Eye in the Sky
Kay si è persa di nuovo su Portrait of Tracy. Le piace proprio questo pezzo di Pastorious.
Che ore sono? 23:15.
Recupero il giubbotto e lei nemmeno se ne accorge. Piccola, stupida ragazzina, questo devi fare: suonare il basso. Stavolta non sbaglierò, voglio continuare ad ascoltare della buona musica. Sbatto apposta la porta, deve accorgersi che me ne sono andato e ricordarsi di avere il fiato del Ronin sul collo, il mio. Sempre. Così ci penserà due volte prima di fare la cazzata e prendere un'altra dose. Con lei funziona. Faccio qualche passo lungo il ballatoio e sorrido: starà tirando un sospiro di sollievo.
Arrivo alle scale e do un'occhiata alla porta dell'altro appartamento. Sembra passata un'eternità da quando lo usavo. Era comodo, ma col Jo non c'è stato verso. Non ne vuole sapere di lasciarmi usare lo Sky per gestire lo spaccio, penso sia anche per tenere fuori la sua cuginetta. Glielo concedo giusto per questo. Voglio vederla suonare su quel palco e prima o poi succederà. Lo farò succedere.
Giù c'è il Faina che aspetta clienti. Una biondina lo raggiunge e mi blocco a metà scala. Capelli lunghi, magra, tutta vestita di nero. Ha gli occhi disperati, da astinenza. La stessa scena che si ripete. Ogni volta la rivedo e non va bene. Fanculo!
Entro dall'uscita d'emergenza e per un attimo non mi ritrovo con l'interno del locale. Luci calde, soffuse, una tavolata sulla destra e, in fondo, l'angolo col divanetto. Due porte, targhette adesive argentate con la scritta in nero: privato e magazzino. Il bancone, le luci più intense e fredde si riflettono nello specchio dietro le bottiglie.
Non era così sei anni fa.
Devo tornare indietro, per ricordarmi di non ripetere lo stesso errore. Mai più. Una volta è già troppo.
«Ronin.»
Alzo una mano, non guardo chi mi ha chiamato. Adesso sta' zitto. Mi dovete lasciare in pace e levarvi tutti dai coglioni, compreso il Jo. Punto il magazzino, non me ne fotte un cazzo se è proprietà privata. È nel mio territorio.
Cambia la merce, ma il resto è uguale. Faccio il giro della scaffalatura e c'è ancora il tavolino da bar anni '70 con la sedia di metallo. Piego la testa di lato e tu sei di nuovo lì che tremi, con l'ago in vena. Stronza che non sei altro. Mi avvicino. Sparisce.
Vaffanculo, Mimì!
Sempre quel maledetto ricordo. Lei. Spunta nei momenti meno opportuni, anche se è morta. Chiudo gli occhi e inspiro a fondo.
Le avevo detto di non bucarsi. Le avevo detto di non farlo qui. Perché questa troia non mi vuole ascoltare?
Una mano sulla spalla. Scatto per colpire. Schiva.
«Ci penso io.»
Il Randagio mi fissa, sul fondo gli striscia la paura che la punisca di nuovo. Ha ragione. Esiste solo questo con me: obbedire. Ordinare e punire sono le mie leggi di vita e lo sa bene. Questi due stronzi, invece, hanno complicato tutto. Lei lo ha fatto, il Randagio è solo la conseguenza, la soluzione. Lui sa come prenderla, se lo può permettere. Io no.
Annuisco con disgusto. Perché cazzo continuo a scoparmela? «Levamela dai coglioni, così non la voglio.»
Ho bisogno di farmi una scopata o di qualcuno su cui scaricare il fastidio. La differenza è minima e se va bene, faccio entrambe le cose. Dopo la consegna, però.
Dove cazzo sei finito, Randagio? Mi hai fregato. Ero sicuro saresti tornato.
Non lo ha fatto. È colpa sua se quella troia è morta, non poteva reggere da sola.
«Ronin, scusa...»
Nicola. Doveva essere lui anche prima. «Che c'è?»
«Che ne dici se vado io col Dogo?»
Spero stia scherzando. «Dove cazzo è il Mastino?» Si irrigidisce. Controllo l'ora: c'è ancora tempo. «Se non è qui entro dieci minuti, ci mandi Tino e il Mastino è fuori.»
«Fuori nel senso―»
«Basta.» Lo supero. «A quello ci penso io, tu mi servi qui.»
Mi fermo nel passaggio davanti al bancone. Controllo che sia tutto in ordine, partendo dall'ingresso principale. Scandaglio le tavolate con le panche in legno, occupate come da programma dai miei. In fondo, Nicola è affidabile, sa eseguire bene gli ordini, ma non è il Randagio. Con lui mi divertivo di più. Adesso, invece, mi annoio.
Tino ci sta provando con una ragazzina e potrei farci un pensierino, non è male come carne fresca. Prima il lavoro. Setaccio fino al palco, attrezzato per i live. Cazzo, quella con Tino è l'amichetta di Nika, per questo aveva qualcosa di familiare! Sogghigno. Non la lascerebbe venire qui da sola e se c'è lei, ho trovato come rilassarmi.
Eccola lì. Una pantera irrequieta, con la voce da sirena e che vive di metal. La mia stronza.
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