quattro
«Allora, Mel, dimmi: in cosa sei specializzata? Dovrai pur tornare utile a Taneeler il Collezionista, se ti accudisce personalmente» la mano che tiene la tazza di caffè, ormai vuota, volteggia in aria mentre Loki si accomoda sempre di più sulla sedia di casa mia. Anche senza copricapo, i capelli ricadono perfettamente sulle sue spalle, che lasciano un imponente ombra sulla superficie scheggiata del tavolo della cucina. L'orologio appeso alla parete scandisce i secondi con una lentezza che non pensavo potesse essere concepita, e mentre cerco una risposta maledico l'ennesima, inutile domanda di Loki. Vuole sapere pure che numero di scarpe porto, o quanto sono alta? «Diciamo che sono piuttosto brava ad aiutarlo un po' in tutto: esploro luoghi, testo armi, riparo ciò che si rompe» il suo sorriso, che prima consideravo inquietante, adesso diventa più spontaneo, ma anche cupo. «Non so se ad Asgard si dice così, ma da me di certo non si dice "accudire personalmente". Si chiama "crescere", "prendersi cura"» quando aggiungo questo commento, Loki posa la tazza sul tavolo senza fare alcun rumore, e quando intreccia le dita, allunga le mani verso il centro del ripiano, verso me. «Oh, anche ad Asgard si dice così. Ma credi davvero che un Antico dell'Universo, un Celestiale, un essere immortale che non ha la benché minima idea di cosa sia un affetto, cresca una bambina? Per lo più ibrida, mezzosangue» usare in questo modo il mio codice genetico mi ricorda le prime volte in cui, durante l'addestramento di Hilde, mi arrendevo.
Nell'attimo in cui reputavo una sfida difficile, un ostacolo insormontabile o una richiesta impossibile da soddisfare, Hilde mi inveiva contro. Mi demotivava, mi insultava, mi denigrava. E ciò riusciva, ogni singola volta, a scatenare tutta la mia forza, tutta la mia rabbia, tutto il mio risentimento. Anche se la mia vita è per la maggior parte del tempo felice, tranquilla e pacifica, di fronte alle parole di Hilde trovavo quell'episodio di ingiustizia o di sconforto che mi faceva muovere le gambe e rimboccare le maniche per combattere ancora. Perciò sono abituata a questo giochetto, eccome se lo sono. «Sono una mezzosangue per un semplice motivo, che non riguarda in nessun modo mio padre: tutta la sua razza si è estinta prima che lui diventasse adolescente. Anche se avesse voluto, non avrebbe potuto concepire una purosangue. E anche se lo avesse fatto, io avrei avuto il suo stesso problema. La cosa non mi tange, perché avrebbe potuto benissimo uccidermi nella culla, o addirittura nel ventre di mia madre» fa un cenno con la testa, cenno di aver capito che parlare delle mie origini non mi provoca la reazione che lui desidera. «Sai, ora che ci penso, hai ragione. Ti avrebbe uccisa senza battere ciglio, perché lui sa vedere nel futuro e di conseguenza sapeva già se gli saresti tornata utile» non so dove voglia andare a parare, ma mi distraggo alla vista delle sue nocche, rovinate dal freddo. Evidentemente la sua natura, rimasta celata per tantissimo tempo, sta combattendo con il suo organismo già formato. Le dita sono lunghe, perfette per poter invocare qualsiasi incantesimo appreso dalla madre Frigga, ma callose, rovinate dai combattimenti e dallo stile di vita puntato ad assomigliare al fratello. So per certo che Loki non ha mai partecipato a nessuna battaglia né a nessuna conquista, perciò penso proprio che si sia rovinato le mani come, in parte, me le sono rovinate io: allenandosi. Scuoto impercettibilmente la testa, scartando l'idea: in fondo è un principe di corte, perché mai vorrebbe diventare un banalissimo soldato? «Cosa vuoi fare nella vita?» questa è la prima domanda che mi rivolge che mi permette di rispondergli con totale sincerità. «Ho molti dubbi e altrettanti ripensamenti. Mi piacerebbe viaggiare, ma anche specializzarmi in qualcosa, come ha fatto mio padre con la Collezione. Amerei diventare una combattente, perfino mercenaria se non potessi scegliere da che parte stare, ma al tempo stesso, non so se quel mondo farebbe per me» quando fa passare la lingua sul labbro inferiore, mi chiedo cosa diavolo ci faccia ancora qui. Lui è un nobile, un aristocratico. Certo, gli è stato negato il trono di Asgard, ma ciò non significa che automaticamente diventi un esiliato, né tantomeno un poveraccio. Perché mai dovrebbe cercare in tutti i modi di trovare un altro modo per ottenere l'unica cosa che non può avere? «Sei brava a capire le persone, potrai diventare ciò che vuoi. Sei anche brava a mentire, e lo nascondi in modo egregio. I miei più grandi complimenti» alzo un sopracciglio, chinandomi leggermente in avanti. «Mio padre mi ha insegnato ad analizzare le cose da cima a fondo, perciò è un dono naturale. E poi mentire? È un'accusa un po' pesante da fare in casa di altri» l'espressione impassibile di Loki mi fa capire che lui, dall'inizio alla fine, è riuscito a leggere la mia mente, a ricavare le risposte oneste alle domande che ho cercato di depistare. «Oh, piccola Mel, hai detto quasi la verità. Devo dire che è stato estremamente complicato capire quando dicevi menzogne, ma mia... Frigga è una strega. Da lei ho imparato tutto ciò che c'è da sapere sulle relazioni interpersonali, inclusa la nostra» per farmi intendere di aver colto tutte le mie bugie, finisce il suo discorso dicendo: «Scoprire posti sconosciuti a praticamente tutta Ovunque, rubare i cimeli più rari della collezione più contesa della galassia e, per punizione, imparare un mestiere che non ti piace non li considero specializzazioni utili per aiutare tuo padre, ma elementi di una vita piena di sconforti e disagi. Anche senza magia, si legge dai tuoi occhi che vuoi smettere di fare questa vita. Se lo capissi anche tu, mi renderesti tutto molto più facile» scuoto la testa, incredula dai suoi poteri e dalla sua mente, sviluppata a livelli da me inimmaginabili. «Che cosa vuoi?» chiedo evitando di abbellire la frase con parole effimere. Il gesto del suo dito indice, rivolto alla mia cintura, mi fa capire immediatamente il motivo che ha portato Loki quaggiù, tra questa gentaglia troppo rozza per uno come lui. Se non fossi tesa come la corda di violino e vicinissima a svenire dal panico, giudicherei il sorriso di Loki bellissimo, sincero e luminoso. «Per ciò che ho in mente di fare non è indispensabile, ma mi eviterebbe un sacco di... imprevisti. Quell'arma, oltre ad essere molto versatile, può contenere cose di cui tu, per quanto intelligente e perspicace sia, non riuscirai mai a venire a conoscenza. Decidi tu il prezzo, le condizioni e le sanzioni nel caso in cui io non adempia al pagamento» forse la sua stupida magia riuscirà a entrarmi nella testa se continuo a guardarlo negli occhi, ma è più forte di me. Il personaggio di Loki, di cui avevo letto solamente nei libri, è troppo singolare per lasciarmelo sfuggire; in più, adesso rappresenta una notevole minaccia, e tenerlo d'occhio così da vicino mi rasserena, anche se solo in minima parte. «Sai tanto quanto me che questa è l'unica arma che mio padre non ti darà mai, per niente alla galassia» il Dio dell'inganno interrompe la nostra connessione appoggiando il dorso allo schienale della sedia, per poi accavallare una gamba sopra l'altra e annunciare semplicemente: «Non potete darmela in prestito allora?» scuoto la testa, sorpresa dalla domanda così inutile. «Secondo te il Collezionista dà in prestito i suoi cimeli? Mio padre non ti permetterà mai di averla» le sue braccia potenti si incrociano di fronte al petto, il quale si gonfia mentre fa un lungo sospiro. «Se queste sono le tue parole a riguardo, ti terrò compagnia fino al ritorno di tuo padre da Jotunheim, sperando che abbia anche qualche parola su di me, da parte di Laufey» mi alzo, stanca di parlare dei Giganti di ghiaccio, e apro con un gesto secco il frigo. «Vuoi qualcosa?» Loki scuote la testa, quasi mortificato, come se perfino il cibo che potrei offrirgli non fosse degno di essere ingurgitato da lui. Prendo del burro d'arachidi, e dopo aver afferrato un cucchiaio, comincio a mangiarlo: questa sarebbe l'ora della mia cena, ma mi sento già troppo sotto i riflettori stando semplicemente seduta, perciò non provo neanche a cucinarmi qualcosa di decente. «Non vuoi chiedermi nulla? Rimani semplicemente seduta a mangiare come la gente del vostro popolo, senza un minimo di decenza?» non sapevo fosse un tipo loquace, o almeno, non così tanto. «Mio padre mi ha raccontato tutti gli eventi noti della tua vita, e di certo non sono così scema da chiederti delle informazioni sul tuo piano malvagio. In più, qui non siamo ad Asgard, e non c'è un popolo solo: Ovunque è popolata da tutti quelli che non hanno un posto dove stare» il piccolo sbadiglio annoiato mi fa capire che Loki è interessato tanto quanto lo sono io alla natura di questo posto. Ovunque mi piace perché è un pianeta piccolo e interessante, ma una volta esplorato ogni angolo, diventa un posto caotico pieno di gente che sai già se ne andrà tra qualche anno: è per questo che non ho amici, al di fuori di Brunnhilde. «Perché mangi se non ne hai bisogno?» mi chiede Loki, allentando di poco la tensione da lui creata. «Per questi» dico, toccando il braccio e riferendomi ai muscoli. «In più aiuta a rigenerarmi più velocemente» stavolta è Loki ad alzarsi, e si dirige alla base delle scale. «Tu e tuo padre vivete qui? Con tutti i soldi che Taneleer ha, non ha pensato a una soluzione più... pulita?» scrollo le spalle, dato che questa catapecchia viene usata solo per i pasti e per le ore notturne. «Costruire una casa di lusso a Ovunque equivale a pregare ai quattro venti di essere derubati: ci pensa già la Collezione ad attirare i ladruncoli, oltre che a portar via un bel po' di soldi dal patrimonio di mio padre» con dei vestiti più comodi, composti da un busto in pelle, dei pantaloni neri e degli stivali, sembra quasi in una posa naturale. Di sicuro, ha abbandonato l'aria saccente da quando è entrato qua dentro. «Te l'ho detto, non sono un ladruncolo: voglio comprare onestamente, o al massimo prendere in prestito» faccio volteggiare il cucchiaio pieno di residui di burro d'arachidi ordinandogli, mentre lui cammina intorno al tavolo: «Non usare la tua magia su di me in continuazione» lui alza un sopracciglio e si avvicina a me, chinandosi e facendo quasi sfiorare i suoi capelli neri sulla mia fronte. «Ora che ti ho conosciuta, non ho bisogno della magia per capire i tuoi pensieri. Inoltre, la mia magia riesce a fare un sacco di cose ma sicuramente non mi permette di leggere i pensieri delle persone. Al massimo, so manipolarli, ma non mi sembra di averlo fatto» sento vibrare il polso, ma evito di rispondere perché, devo ammetterlo, parlare con lui è interessante e mi permette di intuire il suo stato d'animo. Mentre poso il cucchiaio nel barattolo e scrivo un messaggio a mio padre, da sotto il tavolo, chiedo a Loki di punto in bianco: «Ma l'armatura e il copricapo erano davvero qui, o erano delle illusioni?» lui ridacchia allontanandosi da me e girandosi di schiena, intento ad ammirare la carta da parati che si stacca dal muro. «Erano davvero qui. Posso manipolare la materia, ma solamente quella che mi riguarda; posso cambiare i vestiti e le armi, ma solamente i miei» annuisco, contenta dell'informazione utile solamente a far passare una manciata di secondi. «Stavo pensando a una cosa, e correggimi se sbaglio. È solo una serie di pensieri miei, quindi prendili per tali» dice: annuisco di nuovo e spingo indietro lo schienale della sedia, rimanendo in equilibrio solo su due gambe. «I tuoi talenti sono davvero particolari, ma al tempo stesso estremamente pratici: hai una forza notevole, riesci a prevedere i movimenti dell'avversario, sai usare abbastanza bene le spade e hai la capacità di rigenerare i tuoi tessuti, le tue ferite. Aggiungiamoci un po' di furbizia e l'abilità di manipolare le persone con le tue parole, e creiamo il prototipo ideale di mercenario» mi pulisco i denti con la lingua, improvvisamente consapevole delle condizioni squallide in cui mi ritrovo. Anche se è venuto con così tanta prepotenza, non si dovrebbe accogliere un principe in modo più sontuoso?
Ma chi voglio prendere in giro! È piombato quaggiù da chissà dove per imporsi su di me e su mio padre! Il minimo che si merita, se vuole rimanere, sarebbe uno sputo sui piedi. Però sono una ragazza con un minimo di educazione, e so quando devo mostrarla.
«Non so prevedere i movimenti degli avversari, ma ho degli ottimi riflessi. Per il resto, è come hai detto tu... Ma che c'entra fare le moine dal nulla? Non sono facile da conquistare» assottiglia lo sguardo mentre allarga le spalle, rendendo la sua ombra ancora più cupa, se fosse possibile. Intimidisce, ma non troppo: ciò invoglia gli altri a parlargli, ma allo stesso tempo, a stare attenti alle parole che usano. Ovviamente io parlo prima di pensare, quindi mi ritrovo un po' nel panico mentre mi accorgo della scelta di parole che ho usato. «Mel, penso che invece tu sia incredibilmente facile da conquistare. Se non fosse per la tua testardaggine e per le nostre opinioni contrastanti, a quest'ora saresti mia» lo squadro con fare minaccioso, per poi chinarmi in avanti a far cigolare la sedia in modo sinistro, mentre torna su quattro gambe. «Scagli il tuo esercito di mostri viscidi, chiedi l'unica arma che non ti può essere data, ti attacchi come una sanguisuga pur di parlare con mio padre, e adesso insinui perfino che sia una ragazza facile?» in questa oretta di permanenza, ho sentito ridere Loki tante volte, ma questa volta è una risata strana, molto meno controllata delle altre. Sembra la risata che ha Hilde quando andiamo a bere insieme, un po' troppo rumorosa ma fatta dal profondo. «Intendevo "mia" come "mia combattente"! Quanto viaggia la tua mente, Mel! Sei esilarante» esclama facendomi vergognare di me stessa. Ma cosa mi sta succedendo?
Aveva ragione Hilde quando diceva che sarebbe stato impossibile diventare una guerriera: oltre all'abilità fisica, bisogna restare concentrati, e io mi sono fatta sballottare la testa a destra e a sinistra da questo dio furbo.
«Sei sicura di non voler collaborare? Sarebbe un piacere averti al mio fianco» chiede Loki, avvicinandosi per l'ennesima volta. Mi alzo e tiro fuori il cucchiaio dal barattolo di burro d'arachidi, puntandolo dritto verso il suo petto e definendo nuovamente la distanza da mantenere, dato che sembra scordarsene sempre. «Non osare. Sono stata confusa abbastanza, per oggi» lui sfiora la punta della posata, rischiando pericolosamente di macchiarsi l'uniforme, e alza di poco il mento, come se i centimetri di altezza che abbiamo di differenza non fossero abbastanza. «È da prima che hai paura del mio tocco. Non userò la mia magia, te l'ho già detto» abbasso lo sguardo, dato che gli occhi che fino a poco fa cercavo, per tentare di prevenire i suoi pensieri e le sue intenzioni, adesso sono diventati oggetto di distrazione. «O hai paura di qualcos'altro? In fondo, voi giovani siete in preda agli ormoni...» il polso vibra di nuovo, e stavolta decido di lasciare perdere Loki. Che dica e faccia quel che vuole mentre rispondo a mio padre. «Lena! Ce n'è voluto di tempo per allontanarlo» dice mio padre alludendo al mio messaggio, che lo esortava ad aspettare qualche minuto per allontanare Loki da me. «No, è qui davanti a me» dico, sconfitta a livello mentale dall'uomo che ho di fronte, abbellito da un improvviso sorriso sardonico. «Apriresti il cancello del retrobottega? Sono arrivato» sospiro di sollievo, svuotando i miei polmoni del peso che questa conversazione effimera ha lasciato. «Grazie al cielo» rispondo, terminando la conversazione e nel frattempo chiudendo il barattolo di burro d'arachidi, che ripongo in frigo. Lecco il cucchiaio, che poi scaravento nel lavandino, e mi giro verso Loki, rimasto fermo dove prima ero rimasta ferma pure io. «Vestiti bene, perché il Collezionista sta per riceverti. E so controllare alla perfezione i miei ormoni, oltre alle mie spade» clicco un pulsante digitale nel mio polso, che fa sia da telefono sia da telecomando remoto a un paio di porte della Tana, e sorrido mentre sento tutte le preoccupazioni sollevarsi dalle mie spalle.
Posso finalmente respirare!
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