28. 𝐒𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐢𝐥 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐨
GRINDELWALD'S POV
20 Aprile 1930
Rispettabilissimo Herr Grindelwald,
Questa sarà la sua unica occasione di dimostrare al governo magico che è disposto a collaborare. La proposta avanzata dal sottoscritto è stata approvata dalla maggioranza quest'oggi in sede di assemblea. Sarò alla sua cerimonia il cinque di maggio. Mi convinca che il suo progetto non è folle come si mormora e le assicuro che avrà la sua parte.
Cordialmente,
Herr Anton Vogel,
Capo Supremo della Confederazione dei Maghi.
Ripiegò il biglietto, soddisfatto di come la situazione si stesse evolvendo. Il piano stava prendendo forma perfettamente. Tutto andava come previsto.
Aurelius aveva svolto in modo eccellente il suo compito e Fancourt si era reso disponibile a organizzare l'intero allestimento della cerimonia senza troppe proteste. La questione dei debiti era stata la carta vincente, se lo sentiva. Nulla di meglio di una minaccia nascosta tra le righe per ottenere quel che si voleva.
Ci sarebbero stati tutti quel giorno. Le famiglie purosangue più influenti, i suoi più fedeli seguaci pronti ad affiancarlo, le più importanti figure della politica internazionale aperte ad accordi. Con un po' di fortuna, quella serata avrebbe segnato la sua prima vittoria.
E poi lei sarebbe stata presente. Non avrebbe rinunciato all'occasione di scoprire cosa lui aveva in mente. L'aveva percepita immediatamente, la sua determinazione, dallo sguardo con il quale lo aveva affrontato la prima volta. C'era qualcosa in quella ragazza che lo stuzzicava, lo convinceva a volerla avere dalla sua parte. Forse era lo spirito indomito, forse l'intelligenza e l'astuzia, forse un misto di tutte e tre le cose. Avrebbe ottenuto la sua fedeltà e, grazie a lei, la Pietra della Resurrezione. Il suo era un piano che non poteva fallire.
Era perfetto.
C'era qualcosa di così appagante in quella certezza!
Il giardino sovrastava la valle e ne osservava a ogni stagione i cambiamenti. Quando il vento iniziava a stormire dalle cime più a Nord, accarezzando gli steli che toccavano la terra arida e fischiando tra i rami degli alberi spogli, allora si addormentava, spegnendo i suoi colori, attendendo di essere risvegliato dai caldi raggi del primo sole di primavera. Gli imponenti frassini secolari avevano vissuto sulla loro corteccia inverni e primavere, tanti da aver imparato, forse, come scorresse il tempo, osservando sotto di loro la valle sconfinata, nonché da sempre loro unica visione.
Camminava. Camminava e pensava, sotto quel cielo coperto di nuvole che annunciavano tempesta e facevano tremare i piccoli fiorellini aggrappati ai bracci un po' sporgenti delle siepi. All'ombra della torre più alta del castello inspirava il freddo, l'aria che portava con i suoi fruscii un primo presagio di pioggia.
Mancava solo un'ultima cosa da sistemare prima della partenza. Doveva attendere un'importante comunicazione. Era vitale per lui la sicurezza di non avere ostacoli tra i piedi. Per fortuna, si era assicurato di affidarsi a un professionista del mestiere. Non avrebbe mancato il suo bersaglio. Dopotutto gli aveva promesso una discreta sommetta.
Nonostante fosse fiducioso però, una vocina nella sua testa, un'eco lontana, continuava incessante a tartassarlo di dubbi. Troppe domande gli erano nate nella testa il giorno in cui aveva scoperto della sua evasione.
Come era stato possibile che fosse sfuggito a quella prigione? Era un luogo maledetto. Nessuno che vi aveva messo piede era più riuscito a uscirne. Almeno fino a qualche mese prima.
Che cosa potrebbe aver voluto da lui? Perché era ovvio, lo avrebbe cercato. Era sicuro che ricordasse ancora tutto quanto, che il suo sentimento di rabbia nei suoi confronti non fosse scemato negli anni. Gli avrebbe chiesto dei soldi? No, non si sarebbe fermato al denaro. Lo avrebbe ricattato? Può darsi. Tuttavia qualcosa gli suggeriva che sarebbe andato ben oltre il ricatto.
Non c'erano dubbi. Voleva la sua testa. Una parte di quello che lui aveva contribuito a creare non gli sarebbe bastata: avrebbe preteso l'intero regno. Eccola lì, la sua vendetta.
Si lasciò scappare una risatina isterica. Una folata di vento freddo sollevò il lembo nero del suo cappotto.
L'unica persona che poteva uccidere Gellert Grindelwald era Gellert Grindelwald in persona. Tutti quelli che si sarebbero parati tra lui e i suoi piani sarebbero stati calpestati. Eliminati. Cancellati, a costo di dover spargere sangue sulla strada.
Spero che in questo momento tu sia nel posto che ti spetta.
Un tuono rimbombò in lontananza, dietro le cime delle montagne. La tempesta incombeva. Il vento scuoteva fronde e fili d'erba con una forza che cresceva ad ogni secondo. Alzò gli occhi al cielo. La bandiera nera sulla torre minacciava di strapparsi da un momento all'altro.
Percepì un flusso di pensieri avvicinarsi al suo campo di percezione. Come si voltò trovò Vinda Rosier avvolta nel suo delizioso soprabito verde inglese. Gli parve un po' più pallida del solito, ma non glielo fece notare.
«Signore» annunciò la donna. «Sarà meglio rientrare. Il cielo promette burrasca questa mattina. E poi ci sono ancora i dettagli della sua partenza da definire.»
Le si rivolse con un piccolo sorriso accomodante. «Hai perfettamente ragione, ma chère. Dammi solo un altro minuto.»
«Come desidera, signore.»
Vinda attese paziente alle sue spalle, gettando un occhio ai graziosi fiori che erano sbocciati da poco nell'aiuola accanto all'ingresso. Lui si lasciò trasportare dal fruscio e dalle grida del vento per qualche altro istante, per poi raggiungere la sua seconda, pronta a dargli le ultime notizie.
«Volkov si attarderà a causa di un contrattempo» dichiarò la francese mentre risalivano le scale fianco a fianco. «Ha chiesto umilmente perdono in una comunicazione arrivata stamattina presto.»
«Vedremo se meriterà o meno il mio perdono. C'è altro?»
«Sì signore. Ho ricevuto un'altra lettera questa mattina. Riguardo alla questione urgente.»
Tese le orecchie, arrestando il passo. Tenne a freno i suoi poteri e lasciò che fosse la Rosier a dargli la notizia. Non c'era tensione negli occhi chiari della donna, solo una sadica scintilla di soddisfazione.
«È morto» proclamò, curvando le labbra.
Si sentì più sollevato di quanto avesse immaginato. Tuttavia sapeva di non poter abbassare la guardia. Quella feccia era fuori gioco e questo era tranquillizzante. Ma non avrebbe dovuto lasciarsi corrompere da quella sensazione di conforto e perdere di vista tutto il resto. Avrebbe continuato a fidarsi il meno possibile. I pugnali lanciati alle sue spalle non lo avrebbero neppure scalfito.
«Magnifico» replicò, restituendo il sorriso alla donna e varcando la soglia del castello.
Il portone si chiuse dietro di loro con un sonoro tonfo. L'eco sparì solo dopo pochi secondi, abbandonandoli sul finire di un immenso salone dal soffitto alto e i pavimenti rilucenti.
«Come procedono i preparativi per il grande giorno?» Domandò alla donna, alla quale cedette il passo. Un lungo tappeto rosso li guidò negli ambienti più interni del castello.
Vinda imboccò il corridoio che portava al cortile interno. «Io e Carrow ci stiamo occupando personalmente degli inviti, verranno spediti tra non molto ai loro destinatari. Abbiamo riflettuto sul viaggio e pensato di rimettere a nuovo la carrozza. I Thestral sono in ottima forma.»
Vinda Rosier lo scortò all'interno dello spiazzo nel cui centro era stata parcheggiata la carrozza rimessa a nuovo. Molte rifiniture erano state dipinte d'argento e l'intera struttura riverniciata di nero. Erano stati aggiunti lussuosi tendaggi color crema all'interno e la postazione del cocchiere era stata completamente ripensata e riprogettata. Non dava più l'idea di una semplice carrozza da trasporto: quella era una carrozza degna di un re.
«Ho contattato personalmente gli ingegneri più adatti per il lavoro e ho seguito l'intero processo da vicino» soggiunse la Rosier accarezzando il veicolo rimesso a nuovo.
«È un piccolo gioiello, senza dubbio» mormorò lui ammirando l'articolata decorazione che ornava le portiere. «Immagino che questa l'abbia curata tu...»
«Oui, naturellement! E le sedute... mi sono permessa di scegliere il colore del tessuto.»
Grindelwald fece un giro attorno alla sua nuova vettura. Terminata l'ispezione si fermò ancora una volta ad osservare i motivi art decò scelti da Vinda e posizionati in modo da incorniciare le due G e il simbolo dei Doni della Morte.
Gli emblemi del suo potere.
«È un lavoro magnifico» decretò, raggiunta Vinda che fremeva d'eccitazione. «Fa' richiamare gli ingegneri, se puoi. Voglio congratularmi personalmente per il servizio.»
«Certamente, mio signore.»
«I Thestral saranno pronti per quel giorno?»
«Prontissimi. Merita un'entrata degna del suo ruolo il giorno della cerimonia, e le assicuro che l'avrà.»
Non potè fare a meno di sorridere. Già si figurava le facce di tutti quei piccoli, arroganti purosangue alla discesa dell'imponente carrozza. L'ingresso di Gellert Grindelwald all'evento sarebbe stato trionfale. Avrebbe calcato il suolo inglese da vincitore, da erede a un trono vacante da secoli, trono che stava ancora attendendo il proprio degno sovrano.
«Sarà tutto perfetto, glielo assicuro» sussurrò la donna alle sue spalle.
«Sarà tutto più che perfetto, ma chère. Sarà una serata memorabile. Ci converrà preparare i nostri abiti migliori.»
Prima che potesse dire altro, la voce di Nagel richiamò la sua attenzione. «Signore! Non volevo disturbarla, signore. Damian Volkov è arrivato.»
«Era ora» osservò Grindelwald, congedando il seguace con un cenno della mano.
«Facciamolo attendere.»
«Proposta allettante, Vinda. Ma purtroppo le informazioni che porta sono di vitale importanza.»
Si scambiarono uno sguardo, lei un po' delusa, lui piuttosto deciso. Volkov gli piaceva tanto quanto Tolliver e quanto tutti gli ex Auror che sceglievano di seguirlo. Ciononostante era utile avere reclute tra i ministeriali, poiché spesso passavano inosservati e riuscivano a raccogliere informazioni anche molto riservate.
Attraversò a grandi falcate i saloni del castello fino a quello delle riunioni, dove un uomo molto robusto sulla quarantina lo stava già attendendo.
«Signore!» esclamò non appena lo vide, chinando la testa in segno di riverenza e iniziando a balbettare frasi quasi incomprensibili. «S-Sono desolato. S-Sa, le faccende e tutto il resto mi hanno...»
«Risparmiami le giustificazioni» lo interruppe in tono sprezzante.
Gellert Grindelwald si prese qualche secondo per scrutare il suo uomo da capo a piedi. Non era molto cambiato dall'ultima volta che lo aveva visto. Forse aveva solo qualche ruga in più sul viso, ma per il resto era rimasto l'arrogante e pretenzioso Damian Volkov dall'animo piccino piccino.
«Tu mi hai reso un ottimo servizio due anni fa» esordì, ordinandogli di alzare la testa e guardarlo dritto negli occhi. «Impedendo a Silente di leggere quella pagina mi hai permesso di guadagnare altro tempo. È stata un'ottima trovata, te lo concedo.»
«La ringrazio, mio signore.»
Dissimulò la sua indifferenza con un ghigno sardonico. «Ad ogni modo, non ti ho chiamato per farti i complimenti.»
«Sì, signore, ho... ho immaginato.»
«Ebbene? Hai fatto ciò che ti ho chiesto?»
Il salone piombò nel silenzio. Grindelwald non distolse lo sguardo da Volkov nemmeno per un istante. Fece un passo avanti, diminuendo la distanza tra loro. Il suo interlocutore deglutì prima di aprire bocca.
«Ho condotto un'osservazione del soggetto... Le informazioni datele da Tolliver sono corrette. Ha una tendenza a isolarsi. L'ho vista interagire con pochissime persone, solo tre: un Auror della squadra di Wynn, un certo Calix, il consigliere di Scamander e Scamander in persona. Sembra avere una relazione più stretta con il terzo.»
«Continua...»
«Ha trovato il modo di superare la sicurezza ed entrare all'assemblea della Confederazione. È determinata. Credo sia riuscita a coinvolgere sia Scamander che il suo consigliere ad appoggiarla nel suo progetto. Li ho visti inseguire Anton Vogel ma non ho potuto capirne il motivo.»
Il suo viso si illuminò. Se la ragazzina aveva seguito Anton Vogel significava che sospettava qualcosa. E se sospettava qualcosa era questione di tempo prima che arrivasse a lui.
«Le hai parlato? Hai scoperto di più su di lei?»
«Il suo curriculum è immacolato, se si esclude il processo per la questione di Rio de Janeiro. Le ho parlato solo una volta, è stata lei ad agganciarmi. È stata una conversazione abbastanza breve... È piuttosto risoluta per essere così giovane, e ha un intuito di sicuro più alto della media. Ma...»
«Ma cosa?»
«Credo sia piuttosto fragile, emotivamente parlando. C'è qualcosa che nasconde, forse qualche trauma legato al passato. In molti al Dipartimento la pensano così. Ascoltando i pettegolezzi ho scoperto che si è allontanata nel mezzo di un'indagine sul campo. L'hanno cercata e nessuno l'ha trovata. Poi è ricomparsa chissà da dove e si è comportata come se nulla fosse accaduto.»
Conosceva perfettamente quel tipo di episodi. La dolce sorellina di Albus, Ariana, ne aveva sempre sofferto. A volte si allontanava piangendo e tornava in salotto raggiante dal giardino, con qualche stupido fiorellino tra i capelli. Rammentava il visetto magro della piccola, i suoi occhietti vispi e la corporatura esile, ma non gli capitava quasi mai di ripensare a lei o all'incidente. Ariana Silente non era mai stato un suo problema e non lo sarebbe mai stato.
Ricordava in modo abbastanza vago di aver domandato una volta ad Al cosa avesse la sorella. "Soffre di crolli emotivi", era stata la risposta del rosso. "Le sue emozioni prendono il sopravvento su di lei, a volte la portano ad avere dei veri e propri attacchi di panico. Credo non ci sia una cura".
«Dunque la nostra piccola investigatrice soffre di crolli emotivi...» ragionò ad alta voce. Se davvero le cose stavano così, manipolarla sarebbe stato più semplice del previsto.
Volkov lo osservava, tentando in qualunque modo di nascondere il suo turbamento. Mossa molto sciocca e inefficace da impiegare se hai di fronte un empatico.
«C'è altro che vuoi dirmi, Volkov?»
L'uomo esitò. «Solo questo. O no, forse...»
Lui alzò un sopracciglio, impaziente. «Allora?»
«Riguarda l'altra cosa che mi aveva chiesto. Ho provveduto a fare anche quello. Ho controllato l'ufficio del Ministro, c'era una lettera... Le istituzioni sono in crisi profonda. I cittadini non si fidano più del proprio governo, chiedono un cambiamento radicale. Le reazioni alla notizia della sua collaborazione con la Confederazione sono state diverse, ma molti sembrano non essere totalmente contrari. Forse sperano in una svolta.»
Proprio quello che lui sperava. Il suo istinto ancora una volta non lo aveva tradito. Quello era davvero il momento perfetto per scendere a patti con la Confederazione, entrare nella politica e prendersi tutto quanto. I consensi, la fama, il rispetto dei quotidiani... Una volta ottenuti tutti gli elementi necessari avrebbe instaurato il suo regime. E per i maghi sarebbe iniziata una nuova era vissuta non più da vittime, ma da padroni. Com'era sempre stato scritto nel loro destino.
«Mi serve che torni in città e continui il tuo lavoro, Volkov» ordinò al seguace. «Ci vedremo alla cerimonia, tra non molto. Avremo poi modo di discutere del tuo compenso, se sarai ancora una volta all'altezza dell'incarico. Chissà... potrebbe essere la tua occasione fortunata di accedere all'élite.»
L'ex Auror sgranò gli occhi. Era ammutolito, studiava l'espressione sul suo viso per cercare una qualche traccia di bugia. Non avendo trovato nulla, si limitò a incensarlo con un profluvio di ringraziamenti.
«La ringrazio, io... Non è necessario, signore, davvero. Servirla è già un enorme compenso per me.»
«Sciocchezze. Magari con qualche galeone in più in tasca riuscirà a portare la sua cara madre lontana da quella topaia a Barbizon. Alina, non è vero?»
«Sì, signore. Alina Volkova.»
«Molto bene. Vedrò di trovare una sistemazione più confortevole a entrambi, una volta al potere. Ora va' e non farti più vedere fino al giorno della cerimonia.»
«Agli ordini, signore. Per il Bene Superiore.»
Lo guardò allontanarsi e scosse la testa, divertito. Era così facile prendersi gioco delle persone... Tutte così ingenue, a credere che l'amore valesse qualsiasi sacrificio. Poveri disgraziati, pensò, ridendosela sotto i baffi. Tutti in cerca di un cuore che batta alla stessa frequenza del loro, che batta per sempre e solo per loro...
La verità è che l'amore è una stupida illusione. Un sogno infantile, talvolta tanto fragile da crollare alla prima tempesta. Perché rimanere aggrappati a un'altra persona e sprecare la propria vita per soddisfarla? Nessuno è mai davvero soddisfatto di ciò che ha. Checché se ne dica, l'amore non rende felici. Rende solo deboli e ciechi.
Si allontanò dalla sala riunioni con quei pensieri che gli ronzavano in testa come uno sciame disordinato di api. Pungevano, ma cosa poteva farci? La verità fa male, qualunque forma essa assuma.
Ora che aveva tutte le informazioni su quella sventata ragazzina sarebbe stato semplice portarla dalla sua parte. Gli serviva solo che acconsentisse a indossare l'amplificatore, poi avrebbe potuto giocare con lei a suo piacimento.
Doveva toccare i tasti giusti per far vibrare le corde del suo animo già turbato. Nulla di più.
Ritrovò il suo studio un tantino freddo, più vuoto del solito, meno accogliente. Forse però era solo un'impressione.
La pioggia ormai si abbatteva sull'intera vallata, nascondendo le cime più lontane dietro una cortina di spesse gocce. Di tanto in tanto un rombo di tuono faceva tremare l'animo e un lampo squarciava il cielo a metà.
Si fermò di fronte alla grossa finestra, a fissare l'acqua che vi scivolava lenta e cadeva poi nel vuoto. Un po' come la vita, che scorre placida e alla fine sfocia nell'ignoto.
Gettò il foglietto di Vogel in mezzo a mille altre scartoffie di cui si sarebbe occupato più tardi. Si allungò sulla scrivania fino ad accarezzare il suo narghilè a forma di teschio. Lo afferrò con entrambe le mani, attento a non farlo cadere. Accarezzò con un dito l'incisione in tedesco sul lato, soffiando via un piccolo strano di polvere.
«Vogliamo vedere se qualcosa è cambiato?» Sussurrò, abbozzando un sorrisetto malefico.
Inspirò il fumo e lo buttò fuori in un colpo, lasciando che riempisse la stanza. Ben presto il grigiore prese forma e colori, tramutandosi in immagini dalla sconvolgente nitidezza.
Aveva già visto più e più volte quei momenti. Lui che arringava la folla e parlava dal suo piedistallo, un viso familiare tra i tanti, molto giovane. Una mano tremante che si tendeva verso la sua, poi un treno in corsa sui binari, diretto a Berlino. Un cilindro dorato e una grande porta che si apriva, un passaggio segreto. E poi lei, la Pietra della Resurrezione, in mano a una ragazza dai capelli biondi.
Solitamente la visione andava avanti, mostrando la ragazza che gli porgeva la Pietra, come in dono. Tuttavia quella volta l'immagine si fermò in quel punto, scomparendo all'improvviso. Ne rimase piuttosto turbato. Da mesi il teschio mostrava lui la stessa identica sequenza, la stessa identica versione del futuro. Per mesi tutto era rimasto uguale.
Cosa significava? Forse il futuro stava cambiando? No, impossibile. Eppure...
Tutte quelle cose non erano ancora accadute. Voleva dire che erano ancora in tempo per essere modificate.
E se qualcosa nel punto in cui si era fermata la visione avesse variato l'intero corso degli eventi?
Si sentì improvvisamente nervoso. No, sarebbe andato tutto alla perfezione. Gli serviva che tutto andasse come in quelle visioni. Gli serviva la Pietra e se ne sarebbe impadronito, con le buone o con le cattive.
Percepì la rabbia avvolgergli l'anima, proprio come in quel lontano giorno del novantanove.
«Tutto questo... era per il bene superiore. Il nostro bene superiore.»
Dissotterrare un vecchio dolore dopo anni passati a reprimerlo peggiorò solamente le cose. Scosso da un tremito provò a spegnere la mente, ormai sintonizzata su quell'unico ricordo lontano, ma che non era mai stato così vicino.
«Tu hai rovinato ogni cosa, Al. Finiamola. Qui e ora.»
Cercò di ribellarsi a quell'attacco, con scarsi risultati. Più il ricordo tornava a galla più le parole diventavano chiare. Si appoggiò alla scrivania a testa bassa, stringendo i denti, i pugni, provando a contenere le emozioni a lungo represse che si riversavano a ondate sul suo cuore. Sempre che nel suo petto un cuore ancora ci fosse.
«Alza la bacchetta... Alza la bacchetta e guardami, Albus!»
Il bicchiere di vetro sulla scrivania andò in frantumi sul pavimento. L'impatto fu talmente violento che una scheggia finì accanto alla porta di mogano, a quasi cinque metri di distanza.
Il suo cuore cessò di martellargli contro il petto e le acque rosse dentro di lui si calmarono, piano piano. Rimase solo con il silenzio attorno a lui e la pioggia che batteva sulla finestra.
Si guardò la mano premendo sulla cicatrice lasciata dalla bacchetta. L'unica cosa oltre ai ricordi che ancora lo legava al ragazzo che era stato. Desiderò farla sparire per sempre, chiudere l'unico ingresso al suo passato.
Non tutte le ferite però potevano essere guarite con la magia. Per alcune, specie le più profonde, non ci sarebbe mai stata cura.
Grindelwald trascorse qualche istante immobile, aggrappandosi al legno della scrivania come fosse un'ancora di salvezza. Quando Vinda Rosier mise piede nella stanza, lui non la degnò nemmeno di uno sguardo.
«Signore, abbiamo sentito un rumore...»
«È solo un bicchiere rotto, Rosier. Va tutto bene.»
La donna restò sulla soglia. Era preoccupata per lui, lo percepiva.
«Non ho bisogno della tua compassione. Se vuoi fare qualcosa per me, allora esci da questa stanza.»
Nessuna risposta né obiezione. La seguace ripulì il pavimento con un incantesimo e tornò verso la porta, diretta chissà dove lontana dal suo capo.
«Rosier!» La richiamò.
«Sì, signore?»
«Anticipa la partenza.»
«Mio signore, temo...»
«Questa non è una richiesta, Vinda, è un ordine» il suo tono non ammetteva repliche. «Anticipa la partenza. Saremo in città due giorni prima della cerimonia. Voglio assicurarmi di non avere bastoni tra le ruote stavolta.»
SPAZIO AUTRICE
Un po' in ritardo ma eccovi il capitolo come promesso ❤️
Anche Grindelwald ha un cuore, ebbene sì. Forse però è da tempo disavvezzo all'amore, troppo incline all'ambizione.
Oltre a questo scopriamo che ha occhi e seguaci davvero dappertutto. Vi consiglio di stare attenti a Damian Volkov da ora in avanti... 👀
Come sempre se il capitolo vi è piaciuto lasciate un commento o una stellina. Noi ci vediamo settimana prossima 💕
- Mavi.
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