15. 𝐂𝐨𝐥𝐥𝐨𝐪𝐮𝐢𝐨

ALBUS' POV

Non aveva mai visto il Ministero della Magia tanto affollato, eccetto forse una, due volte in vita sua. Superata l'imponente galleria dei camini aveva avuto l'impressione di essere entrato in un rumoroso formicaio, zeppo di uomini e donne, giovani e non, che si precipitavano da una parte all'altra del monumentale atrio, su per ascensori e giù per gli archivi. Si doveva però ammettere che in quel caos sussisteva una certa armonia, intrappolato nell'aria un invisibile equilibrio. Il Ministero era come un grosso ingranaggio che funzionava grazie a quei brusii, grazie a quel viavai di persone che non cessava e si prolungava fino al sopraggiungere della luna sopra i tetti di Londra.

Gettava sguardi a destra e a sinistra con le mani ancora poggiate al bancone dell'angolo ricezioni, sperando di veder sbucare di nuovo la figura snella della segretaria. Erano trascorsi già dieci minuti da quando aveva lasciato lui e Gerda da soli. Sul serio richiedere un colloquio era diventato così difficile?
Naturalmente se pretendi di poterlo avere senza appuntamento, sentenziò una fastidiosa voce nella testa di Albus, che venne bruscamente messa a tacere.
«Credi che ci riceverà?»

Si voltò colto di sorpresa dalla domanda. Gerda Serkins, avvolta in un cappotto color granata, lo studiava speranzosa in attesa di una risposta.
«Be', chi può dirlo» mormorò infine lui dopo qualche attimo di silenzio, alzandosi in punta di piedi per guardare oltre le teste degli indaffarati dipendenti. Della segretaria neppure l'ombra. E nel frattempo dieci minuti si erano tramutati in un'abbondante mezz'ora.
«Oh santo cielo!» esclamò Gerda con un sospiro esausto. «Ti prego, non dirmi che ci stiamo sul serio affidando al caso...»
«Non mi affido mai al caso, Gerda. Piuttosto mi affido al buonsenso delle persone.»

Lo sguardo che rivolse lei non sembrò confortarla, tutt'altro. Silente decise così di ricorrere alle parole, che dopotutto erano sempre state la sua specialità.
«Gerda, ascoltami. So esattamente quello che sto facendo. Sai anche tu che non possiamo tenere nascosto ciò che è successo, ciò che abbiamo visto. È un avvertimento, un segnale, ne sono più che certo. Dobbiamo avvertire qualcuno del pericolo imminente, pericolo che potrebbe aggirarsi anche qui tra queste mura in questo momento.»
Abbassò la voce nella speranza che nessuno oltre alla professoressa di erbologia udisse le sue parole. Osservò per un istante i lineamenti della donna farsi più tesi, poi gettò un'occhiata alla tasca del suo cappotto. La catenella d'argento sbucava dall'angolo sinistro. Prontamente, Silente la lasciò cadere sul fondo, affinché il tessuto potesse celarla per intero.

«Albus, sai meglio di me quanta fiducia io riponga nella tua persona. Ma tutto questo... ci stiamo basando su delle ipotesi, Al. E se ci sbagliassimo?»
Lui restò in silenzio. Decise di porre la domanda di Gerda a se stesso, come se stesse parlando al suo riflesso in uno specchio.
E se ti sbagliassi?
No, non si stava sbagliando.
Sapeva in qualche modo di star percorrendo la giusta strada. Qualcosa in lui lo spingeva a credere di non star commettendo un errore. Chiamarlo certezza o sentore sarebbe stato errato in entrambi i casi. Quel senso di irremovibilità era tutt'altro che una sensazione, più radicata di una sicurezza.

Il Patto di sangue gli aveva mandato un avvertimento. O meglio, lo aveva fatto Grindelwald attraverso la piccola fialetta, facendola illuminare di rosso.
Quello che era stato un tempo il loro colore.

«Ti piace il rosso?»
La domanda giunse in maniera inaspettata all'orecchio del biondo steso al suo fianco. Quest'ultimo fece una smorfia, fissando il soffitto sopra di loro.
«Troppo acceso per i miei gusti. Preferisco il blu.»
«Questo è perché non ti sei mai fermato a riflettere.»
I loro sguardi si incontrarono, quello furbo dell'uno e incredulo dell'altro. Grindelwald ricambiò il suo sorrisetto con un'espressione tanto offesa quanto maliziosa.
«È un'accusa bella e buona, Silente. Ti consiglio di scegliere molto bene le tue prossime parole.»
«Pensaci. Il rosso non è solo il colore dell'amore e della passione. È anche il colore dei riflessi del fuoco, o quello che segna la fine del giorno durante il tramonto. Dicono che risvegli la mente, per questo è il colore dell'energia. È il colore delle rose, che sono fiori meravigliosi... e letali al tempo stesso.»
«È anche il colore di cui diventano le tue guance quando sorrido.»
Le sue gote assunsero il colore della sua capigliatura scarmigliata, cascante sul morbido cuscino.
«Immagino... immagino che lo sia, sì.»

Il silenzio calò sui loro corpi bruciati più dall'amore che dai raggi del sole estivo. In un modo o nell'altro, entrambi in quel momento avvamparono, dall'imbarazzo e dal desiderio. Percepì il biondo rigirarsi sotto le coperte, i suoi occhi abbassarsi su di lui. Quando egli parlò annullò anche ogni distanza, disegnando con le dita cerchi sulla sua pelle già rovente.
«Sai, credo proprio che potrei rivalutare il rosso...»
«Potresti?» domandò Albus Silente, succube di quel magnetico sguardo di ghiaccio.
«Dovrei» sussurrò Gellert Grindelwald in risposta, rigirandosi tra le dita una ciocca di capelli rossi.

«Non possiamo diffondere falsi allarmi con i tempi che corrono. Potrebbe portare a conseguenze disastrose.»
Si rese conto di aver ascoltato appena la metà del discorso di Gerda Serkins e di essersi perso per l'ennesima volta nell'oceano dei suoi ricordi. Se non avesse smesso di tuffarvicisi, prima o poi ci sarebbe annegato dentro.
D'improvviso si sentì tremendamente in colpa.
«Albus?»
«Gerda.»
«Oh santo Merlino, lo sapevo!»

La professoressa iniziò a battere il piede a terra nervosamente. Fece un respiro profondo abbastanza da raffreddare la sua agitazione, tornando a voltarsi poi nella sua direzione.
«Gerda, fidati di me» la pregò, posando le due mani sulle spalle. «Devi fidarti di me, Gerda. Devi credermi quando ti dico che quella che abbiamo ricevuto è stata una minaccia. Quello che sta accadendo adesso è nulla confrontato a quello che deve ancora accadere. Vuoi salvare delle vite, Gerda? Vuoi salvare i tuoi ragazzi, le loro famiglie, l'intero mondo magico dal collasso?»

Gerda Serkins annuì titubante. Albus le sorrise debolmente, prima che una voce dietro di loro interrompesse quel piccolo momento.
«Il signor Scamander è stato messo al corrente della visita e vi attende nel suo ufficio. Sir Colleen vi accompagnerà di sotto.»
I due professori si scambiarono un'occhiata. La professoressa Serkins ancora scossa accennò all'uomo robusto alle spalle della graziosa segretaria.
«Vai tu» gli disse la donna.
«Non vuoi venire?»
«Credo sia meglio che tu vada da solo, a dire il vero. Lui conosce te e tu conosci lui. Saprai cosa dire per convincerlo ad ascoltarti.»

Gli occhi di Albus corsero dai due ministeriali alla professoressa di erbologia per un'ultima volta.
«Sei sicura?»
Lei annuì. «Va' da lui. Io ti aspetto qui.»
Sorrise alla sua collega e amica. Ringraziò la giovane segretaria per la sua disponibilità, infine seguì l'uomo in divisa e affidò la sua preghiera alla statua dorata di Merlino, che si ergeva in tutta la sua magnificenza dominando il chiassoso atrio del Ministero della Magia britannico.

Ti prego, fa' che mi creda.

Guidato dal robusto Auror dai capelli rossicci e l'accento fortemente irlandese attraversò l'atrio fino all'ascensore dorato che portava ai piani inferiori, dove si trovavano le sedi dei vari Dipartimenti in cui si suddivideva il Ministero. Il Quartier Generale degli Auror era sistemato su tutto il secondo livello, un open space brulicante di persone e uffici disposti lungo immensi corridoi e tappezzati da fotografie di ricercati e articoli della Gazzetta del Profeta.
«È fortunato ad aver ricevuto un colloquio con il signor Scamander» esordì l'uomo di fronte a lui mentre camminavano. «È piuttosto indaffarato ultimamente.»
«Indaffarato?»
«Oh sì, stanno succedendo un mucchio di cose. È un periodo nero per il Dipartimento.»

L'Auror gli rivolse un sorriso cortese, poi tornò a guardare avanti a sé. Silente ne approfittò per fargli qualche altra domanda.
«Che tipo di cose stanno accadendo, se posso permettermi?»
«In giro accade di tutto. Omicidi, disordini, traffici illegali... Mai visto un tasso di criminalità tanto alto a Londra in tutta la mia carriera. E lavoro qui da vent'anni. Oh, senza contare l'assemblea straordinaria indetta dalla Confederazione Internazionale dei Maghi.»
«Hanno annunciato un'assemblea straordinaria?»
«Non legge i giornali?»
«A dire il vero no. La maggior parte delle notizie sono catastrofi e cronaca nera. Mi rendono negativo, perciò tendo a evitare di leggerne.»
«Buffo, mia moglie la pensa allo stesso modo!»

Entrambi risero di gusto. L'Auror salutò con un cenno un suo collega che passò accanto a loro, poi tornò a concentrarsi su Silente, che dimostrò con uno sguardo di apprezzare i modi gentili del suo accompagnatore.
«A giorni si riuniranno i maggiori esponenti politici del mondo magico per discutere sui provvedimenti da prendere contro l'ascesa di Gellert Grindelwald» spiegò il ministeriale, che per fortuna non notò l'incupirsi dell'espressione di lui. «L'assemblea si terrà qui al Ministero in una delle aule del Wizengamot, organizzata ad hoc per l'evento. Sarà qualcosa di enorme... e noi Auror saremo incaricati di garantire che tutto si svolga in sicurezza. È una cosa grossa, e il Ministro Travers non ammetterà errori. Nessuno al Dipartimento vuole deludere il Ministro, specialmente il capo. Si sta occupando personalmente del piano di organizzazione.»

Dissimulò il suo rammarico nel sentir nominare Gellert Grindelwald con un'espressione che sperò essere il più convincente possibile. Per fortuna la conversazione terminò lì, poiché la loro meta era a pochi passi.
«Siamo arrivati. L'ufficio è questo.»
Colleen bussò alla porta in mogano rimasta socchiusa. Silente attese dietro di lui.
«Avanti, è aperto!» esclamò una voce dall'interno della stanza. Albus la riconobbe all'istante.
«Signore, l'uomo che voleva parlare con lei è qui.»
«Grazie Colleen. Fallo entrare.»
Il professore ringraziò con un cenno l'Auror che lo aveva accompagnato e intrattenuto, il quale cedette lui il passo, chiudendo poi la porta alle sue spalle.

Theseus Scamander sfogliava un dossier seduto alla sua scrivania. Non era cambiato molto dall'ultima volta che lo aveva visto. Quando era stata l'ultima volta che lo aveva visto?
Oh, giusto. L'udienza tenutasi due anni prima. Sembrava essere passata un'eternità intera da quel momento.
Appena l'uomo sollevò gli occhi verso di lui, la sua espressione mutò in qualcosa a metà tra il sorpreso e il rassegnato.
«Professor Silente» annunciò, squadrandolo dall'alto verso il basso, come se non lo avesse riconosciuto sul serio.
«Buon pomeriggio, Theseus. È sempre un piacere rivederti.»

Il maggiore dei fratelli Scamander si sistemò sulla sedia, mettendo da parte i documenti che stava studiando con tanta attenzione appena un attimo prima. Giunse le mani davanti a sé, senza cessare di guardarlo fisso negli occhi. Silente colse una vena di ironia nel sguardo.
«Non stia lì impalato, professore. Si accomodi, coraggio.»
«Oh, non è un problema, posso stare anche in piedi.»
«Insisto. Avanti, si accomodi.»

Prese posto sull'unica sedia di fronte alla scrivania. Poche decine di centimetri separavano lui dal suo vecchio alunno, che decisamente non era più un ragazzino. Negli occhi celesti di Theseus si poteva ancora cogliere uno sprazzo di quella scintilla malandrina tipica dei giovani, ma l'atteggiamento e i movimenti sicuri e precisi denotavano l'esperienza e la maturità di un uomo adulto, pienamente consapevole del suo ruolo nella società così come nella vita.
Incredibile come quel quindicenne che aveva rischiato l'espulsione per aver protetto un suo compagno di scuola fosse ora a capo del Dipartimento più importante del Ministero della magia britannico.
"E poi hanno ancora il coraggio di dire che l'insegnamento non regala soddisfazioni" pensò Silente tra sé e sé con una punta di soddisfazione.
«Mi dica, professore» esordì Theseus Scamander. «La ragione che l'ha portata fin qui deve essere estremamente importante. Non è da lei abbandonare Hogwarts.»

Soppesando il leggero tono di sfida nella sua voce, Silente gli sorrise. Non se la prese affatto per la frecciatina, tutt'altro.
Sapeva che Theseus non aveva ereditato il sarcasmo né da sua madre né da suo padre.
«In effetti è piuttosto importante, sì.»
La sua espressione divenne seria. L'uomo davanti a lui parve accorgersi del cambio di atmosfera. Silente infilò la mano nella tasca del cappotto, sfiorando la fialetta d'argento con le dita. Sollevò di nuovo gli occhi. Il maggiore degli Scamander stette in attesa.
«Ho ricevuto un avvertimento, Theseus» affermò infine lui di getto, rompendo il raccolto silenzio in cui la stanza era piombata.

Il moro dietro la scrivania lo esaminò una seconda volta, più minuziosamente di prima.
«Un avvertimento?» domandò impassibile, alzando un sopracciglio. «Che tipo di avvertimento, se posso permettermi?»
«Un avvertimento da Gellert Grindelwald.»
Theseus Scamander smise di giocare con il nodo della sua cravatta. Per un attimo sembrò rimanere spiazzato, ciononostante si ricompose in fretta. Sospirò debolmente scuotendo la testa.
«D'accordo, spero che questo non sia uno scherzo...»
«Non lo è. È una cosa seria.»

Incrociò lo sguardo inquisitore del suo vecchio alunno, il quale parve non dar retta a quell'ultima frase. Silente sapeva perfettamente quel che stava accadendo nel cervello di Theseus. Il maggiore degli Scamander rifletté per qualche attimo cercando la menzogna nella sua verità, il punto con il quale poter ribaltare la sua affermazione.
Ma non lo trovò. Non lo trovò e smise dunque di cercarlo, poiché capì che quella non era una bugia, ma una realtà concreta e allarmante.
Eppure, nonostante la realizzazione fosse viva in lui, qualcosa fermò il capo del Dipartimento Auror britannico dal mostrare qualunque emozione e costrinse Silente a intervenire di nuovo.
«So che può sembrare ridicolo all'apparenza, ma quello che ho visto, Theseus, era un monito.»
«Come può esserne certo, professore?»
Accadeva ogni volta che si trovava a parlare con un Auror. Fino a che quelli non vedevano il fatto con i loro occhi non credevano ad una parola di ciò che gli dicevi.
"Diffidenza", osservò tra sé e sé Albus. "Deve essere una deformazione professionale."

Frugò nella tasca del cappotto e finalmente tirò fuori quello che cercava. Senza dire nulla posò delicatamente la fialetta sulla scrivania, spingendola sotto la visuale di Theseus Scamander.
«Immagino tu ricordi questa» dichiarò infine, con un debole sospiro.
«Ho un ottima memoria per mia fortuna.»
«Non ho mai avuto dubbi a riguardo. Sai come funziona un Patto di Sangue?»
Theseus lasciò ricadere la schiena sulla sedia. «So che è una sorta di Voto Infrangibile. Lega due maghi indissolubilmente. Le mie conoscenze in campo terminano qui.»
«Corretto.»

Silente riprese la catenella d'argento tra le mani. La alzò, cosicché la luce proveniente dall'unico lampadario della stanza potesse attraversare la bolla di vetro e far brillare le gocce di sangue.
«Vedi le due gocce di sangue?» gli domandò, senza attendere una risposta. «Una è mia. L'altra è di Gellert Grindelwald.»
«È il motivo per cui non potete combattere tra di voi.»
Il viso di Theseus si illuminò. Silente annuì.
«Sì, esattamente.»

Rimasero entrambi in silenzio per qualche secondo, a osservare la danza delle gocce rosse. Gocce sospese, leggere come lo erano state all'epoca le due anime dei due ragazzi ai quali appartenevano.
Due giovani che ora si trovavano a guidare due schieramenti opposti di una stessa guerra.
Esiste condanna più crudele di questa per due cuori che un tempo batterono l'uno per l'altro?
«Affascinante, senz'altro. Mi chiedo cosa vi abbia spinti ad arrivare a tanto...»
Le labbra di Albus si storsero in un malinconico sorriso. Si aspettava che quella domanda potesse balzare fuori da un momento all'altro. «Arroganza. Ingenuità. Amore. Scegli tu il veleno.»

Quell'ultima frase parve colpire finalmente nel segno. Theseus Scamander abbassò lo sguardo per un minuscolo istante, risollevandolo poi quasi a fatica. Silente notò un cambiamento radicale nella sua espressione. Aveva toccato il tasto dolente. Ora non restava che raggiungere il nocciolo della questione.
«Il punto è che sia io che Grindelwald abbiamo il potere di controllare questo oggetto. Non importa chi dei due lo abbia in mano. Possiamo scambiarci messaggi tramite le gocce. Qualche settimana fa ho ricevuto un segnale dal Patto. Si è illuminato di rosso e mi ha stretto il polso. Grindelwald vuole stringere la morsa su Londra, sull'intero mondo magico.»

Il racconto sconvolse Theseus a tal punto che egli sembrò non trovare le parole per replicare. Aprì e chiuse la bocca, senza che però da essa uscisse suono. L'Auror rimase chiuso nel suo religioso silenzio, a studiare l'espressione dell'uomo che aveva davanti, come se avesse potuto carpire da lì le prove della sua sincerità.
«Se adesso siamo in mezzo ad una tempesta sta per arrivare un uragano, Theseus. Un tornado che ci travolgerà tutti se qualcuno non lo fermerà.»
«Tutti qui dentro fanno già il possibile per fermare Grindelwald.»
Il moro lo disse con una convinzione sorprendente, così tanto da essere ammirevole.

La stanza piombò nella quiete più assoluta. Dopo una pausa di riflessione profonda Theseus sospirò, allungando le mani sulla scrivania.
«Ascolti professore...»
«Dammi pure del tu. Non siamo più tra i banchi di una scuola.»
«Albus» corresse l'Auror, trovando strano il modo in cui il nome del suo vecchio insegnante suonò. «Io vorrei crederti. Lo vorrei davvero. Ma la prima volta che l'ho fatto la donna che amavo è morta e l'ultima ho rischiato di perdere mio fratello. Siamo finiti tutti quanti a processo... ed è stato un bel caos da allora.»
Albus sentì una fitta allo stomaco. Era consapevole che quella confessione cresceva attorno ad un'inestirpabile verità.

Una verità amara che riemergeva da meandri della sua mente.
Una verità che lo tormentava nel sonno.
Una verità che scuoteva il suo animo.
Una verità che percuoteva il suo cuore.
Era riuscito a disfare la squadra che lui stesso aveva formato.
Newt, Theseus e gli altri lo avevano servito rischiando ogni cosa. E lui non era mai stato lì per nessuno di loro.

Che razza di uomo avrebbe fatto una cosa simile?

«È ammirevole che voglia batterti per una giusta causa» continuò Theseus, mentre lui abbassava la testa come colpito da una mano di cui conosceva l'impronta a memoria. «Ma se quello di cui hai bisogno è un'armata, temo dovrai cercare da un'altra parte. I vecchi soldati hanno già perso abbastanza. Il loro compito è altrove.»
Fu cortese e, insieme, brutalmente onesto. Il tono sicuro, il rigido portamento... Tutto confermava a Silente che il suo vecchio alunno non avrebbe cambiato idea.
«Le persone muoiono ogni giorno là fuori. Non posso rischiare che accada ancora qualcosa alle persone che amo.»
Con un'unica occhiata, Theseus Scamander comunicò tutto quanto. Eppure dietro la sua apparente irremovibilità, Silente percepì un terrore radicato.

Se c'era una sola cosa che aveva compreso di lui da quando lo aveva preso sotto la sua ala da ragazzo, quella era che Theseus non avrebbe esitato a sacrificare anche il suo ultimo respiro pur di proteggere quelli che lo circondavano.
Non era semplice senso del dovere, bensì qualcosa di più. Qualcosa di molto di più.
Era la manifestazione di amore più sincera che potesse esserci.

Sebbene lo avesse essenzialmente messo con le spalle al muro, rifiutando di appoggiarlo un'altra volta, Albus non riuscì ad essere arrabbiato con lui. Avrebbe dovuto aspettarselo in fondo. Chi non avrebbe reagito così dopo aver rischiato di vedersi tolta ogni cosa?
Alzò lo sguardo verso di lui, curvando le labbra e annuendo, per fargli capire che comprendeva a pieno la sua presa di posizione così distaccata.
«Non ero venuto qui per chiederti di combattere ancora al mio fianco» dichiarò in tono fermo e pacato. «Non merito la fiducia di nessuno di voi dopo averla tradita. Non merito la tua, meno che meno quella di tuo fratello. Devo però pregarti di ascoltarmi un'ultima volta prima di andarmene. Sei diposto a concedermi, se non la tua fede, almeno questo?»

La pausa di riflessione del capo del Dipartimento Auror durò più del previsto. La tensione nell'aria era divenuta talmente spessa da poter essere tagliata con un coltello.
«D'accordo. Se è quello che desidera allora parli e l'ascolterò» asserì Theseus Scamander rompendo la quiete, mosso tanto dalla pietà quanto dalla voglia di uscire da quella che per lui doveva essere una situazione parecchio scomoda. Come biasimarlo.

Stavolta fu Silente a sistemarsi sulla sedia, riponendo il Patto di sangue nella tasca del suo cappotto, dalla quale l'oggetto non sarebbe uscito per un bel po'. Si allungò in modo tale che le parole potessero rimanere solo e soltanto tra loro.
«Qualcuno in questo ministero ha contatti con Gellert Grindelwald.»
Con sorprendente pacatezza, Theseus assorbì la rivelazione.
«Corruzione? Come siamo finiti a parlare di corruzione, adesso?» domandò ironico, scordando per un istante di avere davanti l'uomo che gli aveva insegnato come imbastire una stoccata in piena regola.
«Ti ringrazio per avermi fatto notare di essere stato piuttosto diretto. La prossima volta ci andrò più leggero.»

Rivolse un sorrisetto beffardo al suo ex studente, che ricambiò suo malgrado, accettando la sconfitta. Entrambi capirono poi che era il momento di affrontare seriamente la faccenda "corruzione". Non che non avessero avuto intenzione di farlo fin dall'inizio. Era stato però chiaro fin da subito al professore che una parentesi per sdrammatizzare avrebbe fatto bene a tutti e due, prima di passare a discorsi più impegnativi.
Più precisamente alla storia che lui si accinse a raccontare, senza tralasciare alcun dettaglio.
«Due anni fa, il ministro Travers mandò a Hogwarts un Auror per controllare i miei spostamenti, Damian Volkov.»
«Volkov non è più in Inghilterra, se è questo che le interessa sapere. Lo hanno trasferito in Francia. È stato...»
«So che è stato il ministro a ordinarlo e non è stata una tua scelta.»
«Aspetti, sta dicendo sul serio?»

Annuì. Theseus aggrottò la fronte ma non fece domande, lasciando che terminasse il discorso.
«Cercavo un modo per distruggere il Patto di sangue, tutt'ora lo sto cercando. Due anni fa ci ero quasi riuscito. Una sera sono andato nella biblioteca della scuola da solo; o meglio, quella era stata la mia intenzione iniziale. Volkov mi ha seguito. Non appena ho trovato il libro che cercavo ho scoperto che alcune pagine erano state strappate.
«Pensa sia stato Damian Volkov a farlo?»
«Ho tutte le ragioni per supporlo. Quando è entrato nella biblioteca io sono dovuto scappare, per evitare spiacevoli inconvenienti. Ho lasciato stupidamente la mia lanterna sullo scaffale, però. Grazie alla luce ho visto chiaramente Volkov sorridere. Da quell'espressione maligna ho capito che non era innocente. Se non avessi saputo l'esistenza di un passaggio sotto il pavimento mi avrebbe colto sul fatto, e Merlino solo sa cosa sarebbe accaduto dopo.»

Il maggiore degli Scamander, che aveva seguito la prima parte della vicenda rimanendo sulla difensiva, aveva ora spalancato gli occhi per lo stupore.
«In qualche modo» concluse Silente «Volkov ha un ruolo in tutta questa storia. Quando l'ho cercato per parlargli poco tempo dopo, mi è stato riferito che lo avevano trasferito a Parigi. »
«Dice sul serio?»
«Giuro su Merlino che questa non è nient'altro che la verità. Converrai con me che queste insieme non possono essere semplicemente una serie di sfortunate casualità. Quell'uomo ha ostacolato le mie ricerche di proposito.»

L'uomo seduto di fronte a lui si morse le labbra, chiaro segno di inquietudine. Non doveva essere facile trovarsi costretti a passare in rassegna la possibilità che nel proprio luogo di lavoro in apparenza sicuro si nascondessero in realtà decine, forse addirittura centinaia, di dipendenti e politici corrotti dal mago più pericoloso e ricercato al mondo. Eppure era certo che nella mente dell'Auror qualche sospetto del genere fosse balenato già da tempo. La corruzione era sempre stata in fin dei conti l'arma prediletta da tutti i più grandi strateghi della storia. Un'arma destinata a evolversi e, purtroppo, a non invecchiare mai.
La successiva domanda di Theseus fu arguta, e dimostrò ancora una volta la sua spiccata intelligenza (e la sua motivata diffidenza nei suoi confronti).
«Perdoni la domanda professore: se due anni fa è effettivamente accaduto quello che lei mi ha appena raccontato... allora perché aspettare a comunicarlo alle autorità?»
«Perché dovevo attendere che la situazione fosse chiara. E purtroppo lo sta diventando sempre di più ogni giorno che passa. Non leggo i giornali, ma ascolto le voci di chi sa più di me. Inutile dire che non siano per niente consolanti.»

Un breve scambio di sguardi pose la parola fine a quel colloquio che ormai andava avanti da più di venti minuti.
«Suppongo sia giunto il momento di togliere il disturbo. Non mi permetterei mai di trattenere oltre il capo della Divisione Auror. Con permesso.»
Si alzò dalla sedia infilandosi il cappotto e avvicinandosi all'uscita, venendo richiamato però da una voce alle sue spalle.
Esattamente come aveva immaginato.
«Quindi è venuto qui per questo? Per avvertirmi?»
Con la mano sulla maniglia della porta abbozzò un sorriso, voltandosi verso il centro della stanza. Theseus si era alzato in piedi e lo studiava da lontano.
Silente notò con piacere che non aveva perso la sua perspicacia. «Molto acuto, tre punti per tassorosso.»

Lo scherzo parve non scalfire l'altro. La sua espressione non mutò. Il professore esitò un istante.
«Sono venuto qui per avvertirti e nulla di più. Non oserei pretendere altro dopo che tu, Newt, Charlotte e gli altri avete rischiato la vita combattendo una guerra in cui non dovevate essere coinvolti. Senza contare tutto quello che è successo poi... La verità è che non ho mai voluto che nessuno morisse o andasse vicino alla morte, peggio fosse costretto a vivere una vita scelta per lui da qualcun altro. Mi dispiace tanto per la sorte toccata a tuo fratello, a tutti voi. Dico sul serio.»

Se Theseus colse la sincerità nella sua voce non lo diede a vedere. Albus decise che forse era meglio abbandonare le speranze di risanare la ferita che aveva apportato a tutti quei coraggiosi maghi che, due anni prima, si erano battuti per la sua causa e si erano visti abbandonati nel mezzo del cammino dalla loro guida.
Quei poveri malcapitati che quel giorno, riuniti in una stessa stanza, avevano firmato l'alleanza che li avrebbe portati sul filo del rasoio.

Con i sensi di colpa che si agitavano nel suo stomaco terminò il suo discorso, questa volta sul serio.
«Volkov potrebbe non essere la sola vittima di corruzione. Grindelwald sta giocando al suo gioco, dove tutti noi non siamo altro che pedine da abbattere. L'unico modo per vincere è essere più furbi di lui, contrastare la sua offensiva. Guarda com'entri e di cui tu ti fide. È tutto quello che posso dirti.»
Theseus assentì in silenzio. Sperò che avesse apprezzato quella specie di confessione. Se così fu non lo ammise ad alta voce.
«La frase non è sua, vero? La citazione» disse invece, alzando gli occhi.
«No. È Dante Alighieri, un italiano. Credo sarebbe di tuo gradimento. Oh, un'ultima cosa: porta i miei saluti a Charlotte, se la vedi.»

Si congedarono così, un po' freddamente, come fossero vecchi rivali e non più un alunno e il suo maestro.
Silente non poteva dirsi totalmente soddisfatto di quel colloquio. Forse si era aspettato un'accoglienza diversa, forse aveva confidato in un armistizio che avrebbe potuto riappacificare quelle che, da una sola, erano divenute due parti in gioco, distanti l'una dall'altra ma che si battevano per un ideale comune.

Così non era stato. In ogni caso qualcosa aveva ottenuto, constatò, seppur amareggiato. Aveva attivato il campanello d'allarme e Theseus sembrava avergli dato retta. Ora che era a conoscenza delle ombre che si aggiravano in quel Ministero si sarebbe tenuto alla luce, allontanandosi dai guai.
D'improvviso desiderò avere Gerda accanto in quel momento. La donna avrebbe di sicuro saputo cosa dire. Non appena l'avrebbe raggiunta le avrebbe detto tutto quanto e sarebbero tornati a Hogwarts insieme, nonostante il loro lavoro non fosse ancora finito.

Con un sospiro si lasciò l'ufficio alle spalle, le mani nelle tasche e il pensiero che forse l'unico modo per risolvere quel conflitto era cercare un dialogo con il più colpito tra tutti i suoi soldati.
E farlo prima che la situazione giungesse al suo punto di non ritorno.

Sempre che nel nuovo Newt fosse rimasto un pizzico di misericordia da concedere al suo vecchio mentore.

SPAZIO AUTRICE

Eccoci qua finalmente con un nuovo capitolo di questo sequel. Capitolo parecchio dialogato, che vede al centro i personaggi di Theseus e Silente (che sono più simili di quanto pensate).

L'uno cerca la fiducia dell'altro, trovando al posto di essa però una sorta di barriera. C'è da dire che il nostro Theseus ha avuto tutte le ragioni per prendere le distanze dal suo vecchio maestro, per quanto alla fine lo abbia ascoltato.
Voi che ne pensate? Avreste agito come Theseus? O avreste dato una possibilità a Silente?

Fatemi sapere le vostre opinioni sul capitolo nei commenti e, per supportare me e i ragazzi, non dimenticate di lasciare una stellina ❤️

Noi ci vediamo alla prossima. Stiamo entrando nel cuore pulsante della storia, quindi tenetevi pronti all'azione 👀
- Mavi.

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