otto


Appena sento una brezza accarezzarmi il viso e provo a spostarmi sul materasso del mio letto, mi ricordo improvvisamente tutti gli avvenimenti delle ultime 30 ore: non sto dormendo in camera mia, ma sulla poltrona del pilota della navicella di Loki, mio padre è anni luce lontano da me, e il Dio dell'inganno è chinato sopra di me, incuriosito dal perché mi fossi addormentata serenamente solamente quando abbiamo toccato terra. «Dovrai abituartici» gli mormoro con voce impastata, riferendomi alla mia incapacità di svegliarmi felicemente, scacciando la nuvola nera che mi copre gli occhi, che mi distrae ricordandomi che non sono in casa mia, che non ci tornerò per tanto tempo, e che dovrò abituarmici. «Sei tu che devi abituarti a tenere i riflessi pronti: se fossi stato un intruso, saresti già sepolta sottoterra» mi stiracchio, sentendo una forte contrazione muscolare al fondoschiena, dovuta alla seduta non proprio studiata per farci dormire le persone sopra. «Se fossi stato un intruso non saresti passato, le barriere protettive si alzano appena la navicella tocca terra» gli rammento, sbadigliando e sistemandomi la maglietta, forse troppo leggera per la neve che intravedo fuori dalla porta aperta, dalla quale entra qualche fiocco assieme a un venticello freddo. «L'hai detto tu che questa navicella non è proprio l'ultimo modello uscito, perciò è logico che non abbia nessuna barriera» mi strofino gli occhi, indifferente all'idea che qualcuno mi possa torcere un capello quando Loki dovrebbe difendermi per non far infuriare mio padre, e decido finalmente di uscire e ammirare la prateria bianca che si distende di fronte ai miei occhi per chilometri. «Chi cazzo potrebbe aggredirmi in mezzo a tutta questa neve?» esclamo, ammirando la prateria che in realtà si rivela essere una foresta particolarmente spoglia, lontana da qualsiasi struttura o segno di vita. Il mio sguardo, che fissava l'orizzonte grigio e bianco, si sposta per terra, vicino alla passerella dell'astronave, dove trovo due cumuli di oggetti precedentemente smistati, come se prima di svegliarmi Loki stesse facendo l'inventario. «Qual era la prima lezione che ti avevo insegnato, appena partiti?» lui, appoggiato alla porta dell'astronave, mi fa la domanda con tono annoiato, come se fosse un professore vicino alla pensione e io l'alunna che è stata bocciata decine di volte. Ripercorro con la mente tutte le cose che mi ha insegnato sul popolo di Midgard durante il viaggio, quando non era ancora diventato insopportabile, poi mi strofino le braccia fingendo di star congelando: «"Fingi di avere una bassissima tolleranza alle temperature"» dico, imitando il tono austero che aveva usato per istruirmi. In effetti, forse con questo clima gli esseri diversi da me avrebbero davvero freddo. Do un'occhiata a Loki, vedendolo perfettamente a suo agio vestito con lo stesso pettorale in cuoio e gli stessi pantaloni che aveva prima di incontrare mio padre, fatti su misura per il suo corpo e per il suo ego.

«Bene, e adesso?» chiedo al mio "compagno provvisorio", come mi aveva chiamata lui durante il viaggio, poco prima di atterrare. «Adesso, cara Mel, dobbiamo solo capire come mascherare questa navicella, scegliere gli oggetti essenziali e cercare un posto dove riporli. Hai ancora la tua moto?» mi chiede, indicando il pannello di controllo come se questa astronave l'avessi progettata io, dal primo all'ultimo bullone. Annuisco ma lo guardo come per interrogarlo su cosa dovrei fare, e lui si arrende: «Non so come attivare il mimetismo. Mi sono dimenticato della procedura che dobbiamo fare e di come facciamo a ritrovare la nave» sbuffo divertita, dato che io ero semplicemente confusa mentre lui deve aver frainteso e pensato che stessi aspettando che lui mi chiedesse aiuto. Mi siedo ai comandi incrociando le gambe, dato che il fondoschiena ancora risente della poltrona. «Nave? Anche se è grossa, questa rimane pur sempre una navicella. E menomale, perché io di navi non ci capisco quasi nulla. Ma le navicelle come questa le conosco come le mie tasche» lui appoggia le mani sul bordo del pannello di controllo, guardando le mie saettare tra i comandi del pannello mentre osservo i numerosi schermi attivarsi e cambiare schermate di continuo. «Allora, prima lezione sulle navicelle: per attivare il mimetismo, devi prima cercare il codice di tracciamento, che è ben nascosto per evitare che sia accessibile a tutti» anche se parlo con calma, le mie dita sfrecciano sull'enorme pad e sui vari comandi, rimasti manuali, e non so se Loki riuscirà a capire quello che dico e a memorizzare i passaggi. «Ecco il codice. Metti le password» gli chiedo, ma lui scrolla la testa debolmente e risponde: «Sono scritte qui» porgendomi poi un foglietto stropicciato. «Devi averla usata molto...» gli dico, perplessa. Come ha fatto a diventare un pilota così bravo se non sa neanche la password della sua navicella? «Il tuo sarcasmo è mediocre» ribatte stizzito. «Ora, connetti la sala di controllo al bracciale elettronico, che... Non hai. Vabbè, ci sono io. Ecco, collegati. Ora posso scaricare il codice, e adesso possiamo attivare il mimetismo con questo fantastico comando» la parola "invisibile" appare a scritte cubitali tra le varie funzioni, tutte elencate nel database del sistema operativo. Schiaccio il pad, attivando il programma, e mi alzo di nuovo da quella maledetta poltrona, che inizialmente sembrava soffice come un cuscino ma adesso mi irrigidisce la schiena appena ci appoggio il sedere sopra. «Grazie a Dio usciamo di qui! Non voglio più vedere questo aggeggio per almeno una settimana» dico, radunando le poche cose che mi sono portata e aspettando che Loki faccia altrettanto. Invece che mettersi i borsoni in spalla, schiocca le dita e li fa scomparire. Accidenti a lui e alla sua manipolazione della materia. «Mi dispiace deluderti, ma rimarrà il nostro, e soprattutto il tuo, piano B. D'altro canto, sono l'unico che sa teletrasportarsi, e non è la mia specialità» mi spiega mentre ammira la navicella, adesso quasi del tutto invisibile e piena delle cose che ha deciso non ci sarebbero state utili. Giocherello con il piccolo poligono pentagonale che custodivo in una delle tante tasche dei miei pantaloni e poi lo lancio per aria. Quando atterra, la mia moto brilla in mezzo ai fiocchi di neve, permettendomi di fissare le borse ai lati, senza domandare a Loki quando intende partire o dove vuole andare. «Quanto siamo lontani? Posso arrivarci in moto» dico, supplicando tra me e me di usare un altro mezzo di trasporto, dato che devo smaltire i postumi di tutti quei salti nello spazio. «"Grazie a Dio"? Quale Dio?» chiede divertito Loki, ripensando alla mia esclamazione. «Non dovresti sapere tutto sugli umani? È una cosa che dicono. Non sviare la mia domanda» ribatto, seccata da questa sua brutta abitudine.

«Non oserei mai... Adesso ci troviamo a Stoccarda, in Germania, nel cuore dell'Europa, e il mio obiettivo è trovare l'Helicarrier, la sede mobile dello S.H.I.E.L.D., l'associazione di cui ti avevo parlato. Dove c'è l'Helicarrier, c'è il dottor Erik Selvig, e dove c'è il dottor Erik Selvig, c'è il Tesseract, ciò che devo rubare. Stando alle mie fonti, il magazzino usato dal dottor Selvig per studiare il Tesseract si trova a New Mexico, negli Stati Uniti, quindi è lì che sono diretto» cazzo cazzo cazzo. Avrebbe dovuto dirmelo prima che la missione era questa: mi sarei preparata meglio, avrei chiamato Hilde prima di buttarmi a capofitto, avrei rifiutato l'offerta e abbandonato Fleyra a un dipendente di mio padre. C'è un limite perfino alla mia spavalderia. È forse impazzito? Rubare il Tesseract? La fonte di energia infinita? Loki deve aver sbattuto fortissimo la testa, se pensa che lo potremmo rubare così facilmente.

Il Tesseract è un cubo creato dal suo popolo, gli asgardiani, per poter rinchiudere e conservare la potente Gemma dello Spazio, senza che nessuno se ne possa appropriare; esso è stato poi donato a un gruppo di umani fedeli affinché lo potessero custodire, dato che qui su Midgard nessuno, ad oggi, sa come manipolarlo. E neanche io.

Anche se mio padre mi ha insegnato tutto ciò che c'è da sapere sulle sei Gemme dell'Infinito, io non ho la più pallida idea di cosa potremmo fare con la Gemma dello Spazio, né tantomeno con il Tesseract. Quello che so, però, è che in questo momento sarà gelosamente sorvegliato da qualcuno che non teme neppure il Dio dell'inganno.

«Menomale avevi detto che non mi sarebbe stato torto neanche un capello. Solo a sentirti parlare a vanvera sulla tua fantastica missione suicida sento la vita venirmi meno... Sei un pazzo se credi di poterlo prendere senza farci rischiare la vita. E dopo, che intendi farci? Per te è solo una scatola azzurra iridescente» lui sospira, decidendo di rivelare tutto senza aspettare di raggiungere un posto da cui ripararci dalla neve, che cade copiosa su di noi come per cercare di farci integrare nella foresta spoglia. «Io so come poter usare il Tesseract per il mio tornaconto personale, ovvero quello di dominare la Terra. Mia madre mi ha insegnato a manipolare quasi tutti i tipi di energia, perciò non vedo perché non potrei essere in grado di usarlo. Non sarà difficile recuperarlo, e tu non dovrai fare altro che tenere Fleyra al sicuro; una volta preso, tornerò qui, lontani da quei buoni a nulla dello S.H.I.E.L.D., e trasferiremo un po' della sua energia per metterla nella spada. Giusto per essere sicuri di non poter mai finire a mani vuote» dev'essere davvero abile, ma soprattutto sicuro di sé, per poter aver creato un piano tanto complicato da attuare quanto irrealizzabile sotto molteplici punti con così tanta pacatezza. In più, l'ultima frase mi fa intuire che non sono l'unica a essere intimidita dal suo collaboratore. E poi ha idea di quante volte mio padre ha provato a far confluire dentro il cuore vuoto di Fleyra dell'energia, di qualsiasi tipo? È impossibile. «Tutto qui? Ti ricordo che abbiamo due mesi, e se il tuo piano dovesse andare a buon fine, tra due settimane avremo finito» lui scrolla le spalle, avvicinandosi a me, che nel frattempo sto controllando che le cinghie dei borsoni non tocchino la catena o altre componenti della moto. Appoggia una mano sulla sella, piegandosi verso di me, e sento il suo odore, un misto tra cuoio, bosco ma anche... rum. Strano ma inebriante, sfortunatamente piacevole. «Dopo, conquisterò la Terra, questo pianeta talmente tanto incasinato, rozzo, maleducato e preistorico che ha ancora il trono vuoto. Il giorno della mia incoronazione ti farò tornare a casa sulla nave madre dei Chitauri. In meno di un mese potrai riabbracciare tuo padre e tornare a spolverare le teche della vostra amatissima Collezione» storgo il naso e mi alzo, pronta a partire ma non molto convinta. Non che abbia alternative, ma inizialmente sembrava una cosa più allettante e fattibile. «Non mi fido del tuo piano, sembra troppo facile. Gli umani sono così tanto fragili? Non pensi che si rivolteranno?» lui indugia sulle mie parole, come per cercare la risposta più adeguata senza accennare a nessun genocidio, sacrificio che sono sicura non gli dispiaccia così tanto fare. «La rivoluzione è un cambiamento necessario che tutti gli esseri fanno per adattarsi ai cambiamenti. Se dovesse accadere, e lo spero, il Tesseract aumenterà i miei poteri, che diventeranno praticamente infiniti, e riuscirò a far capire agli umani che l'unica rivoluzione che devono attuare è quella per aiutarmi a spodestare chiunque tenti di intralciarmi. Così facendo, almeno, riporterò un po' di raziocinio in questo popolo di scimmie» effettivamente, da tutto quello che mi ha raccontato durante il viaggio, gli umani mi superano di gran lunga per il numero di cazzate fatte. Se da una parte ciò mi dona un briciolo di autostima, dall'altra mi preoccupa: chissà che esseri sono, quanti conflitti inutili hanno creato. «Allora sarà meglio cercare subito una base in mezzo a questo deserto ghiacciato. Non so te, ma io voglio finire entro i tempi che hai enunciato, e ho paura che più aspettiamo, meno possibilità avremo di rientrare nei 60 giorni, figuriamoci in 30» lui mi guarda cercando di decifrare la mia espressione, cercando di capire se ho altri obiettivi, anche se è d'accordo con la mia decisione di muoverci ora. Io sono qui solo per svolgere il compito che mi è stato assegnato: proteggere Fleyra e fare in modo che non finisca tra le sue mani. «Non ti fidi di me?» sorrido di sbieco, divertita. Come potrei? «Diciamo che voglio prevenire eventuali perdite di tempo» mentre aspetto una sua risposta, o una qualsiasi reazione che mi faccia capire che possiamo lasciare questo posto, lo guardo sistemarsi i pantaloni, disinteressato. Anche se i miei occhi sono troppo indiscreti, lui è pur sempre un dio, e non mi capita tutti i giorni di servirne uno così determinato e arrogante - qualità che gli donano quel qualcosa che non mi impedisce di osservarlo curiosa, di tanto in tanto. «Diciamo che farò finta di crederti, Mel. Guido io» mi avvicino, facendogli notare che, anche se sono qui tecnicamente per servirlo, non sono una bambina inesperta. Non totalmente. «Non dire cazzate. Sulla mia moto il tuo unico posto è quello del passeggero» lui si avvicina pericolosamente, talmente tanto da farmi involontariamente alzare una mano, che poggio sul suo petto per delineare le distanze che non può oltrepassare. Dove pensa di andare? Ma soprattutto, come fa un principe di corte ad avere tutti questi muscoli? «Cara la mia Melena Matani Tivan, credo che qui non abbiamo ancora capito la situazione in cui ci troviamo. Ho pagato 41 milioni di unità per avere in prestito la spada di Matani e la sua portatrice. Devi limitarti a fare quello. E non osare parlare così con me, non sono un mercante da quattro soldi» i suoi occhi azzurri sono arrabbiati ma non furiosi, fissano i miei talmente in profondità che scommetto possono vedere persino l'energia cosmica che mi scorre nel corpo. Deglutisco prima di rispondergli, pur continuando a sostenere lo sguardo perché non mi faccio sottomettere neanche dal figlio illegittimo di Odino: «Non sono una portatrice di spade, sono la figlia di un Celestiale. Fleyra inoltre ha un valore di gran lunga maggiore delle 41 milioni di unità che hai depositato a mio padre, quindi non comportarti come se pretendessi qualsiasi cosa desideri» spingo leggermente il palmo della mia mano, sorprendendolo e facendogli fare un passo indietro. Lo scricchiolio della neve sembra riverberare nel mio petto mentre il mio battito aumenta. «Ti ripeto: sulla mia moto, il tuo unico posto è quello del passeggero» mi allontano anche io, poi mi lego i capelli, gonfi e pieni di nodi, che come sempre sono d'intralcio. Do un'ultima occhiata a Loki prima di montare in sella, ma invece che vederlo infuriato, offeso o pronto a tagliarmi la testa, lo vedo sinceramente divertito. «Sono felice di aver scelto te come partner. Spero che tu mi faccia divertire così più spesso» gira la chiave che avevo precedentemente inserito nella toppa, risvegliando il motore e il cuore della mia moto, per poi aggiungere, a pochi centimetri dal mio naso: «La mia pazienza è meno sottile di quanto ti aspetti, ma più sottile di quanto ti immagini» sussurrato ciò, usa la sua magia per entrarmi in testa e imprimervi il percorso per un motel. Aspetto che si accomodi dietro, curiosa di scoprire fin dove il mio orgoglio si può spingere contro di lui, poi decido di partire e abbandonare la radura innevata.



Ragazzi, annuncio ufficiale: fino al capitolo 10 aggiornerò la storia ogni 5 giorni, poi mi prenderò una settimana e poco più per lasciarvi il tempo di leggerli tutti e continuerò con l'aggiornamento programmato inizialmente, ovvero 1 volta a settimana. Vi auguro un buon fine agosto e spero che per ora la storia vi stia piacendo!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top