tre


Asgard è una fiorente monarchia che si erge sulle acque di un mare distribuito su un ellisse fluttuante in mezzo alla galassia, di cui ho potuto ammirare solamente le foto, per ora; gli asgardiani sono un popolo molto potente di umanoidi dall'incredibile densità corporea, che permette loro di sviluppare notevoli qualità fisiche e di utilizzare le arti magiche, anche se queste ultime sono poco praticate dalla popolazione locale. Colui che mi si presenta davanti, però, sono sicura al 100% che non faccia parte dei comuni cittadini.

Inoltre grazie a mio padre, che ha sempre avuto a cuore la mia cultura e ha preferito formarmi con l'ausilio dei suoi manoscritti, non ho bisogno delle introduzioni per capire chi ho di fronte: il Dio dell'inganno, Loki Laufeyson.

Ho sentito molto parlare di lui, ultimamente, e lo compatisco: scoprire di appartenere a un'altra civiltà e di essere stato adottato solamente per poter stipulare un accordo di pace avrebbe imbestialito perfino la più docile delle pecorelle, figuriamoci un mago ben addestrato e dalle vaste conoscenze.

La navicella da cui esce, che ha distrutto uno degli ingressi che ero riuscita precedentemente a chiudere, stride dal dolore mentre viene spenta, e le figure dei Chitauri si nascondono nell'ombra della sua pancia: riesco a vedere le loro armature lucide risplendere nell'oscurità, perciò mi preparo al peggio. La longilinea figura di Loki, dalle spalle larghe e la testa adornata dal caratteristico copricapo dorato, scende la rampa con una lentezza per me asfissiante, tradendo la sicurezza che avevo in programma di mostrare, fingendo di aver affrontato persone ben più pericolose.

«Che onore incontrarla di persona! Sapere che i Giganti di ghiaccio si sono sparsi così lontano nella galassia, solamente per procreare, e addirittura con specie aliene famose per il loro egoismo!» riesco a capire, dalla sua espressione soddisfatta, che oltre ad essersi informato su di me, sta cercando i miei punti deboli. E io sarò felice di mostrarglieli, se mi permetterà di combattere contro di lui. «Il piacere è tutto mio, Loki. Come mai qua?» il suo sospiro, la sua postura e il suo atteggiamento sono tutti teatrali, perciò mi rendono difficile capire se ciò che dice è una menzogna, o una verità detta con il giusto tono. «Uhm, nulla di troppo urgente. Mi sarebbe piaciuto incontrare di persona il famigerato Collezionista di Ovunque, magari con l'opportunità di scambiare due parole, sia su di lei, che sulla merce che offre questo posto» incrocio le braccia e provo a rilassarmi, anche se le ombre dei Chitauri incombono sempre più minacciose nel varco d'apertura dell'astronave. «Mio padre al momento non è disponibile, e se proprio le interessa parlare di me, può farlo con la sottoscritta» il suo sorriso sembra quello che mi rivolgono le donne al mercato principale quando mi vedono adocchiare la loro merce, gentile ma pronto a far uscire parole severe e minatorie. «Potremmo cominciare con le introduzioni, mentre aspettiamo che lui si renda disponibile per contrattare» anche se voglio sembrare spavalda, sicura di me ed esperta, mi tremano le punte delle dita. Rabbrividisco: non so se per il pensiero sfuggente rivolto ai poteri che quest'uomo possa avere, o se per l'irrefrenabile voglia di terminare questa messinscena e arrivare al punto in cui, se non collaboro, mi costringeranno a farlo. «Qui non contrattiamo. Se ha qualche cimelio raro, possiamo comprarlo. Non vendiamo nulla» l'asgardiano si avvicina pericolosamente a me, tanto che fermo il mio riflesso di tirare fuori i pugnali poco prima di far scattare il meccanismo di sgancio rapido. «Signorina Tivan, è maleducazione non presentarsi agli ospiti, e non offrire niente. Vuole davvero che usi la violenza?» anche io sorrido, solo che a differenza sua, sono sinceramente divertita dal casino che sto per creare. Mi giustifico pensando che a differenza di mio padre, non sono per nulla diplomatica. «L'unica cosa che le posso offrire sono unità, se ha qualcosa di valore» l'espressione che gli dipinge il volto mi fa capire che anche lui è divertito dalle mie parole, ma la risposta mi fa capire che non l'ho fatto divertire abbastanza: «Non si immagina quanto valga ciò che le potrei offrire. Ma, ahimé, non sono qui per questo, né tantomeno per scambiare due chiacchiere con lei» appena vedo il suo polso scattare e il pugnale avvicinarsi alla velocità della luce al mio viso, tiro fuori la spada di Matani e blocco il suo attacco, finendo però per far svanire l'illusione.

Come sono stata idiota!

Se avessi usato l'energia cosmica, avrei capito immediatamente che quello che avevo di fronte era semplicemente un clone, e che il vero Loki è racchiuso nel nucleo della navicella; quest'ultima adesso è intenta a rigettare dalla sua pancia metallica tutti i Chitauri, perciò mi permetto di distrarmi dal Dio dell'inganno. La loro corsa, simile a quella di una mandria di cavalli imbizzarriti, dovrebbe spaventarmi, se non fosse che questa specie ha un cervello grosso quanto una nocciolina. Dopo aver affondato tutta la lama nel collo del Chitauro più vicino a me, lascio che questo cada a terra per poter sorprendere il successivo e mozzargli un braccio, tirando contemporaneamente un pestone a un suo compagno, che mi affianca, e lanciandomi verso un terzo individuo, pronta a infilzarlo con uno dei miei fedeli pugnali; mi concentro più a calmare il mio animo, che si sta riempiendo di adrenalina, piuttosto che ai loro attacchi invasivi e prevedibili. La pioggia di armi e di corpi macchia il terreno intorno a me, anche se alcuni Chitauri, più fortunati degli altri, pian piano si rialzano e tentano di infilzarmi o ferirmi in qualsiasi modo. Dal canto mio, comincio a sfruttare le lezioni di aerobica di Hilde e me la spasso mentre sfrutto il pugno di uno di loro come trampolino per saltare e trafiggere il collo di un'altro Chitauro, per poi saltare sul cadavere e, con un netto taglio sulla carotide, atterrarne un altro, macchiandomi il viso e i vestiti come solo mi ero immaginata di fare. Quando, per un attimo, la mia testa si deconcentra dalla battaglia e riesco a vedere ben cinque avversari saltarmi addosso, mi sento sopraffatta dalla folla, che sembra infinita. Di nuovo, mi sento soffocare. Passato quell'attimo fugace, però, l'istinto di sopravvivenza mi infuoca le interiora e mi permette di fare un ottimo affondo nel torace di uno dei nemici, che mi aiuta a difendermi usando il suo corpo esanime come scudo. Dopodiché, appena uccido altri due suoi compagni e sento i tonfi sordi distinguersi tra i versi dei Chitauri, mi risollevo l'animo e mi lascio investire dalla furia del combattimento, perforando il cuore dell'ennesimo mostro e lasciando la spada di Matani dentro di lui mentre uccido i superstiti aprendo loro i petti con i due pugnali, già incrostati di sangue e di liquido chitaurico. Appena capisco di aver quasi ucciso l'intera squadra di Chitauri e che gli altri sono piuttosto lontani, tiro fuori Fleyra dal cadavere e pulisco la lama rapidamente, passandola nell'incavo del gomito: questa spada è davvero incredibile e mi aiuta molto a rendere ogni movimento più fluido e preciso. Sembro quasi brava!

Perdo il conto di quanti Chitauri ho ucciso in totale mentre mi concentro sugli ultimi rimasti, i quali mi affrontano con la convinzione di poterla avere vinta, facendomi ridere ma anche scordare completamente della mia fobia per le cose morte - sì, mi disgustano.

Cavolo, aveva ragione Hilde quando aveva detto che voleva trasformarmi in una valchiria. E aveva sempre ragione quando diceva che era impossibile, dato che dovrei essere capace di rifare questa stessa battaglia altre mille volte. Ho sempre sognato il sangue, ma adesso se mi fosse concessa una pausa ne sarei grata.

Una volta distrutto l'intero battaglione di Chitauri, sento un applauso in lontananza, e mentre cerco di riprendere fiato e sistemarmi i capelli, finiti sugli occhi, sento dire: «Sorprendente. Evidentemente vivere a Ovunque comporta un addestramento quotidiano sul campo. Ho perso il conto di quante infrazioni abbiamo commesso, sia io che lei, durante questi minuti di colluttazione» appena sento lo scatto dei miei foderi in metallo capisco che i miei amati pugnali sono al sicuro, segno che dovrò tornare in guardia se vorrò continuare a difendermi. «Può darmi del "tu", dato che ho solamente sessant'anni» Loki sorride beffardo mentre mi squadra da capo a piedi. «Non sapevo fossi una combattente, Melena. E facciamo che i Giganti di ghiaccio si danno del "tu" a vicenda, va bene?» parla di nuovo di questa razza sottolineandone il nome per capire se, come per lui, anche per me è un colpo basso. Beh, in realtà, grazie alla trasparenza e alla chiarezza con la quale mi è stata spiegata la mia storia di nascita, per me i Giganti di ghiaccio non sono nient'altro che una percentuale all'interno del mio sangue. Per essere precisi, del 12%.

«Va bene, Loki. E ci siamo appena conosciuti, quindi non penso tu sappia molto su di me» intreccia le dita delle mani appena si ferma, divaricando leggermente le gambe e prendendo le sembianze di un albero che mette le radici. Non me lo scollerò velocemente, e ciò è un bene, dato che ho bisogno di mio padre per capire cosa cazzo vuole da me il figlio adottato di Odino. «So a sufficienza su di te, su tuo padre, su tua madre e su quelle belle fiammette che ti circondano. Cambiano così spesso colore?» mi chiede, riferendosi all'energia cosmica che mi sta solleticando la punta delle dita. «Solitamente sono sui toni del blu. Di cosa volevi contrattare, poco fa?» mentre lui fa due passi verso di me, io indietreggio di altrettanto, finendo però per sbattere con il sedere su uno dei tanti ripiani di mio padre. Ci troviamo nel cuore della sua officina, e non penso che sarà contento quando saprà di dovermela far pulire di nuovo, o quando noterà che il posto sul quale di solito parcheggia la sua navicella è attualmente occupato da questa astronave bronzea e ammaccata. «Ah, ora sei disposta a contrattare? Troppo stanca per resistere alle mie persuasioni?» alzo le spalle, riponendo la spada di Matani tra la mia cintura e i pantaloni con nonchalance, come se l'avessi fatto migliaia di volte, e non solamente due. «Sono soltanto curiosa del motivo per il quale il principe di Asgard debba fare una visita tanto calorosa» mi vibra il polso, ma nascondo il mio bracciale cercando di non farmi notare da Loki, che sembra felice della mia abnegazione, anche se sto solo cercando un modo per perdere tempo. Stranamente non riesco a sopportare i suoi occhi, soprattutto quando realizzo che cercano costantemente i miei: infatti, volto la testa fingendo di aver toccato una chiave inglese di mio padre. «Non fare finta che tu non sappia ciò che è successo ad Asgard. Sono sicuro che perfino tra questa rozza gentaglia sia circolata la voce sulla mia scomparsa, sul mio suicidio. Come se fossi solamente uno stolto...» l'ultimo commento che fa sull'accaduto è amaro e sembra difficile da mandare giù. Vuole che io provi pietà per lui, forse, ma l'unica emozione che provo in questo momento è confusione, dato che non c'era bisogno di mandare tutti quei Chitauri contro me, la figlia del Collezionista, per poi finire a chiacchierare come due amichetti del cuore. «Che c'entra quello che è successo ad Asgard? Eri, sei e rimarrai principe finché il re degli Dei non dichiarerà esplicitamente il contrario. E questa rozza gentaglia ti sta solamente dando la caccia, dato che neanche noi siamo stolti e non abbiamo creduto al tuo suicidio. A dirla tutta, attireresti molti clienti se finissi in una di queste teche» intravista con la coda dell'occhio, di fianco alle chiavi inglesi, la pistola che avevo provato ieri pomeriggio, la afferro con lo stupido intento di far roteare il grilletto intorno all'indice. Facendo il gesto per prenderla, però, scateno una reazione inaspettata ed esagerata da parte di Loki, il quale mi punta un pugnale alla gola, azzerando la distanza che avevo inutilmente creato. «Mi sopravvaluti» mormoro a un centimetro dal suo viso, sperando di non aver sputato. Ci mancherebbe soltanto che intacchi la sua bella pelle nivea con la mia sporca saliva da abitante di Ovunque. «Non l'ho fatto perché ti reputo una minaccia, ma perché mi affascini. Come hai imparato a combattere così bene, Mel?» la sua domanda scorre liscia come l'olio ma ha il sapore del liquore: è pericolosa ma è stata buttata nella conversazione come se fosse semplice interesse. «Mio padre ha sempre avuto a cuore la mia formazione, sia scolastica che militare. Diciamo che poi mi sono appassionata, e ho continuato ad allenarmi» con i suoi occhi piantati dentro i miei, non posso fare a meno di esplorare quell'azzurro, simile a quello del ghiaccio ma con una vivacità tale da farlo somigliare al colore di una cascata torrenziale. Le corte e folte ciglia nere incorniciano lo sguardo alla perfezione, donando quel tocco di severità che riesce a intimidire perfino una ribelle irresponsabile come me. La sua espressione mi fa intuire che ha tutto sotto controllo, e ciò mi fa imbestialire ancora di più, dato che volevo stargli lontana per poter valutare la situazione con razionalità e calma. «E le tue fiamme cosmiche? Non le usi perché non vuoi, o perché sono loro a usare te quando vogliono?» come se fosse lui il padrone di questa mia peculiare abilità, le mie mani si scottano a contatto con l'energia cosmica, che si avviluppa intorno a me e lascia propagare nell'aria un leggero odore di bruciato. La mia smorfia di sorpresa tradisce la risposta che stavo per pronunciare, lasciandomi senza le parole giuste da dirgli. «Ti sei scottata, per caso?» chiede gentilmente, abbassando la lama e facendo diventare il suo avambraccio blu scuro, il colorito dei Giganti di ghiaccio; «So gestire il mio potere e le sue conseguenze da sola, ma grazie della cordialità. Inoltre, non percepisco il calore e mi rigenero abbastanza in fretta» ribatto, appoggiando le mani dietro la mia schiena e indietreggiando con le spalle, guadagnando qualche centimetro in più di visuale. Adesso posso vedere il suo volto, cesellato e senza imperfezioni, contrarsi dall'arroganza, circondato da quei capelli corvini che lo contraddistinguono da suo fratello Thor, più grande, schietto e biondo. I riflessi, argentati, fanno apparire Loki come una delle amate reliquie di mio padre, rendendolo più integrato in questo posto di quanto non lo sia io, che ci sono nata. «Hai capito che non mordo, eppure vedo che non sto conquistando la tua simpatia, a quanto pare» finalmente si allontana, permettendomi di raddrizzarmi e di riacquistare un po' di spazio personale. Ovviamente, mi accorgo solo adesso che è riuscito a sviare la conversazione e a farmi scordare il motivo che lo ha condotto qui a Ovunque. «Vedo che hai ancora molta strada da fare per poter combattere e sconfiggere i cattivi, piccola Mel. Allora, mi offriresti qualcosa da bere, almeno? O date solo unità, qui nella Tana del Collezionista?» dove diavolo è finito mio padre? So che il viaggio da qui a Jotunheim è impegnativo, ma lo è altrettanto l'individuo che ho davanti, il quale non si preme neanche di vendicare i suoi compagni, morti per questa conversazione all'acqua di rose. «Se proprio non trovi il tempo di dire il mio nome completo, almeno chiamami Lena, come fanno tutti. E perché mai vorresti qualcosa da bere? Nella tua bellissima navicella non avete neanche della semplice acqua?» la sua risatina è leggera e spassionata, come se fosse lui ad essere il mio migliore amico, e non Hilde. «Intendevo impegnare il tempo nell'attesa che tuo padre torni disponibile per... Due parole, noi tre insieme. E speravo in qualcosa di più di un semplice bicchiere d'acqua, Mel» constatato a pieno che non riuscirò a togliermelo dai piedi finché mio padre non si presenterà, comincio a camminare con riluttanza verso la mia casa, augurandomi che Carina sia scappata dalla porta sul retro. Quella testa vuota darebbe qualsiasi cosa a Loki purché non le venga torto un capello.

Speriamo che mio padre abbia comprato del buon caffè, dato che sia io che Loki avremo bisogno di molto tempo prima di poterci salutare: io per capire quante più informazioni possibili sul suo invito forzato, lui per trovare il momento giusto per ottenere ciò per cui è venuto qui.

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