LA RAGNATELA DI MATILDE
La notte era carica di tensione. Un temporale violento imperversava, e i tuoni rimbombavano come presagi di sventura. La vecchia finestra seicentesca del laboratorio di Belladonna lasciava filtrare l'acqua, creando pozzanghere sul pavimento di pietra, mentre le ombre danzavano al ritmo delle candele tremolanti.
Demian, il lupo-principe, si muoveva con una grazia inquietante tra le ombre, il suo manto nero sembrava assorbire la poca luce nella stanza. Si fermò davanti alla porta della principessa, il suo sguardo intenso e penetrante sembrava urlare un avvertimento. Con un leggero movimento del muso, indicò a Belladonna di seguirlo.
"Qualcosa non va," mormorò Belladonna, il cuore che le batteva furiosamente nel petto. Prese il fiato, e con mani tremanti, aprì la porta della stanza.
All'interno, due figure si stagliavano contro l'oscurità: Filippo Andrea e Matilde, il cui volto era illuminato dalla luce tremolante di una candela che ne accentuava i lineamenti affilati. Matilde, con un sorriso crudele e beffardo, teneva una busta tra le mani. I suoi occhi, profondi e oscuri, brillavano di malizia. Vicino a lei, Filippo Andrea la osservava con complicità.
Belladonna si fermò sulla soglia, il sangue gelato dall'immagine che si presentava davanti ai suoi occhi. "Che state facendo?" urlò, la voce colma di ansia e rabbia.
Matilde si voltò lentamente, il sorriso maligno che si allargava in un ghigno predatorio. "Oh, Belladonna," disse con una voce tagliente, quasi cantilenante. "Non ti preoccupare. Solo... una piccola visita notturna alla principessa. Sai, mi piace tenermi occupata."
Con gesto teatrale, Matilde sollevò il cuscino che copriva il volto della principessa. La ragazza era pallida, immobile, il suo respiro debole e quasi impercettibile. Dalla busta che Matilde teneva tra le mani uscì un ragno, enorme e nero, le sue zampe pelose che si muovevano con inquietante velocità. Un Lycosa tarantula. I suoi occhi brillavano come piccoli specchi malvagi, riflettendo la luce della candela.
Demian balzò sul letto con una rapidità sorprendente. Il lupo afferrò il ragno con le fauci, stringendolo con forza. Un ringhio profondo rimbombò nella stanza, scuotendo l'atmosfera come un tuono.
Belladonna trattenne il fiato. "Demian, no! Che hai fatto?" gridò, il panico che le montava nel petto.
Demian si voltò verso di lei, un'espressione ferma e consapevole nei suoi occhi blu, quasi come se sapesse esattamente cosa stava facendo. Poi, barcollando leggermente, uscì dalla stanza, portando il ragno tra le fauci.
Belladonna si girò verso Matilde, il volto contorto dalla rabbia. "Che diavolo stavate facendo?" chiese, il tono tagliente come una lama. "Volevate ucciderla? Siete pazza?"
Matilde si limitò a ridere, un suono gelido e disturbante che rimbombò nella stanza. "Pazza? Oh, Belladonna, io non sono pazza. Io so esattamente cosa sto facendo. Forse dovresti iniziare a preoccuparti per te stessa. Sei tu l'intrusa, la strega, colei che tutti temono."
Filippo Andrea fece un passo avanti, il suo sguardo freddo e calcolatore. "State esagerando, Belladonna," disse con una calma che gelava il sangue. "Era solo uno scherzo innocente, nulla che una guaritrice come voi non potesse risolvere."
Belladonna strinse i pugni. "Uno scherzo? Un Lycosa tarantula? Sapete benissimo cosa sarebbe successo se avesse morso la principessa. Questo non è uno scherzo, è un attentato."
Matilde si avvicinò lentamente, la candela tremolante che illuminava il suo sorriso crudele. "E chi mai crederebbe a una strega come te?" sibilò, il suo tono pieno di veleno. "Se il ragno fosse sfuggito, avrebbero incolpato te. Dopo tutto, chi altri tiene ragni nei propri intrugli e ampolle?"
Belladonna sentì un brivido gelido percorrerle la schiena. "Siete voi la vera minaccia a questa corte, Matilde. Ma sappiate questo: non permetterò che il vostro veleno distrugga ciò che amo."
Matilde rise ancora, il suo sguardo carico di disprezzo. "Distruggere? Belladonna, io non distruggo. Io plasmo. Io comando. E presto, non sarai nulla più che un ricordo scomodo."
Con un gesto della mano, Matilde indicò a Filippo Andrea di seguirla. "Vieni," disse con tono imperioso. "Abbiamo altro da fare stanotte. E tu, Belladonna," aggiunse, voltandosi un'ultima volta, "goditi il tuo laboratorio finché puoi. La corte è un luogo pieno di pericoli. E i pericoli," il sorriso le si allargò in un ghigno gelido, "non guardano in faccia nessuno."
Belladonna osservò i due allontanarsi nell'oscurità. Il sangue le pulsava nelle tempie, il cuore le batteva forte. Non c'era dubbio: Matilde era molto più di una giovane contessina ambiziosa. Era un pericolo, ma era anche la chiave. Geneviève lo aveva detto: "Non cambiarla. La sua malvagità è necessaria."
Un gemito spezzò i suoi pensieri. Belladonna si voltò verso la principessa, che aveva aperto gli occhi. Il suo volto era pallido, le labbra screpolate. "Belladonna," sussurrò con voce debole, "mi sento bruciare. Cosa mi sta succedendo?"
Belladonna si inginocchiò accanto a lei, le mani che tremavano. "Va tutto bene, Altezza. Seguitemi nel mio laboratorio. Ho un rimedio per voi, ma dobbiamo muoverci subito. Non dite nulla a nessuno di questa notte, vi prego. Fidatevi di me."
La principessa annuì debolmente, alzandosi con difficoltà. Belladonna la sostenne, guidandola fuori dalla stanza. Nel laboratorio, trovò Demian sdraiato sul suo letto di fortuna, il ragno ormai morto ai suoi piedi. Il lupo respirava con difficoltà, la bava colava dalle sue fauci.
"No! Mio principe, no!" urlò Belladonna, cadendo in ginocchio accanto a lui. Una lacrima le rigò il volto mentre accarezzava il muso di Demian. "Non puoi lasciarmi. Non ora."
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