito, qualcuno ha lasciato aperto.»

Sbuffa, deve aver protestato più volte per questo. Lei, che ha bisogno di sentirsi al sicuro. Mi appoggio al muro, a due passi dalla porta, dove non posso essere visto da Black.

«Dovevo darti il nuovo pezzo, ma te ne sei andata prima che arrivassi.»

«Non è colpa mia, se arrivi tardi.»

Sta fingendo? Mi sa di no, le deve aver dato fastidio sul serio che non ci fosse.

«Serena non sentiva ragioni e non voleva venire allo Sky. Porta pazienza, dai.»

«Come sempre.» Ah, è gelosa. «Sono stanca e ho mal di testa. Facciamo un'altra sera.»

«Sicura?»

Black abbassa il tono. Sa che sono qui o lo sospetta. Jail, avresti dovuto tenere la bocca chiusa, anche un cieco si accorgerebbe del suo interesse per Nika.

«Che altro dovrebbe esserci? Ho solo bisogno di dormire.»

«Non c'entra quello che è successo al locale?»

«Non è successo niente, sta' tranquillo. Ci sentiamo domani.»

Va per chiudere, ma lui la ferma.

«Hai mal di testa e ascolti gli Arch Enemy?»

«Senti, fatti i cazzi tuoi, okay?»

«Agli ordini, padrona.» Ridacchia. «Tieni. Ascoltala e poi dimmi cosa ne pensi.»

Le dà qualcosa, Nika resta a osservare quello che ha in mano e, per un istante, il suo sguardo si addolcisce. Cazzo, è proprio cotta. Lo nascondeva bene, almeno in pubblico.

«Certo» risponde a bassa voce.

A cosa sta pensando?

«Ehi.» Solleva lo sguardo al suo richiamo. «Se hai bisogno, per qualsiasi cosa, chiama.»

«Ciao.» Richiude senza esitare, nessuna sbavatura. Salvo restare immobile a fissare la porta.

La raggiungo in fretta, appoggio le mani sul legno e la intrappolo tra le braccia.

«Stava mentendo, lo sai?» Non reagisce, china appena la testa avanti e le spalle si abbassano. Rassegnazione. «Era preoccupato per te, è venuto a controllare che stessi bene.» Le bacio il collo. «Ha capito che ero qui e farebbe di tutto per te. Qualsiasi cosa. Anche mettersi contro di me.»

Inspira a fondo, allarga il petto e raddrizza la schiena.

«Hai finito con queste cazzate?»

Brava, tienilo lontano da me. Proteggilo, a tuo rischio. «Voltati.»

Ubbidisce e resto a fissarla negli occhi. Adesso è fredda, determinata. Si è spalancato un abisso nella sua anima.

Grazie, Black, è così che la voglio. Sorrido. Stringe con più forza il pugno, si aggrappa a ciò che le ha lasciato.

«Devi recitare meglio di così.» Le sfioro le labbra con la lingua. «Allenta la presa, controlla il corpo. Ogni. Singolo. Muscolo. Non basta il respiro, non bastano le parole.» Non batte ciglio. «Quel dolore che ti sta divorando, vomitalo fuori, fanne rabbia. Fanne fuoco e temprati. Di più, così è troppo poco.»

La bacio, le premo le spalle sulla porta e le afferro il culo.

«La tua vita è una puttana, Nika?»

«Infame» mi soffia sulle labbra.

«Allora, fottila» come sto per fare con te.

Le mani scivolano sulle cosce, le dita affondano di più e recepisce il messaggio. Si aggrappa al collo e la sollevo, quanto basta per avvinghiarmi i fianchi.

Mi prenderò tutto, un pezzo alla volta.

Scendo lungo il collo, la mordo. Sarà divertente. Mugola. Sarà mia senza esserlo. Un gioco di ombre dove, comunque vada, io vinco.

Cominciamo da qui. Ora. Mi giro per tornare in salotto.

Si stacca di colpo. «Che fai?»

«Ho detto che ti avrei scopata con calma.» Sono certo sia sbiancata sotto il trucco e sogghigno. «Troppo casino in camera tua, ma questo andrà benissimo. O preferisci il pavimento?»

Mi fermo tra il divano e il tavolino, la rimetto a terra. Forzo coi polpacci per farmi spazio e spostarlo verso la TV, senza perderla di vista. Non sa cosa fare e tanto meno cosa mi passa per la testa.

«Spogliati.» Spalanca gli occhi. «Voglio vederti nuda.»

«Dobbiamo solo scopare!»

Incrocio le braccia. Non ho fretta. Heart of darkness è il pezzo perfetto, nemmeno a farlo apposta. «Comunque, quando una cosa ti tocca, ti dà fastidio o ti sorprende, trattieniti. Non reagire.»

Serra la mascella.

"Dentro di te - Cuore di tenebra

Una parte di te - Cuore di tenebra."

È questo che vuole: capire come nascondersi nel buio, perché lo sente dentro. A piccole dosi, mi darà tutto ciò che voglio.

«Spogliati.» Slaccia la fibbia della gonna. «Piano.»

Mi fulmina. Non pensavo mi sarei divertito tanto stasera, era da un pezzo che non succedeva. Finge di contraddirmi, ma rallenta i movimenti.

Seconda fibbia. Osservo la finta pelle scivolare fuori dalla gabbia di metallo e il primo pezzo finisce sul pavimento.

Prende i lembi della maglia, che le fascia il petto e mette in risalto le tette.

«Piano» ripeto e lei sbuffa. Si scopre, un centimetro alla volta. «Bel completino.»

La provoco, non mi frega un tubo dell'intimo sexy.

Punta le mani sui fianchi. «Andrai avanti per molto?»

Alzo l'indice e le faccio segno di togliere anche il resto. Inspira a fondo. Esegue l'ordine e, dopo tanto, me la posso godere nuda. Un bel bocconcino, non c'è che dire. Non mi guarda più, tiene lo sguardo basso. Vergogna? Paura? Mi avvicino.

«Così va meglio.» Le sollevo il mento. «Ricorda: nessuna finzione e ti darò quello che cerchi.»

«Dopo esserti preso quello che vuoi.»

«Adesso, ti voglio in ginocchio a succhiarmelo.»

«Nemmeno morta.»

Mi sfida ancora. La vedo la paura che le striscia lungo il corpo, le accappona la pelle e le rende lucidi gli occhi. Eppure, non cede. Farlo la riporterebbe al punto da dove è fuggita, è l'unica spiegazione. Scopriamo qualcos'altro.

«E cosa vorresti fare, allora?»

«Siediti e scopiamo. Non mi pare difficile» sputa fuori con rabbia.

Già. Contro il muro del cesso, sopra di me in macchina, ma mai sotto. Bene.

La spingo e perde l'equilibrio. Finisce sul divano e la reazione è immediata, istintiva. Scatta, cerca di rialzarsi. No, pantera, non hai scampo. Mi butto su di lei, si dimena sotto di me, mentre la costringo a sdraiarsi col mio corpo. Annaspa. Panico. Ecco un altro dettaglio.

«Buona.» Le afferro la faccia e gliela blocco, la obbligo a guardarmi dritto negli occhi. Mi gusto il terrore, la disperazione, ma li voglio sotto il mio controllo. «Respira.» Cerca di divincolarsi e serro la presa. «Guardami e respira!»

Si blocca. Il petto sussulta e si scontra col mio. Raggiungo l'orecchio e la barba le gratta la guancia. È un suono gradevole, come l'idea che non le piaccia. Ripeto il movimento, finché tenta di scansarsi.

«Ti fidavi di lui e ti ha stuprata» sussurro piano, per definire i confini, ricordarle la sconfitta, l'umiliazione e il dolore. «Qualcosa mi suggerisce che fosse il tuo ragazzo.» Prendo il lobo tra i denti, lo tiro leggermente. «Lo ha fatto così, su un divano o su un letto?» Aspetto, ma non vuole rispondere. Trattiene il fiato. «Su un letto, ecco la ragione per cui la tua camera è in quelle condizioni.»

«Smettila.»

Le esce giusto un filo di voce, senza forze.

«Per questo hai fermato Tino.» Scendo lungo il collo, le graffio la pelle chiara. Restano sottili segni rossi sul suo petto e mi approprio di un capezzolo. Lo lecco. «Per questo vuoi proteggere la ragazzina, che è davvero carina.»

Uno strattone ai capelli mi blocca.

«Stai lontano da Lisa, hai capito?»

La mia pantera si è incazzata. «Perché?»

«Tu e i tuoi la dovete lasciare in pace.»

«Perché?» Non amo ripetermi.

Corruga la fronte, socchiude le palpebre. «Non è roba per voi, non se lo merita.»

«Tu sì, invece?» Colpita. «Tu meriti di starle accanto?»

«No.»

Succhio e mordo. Geme. Le infilo la mano tra le gambe.

«Ma la vuoi lo stesso vicina. Egoista.» Mi sollevo appena, devo guardarla bene in faccia. «Cosa vedi in lei?»

Resta impassibile. Non sono stato abbastanza chiaro, mi sa. Non è pronta, problema suo. Le infilo dentro due dita, un movimento secco. Sussulta. Non è stato troppo piacevole, vero? Questo è niente, se non mi dai ciò che voglio.

«Cosa vedi nella tua amichetta?» Gioco dentro di lei, il suo corpo si rilassa. Non è piacere il suo, sembra più un riflesso condizionato. «Ricorda lo scambio, Nika.»

Sospira. «Quella che non sono più.»

Le sfioro il naso col mio, rallento. «Pulita.» Un gioco di equilibri, non posso permettermi di sbagliare le dosi. «Noi siamo sporchi.» Marci fino al midollo.

Devo darle un po' di piacere, una piccola consolazione per lo schifo di una vita.

«Non era difficile, vedi?» Affondo nella sua bocca e ricambia, recupera la vena rabbiosa. Cerca il controllo, non glielo lascio, ma le concedo spazio. «Adesso posso scoparti.»

Mi metto in ginocchio tra le sue gambe e prendo un preservativo. Sogghigno. Glielo lancio sulla pancia.

«Tocca a te.» Non stacca gli occhi dai miei, sa cosa intendo. Slaccio la cintura. «Non ti obbligo, né a metterti in ginocchio né a infilarmelo.» Non mi crede, fa bene. Sbottono i jeans e tiro fuori il cazzo. «Se vuoi usarlo, però, ti tocca di succhiarmelo e mettermelo. Per me non è un problema, faccio anche senza. A te la scelta.»

«Stronzo» mi ringhia contro, mettendosi a sedere. «Una mia scelta, mi prendi per il culo?»

Apre con qualche difficoltà l'involucro, ha ancora in mano quello che le ha portato Black.

«Non andresti meglio con due mani?»

«Fatti i cazzi tuoi.»

«Cos'è?»

Solleva lo sguardo ed è tagliente, una lama rovente che mi causa un brivido, una scossa di piacere.

«La canzone nuova.»

Ti aggrappi alla musica o a chi la suona? Sarà interessante scoprirlo. Intanto, datti da fare. Lo prende in mano, lo massaggia e inumidisce con la lingua. Sa come usarlo, eppure, non è sciolta come al solito. Infilo le mani nei ricci, le lascio tempo. Lo prende in bocca e va già meglio. Doveva essere un pezzo che non faceva pompini.

«Sei brava.»

Si irrigidisce. Il complimento la infastidisce. Altra cosa che deve essere stata obbligata a fare più volte. Quanto sarà andata avanti? Avrei dovuto farglielo fare prima, succhia bene.

Va per ritrarsi. La trattengo. Solleva gli occhi ed è divertente incombere su di lei, costretta col mio cazzo in bocca.

«Non. Avere. Fretta.» Sorrido, compiaciuto dalla scintilla d'odio che intravedo. «Continua.»

Potrebbe strapparmelo a morsi. Il rischio mi piace, soprattutto perché tanto vinco io. Sempre.

Ubbidisce e mi godo il pompino. Potrei venire così, senza avvertirla. No, non sarebbe una mossa furba.

La fermo e glielo sfilo dalla bocca. Mi infila il preservativo, lo srotola per bene, in questo dimostra molta più dimestichezza.

«C'è una cosa che non capisco.» Non mi dà attenzione, resta immobile a testa china. «Sei passata da uno stronzo a un altro, da un pericolo a uno di sicuro peggiore. Sapevi chi ero, non ha senso.»

Mi pianta addosso gli occhi, duri, svuotati da ogni speranza. «Tu sei così, non ti nascondi. Non fingi di essere altro.»

«Lui sì?»

«Mi ha mostrato cos'è davvero, quando non avevo più scampo. Tu me lo hai sbattuto in faccia e sono io ad aver scelto di averci a che fare.»

Scelte.

Quelle che ti illudono di avere il controllo.

Quelle sbagliate.

«Sdraiati.»

«Lasciami stare sopra» e stavolta c'è una supplica a mostrarsi nei suoi occhi.

Mi piego e le ficco la lingua in bocca, la spingo giù. «Se vuoi imparare, non puoi scappare. Devi solo ricordarti di respirare.» Glielo struscio tra le gambe con una leggera pressione. «E guardami negli occhi.» Dilata le pupille. Cazzo! È così che ha giocato il tipo. «Calmati, Nika. Non è un ordine.» Il respiro resta irregolare, non va bene. «Nika, lo hai appena detto: sai chi sono. Sai che sono uno stronzo della peggior specie, ma rispetto i patti. Guardami per ricordarti chi sono, con chi stai scopando.» Riprende il controllo, il respiro si allunga. «Io sono quello che hai voluto, anche se sto sopra di te.»

"Tu sei quello che voglio".

Cazzo! Stai fuori dalla mia testa, Mimì. Sei morta! Stringo i denti. Di riflesso serro la presa sul braccio di Nika, che mostra una smorfia di dolore.

«Non sarò gentile, non lo sono mai stato. Sarò come mi hai sempre conosciuto» sputo fuori, appoggiato al suo collo.

Spingo, mi faccio spazio dentro di lei. Nessuna mezza misura. Affonda le unghie nella schiena. Una mano sola. Non molla la canzone di Black, ostinata. Mi tocca di scoparmela così. Un altro colpo secco.

Mi puntello sui gomiti. «Sempre e solo me stesso.»

Si avventa sulla mia bocca e mi prende alla sprovvista. Ogni tanto ci riesce, la stronza.

«Oggi parli troppo, però» sussurra con un sorrisetto sghembo, un po' tirato.

Almeno ci provi, pantera. «Sarà l'aria natalizia.»

Ci fissiamo e scoppiamo a ridere. L'ho sparata grossa. Spezzo la sua risata con una spinta decisa. Incrocia le gambe dietro la mia schiena e continuo a muovermi. La batteria ha un buon ritmo, la seguo.

Inizia ad ansimare.

Troppo presto. Rallento. Torno tra le sue tette, la mordo e la lecco. Afferro le cosce per allargarle. Non cede. Crede di poterla spuntare? Ci metto più forza, le resterà lo stampo delle mie dita. Smette di opporsi e mi tiro su.

Non le piace che la guardi così. Tra le sue gambe, dentro di lei, ma alla mia mercé. Continuo. Si innervosisce. Le spingo le ginocchia verso il petto e riprendo a muovermi. Piano. Senza staccarle gli occhi di dosso. Dentro e fuori. Geme.

È tutto dannatamente meccanico. Mi annoia, ma è troppo presto per venire. Troppo presto per spingerla oltre. Che palle. Vado più a fondo. Contrae i muscoli. Dolore. Non si ribella e proseguo. Gemiti e lamenti, mi piace di più.

Le tolgo l'aria con la mia bocca, aumento il ritmo e riduco la forza. Le mordo il labbro mentre viene. Ansima.

«Devi darmi qualcosa di più.» Smette di respirare. «Non aver paura.» Balle, voglio che tu ne abbia.

Le stringo le chiappe, le allargo ed è pronta a urlare, a scappare, a fare di tutto per salvarsi. Sorrido. Mi metto a sedere e me la porto dietro. Resta spaesata. Mi sdraio sotto di lei e incrocio le braccia dietro la testa.

«Fammi venire.» Sbatte le palpebre, non le è chiaro. «Ingoia.»

E la paura che decida di prendermi altro vince anche stavolta.

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