Sospetto
Hermione non riusciva a mangiare; aveva lo stomaco stretto in una morsa di desiderio che non accennava ad allentarsi.
Punzecchiò con la forchetta l'arrosto che aveva nel piatto e storse la bocca.
Non si ricordava il motivo per cui aveva scelto di servirsi una porzione di arrosto. Guardò le altre pietanze esposte sulla tavola imbandita e si rese conto che nessuna tra quelle l'attirava.
S'impose di non alzare lo sguardo, malgrado la tentazione fosse forte e riuscì a non sbirciare verso il tavolo di Serpeverde dove, l'ultima volta che aveva guardato — ossia trenta secondi prima — Malfoy era seduto accanto a Pansy Parkinson e Theodore Nott, intento a conversare compassatamente, come un damerino d'altri tempi.
Harry, alla sua sinistra, stava discutendo con Ronald dell'allenamento di Quidditch del pomeriggio, che sarebbe stato decisivo per la preparazione della squadra per la partita che si sarebbe giocata il giorno dopo contro Serpeverde. Hermione si rese conto che i suoi due migliori amici sembravano a dir poco esaltati, mentre discutevano di strategie e schemi di gioco.
«Hermione, tu cosa fai questo pomeriggio?», chiese Ronald, sorridendole da orecchio a orecchio.
«Penso che andrò a fare un giro ad Hogsmeade, appena avrò finito i compiti per la prossima settimana», rispose distrattamente, chiedendosi se avesse veramente voglia di uscire sotto la pioggia battente quel giorno.
Sollevò lo sguardo, incontrando gli occhi limpidi dei suoi due miglior amici, si sentì all'improvviso sotto esame e la sensazione non le piacque affatto: «Cosa?», chiese, aggrottando le sopracciglia.
«Ti senti bene, Hermione? In questi giorni sei strana», disse Ron servendosi una doppia porzione di arrosto.
Senza fare una piega Hermione sollevò le spalle e mentì: «Penso sia colpa del ciclo».
Le orecchie e le guance dei suoi due migliori amici si colorarono di un rosso acceso.
«Oh», disse semplicemente Ronald, prima di distogliere lo sguardo e tornare a discutere con Harry di Quidditch.
Hermione non potè fare a meno di sorridere soddisfatta, mentre continuava a torturare il suo arrosto. Sollevò distrattamente lo sguardo, lasciandolo vagare verso il lato opposto della sala, e incontrò quello ceruleo di Malfoy.
La stretta di desiderio allo stomaco, che sembrava essersi allentata, si strinse dolorosamente, lasciandola quasi senza fiato.
Avrebbe voluto trovarsi nuovamente in quella sala studio, loro due soli, le mani di lui sul corpo di lei e le mani di lei sul corpo di lui.
Distolse lo sguardo da quello di Malfoy e si concentrò sul pranzo, riuscendo dopo qualche minuto a smangiucchiare l'arrosto che aveva nel piatto e un pezzetto di pane.
«Hai allenamento questo pomeriggio?», chiese distrattamente la Parkinson a Malfoy, distogliendolo dai suoi pensieri.
«No, Potty è riuscito a prenotare il campo prima di noi», si lamentò il biondo con una smorfia di disprezzo in viso.
«Studiamo insieme, allora?», chiese la mora.
«Mmh, vediamo», rispose lui, senza entusiasmo, masticando alacremente un boccone di pane.
«Malfoy, stai bene?», chiese la Parkinson, lo sguardo accigliato: «É successo qualcosa con la Granger?»
Malfoy sussultò: «Come, scusa?», domandò, guardandola con uno sguardo allucinato.
«Sai, quel messaggio strano che mi ha chiesto di comunicarti», disse la mora, decisa a carpire la verità dall'espressione diffidente del biondo: «Mi chiedevo quale senso avesse».
«Nessuno, mi ha solo fatto perdere del tempo», borbottò lui, tornando alle pietanze che aveva nel piatto.
Pansy Parkinson, nient'affatto convinta, decise di lasciare perdere, certa che la verità prima o poi sarebbe venuta a galla.
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