7. 𝐆𝐞𝐥𝐨𝐬𝐢𝐚

CHARLOTTE'S POV

Era trascorso un buon quarto d'ora dal momento in cui il ministro aveva allontanato lei e Amis. Concentrata sul tedioso compito con il quale aveva scelto di trascorrere l'attesa, non lo aveva sentito arrivare, ma era stata felice di vederlo apparentemente contento. Significava che il colloquio con il capo del governo magico si era concluso senza nessun licenziamento. Un gran bel sollievo, considerato l'umore nero con cui il ministro della magia si era presentato.

Quando Theseus l'aveva raggiunta non aveva accennato né a Travers né a ciò che si erano detti. Le aveva invece immediatamente consegnato il biglietto che aveva trovato Amis sul pavimento, e lei lo aveva guardato in tralice per qualche secondo. Spinta dalla curiosità aveva poi aperto il pezzo di carta, sgranando gli occhi per la sorpresa. C'era solamente una scritta, piuttosto inclinata ma molto chiara. Aveva dovuto di punto in bianco ricredersi sul lavoro svolto dal Ministero francese. Forse non erano buoni solo a buttare un paio di stupide formalità su un fascicolo.

Charlotte aveva studiato la frase più volte, leggendola e rileggendola sotto gli occhi impazienti del suo migliore amico, certa che lui stesse pensando esattamente la stessa cosa.

Scamander, Malfoy
Attenti all'uomo dal coltello d'argento.
K.

«Abbiamo una pista!» aveva esclamato Theseus, incrociando i suoi occhi ora riaccesi da una piccola scintilla di speranza. Aveva ringraziato silenziosamente Kama, sperando che stesse bene, dall'altra parte. Tutta quella storia, a cominciare dal suo assassinio, l'aveva colpita più di quanto non avesse dato a vedere. Era sicura che anche Theseus ne fosse rimasto amareggiato, ci avrebbe scommesso il suo intero conto alla Gringott. In fondo Yusuf era stato disposto a combattere come tutti loro, a Rio, e non si era tirato indietro nemmeno di fronte alla pioggia. Charlotte in un angolo del suo cuore aveva sempre saputo che fosse in realtà una persona nobile, perciò si era battuta per provare la sua innocenza.

Ora capiva perché il Ministero francese li avesse cercati. Né lei né Theseus avrebbero mai potuto sapere il perché, ma Yusuf Kama aveva scelto loro come suo ultimo appiglio. Era come se avesse affidato a entrambi le sue ultime parole, confidando nel loro intuito e nella loro determinazione. I due Auror si erano guardati per un istante, consapevoli di avere un vincolo con il mago. Trovare chi aveva ucciso il loro compagno sarebbe stato il modo per non rendere vana la sua ingiusta e prematura morte.

Era diventato loro dovere smascherare l'assassino e punirlo per il crimine che aveva commesso. Se Kama si era fidato di loro a tal punto da lasciare una pista, allora loro avrebbero risolto quel rompicapo. Al diavolo i fascicoli da archiviare e riordinare. In quel momento Sherlock e Watson avevano un caso tra le mani e un amico da vendicare.
«Allora, qual è il piano Sherlock?»
«Troviamo il colpevole e lo sbattiamo in prigione a calci, Watson» aveva risposto lei, ripiegando il biglietto e sostenendo lo sguardo sicuro dell'altro. «Chiunque sia, ha provocato gli Auror sbagliati.»

Se c'era una cosa che Charlotte non avrebbe mai pienamente compreso, quella era il trascorrere del tempo. C'erano giornate che parevano infinite, come se il sole avesse deciso improvvisamente di prendersi una pausa e di rimanere nello stesso punto del cielo, a godersi il panorama sotto di lui. Dall'altra parte c'erano i lassi di ventiquattro ore che sembravano durare la metà. Quei giorni nei quali le lancette dell'orologio acceleravano l'arrivo della serata, tanto che uno si ritrovava sdraiato nel proprio letto con l'impressione di non aver nemmeno messo piede al lavoro. Se fosse stata ancora una bambina si sarebbe scervellata giorno e notte nel tentativo di spiegare come una tale stranezza potesse essere possibile. L'età adulta le aveva insegnato tuttavia che era inutile soffermarsi su domande più grandi di lei, così si era arresa e aveva lasciato perdere, concentrandosi su qualcosa che fosse accessibile alle sue conoscenze da comune mortale.

Non fosse stato per il caso Kama, che aveva tenuto impegnata la sua mente per la maggior parte del tempo, e per Theseus Scamander sarebbe stata una settimana estremamente noiosa. Quest'ultimo in particolare aveva cominciato a pensare che nascondere messaggi nei suoi libri fosse una buona idea. Portava sempre con sé un libro al lavoro: leggere la aiutava a staccare, oltre che ad eludere la monotonia delle pause. Avrebbe potuto parlare con qualcuno, ma sfortunatamente aveva più nemici che amici al Dipartimento. Gli uomini la odiavano ritenendola fin troppo intoccabile, mentre le donne erano inspiegabilmente invidiose di lei. Ma a Charlotte non interessava entrare a far parte di un'ampia cerchia sociale, e ancor meno le interessava trovarsi un fidanzato o un marito. Stava così bene, sola con i suoi pensieri e i suoi libri. Non capiva perché una donna dovesse sprecare tante energie per farsi notare da un uomo. Un altro mistero al quale non avrebbe mai trovato risposta. Poco male: sarebbe sopravvissuta lo stesso senza saperlo, no?

Durante la pausa pranzo del giorno prima mentre leggeva aveva trovato tra le pagine un foglio ripiegato. Non era rimasta sorpresa dal fatto che Theseus non avesse specificato nulla né usato assurdi giri di parole. Sapeva che lei avrebbe capito, così si era limitato a scrivere quanto bastava:

Incontriamoci domani nel pomeriggio. Conosci già il posto.
- Watson.

Aveva fissato per un po' quella specie di invito, alzando gli occhi al cielo. Qualche secondo dopo però aveva sorriso, chiudendo il libro davanti a sé e infilando quel piccolo quadrato di carta nel suo quaderno. Lo aveva lasciato lì, in mezzo alle idee che le frullavano ogni giorno per la testa, inerenti e non al suo lavoro. Aveva pensato fosse un bel posto da riservare lui. Insomma, per provare che non ci fosse solo la parte di lei che avrebbe voluto farlo tacere ogni volta che diceva una stupidaggine. Ci teneva, a Theseus. Erano amici, dopotutto.

Si sentì una piccola esplosione, poi qualcosa sembrò cadere a terra. Charlotte si tolse la benda e la prima cosa che i suoi occhi videro fu una serie di manichini stesi sul pavimento della stanza.
«Sì!» Esclamò entusiasta, mentre Theseus dietro di lei batteva le mani.
«Ben fatto!»
Guardò soddisfatta davanti a sé, la bacchetta ancora tra le mani.

L'adrenalina stava pian piano abbandonando il suo corpo, ma più che stanca e senza forze si sentiva stranamente sollevata. Abbattere dei manichini fluttuanti usando solo l'udito non era mai stato nella sua lista di cose da fare, ma doveva ammettere che fosse un ottimo modo per sfogare lo stress.
«Devo essere sincera con te» disse poi rivolgendosi all'uomo di fianco a lei. «Credevo fosse un'altra delle tue stupide e noiose idee per passare il tempo... ma in realtà è divertente!»
«Lo sai, odio dire te lo avevo detto...»
«Finiscila, sappiamo entrambi che è la tua frase preferita.»
«Touché.»

Theseus pensò a riordinare l'attrezzatura, mentre lei riprendeva cappotto, libro e agenda. Bastò qualche colpo di bacchetta e la stanza fu pulita e in ordine, come se all'interno non fosse entrato nessuno. Lei attese alla porta mentre lui riponeva la bacchetta nel fodero e afferrava la giacca.
«Ma tu guarda...»
«Cosa?»
«Siamo in anticipo di dieci minuti, a quanto pare» osservò Theseus, infilando di nuovo il piccolo orologio dorato nella tasca. «Impari piuttosto in fretta, sai?»
«O tu mi hai sottovalutata» suggerì lei, restituendo la benda al moro. «Sarà meglio che vada a prendere un posto di sopra prima che quelli del Dipartimento Applicazione decidano di appropriarsi degli ultimi. Vieni?»
«Segno un paio di cose e ti raggiungo.»

Lei ricambiò con un piccolo sorriso e uscì dalla stanza, affrettando il passo per accaparrarsi un buon angolo dove potersi godere gli ultimi minuti di libertà.

Il Ministero si trovava sotto un imponente palazzo semicircolare, decorato con archi e colonne di un grigio spento. All'esterno di fronte alle due entrate principali vi era una sorta di piazzale, con qualche panchina, alcune aiuole e diversi muretti, dove uomini e donne spesso incontravano i propri colleghi e con loro intrattenevano lunghe (e talvolta piuttosto noiose) chiacchierate. Charlotte sfruttava quel posto per prendere una boccata d'aria fresca, prima di tornare agli stretti corridoi e ai polverosi archivi del Quartier generale degli Auror.
Solitamente a quell'ora molti Dipartimenti mandavano in pausa i propri dipendenti, che naturalmente si premuravano di occupare ogni angolo disponibile. Fu dunque un colpo di fortuna l'aver adocchiato una panchina ancora libera.

Si guardò intorno, inspirando l'aroma delicato dei fiorellini appena sbocciati. Spostò poi lo sguardo in alto verso i grigi nuvoloni che coprivano il cielo, e le tornò in mente di non avere con sé un ombrello. Dimenticare a casa propria l'ombrello era una cosa assolutamente imprudente da fare quando vivevi a Londra.
Mise da parte Il segno dei quattro e i fascicoli di alcuni vecchi casi che le aveva procurato Amis, aprendo il quaderno e frugando nelle tasche alla ricerca di una stilografica.

Sentendo dei passi accompagnati da una voce familiare volse la testa indietro.
«Ciao» la salutò Theseus, avvolto nel suo cappotto marrone. Si avvicinò a lei con assoluta disinvoltura, come se non gli importasse delle decine di sguardi che attirava su di lui.
«Ciao.»
«Non avrai davvero pensato di poterti liberare di me tanto facilmente...»
«Ora che mi ci fai pensare forse un po' ci speravo.»

Tornò a cercare la penna e riuscì finalmente ad afferrarla. Theseus intanto aveva posato le braccia sullo schienale della panchina, sporgendosi leggermente in avanti. Avrebbe potuto sedersi accanto a lei volendo, ma Charlotte sapeva che non sarebbe successo. In ogni caso non sarebbe stata certo lei a chiederglielo.
«Che cos'hai lì?» chiese lui all'improvviso, cogliendola alla sprovvista.

Si lasciò accompagnare dal suo sguardo, scoprendo che l'uomo si stava riferendo al quaderno ancora aperto sulle sue ginocchia. «Oh, questi» disse, avvicinando l'agenda. «Sono solo appunti. Stupidaggini, per di più. Ma mi hanno tenuta sveglia tutta la notte.»
L'altro studiò attentamente la serie di scritte piena di punti interrogativi. «Non hai scoperto ancora nulla, giusto?»
«Niente. A meno che tu non conosca un tizio che se ne va in giro a far fuori la gente con un coltello d'argento.»
«Per mia fortuna posso dire di frequentare ottime compagnie» replicò Theseus, ammiccando a lei. «E poi non sappiamo se quel tizio abbia ucciso Kama.»

Charlotte esaminò i suoi appunti con amarezza. Di solito lei non conosceva le vittime degli omicidi sui quali lavorava. Indagare sulla morte di un proprio amico lasciava un sapore totalmente diverso in bocca. La speranza che aveva provato nel leggere il biglietto che Kama aveva lasciato loro le pareva ora svanita, come se la brezza primaverile l'avesse soffiata via con sé. Era un avvertimento da prendere con le pinze: avrebbe potuto aiutarli a trovare il loro uomo, ma avrebbe potuto anche depistarli.
«Non sappiamo quasi nulla, a dire la verità» concluse, dopo qualche attimo di silenzio. Abbassò il tono della voce, cercando una risposta da Theseus. «Non possiamo ancora...?»
Lui scosse la testa mestamente, anticipando il resto della frase. «No, non possiamo parlarne.»

Chiuse il quaderno con un leggero e affranto sospiro. Lo posò sopra le sue cose, mentre Theseus Scamander seguiva dall'alto i suoi movimenti, finché non si soffermò sull'espressione che l'era comparsa in viso.
«Ti ha scossa, non è vero?» domandò di getto, spezzando quella quiete carica di angosciosa tensione.
Lei semplicemente si voltò, attirando le iridi celesti di lui, sostenendo il suo sguardo nel tentativo di sfilargli la maschera. «Non ha scosso anche te?»

Giurò che l'uomo avesse annuito debolmente, prima di distogliere gli occhi e puntarli altrove. Non fosse stato per qualche pettirosso cinguettante e per il discorrere delle persone nel piazzale, quel silenzio tra di loro sarebbe risultato a dir poco imbarazzante. Forse furono le conversazioni della gente o forse fu il tacere di Theseus a far riaffiorare nella sua mente una domanda che non aveva ancora posto lui a distanza di quasi una settimana.
«Che cosa ti ha detto Travers?» gli chiese, con una punta di curiosità nella voce.
Lui la squadrò perplesso. «Travers?»
«Il giorno in cui ha interrotto le indagini. Che cosa ti ha detto?»

L'uomo esitò. Charlotte pregò che non stesse cercando una scusa per evitare l'argomento. Era buffo a volte, il loro rapporto: si dicevano tutto e niente. Confessavano una cosa e ne nascondevano altre mille. Sapevano di potersi fidare l'uno dell'altra, ma per qualche assurda ragione preferivano tenere stretti quei segreti che avrebbero fatto sicuramente crollare le loro difese. Lei ad esempio non gli aveva mai parlato della sua famiglia, e forse sarebbe stato meglio che lui non fosse mai venuto a conoscenza di quella parte della sua storia. Negli ultimi due anni erano state tante le notti nelle quali aveva riflettuto su cosa avrebbe dovuto rivelargli e cosa no, su come avrebbe dovuto mostrarsi di fronte a lui ora che erano amici. Aveva constatato che, finché tra loro fosse filato tutto liscio, lei non lo avrebbe assillato raccontandogli di sé. La verità era che aveva un terrore viscerale di perdere Theseus come aveva perso ogni persona che le era stata vicina. Eppure a volte la curiosità era tanto forte da tormentarla, tanto intensa da sovrastare il buio della sua piccola stanza da letto...

Mi vorresti ancora al tuo fianco se sapessi tutto quanto?

Lo sentì inspirare la brezza fresca, e cercò di scacciare quei pensieri. Inaspettatamente, Theseus le parlò di ciò che Travers gli aveva riferito, anche se Charlotte ebbe l'impressione che stesse tralasciando di proposito un frammento della loro conversazione.
«Fra tre settimane ci sarà un'assemblea straordinaria della Confederazione Internazionale dei Maghi, qui a Londra.»
«La Confederazione?» domandò, visibilmente sorpresa. «Qui, a Londra?»
«Sì. Hanno mandato una lettera al ministro dove...»
«Theseus!»

Entrambi gli Auror si voltarono indietro. Charlotte riconobbe immediatamente la figura snella di Amis venirgli incontro. Era accompagnato da una donna molto carina, piuttosto alta, dai capelli bruni e i lineamenti delicati, avvolta in un cappotto color glicine.
«Vogliono parlare con te, è per l'assemblea!» gridò Amis nella loro direzione.
«Il dovere chiama» affermò Theseus Scamander. Le sorrise dolcemente, come se volesse rassicurarla. «Ne parliamo più tardi, d'accordo?»
«D'accordo.»

Lo salutò con un sorriso e lo seguì mentre si allontanava lentamente da lei. Poi abbassò la testa, desiderando sotto sotto che il suo migliore amico avesse avuto il tempo di rivelarle di più. Odiava le conversazioni lasciate in sospeso.
Sentì i rintocchi lontani del Big Ben e capì che anche la sua pausa era giunta al termine. Toccava tornare al lavoro, rammentò a se stessa.

L'archivio sembrava apparentemente vuoto. Una fortuna, dal momento che voleva dire niente distrazioni sul lavoro. La pesante pila di fascicoli cadde sul tavolo con un tonfo. Si asciugò la fronte, fiera di se stessa per essere riuscita a portarli da una parte all'altra del Dipartimento da sola.
Cominciò a suddividerli e sistemarli sugli scaffali ancora liberi, quando d'un tratto alle sue orecchie arrivarono due voci di donna.
«Sembra sempre così... così solo.»
«È un introverso, che ti aspettavi?»

"Merlino fa che sia uno scherzo", pregò, una volta che ebbe riconosciuto di chi si trattava. Se c'era una sola persona al Dipartimento Auror che avrebbe strangolato, quella era Penelope Coughlan.

Penelope era l'incarnazione di tutto ciò che la giovane Malfoy detestava: una donna sempre in cerca di attenzioni, presuntuosa, ficcanaso e così egocentrica da pensare di poter usare le persone a proprio piacimento. Charlotte non si capacitava di come il Ministero potesse averla assunta. La trovava una presenza inutile e fastidiosa, oltre che decisamente incompetente. Penelope non era bella o intelligente, tuttavia per qualche insensata ragione molti la adoravano. Supponeva fosse merito della sua bravura nel fingersi dolce, carina e spontanea, con la quale si ingraziava di tanto in tanto qualche sprovveduto da portarsi fuori a cena.

C'erano altri mille motivi per i quali Charlotte evitava Penelope Coughlan come la peste. Non ne aveva affatto paura, no: avrebbe mandato Penelope a casa con la coda tra le gambe qualora l'avesse sfidata, poco ma sicuro. Quella donna la irritava e basta. Era inutile girarci intorno.
Tentò di concentrarsi sul proprio lavoro ma le voci andavano avvicinandosi, e una parte di lei desiderava origliare a tutti i costi quella conversazione.
«Lo so, ma... insomma, Pen, non ti viene voglia di andare a parlarci?»
«Scordatelo Samantha. Siete incompatibili. È troppo timido per te.»
«Si può sapere che cos'hai contro Newt Scamander?»
«Assolutamente nulla. Anzi, bisogna ammettere che sia piuttosto carino» Charlotte udì il rumore di un cassetto che si chiudeva. «Ma personalmente se dovessi scegliere uno dei fratelli Scamander sceglierei senza dubbio l'altro.»

La giovane Malfoy abbassò la testa, accorgendosi di aver mischiato i fascicoli. "Diamine", imprecò sottovoce, sentendo i passi delle due farsi sempre più vicini.
«Il capo?»
«A volte mi chiedo se non ti servano un paio di occhiali, Samantha. Ma lo hai visto?»
«Sì, è che... non sono due anni che rifiuta tutte quelle che provano ad avvicinarlo?»
«Piccola, ingenua Samantha... lo so perfettamente. Ma hai di fronte la persona che gli farà cambiare idea.»

Sentì la rabbia ribollirle nel petto. Questo era davvero troppo. Chi pensava di essere, Penelope? Non sapeva nulla di Theseus e credeva di potergli far "cambiare idea"? Non lo conosceva neppure e per di più non aveva la minima idea di quello che aveva passato, della persona che era. Charlotte viceversa aveva visto tutto quanto con i suoi occhi. Certo, forse non poteva dire di conoscere tutto di lui, ma possedeva una buona quantità di informazioni. Theseus aveva già sofferto e patito abbastanza. Non avrebbe permesso alla prima smorfiosa di giocare a piacimento con i sentimenti del suo migliore amico, oh no che non lo avrebbe permesso.

Puntuale come sempre, la sua coscienza non mancò di ammonirla.

Rilassati, ragazza. Lui sa difendersi da solo e tu devi mantenere la calma, ora.

Fece un respiro profondo, mentre metteva a posto l'ultimo fascicolo. D'un tratto desiderò di non aver udito neanche la metà di quelle parole che ora rimbalzavano su e giù nella sua testa, facendole salire i nervi. Provò a ricomporsi, senza successo. Era preoccupata, stizzita, agitata e...
«Ciao Charlotte. Che sorpresa trovarti qui.»

Si voltò lentamente, sforzandosi di sorridere. Penelope Coughlan, i capelli biondi perfettamente acconciati e il portamento impeccabile, se ne stava a braccia conserte, squadrandola con i suoi occhi chiari. Dietro di lei Samantha Fitzhugh scuoteva energicamente la mano a destra e a sinistra nella sua direzione, con un gran sorriso. Con il suo viso tondo, i capelli bruni dalle punte ramate, le ciglia voluminose, la corporatura snella e un briciolo in più di cervello, sarebbe stata una donna altamente desiderabile. Peccato che l'ultimo elemento mancasse decisamente all'appello.
«Ciao Penelope. Stavo per dire lo stesso.»

Calcolò l'approssimativa distanza dallo scaffale alla porta. Così, a vista d'occhio, dovevano essere dieci passi o giù di lì.
«Lo sai, credevo che ti avessero assegnata alla sezione investigativa Malfoy. Dopo tutti quei casi che hai risolto...» osservò ironica la donna di fronte a lei, incurvando un po' di più le labbra. «Invece guarda un po': Sherlock Holmes se ne sta a riordinare fascicoli in un archivio. Un vero peccato, non trovi?»

Dovette rammentare a se stessa che commettere un omicidio non sarebbe stato furbo, anche se avrebbe volentieri tirato fuori la sua bacchetta. Solo un innocente schiantesimo, tanto per scaraventarla a terra e rovinarle quella stupida acconciatura facendo sparire quell'irritante sorrisetto. «Si dia il caso che stessi facendo lo stesso anche tu, Coughlan.»
«Curioso come tu riesca a mantenere ancora la tua impassibilità. Forse non hai sentito le voci...»

Penelope si avvicinò a lei, sotto gli occhi curiosi di Samantha. Charlotte non si mosse, mantenendo lo sguardo fisso sulla sua avversaria. Quest'ultima raggiunse presto il suo orecchio e scandì piano ogni parola.
«In giro si mormorano tante cose sul tuo conto, mia cara. Si pensa che tu e Theseus Scamander abbiate una relazione, anche piuttosto seria. La gente vi adora. Sherlock e Watson, la brillante coppia di investigatori... siete su tutte le copertine. Ma quale scandalo sarebbe, se qui al Ministero si venisse a sapere davvero qualcosa...»

Era la cosa più ridicola che avesse mai sentito. Eppure nonostante ciò, Charlotte Malfoy la fulminò con un'occhiata, mentre Penelope si ritirava con aria trionfante. «Ad essere sincera, non credo tanto a quello che scrivono nelle riviste. I giornalisti esagerano sempre. Una donna come te insieme a uno come lui... sembra impossibile, non trovi?»
«Allora è questo che vuoi? Che io mi allontani da lui perché tu muori dalla gelosia?»

Questa volta fu lei a fare un passo avanti. La Coughlan strinse i denti, senza smettere di fissarla. La sua espressione divenne furiosa. Samantha trattenne il fiato.
«È così, non è vero? Sono per caso un'intralcio ai tuoi obbiettivi, Penelope?»
«Sei solo fastidiosa e insignificante...»
«Allora tira fuori quella cazzo di bacchetta e falla finita» replicò con decisione. «Avanti, finiscimi. Uccidimi, se preferisci.»

Il silenzio che seguì non solo fu teso. Fu teatro di sguardi furenti e impazienti, di sgomento e prepotenti battiti di cuore. Ma Penelope Coughlan non alzò nemmeno un dito. Non sfilò la bacchetta dal fodero, né ribatté alle sue provocazioni. Se ne stette a guardarla in cagnesco, sul finire del grosso scaffale, la luce della piccola lampadina a illuminarle i lineamenti resi rigidi dall'ira.
«Come immaginavo» affermò Charlotte, rompendo finalmente il silenzio. Fu un sollievo per la povera Samantha, spettatrice taciturna, che tornò finalmente a respirare. «Lo vedi, Penelope, è questo il tuo problema. A parole sei davvero brava, bisogna ammetterlo...» fece una pausa, percorrendo vittoriosa la figura della donna dal basso verso l'alto, «... ma con i fatti fai piuttosto pena.»

Penelope pareva infuriata, ma a lei poco importava. Le rivolse il sorriso più sfacciato che trovò, spostando la sua attenzione su Samantha Fitzhugh. «Oh, e per la cronaca Newt Scamander è felicemente fidanzato. E se fossi in te non andrei contro la sua ragazza», disse, deludendo la mora che sbatté più volte le lunghe ciglia, inclinando leggermente la testa per la sorpresa.
«Ora con permesso» disse, afferrando le sue cose. Salutò entrambe con un sorriso, poi girò sui tacchi e uscì dalla porta, assaporando la soddisfazione.

Probabilmente Penelope gliel'avrebbe fatta pagare, ma quanto le poteva interessare? Aveva cose più importanti alle quali pensare, ma l'avrebbe sfidata altre mille volte se fosse stato necessario, difendendo se stessa e anche Theseus dai suoi stupidi giochetti e dai ridicoli pettegolezzi sul loro rapporto. Aveva scelto la persona sbagliata alla quale lanciare il guanto.

Chi ride ora, Miss Gelosia?

SPAZIO AUTRICE

In ritardo di un paio di giorni, ma sono riuscita a pubblicare anche questo capitolo, il primo di diversi dal punto di vista della nostra Charlotte. Sono davvero super emozionata di farvela conoscere a trecentosessanta gradi, sul serio. Ho studiato il suo personaggio per mesi e mesi per arrivare a questo punto. Posso solo dirvi che sarà centrale in questo sequel.

Detto ciò, i nostri Sherlock e Watson indagano, ma le distrazioni sul lavoro sembrano essere all'ordine del giorno, così come le rivalità. In questo capitolo avete conosciuto Penelope Coughlan, alias "Miss Gelosia"... impressioni negative o positive? Me lo direte voi. 👀

Spero che fino a qui il sequel vi stia appassionando e che dire se non... alla settimana prossima! ❤
- Mavi.

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