Miriam.

Chiuse la porta.
Fece cadere la borsa a terra con un tonfo.
La sua schiena scivolò giù, contro il legno nero della porta.
Attrasse le gambe al petto.
Appoggiò la testa sulle ginocchia e pianse.
Pianse perché era stata stupida.
Pianse perché la sua vita sembrava non avere più senso.
Pianse perché non era riuscita a concludere niente.
Niente.
Fin da piccola il suo sogno era stato quello di suonare nell'orchestra più famosa della regione, quella che andava sempre ad ascoltare a teatro con i suoi genitori. E così aveva iniziato a prendere lezioni di violino.
Tredici anni dopo, finito il liceo, aveva finalmente deciso di provare ad entrare in quella stessa orchestra.
Tredici anni di studio erano tanti, si sentiva pronta.
Sarebbe entrata in quell'orchestra.
Da quel momento avrebbe fatto sul serio.
Il suo sogno stava per realizzarsi.
Aveva suonato i brani per il provino, mille e mille volte, li sapeva praticamente a memoria.
E così, la settimana prima di quel giorno, era andata e aveva suonato.
Aveva suonato meglio che poteva.
Aveva dato il massimo.
Con quelle note aveva lasciato una parte di sé, aveva raccontato la sua storia.
Poi era arrivato quel giorno.
Avevano esposto i cartelloni con i risultati.
Quasi cento persone si erano affollate davanti alla scuola di musica per leggere se erano stati presi o no.
Quelli che erano passati erano veramente pochi, solo una decina, ma li riconoscevi subito: scoppiavano a piangere e ridevano nello stesso momento, si abbracciavano e sorridevano.
Lei si era avvicinata tremante, ma con il sorriso.
Era sicura di avercela fatta.
E invece il sorriso scomparve.
Forse doveva aspettarselo.
Erano state prese solo dieci persone su cinquecento. E lei faceva parte di quei quattrocentonovanta che erano stati lasciati indietro.
Ci rimase male, ma in pubblico non lo diede a vedere.
Alzò le spalle e si girò sorridendo e complimentandosi con chi invece ce l'aveva fatta.
Ma entrata in casa non aveva più retto.
Ed eccola lì adesso.
Accasciata a terra, piangente con la testa fra le mani.
Disperata.
Sbuffò.
Il pavimento era scomodo.
Si fece forza e, senza però smettere di piangere, recuperò la borsa e si avviò verso la camera da letto.
Sul letto c'era la custodia del violino, aperta.
Il violino di legno chiaro abbandonato sul cuscino lì vicino.
Lo guardò.
Non poteva andare così.
Si passò la mano sugli occhi.
Doveva reagire.
Non poteva andare così.
Quello era il suo sogno.
E presto o tardi si sarebbe avverato.
Perché i sogni non devono mai rimanere solo sogni.
Afferrò il violino, posizionò gli spartiti sul leggio e cominciò a suonare.
Lei amava suonare e lo sapeva.
Se il suo sogno era quello di entrare in quella famosa orchestra, lei sarebbe entrata in quella famosa orchestra.

Ma non è ancora finita.
La sapete una cosa?
Miriam rifece il provino l'anno dopo.
Non è importante se passò quell'anno o no.

L'importante è che lei ce l'ha fatta.
Oggi lei fa parte di quell'orchestra.
Il suo sogno ora è realtà.
Ed è felice.
Fottutamente felice.

E il tuo sogno?

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top