nove


L'edificio che raggiungiamo, dopo solo dieci minuti di viaggio, sembra tutto meno che uno degli hotel che ho visto mentre mi informavo su Midgard: per dare l'idea, casa mia a confronto è una villa di lusso. Dalla sua parte ha le pareti che sembrano molto solide, il parcheggio sorvegliato da una telecamera funzionante, e poi è praticamente isolato dal resto del pianeta.

Parcheggio la moto con cautela, nel punto in cui la telecamera la possa riprendere alla perfezione, poi la spengo e lascio che si attivi il sistema di blocco automatico, che non permetterà a nessuno di spostarla di lì. Loki si sistema i capelli e prende uno dei miei due borsoni, facendo finta che sia suo, per poi incamminarsi verso la porta d'ingresso. Afferro il secondo borsone e mi affretto a seguirlo, chiedendogli: «Ci sarà qualcuno?» lui annuisce, improvvisamente silenzioso.

La signora, seduta dietro un bancone e intenta a leggere una rivista, salta per aria rossa dall'imbarazzo appena ci vede varcare la... reception? Credo si dica così. Balbetta qualche parola in una lingua sconosciuta, ma Loki le risponde senza battere ciglio in tono premuroso e tranquillo.

Quando ha imparato questa lingua degli umani? Ma soprattutto, quando ha imparato a essere così gentile con le persone?

La signora mi guarda, i corti capelli biondi che si muovono a ritmo della sua vivacità, e mi fa una domanda a cui non so rispondere, dato che non conosco una parola della lingua che sta usando. Loki risponde al posto mio, facendo pure ridere la signora, la quale, gesticolando e continuando a farfugliare imbarazzata, consegna una grossa chiave a Loki e gli spiega come arrivare alla stanza, deduco dal braccio che indica le scale. Io le sorrido e mi inchino leggermente, come a chiedere scusa, e lei ride aggiungendo qualche parola che sembra dolce e innocente.

Appena ci troviamo sulla prima rampa di scale, lontani dall'ingresso, mi soffermo e chiedo a Loki, il quale si trova qualche scalino più avanti di me: «Che lingua era? Io di Midgard conosco solo l'inglese, e quello non lo era» lui si ferma e si gira, sorridente. Di sicuro starà pensando che sono una stupida mezzosangue che sa solo le lingue essenziali per poter contrattare con i clienti. «Tedesco. Midgard è uno dei pochi pianeti dove le persone sono talmente stupide da non riuscire a concordarsi neppure sul linguaggio. Non preoccuparti, quando arriveremo in New Mexico capirai ogni parola. Per ora, accontentati di sorridere e annuire» raggiungiamo il primo piano del motel, e il corridoio dalla moquette sudicia non promette nulla di buono. Arrivati alla nostra stanza, la numero 83, realizzo immediatamente dove sto per entrare e chiedo, cinica: «Era troppo scomodo chiedere due stanze? Mi sembravi parecchio a tuo agio mentre parlavi tedesco» Loki fa girare la chiave nella toppa con una lentezza inconcepibile, per poi aprirmi la porta e farmi segno di entrare con il braccio, come se fossi io quella importante tra i due. «Avrò pure milioni di unità, ma ho portato pochi euro, dato che avremo bisogno di dollari. E poi, ti imbarazza dormire con me? Non sei mai stata con un uomo?» le mie orecchie divampano mentre cammino dentro la stanza, che al contrario del resto dell'edificio, è pulita e anche piuttosto spaziosa. «Primo: non sono affari tuoi con chi sono stata. Secondo, dato che il primo punto allude a una bugia: sono stata con un po' di uomini. Per poco tempo, ma ci sono stata, caro il mio verlobte» gli dico usando una parola che ho sentito nella conversazione con quella signora, poggiando il borsone per terra e lanciandomi di schiena sul letto matrimoniale. Almeno è grande abbastanza per dormire con comodità, e il materasso è sicuramente più comodo del posto di guida dell'astronave. «Primo: grazie per la sincerità, ero proprio interessato alla tua vita sentimentale. Secondo: verlobte vuol dire "fidanzata" in tedesco; vedi di non riferirti a me con quella parola dato che sono un Dio, maschio anche» le mie orecchie rimangono rosse per l'imbarazzo, e non riesco a trattenere una risatina imbarazzata.

«Ne ho di cose da imparare» ammetto con un sospiro, mentre vedo la parete opposta a quella del letto colorarsi di arancione, segnale che sta tramontando il sole. Mi giro verso un comodino, posto al lato del letto, e leggo l'orologio: 18:46. «Finalmente concordiamo su qualcosa a pieno» dice lui, sedendosi di fianco a me e guardando la finestra che svetta sopra lo schienale del letto. «A cominciare dalla tua energia cosmica, dico bene?» mi domanda dopo aver appurato che questo posto è sicuro, dato che sentivo la presenza della sua magia vagare per la stanza, in cerca di qualche telecamera nascosta o che so io. Anche se sarebbe bastato vedere il televisore, un vecchissimo modello cubico con lo schermo quasi sferico, per capire che qui oltre ad esserci pochissimi segni di civiltà c'è anche pochissima tecnologia.

Annuisco alla sua domanda consapevole che non può vedermi. «Spero solo di poter dimostrare a mio padre che sono davvero determinata a vivere questo tipo di vita» il principe di Asgard si gira verso di me, confuso dalla mia loquacità. Sono stanca dopo tutti i salti nello spazio che abbiamo fatto, ho le dita intorpidite dal freddo dato che guidavo senza guanti, e anche se non ho fame ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Mi mostro leggermente vulnerabile perché in questo momento lo sono, e se vuole farmi del male, lo scoprirò nel momento in cui dovrò tirare fuori i miei pugnali per difendermi.

«I genitori proiettano su di noi dei progetti, dei sogni che difficilmente vanno in porto. E anche se ciò è risaputo, sembra che ogni volta loro non comprendano i loro errori e scarichino le colpe sui figli, facendoli sentire inutili, insicuri, incapaci o violenti» sento di aver toccato un tasto dolente, e anche se vorrei cambiare discorso, sfrutto l'occasione per avvicinarmi a Loki. In fondo, come ha detto lui, siamo partners, e se voglio fidarmi di lui, devo fargli capire che può fidarsi di me. «Per lui io sono sempre la bambina scansafatiche in cerca di guai, e sa che trovo sempre pane per i miei denti. Gli voglio solo far capire che, come sono abile al suo fianco, lo sono senza di lui. Diventare un topo di biblioteca come lui non è il mio desiderio, per quanto mi possa piacere. Per ora» tiro sù le spalle appoggiando i gomiti ai lati dei miei fianchi, facendomi accarezzare dall'odore dolce e alcolico di Loki. «Sono i primi a dirci di non avere pregiudizi sugli altri, e poi ci descrivono come vogliono. E spesso queste descrizioni rasentano il ridicolo» l'espressione che dipinge il volto del dio è composta, serena, come se questo concetto gli fosse penetrato nelle ossa e fosse ormai parte di lui.

Come se non ci soffrisse.

Eppure, un bagliore nei suoi occhi che vedo di sfuggita mi fa capire che anche lui si trova nella mia stessa situazione, e non mi serve ricordare quello che mi ha raccontato mio padre sulla relazione tra Loki, Thor e Odino, dato che riesco a capire meglio il quadro della situazione dai suoi occhi celesti.

Cerco di mascherare la mia vergogna quando i suoi occhi incrociano i miei, notando che lo stavo - di nuovo - fissando; dalle mie guance divampa un leggero calore, che sono sicura si sarà manifestato molto più violento di quanto percepisca, e l'energia cosmica risponde al tacito comando di Loki, accendendo di colpo tutte le luci della stanza, per poi distruggere tutte le lampadine, eccetto quella del comodino. Non sussulto, prevedendo questa reazione da parte di un congegno umano, e mantengo i miei occhi gialli sui suoi, chiedendogli spiegazioni.

«Perché non mi resisti?» mi chiede parlando un'ottava più bassa: le mie interiora fanno una capriola. «Non ci riesco» mormoro, improvvisamente senza aria nei polmoni.

La mia energia cosmica mi accarezza il viso, più colorato del solito, spostandomi i capelli che avevo sulla fronte, poi mi solletica il collo e scende fino a fermarsi sull'ombelico. Io non so di chi è opera tutto ciò, se del mio inconscio o di Loki, ma resto immobile per non fermare questo flusso: voglio imprimere le sensazioni che provo nella mente per provare a replicare questi gesti.

«Sei... tu?» gli chiedo, sentendo poi l'energia cosmica che, dall'ombelico, si irradia dentro tutto il mio corpo e mi fa percepire un calore divino. Lui annuisce, divertito, e mi alzo di scatto, sorprendendolo e facendogli usare la mia energia per rallentare i miei movimenti. Come cazzo fa? «Perché tuo padre non ti ha insegnato nulla?» mi chiede divertito, con un sorriso da far girare la testa perfino a una scettica come me, che ha sempre creduto che gli Dei non siano chissà che cosa. «Sa poche cose su questa energia. Mi ha insegnato a vedere nel buio, a percepire le presenze, a controllare l'energia elettrica...»

Anche Loki si alza e decide di farmi assistere al suo spettacolo improvvisato di marionette, dove però la marionetta sono io. Infatti, ruotando il polso mi fa fare due passi indietro, appoggiandomi alla parete, e poi mi fa alzare le mani sopra la testa, congiungendo i due polsi.

Dato che l'energia cosmica che mi ha controllato le gambe si è affievolita, premo con il tallone su una cinghia a sgancio rapido situata sul polpaccio della gamba opposta, facendo cadere una stella di metallo che calcio al volo grazie alla punta dei miei stivaletti in adamantio, scagliandola contro Loki. Lui, mio malgrado, la schiva, anche perché il mio lancio era penoso e questa arma è solo un prototipo di Hilde che ho rubato anni fa. «Devo ammettere che un po' la sai controllare, l'energia. Ma non ti fidare mai della conoscenza che può avere un essere immortale... Non sarà un Kree, ma tuo padre se ne intende di questa materia, d'altronde come se ne intende della maggior parte delle cose» stringo la mascella e cerco di abbassare le mani, riuscendo solo ad appoggiarle sulla mia testa.

Mi sarò mossa di cinque centimetri, ma sto sudando per lo sforzo.

«In uno scontro tra forze, tu perderesti, Mel. Non devi importi, devi imbrigliare» mi spiega, per poi infuocare le sue dita, che grazie al potere dei Giganti di ghiaccio e alla magia appresa da Frigga, rimangono intatte.

Modella le fiamme bluastre affinché non assumano la stessa forma della stella a quattro punte che ho lanciato, adesso dimenticata sul pavimento, e giocherella con l'arma di energia cosmica finché questa non affievolisce. A quel punto, quella scintilla copre velocemente la distanza che c'è tra noi due e mi accarezza la giugulare.

Non ho paura che mi tagli la gola, non sono arrabbiata con Loki per questa scena da teatro da quattro soldi, desidero solo capire come fare per padroneggiare l'energia che scorre dentro di me come sta facendo lui, che di energia cosmica ne ha zero; il mio sguardo, però, sono sicura che sia preoccupato, perché riesco a sentire le temperature come un cucciolo appena nato, indifeso e sensibile.

Dov'è finita la mia abilità innata? Forse è come dice mio padre, che cambia a seconda del mio umore? Ma ora, esattamente, cosa sto provando?

«Devi cercare di dialogarci, di convincerla che tu sei degna di poterla usare come meglio credi. Non basta pensare a qualcosa che ti fa sorridere per poter manipolare tutta l'energia che ti scorre in corpo. Non è una soluzione efficiente» dice con scioltezza, anche se vedo i segni della stanchezza sul suo volto. Questo utilizzo completo dell'energia cosmica prosciuga più energia fisica di quanto credessi.

Il fuocherello che mi accarezzava la gola si dirama in tre fuocherelli ancora più piccoli, che però hanno la forza sufficiente a farmi smettere di digrignare i denti - che non mi ero accorta di star digrignando - e aprirmi leggermente la bocca.

L'energia si fa strada tra le mie labbra socchiuse e poi tra i miei denti, accarezzandomi il palato dolcemente e poi tintinnando la mia ugola: ciò mi fa tossire, ma dato che Loki sta dominando qualsiasi azione della mia bocca, me lo impedisce, facendomi solo diventare gli occhi lucidi per lo sforzo di contrastarlo.

«Ti ho detto che non devi importi sull'energia, devi comunicarci. Falle capire che è una buona idea seguire i tuoi comandi, sii delicata» mi fa ingoiare quella fiammella, che scende nel mio esofago, bruciando come un'intera bottiglia di alcol puro, e poi scompare dentro di me. Cerco di seguire le sue parole, anche se il bruciore divampa dentro di me e l'odore di Loki divampa dentro le mie narici, come se avessi bevuto un sorso del suo profumo.

Tuttavia, sento qualcosa, che prima mi stringeva il cervello, allentarsi: l'energia che mi tiene ancorata alla parete e tiene le mie braccia sollevate diventa visibile, fievoli spirali fumose blu che girano attorno al mio corpo, e faccio come mi ha suggerito Loki, chiedendole di andarsene. Le spirali ruotano velocemente, lasciandomi andare, e rientrano dentro il mio corpo mentre riprendo le redini del mio potere. Appena sono completamente libera dall'influenza di Loki, lo guardo, osservando la fronte imperlata dal sudore ma un sorriso soddisfatto che lo rende pericolosamente attraente, divino. Come è giusto che sia un dio.

«Ecco perché Brunnhilde ti addestrava. Sei un'ottima studentessa» sibila, passandosi l'avambraccio sul viso e buttando fuori l'aria. Prima di fare una breve sosta in bagno, probabilmente per rinfrescarsi, conclude dicendo: «Direi che per oggi può bastare. Ceniamo e poi andiamo a dormire, domani ci sveglieremo presto» io chiedo spiegazioni con gli occhi, ma lo aspetto, e quando esce dall'angusta stanzina dalla quale esce puzza di muffa, apre la porta di camera, invitandomi a uscire; «Martinka, la proprietaria di questo motel, ci ha preparato un po' di arrosto: pensavo che volessi assaggiarlo» annuisco volenterosa, dato che voglio essere nelle mie condizioni fisiche migliori durante questo viaggio. Comincio a vedere i frutti della mia decisione nel seguire Loki, dato che in solo una sera mi ha già insegnato qualcosa di estremamente utile. «Sai che insegnarmi queste cose potrebbe ritorcersi contro di te, vero?» domando dopo che lui ha chiuso la porta di camera a chiave, aspettandolo in mezzo al corridoio. «Certo, ma che divertimento ci sarebbe senza un po' di rischio, cara la mia Mel?» vorrei non sorridere, ma il suo tono e quel nomignolo non mi permettono di decidere per me stessa. «Smetti di chiamarmi Mel, preferisco Lena» mi lamento mentre scendiamo le scale, uno di fianco all'altra, quasi in sincronia, senza però menzionare quel "mia". «Continua a raccontartela» mi dice prima di salutare la signora della reception, che salta dalla sua sedia per accompagnarci in sala.

Forse questi Dei di Asgard non sono così male come pensavo.

Forse.

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