30. 𝐍𝐞𝐥 𝐛𝐞𝐧𝐞 𝐞 𝐧𝐞𝐥 𝐦𝐚𝐥𝐞

THESEUS' POV

«D'accordo, facciamo il punto della situazione.»
Charlotte trascinò la bacheca al centro della stanza. Theseus, sommerso da fascicoli e carte, fogli e schemi impreziositi da appunti a matita, seguiva ogni movimento della ragazza appollaiato sul tavolo.
«Abbiamo due delitti avvenuti a distanza di poche settimane l'uno dall'altro. Le vittime: Yusuf Kama, discendente diretto di una stirpe di purosangue francesi, e Abraham Whetley, anche lui mago purosangue, ricco e quasi sicuramente collegato alla cerchia di Gellert Grindelwald, dato che alcuni documenti trovati nel suo studio suggeriscono che gestisse una parte dei suoi affari.»

Charlotte Malfoy afferrò i referti delle due autopsie e li appese accanto a ciascuna vittima.
«Yusuf Kama è morto intorno alla mezzanotte tra il due e il tre marzo, dopo essere stato visto in un osteria di Parigi insieme a un misterioso individuo. Sappiamo per certo che i due hanno avuto una conversazione, di cui l'oste ha udito solo pochi passaggi perchè indaffarato a badare al gruppo di giocatori d'azzardo ubriachi ai quali, e cito testuali parole: "I boccali parevano non bastare mai".»
«Qui c'è scritto che l'oste ha sentito chiaramente pronunciare il nome di Gellert Grindelwald.»
«E questo ci porta ad Abraham Whetley. Assassinato nella sua villa sempre nella notte, ma esattamente quattro settimane dopo, il trentuno marzo. Whetley teneva molti documenti riservati nel suo studio, tra cui i certificati di diversi prestiti e contabilità varia, non solo sua. Inoltre, teneva elenchi e contatti di professionisti del settore criminale in una fessura sotto un asse del pavimento, dettaglio piuttosto incriminante. Tre giorni prima della tragedia, Whetley riceve una lettera da Vinda Rosier, nella quale viene chiesto esplicitamente di eliminare un soggetto a cui sono riuscita a risalire.»

Detto ciò, la ragazza sfilò la pagina di un giornale dal mucchio di carte che invadeva il tavolo e gliela allungò con un espressione soddisfatta. Lui fece passare gli occhi da lei all'annuncio stampato.
«Nei giornali che mi hai fatto avere ho trovato questo inserto. Il riferimento è a una notizia riportata da un giornale tedesco, Die Teufelin. Quell'uomo che vedi nella foto è un prigioniero evaso dal carcere magico di massima sicurezza dello Zugspitze. L'episodio sembra essere accaduto a metà febbraio. Stando a quanto riportato dalle Divisioni Auror locali, il nostro amico è ancora latitante. Sfortunatamente abbiamo il suo viso e non il suo nome. Ma il tutto corrisponde a quello che Vinda Rosier ha scritto nella lettera. Per qualche ragione quest'uomo era un ostacolo per Grindelwald, e come tale andava eliminato.»

Mentre le orecchie prestavano attenzione alla sua collega, i suoi occhi si soffermarono sull'uomo dentro la cornice da ricercato. Aveva degli stranissimi lineamenti, il volto segnato dalle cicatrici e uno sguardo fermo e penetrante. Gli fece un'insolita impressione. Pareva quasi sorridere, come a voler saltare fuori dal foglio.
«Di sicuro questo tizio non ha un'aria amichevole» commentò, restituendo a Charlotte l'annuncio.
«Ho chiesto ad Amis di cercare più informazioni su questa storia. Ad ogni modo, tornando a noi. Entrambe le vittime sono state uccise nello stesso modo, e cioè con una letale coltellata alla gola. Kama è stato fatto fuori presumibilmente poco dopo essere uscito dall'osteria. Lui e il nostro misterioso uomo dal coltello d'argento hanno girato in un vicolo e sono scomparsi alla vista sia dell'oste che di Dermot Duhamel. Sappiamo invece che tra Whetley e il suo assassino c'è stato uno scontro corpo a corpo dai segni lasciati dall'arma del delitto su mobili, pareti e documenti. Ucciso Whetley, l'assassino ha rubato il contatto dell'uomo che Grindelwald aveva ingaggiato per sopprimerlo.»
«Fin qui la faccenda è chiara.»
«Abbiamo due opzioni. Opzione numero uno: l'uomo dal coltello d'argento da cui ci ha messi in guardia Kama ha ucciso prima lui e poi Abraham Whetley. Opzione numero due: ci troviamo di fronte a due assassini. Abbiamo elementi a favore di entrambe le teorie. Per la prima c'è il metodo d'azione e le piume di corvo trovate su entrambe le scene del crimine, a cui in verità sto ancora cercando una convincente spiegazione. Per la seconda, la diversa conformazione delle ferite sui cadaveri e la famosa questione del terzo uomo.»

Charlotte si avvicinò di nuovo al tavolo e frugò in mezzo al mare di carta, estraendone stavolta le sue copie delle testimonianze dell'oste e di Dermot Duhamel. Più che a dei rapporti somigliavano alle bozze di un romanzo, rivedute e corrette fino allo sfinimento. Gli mise quella dell'oste sotto il naso, come se non l'avessero letta insieme almeno un milione di volte e lui si fosse completamente dimenticato del contenuto.
«È davvero necessario che la tenga in mano?»
Lei lo ignorò, proseguendo il suo discorso. «Dermot Duhamel ha affermato di essere uscito dall'osteria e aver imboccato la strada per tornare da sua nonna. Era scosso, e quando gli ho chiesto se aveva sentito qualcosa mi ha detto di no. La paura gioca brutti scherzi, credo che Duhamel abbia detto la verità. Forse ha sentito qualcosa ma non ricorda la situazione con precisione, solo alcune sensazioni. Subito dopo di lui esce l'oste. L'oste ha un ottimo udito, perché sente due voci in un vicolo non molto distante. Ma cosa più importante, vede un uomo arrivare e dirigersi verso quello stesso vicolo.»

Theseus riflettè. Ripassò l'interrogatorio di Dermot Duhamel e le parole di Charlotte. Un sospetto gli si affacciò alla mente, ma volle attendere che la sua collega terminasse il proprio ragionamento.
«Circa cinque minuti dopo che l'oste è rientrato, nell'osteria compare un nuovo viso, che si accomoda allo stesso tavolo dove se ne sta Isaac Van Bosen. E qui voglio mettere in pausa per un attimo il tutto e aprire una parentesi. Tieni questa.»
Passò lui anche la testimonianza di Duhamel, che lui afferrò osservando nel frattempo la donna sfogliare frenetica le pagine della sua agenda. Allungò un occhio nella speranza di carpire almeno qualche parola. Fu più forte di lui.

Lei se ne accorse e chiuse il quaderno con un gesto secco, tenendo però il segno con il dito. Lo squadrò con un'occhiata gelida prima di parlare.
«Sai che non è carino spiare i segreti degli altri?»
«Pensavo tenessi solo appunti legati ai casi, in quel quaderno... Quindi è una specie di diario?»
«In ogni caso non è niente che ti riguardi.»
«Non c'è niente di male, lo sai? Puoi anche ammettere di avere dei pensieri per la testa e volerli semplicemente buttare giù. È una cosa normalissima e non comprometterà per sempre la tua immagine, credimi.»
Charlotte sbuffò. «Sai che a volte sei davvero insopportabile?»
«Ho anche dei difetti purtroppo.»

Lei roteò gli occhi per evitare di mettergli le mani al collo. Theseus la fissò sorridendo e scuotendo la testa. L'orgoglio di Charlotte la spingeva sempre a fingere ostilità di fronte a qualunque cosa, concreta o astratta, che la avvicinasse troppo a tutto il resto delle persone. Gli sarebbe piaciuto sbirciare in quel quaderno, non solo per avere un'idea di cosa passasse sul serio per la testa di quella donna, ma anche perché a volte aveva il presentimento di non conoscere affatto chi fosse Charlotte Malfoy. In due anni, lei gli aveva sempre mostrato il suo lato più deciso ed entusiasta, senza lasciar trapelare quasi nulla riguardo alle altre emozioni che affollavano il suo essere. Theseus era sicuro che, frugando lì dentro, avrebbe tirato fuori una persona completamente diversa da quella che appariva in superficie. Una donna più insicura, più vulnerabile.
Insomma, aveva sempre avuto l'impressione che Charlotte fosse in realtà come uno di quei dolci dalla scorza dura e il cuore morbido, o come un bellissimo minerale prezioso che aveva solo bisogno di essere maneggiato con cura.

Siccome la donna pareva non essere intenzionata a parlare, toccò a lui riprendere il discorso da dove lo avevano interrotto. Aveva intuito da un pezzo dove Charlotte volesse andare a parare. Aveva pensato e ripensato alla serata in quel locale, al brindisi, agli sguardi di complicità e ai momenti in cui l'aveva sorpresa mentre lo fissava, al quel loro piccolo e alquanto sconveniente scambio di battute mentre lei attendeva il proprio drink...
E alle informazioni che avevano ottenuto grazie a Sebastian, naturalmente.
«Quindi» esordì, schiarendosi la voce per attirare l'attenzione di lei, «parlavamo dell'omicidio di Ivan Krum.»
«Infatti ho qui i miei...» Charlotte s'interruppe. Per un attimo lo fissò, metà tra l'attonito e lo scettico. «Aspetta un attimo, come facevi a sapere che stavo cercando gli appunti sull'omicidio di Krum? Io... non te l'ho mai detto.»
Theseus scrollò le spalle. «Un po' di fortuna, ma soprattutto deduzione.»

Gli piacque quella leggera punta di sorpresa che percepì nella voce di Charlotte. Negli ultimi tempi capitava sempre più spesso che riuscisse a coglierla alla sprovvista. Scherzava spesso con lei sul fatto che talvolta sottovalutasse la sua intelligenza, ma forse quell'affermazione non era tanto distante dalla verità.
Lei tornò impassibile. «Era piuttosto facile indovinare» convenne infine, ostentando la propria superiorità in maniera piuttosto divertente.
«Può darsi.»
Charlotte decise una volta per tutte di ignorarlo e proseguire. «Voglio aprire una parentesi sull'omicidio di Ivan Krum perché credo che ci sia un collegamento.»
«Krum non è stato ucciso vent'anni fa? Come può essere collegato ai nostri casi?»
«Tu ascolta e poi ne riparliamo.»

Charlotte fece un passo verso la bacheca con l'agenda aperta sotto gli occhi. Theseus si mise in ascolto dell'ennesimo resoconto di un delitto.
«Ivan Krum, età, quarantacinque anni, di professione, presumibilmente alchimista. Secondo quanto è riuscito a recuperare il tuo amico Sebastian, Krum è stato ucciso in casa sua dopo essere stato ricattato dal nostro caro Isaac Van Bosen. Il motivo: Krum possedeva delle riservatissime informazioni che interessavano sia al Ministero che ai superiori di Van Bosen. Secondo i testimoni, la lite è avvenuta qualche giorno prima della tragedia, e fu per questioni finanziarie. Si sa per certo che Ivan Krum acquistasse sostanze per i suoi esperimenti da Van Bosen, e che si fosse indebitato parecchio con quest'ultimo. Isaac Van Bosen minacciò il suo cliente di rivelare quello che sapeva se Krum non avesse saldato il suo debito entro quella settimana. Ivan Krum si guardò bene dal farlo, le informazioni trapelarono e arrivarono fino a un giovane ma già ambizioso Gellert Grindelwald, che mandò il suo allora più fedele seguace a casa dell'alchimista nella speranza di ottenere forse qualcosa in più, qualcosa che nemmeno Van Bosen aveva saputo.»

A quel punto Charlotte gli si rivolse, come per verificare che stesse ancora seguendo e avesse chiara l'intera faccenda. Lui rispose al suo sguardo con uno altrettanto imperscrutabile, cosa che diede a Charlotte la risposta che cercava.
«Bene, nessuna domanda. Quindi ora posso spiegarti perché il caso Krum è più rilevante di quanto sembri. C'è un elemento che accomuna tutti e tre questi delitti, ma che compare sempre in modo indiretto e ogni volta in modo diverso.» Charlotte estrasse la sua bacchetta e picchiettò con essa una fotografia sulla bacheca. «Signore e signori, ecco il nostro legante. Gellert Grindelwald.»
«Magnifico» mormorò Theseus, che non prese benissimo la notizia.
«Che ci piaccia oppure no, lui è la nostra chiave. Se analizzi con attenzione tutti e tre i delitti come ho fatto io scopri delle sorprendenti analogie. Nel caso di Kama, il nome di Grindelwald è stato chiaramente udito dall'oste, il che significa che o il nostro amico o il misterioso individuo che era con lui quella sera era interessato a qualcosa che lo riguardasse. Nel caso di Whetley, Grindelwald ha ordinato alla vittima di contattare un sicario per far fuori un uomo da lui ritenuto un ostacolo. Per quanto riguarda Ivan Krum, Grindelwald mandò uno dei suoi seguaci più fedeli a raccogliere le informazioni, che con molta probabilità non gli vennero date.»

C'era qualcosa di assurdo in tutta quella faccenda, qualcosa che sembrava attirare Charlotte in modo particolare. Non l'aveva mai vista così coinvolta da un caso tanto quanto in quel momento. La giovane Malfoy amava il suo lavoro tanto quanto lui, ma per lei non si trattava solo di onore alla professione. Quel bagliore nei suoi occhi... Era come se Charlotte vedesse tutto quello che vedeva lui ma in maniera unica, come se stesse sfidando non solo la logica ma anche se stessa.
«Ricordi quando abbiamo fatto il ragionamento sui moventi? Alla luce di quello ho capito che forse non dobbiamo considerare separatamente le nostre teorie, Theseus. Dobbiamo metterle insieme, sovrapporle. Abbiamo due delitti, presumibilmente due assassini. E abbiamo anche il caso Krum, che ci aiuta a spiegare un dettaglio fondamentale. Mi è venuto in mente ripensando a una cosa che hai detto mentre discutevamo sull'omicidio di Whetley: hai nominato la sorella di Tina, osservando che forse a uccidere Whetley era stato un seguace dissidente. Ora, chi fu incriminato per l'omicidio di Ivan Krum?»
«Il seguace di Grindelwald che allora gli era più fedele, se non ricordo male.»
«Ricordi bene. Fu visto entrare in casa di Krum, e fu l'unico. Fu colto dalle autorità e rinchiuso in cella. E Grindelwald non fece nulla per impedire che questo accadesse, nonostante dichiarasse che quell'uomo era il più fedele tra i suoi seguaci. La conclusione è spontanea.»

Theseus alzò un sopracciglio. Cercò di cogliere la risposta dalla convinzione sul viso di Charlotte, dalle fotografie sulla bacheca, dalle parole della donna... E infine vi arrivò.
«Questo tizio vuole solo vendicarsi... Vuole vendicarsi di chi lo ha fatto rinchiudere.»
L'altra accennò un sorriso. «Molto bene, Watson. Se questo è vero, vorrebbe dire che in qualche modo il nostro uomo è in libertà. Ma risulta impossibile, dato che è dietro le sbarre. A meno che...»
«A meno che non sia evaso di prigione...»
«Il che ci riporta dove abbiamo iniziato, e cioè all'inserto sul giornale.»
Non c'erano molte parole per descrivere quell'intuizione. Non era solo acuta, era geniale.
Charlotte era geniale.

Orgogliosa della sua deduzione, Charlotte prese la fotografia che aveva ritagliato dall'inserto e la appese accanto a quella di Gellert Grindelwald al centro della bacheca. «Osservalo bene: potrebbe benissimo corrispondere all'uomo all'uomo che si trovava con Kama la sera della sua morte. Ti dirò di più, forse non aveva cattive intenzioni. Penso anzi che cercasse una specie di collaborazione con Kama. Se in qualche modo sapeva che lui aveva combattuto con noi contro Grindelwald, tutti i pezzi vanno al loro posto. E Kama? Il mio istinto mi suggerisce che avesse dei sospetti riguardo a questo tizio. Ha declinato la sua proposta, ma non voleva rinunciare a scoprire chi gliel'avesse fatta. E così, ha pensato bene di ingaggiare noi due. Ha ritirato il conto e di nascosto vi ha scritto sopra un avvertimento, all'insaputa del suo compagno, uscito prima di lui, che non sospettava assolutamente nulla.»
«Quindi lo abbiamo trovato.»
Charlotte fece un cenno d'assenso. «Manca ancora qualche prova, ma penso che sì, abbiamo trovato il nostro Uomo dal coltello d'argento. Che non ce l'aveva con Kama, ma con Grindelwald, per averlo fatto incriminare e rinchiudere e non aver alzato nemmeno un dito con l'intenzione di farlo scagionare. Ecco la spiegazione ai tagli di natura diversa: quest'uomo era presente sulle scene del crimine. Ha ucciso Abraham Whetley che era in combutta con Grindelwald per sopprimerlo, ma non ha ucciso Kama. E il motivo è semplice: come noi, quest'uomo punta a spodestare il nostro nemico. Cosa avrebbe guadagnato assassinando un uomo che perseguiva il suo stesso obiettivo? In termini pratici, un bel niente. Non trovavamo un movente perché in effetti, il movente non c'era.»

La giovane Malfoy fece due passi indietro portandosi di fianco a lui, che nel frattempo si era alzato in piedi. Percorse con gli occhi la bacheca, guardandola come si guarderebbe un figlio appena partorito.
«Dobbiamo trovare quest'uomo» affermò con decisione. «E dobbiamo trovare anche Isaac Van Bosen, in fretta, per capire perché era a Parigi quella sera e soprattutto, con chi ha parlato. Sento che siamo abbastanza vicini alla soluzione...»
Theseus la fissò di sottecchi, poi tornò a studiare la bacheca insieme a lei. «Non lo so...»
«Che intendi con: "Non lo so"?»
«Tutte le tue osservazioni sono geniali, Charlotte, sul serio. E sono sicuro che siano corrette, in parte o interamente. Insomma, perché non potrebbero esserlo? Ma ho come la sensazione che ci stia sfuggendo qualcosa... che ci sia ancora un grosso buco da riempire. Capisci cosa intendo?»

Esaminarono l'uno l'espressione dell'altra per una buona decina di secondi, finché Charlotte non tirò un sospiro rassegnato, abbassando la testa.
«Sì. Sì, lo capisco» ammise.
«Quindi hai il mio stesso presentimento?»
La bionda esitò, stringendosi nelle spalle. «Per quanto io sia fiera e sicura delle mie intuizioni? Sì, ho il tuo stesso presentimento.»
Seguì un attimo tesissimo di silenzio in cui nessuno dei due osò aggiungere altro.

Dopo quei secondi che parvero durare in eterno, Charlotte fissò lo sguardo sul pavimento. Camminò un po' su e giù per la stanza con le mani sui fianchi, finché non decise di tirare fuori uno dei manichini che avevano utilizzato per gli addestramenti. Lo lasciò fluttuare e si portò dall'altra parte della stanza, poi iniziò a lanciarvi una serie di incantesimi contro.
«Che stai facendo?»
«Sfogo la mia frustrazione in modo costruttivo, ecco che cosa faccio.»
Lasciò andare gli appunti che teneva in mano, piuttosto confuso dal repentino cambio di atmosfera. Osservò gli incantesimi sfiorare la pancia del manichino, colpire il suo braccio o la sua testa, ma mai il cerchio rosso nel mezzo. Questo perché ognuno di quei colpi era lanciato con una buona mira, ma una potenza troppo alta, che contribuiva a deviarli nelle più svariate direzioni.
«Sai che in quel modo non prenderai mai il bersaglio, vero?» Fu il suo commento spontaneo.
Lei fece una pausa, voltandosi a guardarlo. «Senti, ho solo bisogno di concentrazione. Se stessi zitto per i prossimi due minuti mi faresti un grande favore.»

Detto ciò, Charlotte ricominciò a lanciare incantesimi e a mancare di continuo l'obiettivo. Theseus riordinò il tavolo separando gli articoli, i rapporti e le fotografie e ascoltando il suono dei colpi che s'infrangevano regolari sul corpo del povero manichino. Provò un po' di pietà per quello sfortunato oggetto inanimato, entrato nelle grinfie della bionda per puro caso.
Controllò l'ora, rassegnato all'idea che Charlotte non si sarebbe mossa fino a che non avesse colpito il cerchio. Avrebbe potuto semplicemente lasciarla lì e andarsene da Amis per aggiornarlo.
Invece, il suo istinto gli suggerì di fare l'ultima cosa che si sarebbe sognato.
Avvicinarsi a lei, piano, così da aiutarla.

Percepita una presenza alle sue spalle, lei trasalì. Quei due bellissimi occhi sgranati che si fissarono nei suoi lo resero instabile, e fu in quel momento che temette di poter mandare tutto all'aria. Perseverare o battere in ritirata, la scelta era sua.
Una parte di lui fremeva per correre il rischio. La sentiva scalpitare, implorargli di andare un po' più vicino.
E alla fine ebbe la meglio.
«Posso?»
Charlotte non rispose, ma non si ritirò come aveva fatto l'ultima volta, sempre lì, in quella stessa stanza. Era stata una situazione totalmente diversa, ma forse non così tanto.
La ragazza gli diede le spalle e il segnale che gli serviva. Si mosse con cautela, spingendole il braccio teso un po' più in alto, poi un po' più in basso, prendendo la mira per lei. Con un orecchio sentiva i respiri di Charlotte, con l'altro i battiti del suo cuore. Scoprì con sua enorme sorpresa che i capelli della ragazza profumavano di uno strano ma gradevole misto di menta e lavanda.
«Bene, ferma così... Ora tira, ma dosa meglio la forza che imprimi nell'incantesimo.»

La lasciò andare, muovendo un passo indietro. In quello stesso istante, Charlotte lanciò un incantesimo che colpì il bersaglio dipinto al centro del manichino.
Quando i loro sguardi si incrociarono di nuovo, lui abbozzò un mezzo sorriso.
«A volte non è solo questione di precisione. Bisogna mettere la giusta potenza, o l'incantesimo cambierà traiettoria.»
La sua affermazione rimase sospesa. Il riso che era comparso sul suo volto sfiorì non appena comprese che c'era qualcosa che non andava in quell'opprimente silenzio, nell'espressione di lei, forse arrabbiata, forse terrorizzata. Charlotte continuava a fissarlo senza dire una parola, o come se stesse cercando le parole, ma avesse dimenticato come tirarle fuori.
«Va tutto bene?»

Lei non rispose. Lo oltrepassò, afferrando il suo cappotto e il quaderno e avviandosi verso l'uscita. Gli balenò in testa l'idea di fermarla. Non seppe bene perché scelse di ignorarla.
«Perché hai preso un permesso di mezza giornata?» Le domandò, al posto di chiederle di restare o, più semplicemente, di imbastire qualche scusa decente.
«Lo chiedi come se io fossi in dovere di comunicarti quello che faccio» replicò lei quasi stizzita, come se la voce di lui tutto a un tratto le fosse nociva.
«Perdonami se mi interesso a te o alla tua salute!»
«Forse serve qualcuno che le ricordi che interessarsi troppo delle faccende private dei propri dipendenti è decisamente poco professionale, signore.» Rimarcò di proposito quell'ultima parola, perché lui si sentisse in colpa e si rimangiasse le sue parole.
«Non farò ritorno fino a stasera. Indagherò sui punti di domanda che ci sono rimasti, le piume di corvo...»
«Bene, perché io richiamerò Dermot Duhamel per fargli due domande.»

Riuscì a scegliere il momento peggiore per parlare, come al solito. Forse sperava di poter sciogliere la tensione. Peccato che ottenne l'effetto contrario. Il guaio vero era che nemmeno lui ormai sapeva più perché diceva certe cose o agiva in un certo modo. Cominciava a detestare la sua impulsività.
«Come, scusa?»
«Farò quello che ho detto perché credo che Duhamel ci stia nascondendo qualcosa. Se è vero quello che dici e l'uomo dal coltello d'argento non ha ucciso Kama, allora chi è stato? C'è una percentuale di possibilità che sia stato il terzo uomo. Duhamel afferma di essere uscito dall'osteria, ma non abbiamo nessuna prova. Potrebbe avere tranquillamente fatto il giro ed essere sbucato dall'altra parte nel momento in cui l'oste usciva. Il tempismo non è stato ottimale, ma essendo riuscito a non farsi riconoscere, nessuno avrebbe sospettato di lui e Duhamel potrebbe aver inseguito Kama e averlo ucciso. Potrebbe aver mentito anche sull''aver visto il coltello in mano all'uomo che era con Kama. Un depistaggio in piena regola.»
«No, Duhamel ha detto la verità. Lo hai visto anche tu. Era spaventato, e lo era anche la sera dell'omicidio...»

Ora si trovavano faccia a faccia di fronte alla porta. Nessuno dei due se ne sarebbe andato, non finché quel discorso non fosse stato concluso.
«Lo hai detto tu che non possiamo escludere niente. Certe persone sono molto brave a mentire mostrandosi come vittime.»
«Sì, ma mentre parlava Duhamel è impallidito, e faceva quasi fatica a respirare. Tu non lo hai osservato...»
«L'ho osservato eccome.»
«Tamburellava le dita sul ginocchio e batteva il piede a terra. Cercava di reprimere la propria paura, ma il suo corpo lo tradiva...»
«Perché sei così convinta che Duhamel stia dicendo la verità?»
«Perché quelle sono tutte cose che fanno le persone che soffrono di attacchi di panico!»

Rimasero entrambi di sasso. Si studiarono a fondo. Non c'era più rabbia negli occhi di Charlotte, i suoi lineamenti non erano più tesi come qualche minuto prima. In quel momento, Theseus percepì qualcos'altro, qualcosa di simile a una sorta di terrore. Gli si strinse il cuore, e solo allora si rese conto di aver superato il limite. Si sentì in colpa, ma riuscì a mantenere un minimo di senno, cosa che lo aiutò a riflettere. Aveva già visto quell'espressione sul viso di lei, due volte. La prima a villa Whetley, quando lei era scappata chissà dove dopo aver visto una macchia di sangue sul foglio che avevano trovato sotto il pavimento; la seconda, in quella stessa stanza, quando si era accorto delle occhiaie e le aveva chiesto da quanto non dormisse, tentando di avvicinarla. Ripercorse quei due momenti, li confrontò con quanto aveva davanti agli occhi in quell'istante. E finalmente riuscì a decifrare l'indecifrabile.
Quello non era solo il terrore di chi aveva detto una parola di troppo.
Era il terrore di chi sapeva di essersi esposto, di essere ormai alla luce del sole e non potersi più nascondere.

Prima che potesse ribattere o avanzare qualunque osservazione, Charlotte distolse lo sguardo e scosse la testa, cercando di reprimere le proprie emozioni.
«Me ne vado. Ho una persona che mi aspetta», disse.
«Charlotte...»
«Non mi interessa. Fa' come credi. E sappi che le persone impaurite in quel modo soffrono e basta. Non c'è spazio per nessun altro pensiero che non sia doloroso.»
Non c'era traccia del suo solito tono tagliente. La sua voce era bassa, una sorta di sussurro, e Theseus ebbe l'impressione che s'incrinasse sulle ultime sillabe.
«Charlotte... Charlotte, mi dispiace davvero, io...!»
Nulla da fare. La donna aveva già chiuso la porta, non si era neppure guardata indietro. Lo aveva lasciato lì, con i suoi rimorsi e le sue preoccupazioni. Lo aveva abbandonato con una domanda che non faceva che tormentarlo.

Perché non mi hai mai parlato del tuo dolore?

Il resto della sua giornata furono tormenti e domande, e poi altri tormenti e altre domande.
Sbrigò una serie di controlli di routine in giro per il Dipartimento mentre si chiedeva costantemente se ci fosse stato qualche segnale che avrebbe potuto comprendere per tempo. Discusse con tutti i generali delle squadre investigative, mentre sentiva il suo cuore piangere per essere stato così ingenuo, così cieco.
Andò da una parte all'altra del Ministero con la speranza di scorgerla nei suoi angoli preferiti che anche lui conosceva a memoria, illudendosi che lo stesse attendendo rifugiata in uno di questi.
Tutto inutile. Se n'era andata e si era portata via tutto quello che lui non era riuscito a vedere. Oltre ad essere una pessima persona, aveva scoperto di essere anche un pessimo amico.

Tornato nel suo ufficio ebbe modo di constatare che metà della sua giornata era trascorsa senza che lui quasi se ne accorgesse. Non aveva mai trascurato tanto il mondo reale. Si sentiva esausto, vittima di un supplizio che si era creato da solo, come accadeva sempre.
Da quanto tempo andava avanti? Perché vergognarsene così tanto da tenerlo celato a chiunque? Qual era la grande paura che la rendeva fragile, la tormentava? Avrebbe tanto voluto avere tutte le risposte. Tuttavia, a parte punti interrogativi, non aveva altro.
Una parte di lui lo spingeva a pensare al peggio, e Theseus desiderò metterla a tacere. Ma l'ottimismo non gli era mai calzato, nemmeno da bambino. Gli serviva una distrazione e gli serviva al più presto. Qualunque cosa, pur di non pensare a lei, a loro, a tutti gli sbagli a cui forse non poteva rimediare.

Lasciò la porta socchiusa e si sedette alla scrivania. Si accertò di non avere comunicazioni urgenti da leggere e prese un foglio dal cassetto. Con la penna imbevuta d'inchiostro iniziò ad abbozzare qualche parola, nella speranza di ricavarne una degna lettera di risposta.

Gentile signora Costela,
le scrivo per informarla che ho ricevuto la sua lettera...

Accartocciò il foglio e lo gettò di lato, ne prese un altro e decise di provare un approccio diverso, più familiare.

Cara signora Costela,
ho ricevuto la sua lettera e mi sono sentito in dovere di risponderle...

Era peggio della prima. Di nuovo, Theseus accartocciò il foglio e ricominciò a scrivere la lettera dall'inizio.

Venti minuti e dieci fogli appallottolati più tardi, il maggiore degli Scamander ripose la penna nel calamaio, passandosi una mano tra i capelli. In quello stesso istante la porta dell'ufficio si aprì, facendolo sobbalzare leggermente.
«Perdonami, non volevo spaventarti. Posso entrare?»
Per fortuna era solo Amis. Con un cenno invitò il suo consigliere a entrare.
«Vieni, Amis, entra pure.»
L'uomo si chiuse la porta alle spalle. Nel frattempo, Theseus si affrettò a raccogliere quello che rimaneva dei suoi sforzi, attirando la curiosità dell'altro uomo.
«È un brutto momento?»
«Oh, no, stavo solo...» S'interruppe, guardando la pallina di carta che teneva in mano. «Non importa. Hai qualcosa per me?»
«In realtà devo solo parlarti.»

La serietà con cui gli si rivolse lo lasciò piuttosto sorpreso. Amis era sempre stato un uomo tutto d'un pezzo, che non si scomponeva mai e trovava il sangue freddo e il modo giusto di affrontare ogni situazione complessa (o quasi). In quel momento colse in lui però una punta di apprensione che lo mise sull'attenti.
«Di che si tratta? Problemi con l'organizzazione? Hai trovato qualcosa sull'uomo dell'annuncio? Dimmi che Tina e Sam non hanno detto nulla...»
«Non è il lavoro, e Tina e Sam non hanno parlato di nulla dopo che gli abbiamo raccontato del caso. Si tratta di Charlotte.»
Fece finta che la cosa non lo toccasse, quando lo toccava eccome, tanto che nel sentire il suo nome alzò immediatamente la testa. «Perché ne parli con me e non con Charlotte?»
«Perché c'è qualcosa di strano in lei, e so che lo hai notato anche tu.»

Rimase in silenzio, con gli occhi fissi sul suo consigliere che era ora a due passi dalla scrivania. Lo ascoltò simulando una sorta di distacco. Per ogni parola pronunciata da Amis tuttavia, il suo cuore piangeva una lacrima.
«Questa mattina l'ho incontrata, prima che andassimo in pausa. Era seduta alla sua scrivania, ma sembrava... diversa dal solito. Era assorta, estraniata. Quando mi ha visto ha sussultato. Io ho fatto finta di niente, l'ho salutata, abbiamo parlato un po'. Il suo viso sembrava spento, la sua felicità... Come posso descriverlo?»
«Forzata?» Azzardò.
«Sì, esatto, forzata! Oh, e sono sicuro che si sia asciugata una lacrima mentre discutevamo. Ci scommetterei fino all'ultimo galeone. Non è la prima volta che la vedo così spenta.» Sicuro di avere tutta la sua attenzione, Amis continuò. «Credo stia soffrendo molto per qualcosa, Theseus. Sono preoccupato per lei.»

Anche lui era preoccupato per Charlotte, da morire. La consapevolezza che lei stesse affrontando un dolore chissà quanto grande da sola, e soprattutto quella del fatto che non volesse nessun aiuto, nemmeno il suo, lo logorava. In più, soffriva perché era evidente che lei si fidasse di lui, ma non abbastanza da aprirgli la finestra che affacciava sulle sue paure più grandi, sulle sue più profonde pene.
Passò in rassegna tutte le volte in cui lui e Charlotte avevano discusso, tutte le volte in cui si erano sputati veleno addosso per non dirsi la verità. Davvero era questo quello che volevano? Allontanarsi sempre di più l'uno dall'altra per colpa dei silenzi che avevano paura di colmare con le parole? Cosa ne sarebbe stato delle promesse, dei sorrisi complici, del loro intero rapporto se avessero continuato in quel modo?
«Anche se io avessi notato qualcosa, che potrei farci?»
«Mi sembra ovvio! Voi due siete amici, no? Valle a parlare!»
«Pensi che io non ci abbia già provato?»

Lo interruppe. I loro sguardi s'incrociarono per un momento. Theseus sospirò, facendo appello a tutta la sua forza di volontà per non cedere sotto il peso di tutti quei "forse", quei "se" e quei "ma" che rimbalzavano nella sua testa.
«Senti, Amis. So che Charlotte sta soffrendo. L'ho capito settimane fa. Ho provato a farla parlare, ma non posso forzarla. E non voglio farlo.»
Fu breve, conciso, forse troppo persino per i suoi standard. Ma aveva una tempesta che gli infuriava dentro, e che sfortunatamente non sapeva come controllare. «Deve essere lei ad aprirsi» decretò, di fronte a un Amis sbalordito. «Anche se ho l'impressione che non succederà.»
Rivolse un mezzo sorriso al suo consigliere, poi iniziò a riordinare la sua scrivania e raccogliere i fogli che aveva gettato sul pavimento poco prima che quella conversazione iniziasse, in preda allo sconforto.
«Le sei stato vicino?»

La domanda lo colse di sorpresa. Era banale, quasi retorica. Tuttavia i dubbi iniziarono ad accumularsi nel momento in cui pronunciò ad alta voce la risposta.
«Per quanto è stato possibile, certo. Che razza di domanda è?»
«Intendo se hai provato un approccio diverso.»
Provò a raccogliere il senno e riflettere sulle parole di Amis. Ad una prima analisi le aveva trovate quasi stupide, ma pensandoci su...
Un approccio diverso.
Era vero, aveva provato a far parlare Charlotte. Era persino sceso a compromessi con lei, ma cosa aveva ottenuto di fatto? Nulla. La donna era rimasta nel suo guscio, aveva assicurato le finestre e serrato le porte, chiudendolo fuori. Bussare incessantemente a un uscio chiuso non aveva fatto altro che accrescere il silenzio dall'altra parte.

L'ombra di una realizzazione lo investì mentre era intento a interrogarsi e passare in rassegna quello che davvero aveva fatto per Charlotte e viceversa nel tempo in cui era stato lui a necessitare di soccorso, di una mano che afferrasse la sua per portarlo fuori dalle fauci dell'inferno.
Forse fino a quel momento aveva sul serio sbagliato approccio.
«Quelli che soffrono hanno bisogno di conforto, di persone fidate che stiano al loro fianco e che sappiano cosa dire nel momento giusto» spiegò Amis, emettendo un piccolo sospiro. «Tu e Charlotte avete lo stesso carattere. Siete entrambi orgogliosi, e soprattutto gelosi dei vostri segreti.»
«Risparmia la predica, coraggio. Vai al punto.»
«Dico solo che forse non deve essere lei ad aprirsi per prima. Forse sta a te fare il primo passo.»

Il primo passo. Erano mesi che non camminava più. Come se la sua vita fosse ad un punto di stallo e lui non sapesse quale direzione prendere. Vedeva i treni passare, le mode cambiare, pagine e pagine di vita voltate attaccarsi le une alle altre.
E lui rimaneva lì, sempre nello stesso punto, ad attendere che il vento cambiasse e lo facesse muovere.
Ma nemmeno il vento avrebbe potuto alzare un paio d'ali piegato su se stesso.

Amis era ancora lì e lo fissava. Non sembrava arrabbiato con lui, più deciso a fargli cambiare idea. Aveva sempre ammirato la sua pazienza. Lui, così come Charlotte, non aveva mai smesso di provare a convincerlo che le cose potevano essere diverse da come apparivano a una prima occhiata. Per questa ragione e per tante altre, Theseus li adorava entrambi.
«Cosa dovrei dirle per spingerla a parlarmi?» Domandò al suo consigliere, sollevando la testa e cercando calore in mezzo al caos. L'altro comprese la sua confusione e si fermò con lui a pensare.
«Be', ci sarà qualcosa che non le hai mai raccontato, qualcosa che possa aiutarla a sentirsi ancora più vicina a te. Credo che Charlotte non sappia per esempio di Pete o... della guerra, di quello che hai passato prima di entrare al Ministero. A meno che tu non l'abbia messa al corrente o che lei non lo abbia scoperto da sola.»

Nel sentire il nome dell'amico a lungo pianto, il suo cuore saltò un battito. Grazie al cielo aveva in mano una pallina di carta e nulla di prezioso, altrimenti l'oggetto sarebbe finito in pezzi sul pavimento.
Era stato già tremendo raccontare quella storia a suo fratello, che al tempo ancora lo considerava un esempio da imitare...
«No... No, non posso farlo.»
Fu a quel punto che Amis perse l'ultima staffa. «Per l'amor di Merlino, Theseus! Vuoi scendere da quel dannato piedistallo e guardare la realtà per quella che è?»
La conosceva la realtà, dannazione. Certo ci aveva messo un po' a capire la gravità della situazione, ma ora sapeva. Sapeva tutto quanto. E allora perché non faceva niente per salvare lei o il loro rapporto?
Già, di cosa aveva paura? Di aprirle il suo cuore? Lo aveva già fatto una volta. E allora cos'era?

Amis posò una mano sulla scrivania e puntò il dito in aria. Per qualche ragione, quel gesto da parte sua contribuì a rimescolare le emozioni dentro di lui.
«La tua amica sta male. E puoi nasconderlo quanto vuoi, ma io so che tieni a lei più di quanto ti piaccia ammettere. Per come sei fatto, saresti capace di buttare all'aria tutto quanto pur di assicurarti che le persone che ami siano felici. Lasciarla da sola non ti aiuterà a proteggerla. Peggiorerà solo le cose tra di voi.»
Si lasciò scappare una risatina amara. «Non credo di essere la persona da cui vorrebbe sentire parole di consolazione.»
«Di certo non lo saprai finché starai fermo qui dentro a piangere sul latte versato.»
Si fermò a riflettere sulle parole del suo consigliere, per la milionesima volta nell'arco di una decina di minuti.
Lasciarla da sola non ti aiuterà a proteggerla.
Per l'amor del cielo, Amis aveva ragione. Tutto quel tempo, provando ad avvicinarsi a lei, non aveva fatto altro che lasciarla da sola. Charlotte lo vedeva come qualcuno che voleva sbirciare e ficcanasare tra le sue cicatrici spinto dalla pura curiosità. Ma non era così, non era mai stato così.

Aveva sempre voluto una sola cosa, e cioè che lei stesse bene, che fosse felice. Per questo l'aveva sempre spinta a ignorare le voci che giravano sui giornali, a bere un bicchiere per dimenticare un pomeriggio di lavoro stancante, a raccontargli la sua giornata nei minimi dettagli per trovare qualcosa su cui ridere insieme.
Tutte le volte che il suo sorriso appassiva moriva anche una parte di lui, perché significava che non aveva fatto abbastanza per lenire le sue sofferenze.
Non aveva mai sopportato l'idea di vedere Charlotte ridotta nelle sue stesse condizioni, per questo aveva sempre fatto il possibile per evitarlo. E avrebbe continuato a farlo. Anche se questo voleva dire rinunciare a parte della sua integrità, dei suoi segreti. Un piccolo sacrificio per averla ancora al suo fianco, di nuovo determinata, di nuovo la stessa. Charlotte valeva quello e molto di più.

Fronteggiò il suo consigliere, senza ostilità, anzi con una certa gratitudine nello sguardo. Amis non era solo un prezioso aiuto nell'ambito del suo lavoro: era un amico fedele che lo supportava sempre, nel bene e nel male. Quello che lui avrebbe potuto essere per Charlotte.
«Sei l'unico che può farla parlare, Theseus. Lei... Lei ti adora! E ti stima per la persona che sei diventata.»
«Nei momenti in cui non rimarca il fatto che io sia un insopportabile idiota, forse sì.»
«È solo una facciata, e lo sai meglio di me. Sono felice che ti sia tornata l'ironia.» Si scambiarono un sorriso. «Devi essere cauto con lei» soggiunse Amis. «Fai uno sforzo. Mostrale le tue debolezze e lei ti mostrerà le sue. E soprattutto, abbi il coraggio di mostrare a te stesso e a lei che ci tieni. Non c'è niente di sbagliato nel voler bene a una persona. Mai.»

L'ultima volta che aveva voluto bene ad una persona l'aveva persa per sempre. Non voleva rischiare che accadesse di nuovo.
I suoi occhi caddero sulla fotografia di Leta, rinchiusa nella sua graziosa cornice.
"È la cosa giusta, secondo te?" Domandò silenziosamente.
Lei gli sorrise di rimando. Come sempre.
«Oh, c'è un'altra cosa.»
Amis lo risvegliò dai suoi pensieri, proprio mentre stava per dirigersi verso la porta dell'ufficio.
«Penso che tu debba saperlo, a questo punto. Ho visto delle medicine sulla sua scrivania.»

Nemmeno il tempo di calmarsi, il suo cuore riprese a battere con frenesia, come se volesse uscirgli dal petto. Guardò Amis sconcertato.
«Che tipo di medicine?»
«Non ne sono sicuro, in realtà. Poteva essere qualunque cosa, ma...» il consigliere s'interruppe, poi riprese. «Ti prego, Theseus. Non lasciarti sopraffare. Tocca ogni punto piano, sii il più delicato possibile.»
«D'accordo, sì.»
«Theseus...»
«Sì, lo farò. Non preoccuparti.»
Afferrò le spalle di Amis, spingendolo a guardarlo. «La farò stare meglio, o almeno ci proverò. E quando tutto questo sarà risolto potremmo tornare a indagare tutti insieme, risolvere questo caso e mettere i bastoni tra le ruote a Gellert Grindelwald.»

La tensione che fino a poco prima aveva saturato la stanza si sciolse del tutto, così come i lineamenti di Amis.
«Bentornato, signore» annunciò, suggellando quel momento con una piccola pacca sulla spalla.
«Quando tornerò non sarò solo. Promesso.»
Un ultimo sguardo complice, un ultimo respiro profondo, un ultimo attimo di esitazione passato a osservare le lancette dell'orologio.
Dopodiché Theseus partì, con la speranza che bruciava qualunque altro sentimento.
Forse in fondo "troppo tardi" erano solo due stupide parole nella sua testa, non una realtà.

SPAZIO AUTRICE

Perdonate l'attesa, prometto che proverò ad essere più costante negli aggiornamenti. 😩

Questo capitolo rappresenta un po' una svolta, non a caso è quasi a metà della storia. Quando stiamo accanto a delle persone a cui teniamo tanto soffriamo nel vederle soffrire, e, soprattutto, vogliamo fare di tutto per farle stare meglio. Ma a volte non è così facile scovare il dolore dietro un sorriso, e non è facile trovare il coraggio necessario per fare un primo passo e provare a guarire le ferite altrui. Per fortuna, a volte ci sono persone al nostro fianco pronte ad aprirci gli occhi, come Amis per Theseus ❤️

Credo sia un buon riassunto del capitolo e di quello che volevo trasmettere. Fatemi sapere se vi è piaciuto lasciando una stellina o un commento. Ci vediamo con Charlotte la prossima settimana... Pronti a conoscere finalmente la sua storia? 👀
- Mavi.

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