"Avevo bisogno di te"

Mondstadt si stava riprendendo dopo la mancata tragedia di Terrore Alato. I Cavalieri stavano festeggiando alla taverna del povero Diluc che, inerme, era costretto a sorbirsi i canti di quel bardo efeminato di Venti.

"Come fanno ad aver sempre voglia di festeggiare. E sarebbero i difensori della città? Tch"

Pensò stizzito, ricordando ogni sera in cui i Cavalieri di Favonius si presentavano nel loro locale per brindare a qualsiasi minima buona azione o pensiero compiessero. La loro diligenza era ammirevole, ma non bastava. Non era mai bastata.
Non riusciva a pensare ad altro mentre versava da bere per i clienti.
Non sapeva con quale forza d'animo stava reprimendo il desiderio di cacciare tutti i presenti solo per avere un po di pace.

"Buona sera a tutti! Sono in ritardo?"

Piove sempre sul bagnato, recita il detto. E in quel momento Diluc non poteva essere più d'accordo.

"Heylà fratello, che ne dici di versarmi da bere?"

Domandò in maniera esageratamente smielata e cortese il suo fratellastro. Se avesse potuto avrebbe rifiutato. Ma privare del vino un uomo di Mondstadt? Non era così pazzo.

"Il solito immagino"

Si limitò a dire mentre prendeva una delle bottiglie contenente il vino desiderato dal fratello, per poi versarlo in un bicchiere e posarlo sul bancone. Se non stesse lavorando si sarebbe concesso molto volentieri un paio di bicchieri, se non un'intera bottiglia, dato che sapeva che quella sarebbe stata un lunga serata.

Sette bottiglie di vino. Questo era il numero a cui il capitano dei Cavalieri di Favonius era riuscito ad arrivare quella sera. Non il suo miglior traguardo, ma neanche il peggiore. Doveva esser oltretutto fuori allenamento, dato che poteva già avvertire la testa girare come una trottola. Ma quando mai questo gli aveva impedito di fare un altro giro?
Con il proposito di chiedere un altro giro si rivolse verso il bancone, ma con sua sorpresa non c'era nessuno dietro di esso.
Diluc non avrebbe lasciato il bar in balia di clienti ubriachi marci, com'erano pressoché tutti, meno il viaggiatore.
Con la speranza di trovarlo fuori, si diresse sul retro. Niente.
Guardandosi intorno in cerca di qualche indizio, incrociò un collega cavaliere che trasportava delle casse. In circostanze normali avrebbe fatto un controllo veloce, ma in quel momento pensieri più impellenti riempivano la sua testa.

"Scusami, hai per caso visto Patron Diluc?"

Il cavaliere rivolge uno sguardo confuso al Capitano, non capendo perché cercasse quell'uomo. Ma chi era lui per contestare?

"L'ho visto dirigersi alle porte della città. Sembrava alquanto nervoso, non lo disturberei fossi in voi"

E con quel ultimo avvertimento si allontanò, tornando alle sue mansioni.

Ottenuta l'informazione, senza batter ciglio sul ammonimento appena ricevuto, Kaeya si diresse alle porte della città. Sperando di raggiungere Diluc.

"Perché sento che questa serata sta per prendere una piega spiacevole?"

Era stanco di sentire gli schiamazzi di quei festaglioli. Dopo avver smorzato tutta la tensione che la situazione di pericolo aveva portato, avrebbe voluto godersi del meritato riposo. Mondstadt aveva appena superato una delle più grandi crisi che gli abitanti avessero mai visto.
Questo lo faceva riflettere. Quando si trattava di pericoli su larga scala i Cavalieri si facevano in cento per risolvere il problema. Ma se il problema era limitato a un singolo individuo non mettevano nemmeno la meta del loro impegno per risolvere o salvare la situazione.

"Pensare che un tempo ero parte di quegli incapaci."

Quasi non si rese conto di aver dato voce ai suoi pensieri, e ancor meno di non essere più solo.

"Diluc"

Non si stupì troppo dell'intervento del fratello. Del resto non era mai stato il tipo da farsi gli affari propri. Ancor più se si trattava di lui.
Non potendo allontanarsi ulteriormente, essendo già dall'altra parte del ponte che li separava dalla città, non volendo lasciare il bar incustodito, si limitò a voltarsi verso l'uomo che aveva pronunciato il suo nome.
Guardarlo gli provocava sempre una dolorosa morsa all'altezza del petto. Come se migliaia di chiodi trapassassero il suo cuore per poi fuoriuscire e lasciarlo sanguinare.
Quando lo guardava, non poteva che ricordare quel giorno. Il giorno in cui aveva fallito, sia come cavaliere che come figlio.
Nutriva un profondo astio nei confronti di Kaeya, malgrado sapesse di non potergli affibbiare tutta la colpa. Una volta usata un Illusione della portata consumata da loro padre Crepus era pressoché impossibile uscirne indenni. Eppure odiava. Odiava con ogni fibra del proprio corpo i Cavalieri di Favonius. Perché non erano stati all'altezza del loro compito. Ma non avrebbe mai potuto odiare Kaeya. Rabbia certo, ma odio? Era suo fratello, nel bene e nel male.

"Mio fratello...lo è sempre stato"

Aveva impiegato anni per forgiare questa verità e scolpirla nella sua mente, non riuscendo però mai a imprimerla nel suo cuore.

"Non è da te abbandore il tuo prezioso bar per darti alla fuga"

Il suo sorriso a trentadue denti, abbinato al rossore delle sue guance, dovuto all'eccesso di alcool bevuto, fece saltare un battito a Diluc. Non ci mise molto a recuperare la sua solita compostezza, risevando al fratello uno sguardo seccato.

"Non mi sarei sentito costretto ad andarmene se voi tutti aveste mantenuto un briciolo di dignità."

Alle volte produrre vino in una città come Mondstadt poteva risultare controproducente per gli affari, a suo avviso. Ma finché incassava i soliti guadagni proficui non aveva il coraggio di lamentarsi.

"Stiamo festeggiando Diluc, dovresti farlo anche tu, abbiamo vinto!"

"No non è così!"

Kaeya rimase sorpreso nel sentire il fratello alzare la voce. Proprio lui che non perdeva mai la sua compostezza.

"Non avremmo vinto finché i Fatui saranno in circolazione. Finché l'Abisso non sarà in circolazione noi perderemo sempre."

Capiva il punto di vista del fratello, ma la sua era una visione troppo pessimistica. Ma forse era questo a renderla vera.

"Dovremmo festeggiare le piccole vittorie. Non sappiamo quando riusciremo a debellare il vero male"

Diluc non poté far altro che guardarlo, sapeva di aver ragione, così come lo sapeva il fratello.
Ma ciò non rendeva più limpido il pensiero di Patron Diluc. Il male, a dispetto del bene, non riposava mai.

Notando l'esitazione del fratello, Kaeya ridusse la distanza, fisica per lo meno, che li separava.

"So fin troppo bene cosa ti frulla per quella tua testolina pesante"

Un sorriso illuminò il suo volto mentre passava una mano tra i capelli rossi dell'uomo.

"Sicuramente ci vorrà molto tempo, ma alla fine vinceremo."

Un piccolo singhiozzo, dettato dall'alcool, lasciò le sue labbra, senza distogliere lo sguardo dal viso del fratello.

"Che bello"

"Sai, dovresti considerare l'idea di trovare una donna fratello"

Lo sguardo di Diluc si indurì a quall'affermazione, mentre la mano di Kaeya si allontanava, interrompendo il contatto tra di loro.

"Credo che Jean abbia un debole per te-"

Non fece in tempo a concludere la frase che si ritrovò scaraventato a terra, col corpo del rosso sopra di sé a bloccarlo.
Col pensiero di aver fatto perdere veramente la pazienza del fratello, cominciò a parlare a vanvera sul fatto che un uomo rispettabile come lui non dovrebbe ricorrere alla violenza in situazioni come quella.

"Zitto"

Avvolse le mani intorno al suo collo stringendo appena la presa.

"Zitto zitto, stai solamente zitto!"

Kaeya sentiva che la situazione stava degenerando, la presa di Diluc era incerta, poteva sentire le sue mani tremare mentre si avvaleva della stessa pressione costante sulla sua gola.
Non poté far a meno di trattenere il fiato per un istante.

"Diluc che succede? Possiamo parlarne, lascia solo che io-"

Venne nuovamente zittito, ma non dalle parole del fratello come si sarebbe aspettato. Diede la colpa all'alcool per la mancanza di riflessi.
Le labbra di Diluc premevano contro le sue, smorzando il suo respiro.

"Diluc-"

Cercando di interrompere il bacio, riusciva a pronunciate solo poche parole sconnesse tra loro. Non aveva mai visto il fratello comportarsi in quel modo. Che avesse bevuto anche lui senza che nessuno se ne accorgesse?

"A-Aspetta parliamo-"

Il bacio, da parte di Diluc, si faceva più intenso e bisognoso. Mentre Kaeya dal canto suo si stava appellando a tutte le sue forze per allontanare il fratello da sé.

"Che sia una spece di punizione?"

Non aveva idea di quello che stava facendo. Non appena Kaeya aveva iniziato a parlare del fatto che dovesse trovarsi una compagna il suo cervello aveva smesso di funzionare. Il suo era stato un gesto istintivo dettato dal senso di fastidio che quelle parole gli avevano provocato.
Almeno questo era quello che voleva credere.
Dopo quello che gli parve un attimo lunghissimo interruppe il bacio, guardando con ardore il fratello.
Ne osservò il viso arrossato, non sapeva più se per l'imbarazzo o per l'alcool, le labbra bagnate e il petto che si alzava e abbassava in magnera irregolare.

"Non hai idea dell'espressione che mi stai mostrando, vero?"

Accarezzò con estenuante lentezza il collo del fratellastro, lasciando che le sue dita scendessero sempre più in basso. Sempre di più. Finché la sua mano non si fermò all'altezza del suo inguine.

"Fermo!"

Un urlo strozzato frenò Diluc dal proseguire, portandolo a fissare lo sguardo sul volto di Kaeya, i cui occhi erano lucidi di lacrime.

"Fermati Diluc"

La paura e la confusione che leggeva nei suoi occhi provocarono un brivido lungo la schiena di Diluc.

"È terrorizzato"

Senza riflettere tirò il fratello a sé stringendolo in un abbraccio. Non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui si sarebbero abbracciati di nuovo.

"Mi dispiace Kaeya, scusami"


Erano anni che non abbracciava il fratello, a stento ricordava la sensazione che gli dava. Sicurezza.

"Ho bisogno di te Diluc"

Quante volte aveva sussurrato quelle parole nel buio della sua stanza, immaginando di dirle al fratello.
Non si sentiva così in pace da molto tempo.
Avvolse le braccia intorno al corpo del fratello, beandosi ancora di quel calore.

"Sono qui Kaeya"

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