Cambiamo gioco

Nika svuota il bicchiere in testa a Tino e gli altri le si radunano attorno. Attirano l'attenzione. Che cazzo stanno combinando? Niente casini, ero stato chiaro. Devono consegnare un carico grosso, se arrivano gli sbirri non avrò modo di farlo sparire in fretta.

Il Jo si è accorto che c'è aria di rissa, spegne la musica. Incrocio il suo sguardo e capisce che mi sto per unire al gruppo. Alzo una mano, gli faccio un cenno. Ci penso io, stronzo, metti giù quel cazzo di telefono in meno di tre secondi o finisci male.

Uno. Ci sta pensando.

Due. Allontana il cellulare dall'orecchio e annuisce.

Bravo.

Adesso tocca a chi mi ha rovinato la serata. Non ho bisogno di guardare nessuno, si spostano tutti per farmi passare.

«Che cazzo sta succedendo?»

«Guarda che casino ha combinato quella troia!» Tino indica Nika, che ha sbattuto sul tavolo senza grossi problemi.

Ha scelto l'avversario sbagliato, dato che l'ha svezzato il Mastino per i death match. Saprei bene cosa farci con lei in quella posizione. Si volta e mi fissa dritto negli occhi, non vuole mollare.

«Chiedigli perché» replica, senza degnarlo di uno sguardo.

Io, al contrario, lo fulmino. Alza le mani. Quello che è mio non si tocca.

«Non le ho fatto nulla.»

«Non a me, coglione. Ma vogliamo parlare di quello che volevi rifilare alla mia amica?»

«Chiudi la bocca.» Qua c'è da rimettere in chiaro le cose e chi comanda. «Tu, fuori. Subito. Dieci minuti.» Tino esce e quelli assegnati alla consegna lo accompagnano. «Tu, invece, vieni con me.»

«Nessuno mi dà ordini.»

Regole e disciplina. L'afferro e le blocco le braccia. Ha oltrepassato il segno, stavolta. Sarà divertente rimetterla al suo posto. «Vieni con me, così il rompicoglioni dietro al banco non chiama gli sbirri.» Le mordo l'orecchio. «Tu non vuoi avere a che fare con loro, vero?»

No, non lo vuoi, lo so meglio di quanto credi. Resta immobile, ma ha paura, è quasi al limite. Chiude gli occhi e allento la presa. Le ho concesso troppo spazio, troppa libertà. Accarezzo il braccio e le prendo la mano. Non devo mettere in allerta il Jo, per cui niente scenate. Non qui, almeno. Mi avvio verso il bagno, intercetto Nico con Biacco e gli indico la destinazione. Basta questo a fargli capire che non voglio rotture, finché non esco.

«Ehi!»

Ci mancava anche Jail. Sta' a vedere che questa è la sera in cui finisce la carriera dei Midcrime. Un po' mi spiace. Stringo la mano di Nika, che si è fermata. Le conviene darsi una mossa e sbarazzarsi del suo batterista, se ci tiene.

«Ho da fare, ci vediamo dopo.»

Ottima mossa, magari fossi stata altrettanto intelligente prima.

Entra senza fare storie nell'antibagno, ma si blocca quando le apro la porta dei maschi. Sorrido. «Avanti, non ci disturberà nessuno.»

Cede e oltrepassa la soglia. Do un giro di chiave e mi sposto vicino al vetro smerigliato della finestra, a cui mi appoggio. Incrocio le braccia. Facciamo alzare un po' la tensione e vediamo come se la cava la mia stronza.

Silenzio.

Mi fissa dritto negli occhi e sarebbe brava, se non avesse irrigidito troppo le spalle. Grosso errore, così sarà più lenta. Tic toc, Nika, il tempo scorre, lo senti nella tua testolina? Sì, il nervosismo ti sta divorando, manca poco. Tic toc. Passo la lingua sulle labbra.

«Mi dispiace, okay?» Ecco, adesso non ha più scampo. «Non volevo fare casino, ma quello ha messo qualcosa nel bicchiere di Lisa.»

Pensa davvero che mi importi? Inclino la testa e le do un briciolo di illusione. La speranza affonda meglio il colpo, fa più male.

«Non potevo lasciare che facesse i suoi comodi.»

«No?»

«Ci avrebbe riprovato.»

Di sicuro, ha imparato dal Mastino. «Il problema era la tua amichetta?»

«Sì.» Parte decisa, ma si blocca. Cosa le è venuto in mente? «No.» Altra pausa, questo è interessante. «Lo farebbe con altre.»

Le importa degli altri. Non sei così stronza come vuoi dare a intendere. Bene bene. Una delle poche volte in cui mi sono sbagliato: pensavo che tutto ruotasse soltanto attorno ai Midcrime.

«Capisco.»

Si rilassa. Perfetto.

«A posto, allora?»

È ancora sulla difensiva. «La cazzata l'ha fatta Tino, no?»

«Sì.»

«Bene.»

Si volta verso la porta e gira la chiave. Fine del gioco. La sbatto contro il legno, l'avambraccio a premere sul collo. Un verso strozzato accompagna l'espressione dolorante. Non le lascio spazio, non sia mai che si sogni di provare a colpirmi. Comprende di essere in trappola e sbarra gli occhi. La paura prende il sopravvento e io adoro gustarmela, così le respiro accanto all'orecchio.

«R-Ron...»

«Shhh.» Deglutisce a fatica. «Mi piace la tua voce, mi piace ascoltarla mentre canti, mentre parli, persino quando ti faccio godere. Mi piace sentirla essere caustica e irriverente, penso sempre a come ti scoperei e a cosa potrei farti fare.» Cerca l'aria che le manca. «Non sai quante volte ho fantasticato sul metterti in ginocchio a succhiarmelo, per poi sbatterti in ogni modo e con tutta calma, non in un cesso.» La mano scivola sotto la gonna, gliela alzo piano e afferro il culo. Le faccio sentire il cazzo in tiro e un brivido la scuote. «Il tuo non volerti incastrare in una relazione mi ha sempre stuzzicato, ma sai cosa mi eccita ancora di più?»

«No» risponde a stento.

«Infilare la pantera nella gabbia e prendermi tutto quello che voglio.» Resta immobile con gli occhi lucidi. Cos'è, troppa paura? «Più lotta, più mi diverto. Non deludermi, pantera.»

Nessuna reazione.

«Ci sono i miei fuori, nessuno verrà a fermarmi. Non ti conviene neppure fare la furba dopo, se ci tieni ai tuoi amici. Da stasera sei una delle mie ragazze, non è più una tua scelta. Prima regola: a ogni errore corrisponde una punizione esemplare.» Stringe i denti con forza. «Davvero credevi che mi infastidisse quello che aveva in mente Tino?»

«Perché no?»

Quindi, mi vedeva sul serio migliore. Poverina.

«Perché io faccio di peggio e senza drogarle.»

I suoi occhi mi cercano e ritrovo quel vuoto rabbioso, un fuoco che brucia in un abisso di oscurità e merda... così familiare e raro da colpirmi subito.

«Adesso è il mio turno?»

Fatica a parlare, ma riesce a essere fredda e distaccata. Allento la pressione sul collo.

«Nessuno mi risponde così, tanto meno in pubblico. Non senza conseguenze. Jail avrebbe dovuto spiegartelo, lui che ci ha provato.»

«Fai quel cazzo che ti pare. Domani sarò ancora Nika, la stessa di oggi. La cantante dei Midcrime e mai una delle tue ragazze.» È sincera e determinata, anche se trema. «Fai del tuo peggio, Ron.»

Non è stupida, ha capito benissimo cosa ho in mente. Ha paura, conosce il dolore, eppure preferisce vivere. Era questo il tassello mancante. Sogghigno. Lascio scivolare le mani sul suo corpo, le insinuo tra lei e la porta. Le afferro le tette e la scosto, la stringo a me.

«È per questo che ti nascondi qui?» Trattiene il respiro. «Non posso spezzare qualcosa che non esiste, vero? E tu sei già stata fatta a pezzi.» Le lecco il collo, non protesta. «Una sola domanda: chi è stato?»

«Cosa importa?»

«Potrebbe essere l'unica speranza che hai di farmi cambiare idea.»

«Qualcuno di cui mi fidavo ciecamente.»

Le lambisco l'orecchio. «Lo amavi?»

Sussulta. Riesco a intuire quanto accelera il suo cuore.

«Sono due domande.»

«Hai ragione.» Brava. «Ora, se vuoi continuare a essere Nika, dovrai reggermi il gioco. Chiaro, Veronica Moro?» Gira la testa di scatto. «So tante cose, preferisco essere ben informato sulle persone con cui passo del tempo.»

«Quindi?»

«Se fai la brava, usciamo di qui e andiamo a farci un giro.»

Mi allontano di un passo e si volta, mi fissa coi pugni serrati. È solo un modo di trattenere e camuffare la tensione, il tremore.

«Dove vorresti andare?»

«A scoparti con calma, per una volta.»

«Secondo te, ho voglia?» sibila a denti stretti.

Le concedo un sorriso divertito. «Ti verrà». La supero e apro. «Da quanto non lo fai senza bisogno di nasconderti, di fingere,» la cerco con la coda dell'occhio, «di mentire?»

Non aspetto una risposta, mi seguirà. Quando si è incatenati, il desiderio di libertà è la trappola migliore. 

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