POISON - VELENO-

La pioggia cadeva con furia, un muro d'acqua che sembrava voler cancellare ogni cosa tra il palazzo reale e la dimora dei Conti. Il cielo era uno spettacolo inquietante di fulmini che tagliavano le nubi nere, e ogni rombo di tuono scuoteva la notte come un presagio oscuro. Nella stanza di Belladonna, le ombre danzavano alle luci intermittenti dei lampi, mentre lei fissava dalla finestra il suo lupo, Demian, che ululava verso il vento, come se percepisse un pericolo imminente.

D'improvviso, colpi violenti al portone principale ruppero il fragore della tempesta, facendola voltare con uno scatto. Le mura sembrarono vibrare sotto l'urgenza di quelle nocche. Quando il portone fu aperto, un servitore di casa reale, zuppo fino alle ossa, si trovava davanti al maggiordomo. Il mantello gli aderiva al corpo come una seconda pelle, e il suo volto era segnato dall'ansia.

"Devo vedere Belladonna. Subito," dichiarò con voce decisa, ignorando la sorpresa del maggiordomo.

Pochi istanti dopo, Belladonna scese lentamente le scale, avvolta in una calma quasi ultraterrena. Il suo abito scuro sembrava assorbire le ombre, e il suo volto era sereno ma penetrante. "Chi mi cerca con tanta urgenza?" chiese con una voce che si insinuava come un sussurro nella tempesta.

"Madama, è la principessa..." rispose il servitore, il tono rotto dall'agitazione. "Sta molto male. La regina richiede la vostra presenza a corte. Vi prego di venire subito."

Belladonna non rispose. Si voltò lentamente verso la finestra e guardò Demian, che sembrava fissarla con occhi carichi di significato. "Tutto va secondo il piano," pensò. Prese la sua borsa di cuoio, contenente i suoi strumenti e le sue essenze, e si avvolse nel mantello scuro.

"Conducimi a palazzo," disse infine, incrociando lo sguardo del servitore con un'intensità che non permetteva esitazioni.

La pioggia battente e il vento gelido li accompagnarono nel tragitto, ma Belladonna non sembrava accorgersene. Camminava con passo deciso, come se il mondo intorno a lei fosse irrilevante. "Ora mi apriranno le porte," pensava, il cuore che batteva con calma, ma con una determinazione implacabile.

Giunta al palazzo, fu accolta da una guardia che la condusse senza esitazione attraverso corridoi bui e scale strette. La dimora reale era immersa in un silenzio carico di tensione, interrotto solo dal rumore dei suoi passi e dal lontano scrosciare della pioggia. Quando raggiunse gli appartamenti reali, fu la regina stessa a venirle incontro.

La donna, con il volto pallido e segnato dalla preoccupazione, le afferrò le mani con una forza sorprendente. "Signora," disse con una voce tremante ma decisa, "so che siete una guaritrice. Vi prego... salvate la mia bambina. Salvate la principessa."

Belladonna la fissò per un istante, valutando ogni sfumatura del suo volto. Era una madre disperata, ma anche una donna di potere, che non ammetteva fallimenti. Fece una profonda riverenza, lasciando che il suo mantello si aprisse leggermente, rivelando un abito scuro ricamato con simboli antichi.

"Maestà," rispose, il tono calmo e rassicurante, "farò tutto ciò che è in mio potere. La principessa non morirà questa notte."

La regina chiuse gli occhi per un istante, il sollievo che lottava con la paura. "Vi prego, vi scongiuro... salvate mia figlia."

Belladonna fu condotta nella stanza della principessa, dove un medico stava eseguendo un salasso. La giovane, con lunghi capelli dorati e il volto cereo, sembrava sospesa tra la vita e la morte. Il sangue scorreva lentamente in una bacinella di rame, mentre il medico, un uomo anziano con occhiali tondi e mani macchiate, si muoveva con gesti precisi ma meccanici.

"Si tolga," disse Belladonna con voce ferma, avanzando verso il letto.

Il medico si voltò, il volto segnato da un misto di irritazione e disprezzo. "Maestà," disse, rivolgendosi alla regina con tono sprezzante, "questa donna non può sapere più di me su come curare la principessa. Sono io il medico della corte."

Belladonna lo fissò, il suo sguardo tagliente come una lama. Non rispose, ma aprì lentamente la sua borsa, estraendo un fazzoletto di seta bianca, imbevuto di una misteriosa essenza profumata. Nel fazzoletto, Belladonna aveva messo gocce di un estratto di issopo mescolato con un antidoto segreto che lei stessa aveva preparato, sapendo che il veleno che aveva somministrato stava facendo effetto.

"Uscite dalla stanza," ordinò, il tono della sua voce gelido e autoritario, non ammettendo repliche.

La regina guardò il medico con uno sguardo duro. "Fate ciò che dice," disse con voce tagliente.

Il medico, sconfitto, si allontanò borbottando, e la porta si chiuse dietro di lui. Belladonna si avvicinò al letto della principessa e osservò la giovane per un lungo momento. Il suo respiro era debole, ma c'era ancora vita. "Perfetto," pensò, il sorriso che le affiorava sulle labbra.

"Principessa," mormorò con una voce suadente, quasi ipnotica. "Non temete. La notte vi guarirà."

Sfiorò il viso della giovane con il fazzoletto, lasciando che l'essenza profumata facesse effetto. Con gesti precisi, preparò un infuso con erbe che tirò fuori dalla borsa: artemisia, lavanda e un pizzico di radice di valeriana. Ogni movimento era calcolato, ogni gesto eseguito con maestria.

La regina la osservava in silenzio, i pugni stretti, mentre Belladonna sussurrava parole incomprensibili sopra il calice che aveva preparato. Quando lo avvicinò alle labbra della principessa, il respiro della giovane sembrò farsi più regolare.

"La vostra bambina vivrà, maestà," disse Belladonna, il tono calmo ma carico di intenzione. "Ma ora è il momento di lasciarla riposare. Il veleno che la affligge sarà annullato entro l'alba."

La regina annuì lentamente, le lacrime che le riempivano gli occhi. "Non so come ringraziarvi..."

Belladonna le fece un lieve inchino. "Non servono parole, maestà. Solo la vostra fiducia."

La regina sbiancò ulteriormente, il viso già pallido segnato da un'espressione di paura e disperazione. "Non potete lasciarci così," disse con voce tremante. "Il re sarà immensamente riconoscente per quanto avete fatto. Vi prego, ditemi... cosa possiamo offrirvi in cambio?"

Belladonna inclinò leggermente la testa, il suo sguardo penetrante come una lama che scrutava l'anima della regina. "Denaro, Vostra Maestà?" rispose con un sorriso enigmatico. "Non ho bisogno di denaro."

La regina aggrottò la fronte, confusa dalla risposta. "E allora... di cosa parlate, per grazia? Non potete chiedere qualcosa che non siamo in grado di concedere."

Belladonna respirò profondamente, lasciando che il silenzio nella stanza si caricasse di tensione. Poi avanzò di un passo, mantenendo il tono calmo ma fermo. "Non voglio denaro. Voglio il ruolo di unico medico della principessa e della corte a Racconigi. Voglio che mi sia concesso un laboratorio tutto mio, ben fornito, e la libertà di muovermi come ritengo opportuno."

La regina rimase immobile, gli occhi che si spalancarono per la sorpresa. "Unico medico? E il dottor De Gatte? Non potreste collaborare con lui?"

Belladonna sorrise freddamente, scuotendo appena la testa. "Il dottor De Gatte è un uomo rispettabile, ma i metodi che ho visto applicare questa notte dimostrano che non è adatto per questa posizione. Vostra figlia non può rischiare la vita per pratiche antiquate e inadeguate."

La regina abbassò lo sguardo, ma Belladonna continuò, la sua voce che si fece più affilata. "E un'altra cosa, Vostra Maestà. Non tollererò interferenze nei miei metodi. Né tenterete, voi o altri, di 'defenestrarmi' come i francesi hanno fatto con i vostri uomini di fiducia. Non dimentico che siamo sotto l'occupazione, e so che la lealtà è fragile quando il potere è incerto."

La regina sussultò a quelle parole. La menzione dei francesi, dei tradimenti e delle tensioni politiche era un colpo diretto, ma anche una dimostrazione che Belladonna conosceva bene la situazione delicata della corte.

"E per quanto riguarda il re..." aggiunse Belladonna, il tono ora più pacato ma con una punta di ironia, "quando un giorno tornerà dall'esilio, vedremo se avrà bisogno dei miei servizi. Fino ad allora, mi occuperò della principessa e di voi, Vostra Maestà. Nessuno sarà trascurato."

La regina sollevò lo sguardo, le mani che si stringevano nervosamente l'una all'altra. "E se accetto... la mia bambina sarà salva? Potrete davvero salvarla?"

Belladonna fece un passo avanti, il mantello che ondeggiava leggermente alle sue spalle. "La vostra bambina sarà salva. Ma io sono l'unica che può garantirlo. E sono l'unica che potrà garantirlo ogni volta che la sua salute sarà in pericolo."

Le sue parole risuonarono nella stanza come una promessa e una minaccia insieme. La regina annuì lentamente, la sua voce ridotta a un sussurro. "Avrete ciò che chiedete. Laboratorio, libertà... tutto. Ma vi prego, salvate la mia bambina."

Belladonna le rivolse un lieve inchino, il suo sorriso ora morbido ma ancora carico di significato. "Non ve ne pentirete, Maestà. Da oggi, la principessa sarà sotto la mia custodia. E voi potrete finalmente dormire tranquilla."

Si voltò verso il letto della principessa, osservando la giovane che cominciava a respirare più regolarmente, il suo viso che lentamente riacquistava colore. "Sì," pensò Belladonna, il cuore carico di soddisfazione oscura, "ora ho il controllo che cercavo."

La regina esitò, il suo sguardo vacillava tra la paura e un residuo di dubbio. Era come se, in quell'istante, volesse tornare sui suoi passi, ritirarsi da una decisione che sentiva troppo rischiosa. Belladonna colse il momento, avvicinandosi con una grazia inquietante. Si chinò verso la regina, il mantello che scivolava silenzioso sul pavimento, e sussurrò in un tono che solo lei potesse udire.

"Se Sua Maestà il Re non dovesse confermare il mio ruolo," disse con una calma carica di tensione, "non potrò più proteggere la principessa... o Vostra Maestà. E chi tenta di avvelenare una volta, credete davvero che non lo farà ancora? Soprattutto ora, in un regno vulnerabile, con il re in esilio e i nemici in agguato ovunque."

La regina trattenne il fiato, i suoi occhi si spalancarono mentre l'ombra della possibilità di un tradimento si insinuava nella sua mente. Si guardò intorno nervosamente, come se le pareti stesse potessero ascoltare le parole di Belladonna. Poi, con un gesto tremante, le strinse le mani.

"Voi... voi sapete chi ha fatto questo?" chiese con voce rotta dalla paura, il volto segnato da un pallore ancora più profondo.

Belladonna la guardò con un'espressione enigmatica, le labbra appena incurvate in un sorriso ambiguo. "Non è importante ora," disse con fermezza. "Ciò che conta è che la principessa è ancora in pericolo, e io sono l'unica che può salvarla. Vostra Maestà deve decidere: fidarsi di me o lasciare che questa minaccia rimanga tra voi."

La regina annuì lentamente, il peso della responsabilità gravava visibilmente sulle sue spalle. "Riuscirà a guarire? Questo veleno... lascerà segni?"

Belladonna si voltò verso il letto della principessa, il suo sguardo diventò freddo e analitico. Con un leggero cenno del capo, indicò la porta da cui il medico era appena uscito.

"Quel ciarlatano ha già sbagliato  diagnosi, Maestà. Sua Altezza non ha il tifo" disse, il tono carico di disprezzo. "La principessa soffre di mal sottile, la tubercolosi. Ma le sue condizioni non sono irreversibili. Con le giuste cure, possiamo alleviare i sintomi e darle una possibilità di guarigione. Sempre che nessun altro si intrometta con inutili pratiche del passato."

La regina abbassò lo sguardo, comprendendo finalmente la gravità della situazione. Le sue mani tremavano ancora quando sollevò il capo per guardare Belladonna. "Avrete ciò che chiedete," disse con voce flebile. "Il Re stesso lo giurerà... quando tornerà dall'esilio."

Belladonna inclinò il capo in segno di approvazione. "Saggio, Maestà. Ma non dimenticate, il tempo è prezioso. Ogni ritardo potrebbe costare molto caro alla principessa... e a voi."

Poi si voltò verso un giovane servitore accanto alla porta. Il ragazzo era visibilmente intimorito, le mani nervose che si stringevano al grembo. Belladonna lo fissò con occhi che sembravano attraversargli l'anima. "Vai dai Conti," ordinò con voce ferma. "Dì loro che Sua Maestà mi vuole a palazzo e che non sarò più al loro servizio. Fallo subito."

La regina annuì con il capo, confermando le parole di Belladonna. "E sii discreto," aggiunse, il tono più deciso di quanto non fosse stato per tutta la notte.

Belladonna si voltò verso la stanza della principessa, il suo mantello ondeggiava leggermente mentre avanzava. "Uscite tutti," disse, la sua voce tagliente come una lama. "Veglierò io stessa su Sua Altezza."

Quando la stanza fu vuota e il silenzio avvolse l'ambiente, Belladonna si fermò accanto al letto della principessa. La giovane giaceva immobile, il respiro debole e irregolare, il viso pallido appena velato da un sottile strato di sudore. Belladonna si chinò leggermente, i suoi occhi che scrutavano il corpo della ragazza con un'attenzione quasi innaturale.

"Così giovane... così fragile," mormorò, la sua voce carica di una strana intimità. Poi un sorriso freddo si allargò sulle sue labbra. "Eppure, così importante."

Con movimenti rapidi e precisi, prese dalla tasca un piccolo ragno, il suo corpo lucido e nero che sembrava pulsare alla luce tremolante delle candele. Lo tenne tra le dita, osservandolo per un momento come se stesse valutando il suo prossimo passo. Poi, con estrema delicatezza, posò il ragno vicino all'orecchio della principessa. L'insetto si muoveva lentamente, finché non punse la ragazza con le sue minuscole zanne.

La principessa sobbalzò appena, un gemito debole sfuggì dalle sue labbra, ma rimase addormentata. Belladonna osservava con soddisfazione. "Un piccolo sacrificio per il tuo bene," pensò. "Il veleno purificherà ciò che non appartiene al tuo corpo. E tu mi sarai debitrice."

Accarezzò il volto della giovane con un gesto che avrebbe potuto sembrare affettuoso, ma era carico di un potere sottile e oscuro. Poi si chinò e accarezzò il muso di Demian, che osservava la scena con i suoi occhi blu scintillanti.

"Bravo amore mio," sussurrò, il tono dolce ma venato di un'oscurità profonda. "Hai fatto tutto alla perfezione. Il calderone, il fazzoletto... hai eseguito ogni passo come volevo. Ora, porta qui il fazzoletto di Geneviève. Abbiamo ancora molto da fare."

Demian scattò in piedi, il suo corpo agile e potente come un'ombra viva. Belladonna si appoggiò al bordo del letto, fissando il soffitto. La stanza sembrava respirare con lei, un luogo carico di tensione e segreti. "Ora sono dentro," pensò, il sorriso enigmatico che non lasciava il suo volto. "E quando arriverà il giorno del ritorno del Re, sarà troppo tardi per chiunque cercasse di fermarmi."

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top