L'ANIMA DEL MONDO

La vita a palazzo seguiva il suo ritmo incalzante, come un meccanismo invisibile mosso da forze oscure e antiche. Racconigi, con i suoi giardini e le sue stanze segrete, era più di un rifugio dalla frenesia di Torino: era un teatro di intrighi e misteri. Belladonna, immersa nella sua missione, lo sapeva bene. Il piano di Geneviève, tramandato attraverso le visioni e i sogni, aveva bisogno di Matilde. Senza di lei, tutto sarebbe stato vano.

Ogni mattina, Belladonna raccoglieva erbe nei giardini, i suoi gesti calmi e misurati nascondevano la tensione che cresceva dentro di lei. Il suo lupo, Demian, la seguiva silenzioso, i suoi occhi azzurri come ghiaccio osservavano ogni suo movimento. Belladonna sapeva che tutto ruotava attorno a Matilde. Geneviève lo aveva detto chiaramente: "Matilde è la chiave. Senza di lei, il nostro legame con il futuro sarà spezzato. Proteggila, ma non cambiare ciò che è. È la sua natura, non la tua magia, a rendere tutto possibile."

Belladonna osservava attentamente la giovane contessina, studiandola con cura. Matilde, con i suoi occhi profondi e il sorriso che nascondeva un'ombra di malizia, era un enigma. La sua innocenza era solo una superficie: sotto di essa, Belladonna percepiva qualcosa di più oscuro, qualcosa che avrebbe potuto rivelarsi decisivo.

Una sera, guidata da un senso di urgenza, Belladonna si avvicinò alla dimora dei Conti De Gatte. Si nascose dietro una finestra che dava sullo studio del conte, il cuore che le batteva forte. Da lì, poteva udire distintamente ogni parola pronunciata all'interno.

"Quella strega la devi fermare!" tuonò il conte, la sua voce piena di rabbia e preoccupazione. "Pensavo di trovarla qui al mio ritorno, e tu hai permesso che entrasse a corte! Incompetente! Lei ha già distrutto due dei ciondoli. Ora resta solo l'ultimo, il più importante, quello che comanda gli altri... ed è nelle mani di Matilde!"

Filippo Andrea, visibilmente imbarazzato, abbassò lo sguardo. "Conte, vi assicuro che sto facendo il possibile. Ma non posso agire apertamente senza destare sospetti."

"Non voglio scuse!" ringhiò il conte, con una smorfia di disprezzo. "Matilde porta con sé il ciondolo, ma non ne conosce il potere. È l'unico che può controllare l'equilibrio, e se finisce nelle mani di Belladonna, siamo finiti. Lei è astuta, come la sua maledetta antenata Geneviève. Ma non può ottenere ciò che vuole senza Matilde... e lo sa."

Belladonna serrò i pugni. Le parole del conte confermavano ciò che Geneviève le aveva rivelato: Matilde non era solo importante, era indispensabile. Il suo destino era intrecciato a quello del ciondolo e a quello di Racconigi stesso.

Proprio in quel momento, la porta dello studio si aprì e Matilde entrò, la candela tremolante tra le mani illuminava il suo volto giovane ma inquieto.

"Che ci fai qui, Matilde?" ringhiò il conte, il tono duro e autoritario.

"Padre," iniziò Matilde, con una voce incerta ma ferma, "perché odiate così tanto Belladonna? Lei mi cura, mi protegge... e io mi sento meglio."

Il conte si voltò verso di lei con uno sguardo gelido. "Non sono cose che ti riguardano. Ma sappi questo: tu hai un ruolo, Matilde. E non riguarda Belladonna. Sarai fidanzata con il conte Crepuett, e sarai mandata a Torino, al collegio nobiliare, per prepararti al tuo futuro. Un giorno sarai una contessa, e forse persino una regina, se farai ciò che ti dico."

Matilde lo fissò, il cuore in tumulto. "Non voglio lasciare Racconigi! Non voglio lasciare la mia casa!"

"Non hai scelta!" la interruppe il conte, con un gesto brusco. "Ora torna nella tua stanza. Subito."

Matilde esitò, ma alla fine si voltò e lasciò la stanza. Belladonna, nascosta nell'ombra, trattenne il respiro. Ora tutto era chiaro: Matilde non solo portava con sé il ciondolo, ma era il fulcro del piano di Geneviève. Ogni cosa dipendeva da lei, dalla sua forza, dalla sua capacità di resistere alle manipolazioni del padre e del medico.

"Stanotte," disse il conte, porgendo una busta a Filippo Andrea, "farai il tuo dovere. Non possiamo permettere che Belladonna continui a interferire. Lei deve sparire. Per sempre."

Belladonna serrò i pugni, ma i suoi occhi rimasero calmi, freddi. Guardò verso il buio della notte, dove Demian vegliava. I suoi occhi luminosi erano come fari nell'oscurità.

"Principe lupo," mormorò Belladonna, "Geneviève aveva ragione. Matilde è il nostro perno. Proteggila. Non possiamo permettere che il conte o Filippo Andrea la pieghino ai loro scopi."

Demian emise un basso ringhio, un suono che sembrava provenire dalla terra stessa. Belladonna sapeva che il destino di Matilde, e con esso quello di Racconigi, si sarebbe deciso presto.

La notte avvolgeva tutto, ma Belladonna sentiva che le sue radici erano salde. Geneviève le aveva dato una missione, e ora, con il principe lupo al suo fianco, nulla l'avrebbe fermata.

"Matilde," pensò, fissando la finestra illuminata della stanza della contessina, "sei l'ultima speranza. Senza di te, tutto andrà perduto. Ma con te... riscriveremo il destino."

Filippo Andrea afferrò la busta, il volto pallido illuminato dalla fiamma tremolante della candela, mentre il conte continuava, la voce bassa ma intrisa di rabbia: "Mi ha portato via i ciondoli... due su tre sono polvere, ma quello che resta, quello che comanda, è nelle mani di Matilde. Maledetta Belladonna! Deve essere fermata a ogni costo. Se riuscirà a controllare quel ciondolo, il nostro potere sarà perduto."

Belladonna, nascosta nell'ombra, trattenne il respiro. Ogni fibra del suo corpo sapeva che il conte aveva ragione: quel ciondolo, l'unico rimasto, era la chiave di tutto. Il ciondolo che Matilde portava senza comprenderne il significato era l'epicentro del piano di Geneviève. Sapeva che il conte non avrebbe esitato a fare tutto il necessario per fermarla.

Con passo leggero, Belladonna tornò al palazzo reale. La notte avvolgeva Racconigi, il vento portava con sé il profumo dell'erba bagnata, e la luna, velata dalle nuvole, sembrava uno spettatore silenzioso del suo cammino. Nel suo laboratorio, avvolto dalla penombra, si lasciò cadere su un piccolo letto di fortuna. Le ampolle e le erbe essiccate la circondavano come antichi guardiani, ma la sua mente era tormentata.

Demian si mosse lentamente verso uno specchio appoggiato al muro, il suo corpo poderoso riflesso nella superficie. Per un istante, il laboratorio sembrò avvolto da una luce eterea. Nel riflesso, il lupo scomparve, lasciando il posto a un giovane bellissimo, vestito con abiti cinquecenteschi. I suoi capelli neri come l'ebano scendevano sulle spalle, e i suoi occhi blu tempestosi brillavano di una luce profonda e antica.

Belladonna, sorpresa ma non spaventata, si alzò, fissando l'immagine nello specchio. Il giovane le parlò con voce calma, ma carica di potere. "Ascoltami, anima mia," disse, il suo sguardo intenso che sembrava perforarle l'anima. "Geneviève mi ha salvato dalla morte, e ora io sono qui per proteggerti. Ma non basta. Devi proteggere anche Matilde. Lei e sua sorella portano il mio sangue. Senza di loro, tutto sarà perduto."

Belladonna trasalì. "Il tuo sangue?" sussurrò, incredula. "Come è possibile?"

Il giovane nel riflesso inclinò leggermente il capo, un sorriso enigmatico apparve sulle sue labbra. "Il mio sangue scorre nelle loro vene, legato dalla stirpe che Geneviève ha protetto e che tu ora devi preservare. Matilde e sua sorella portano il mio legame con questo mondo. Attraverso di loro, il futuro e il passato si intrecceranno. Ma soprattutto, Matilde..."

Belladonna si fece più vicina allo specchio, la voce del giovane sembrava farsi più profonda, più pressante. "...Matilde è la chiave. La sua natura, la sua malvagità... sarà la mia salvezza. Non tentare di cambiarla. Non interferire con ciò che è. Il suo spirito oscuro è ciò che la renderà forte quando arriverà il momento. Lei sarà la fiamma che incendierà il destino. Proteggila, Belladonna, a ogni costo."

Le parole del giovane penetrarono nella mente di Belladonna come un coltello affilato. Non era facile accettare che la malvagità di Matilde, quel lato che sembrava distruttivo, potesse essere la chiave per salvare tutto.

"Ma... come posso fidarmi di una forza così oscura?" chiese Belladonna, la voce un misto di dubbio e paura.

Il giovane sorrise, i suoi occhi blu brillavano come ghiaccio sotto la luce del sole. "Il bene e il male non sono ciò che sembrano, anima mia. La malvagità di Matilde non è debolezza, ma potenza. Non interferire. Osservala, guidala... ma non provare a cambiarla. Lei sarà la mia erede spirituale, e quando sarà il momento, capirai perché il suo cuore oscuro è indispensabile."

Belladonna si allontanò dallo specchio, il cuore che le batteva furiosamente. Sapeva che il ciondolo che Matilde portava era la chiave per il futuro, ma ora capiva che anche la stessa Matilde era parte di un piano molto più grande. Geneviève l'aveva scelta, così come aveva scelto Belladonna.

"E sua sorella?" mormorò Belladonna, quasi temendo la risposta.

"Anche lei avrà il suo ruolo," rispose il giovane. "Un giorno, le due sorelle,  porteranno in grembo coloro che cambieranno il corso del tempo. Ma non cercare di sapere di più. Per ora, concentrati su Matilde. Lei è la chiave per tutto. Proteggila. Persino da te stessa."

Con queste parole, l'immagine nel riflesso svanì, lasciando Belladonna sola nel laboratorio. Il lupo Demian tornò a fissarla con i suoi occhi blu profondi, silenzioso e potente come sempre.

Belladonna accarezzò la testa di Demian, un misto di paura e determinazione nel cuore. "Sei il guardiano, vero? Il legame tra il passato e il futuro. Tu e Matilde siete inseparabili... e io non posso permettermi di fallire."

Demian emise un basso ringhio, come se approvasse le sue parole. Belladonna sapeva che il tempo stringeva. Il conte e Filippo Andrea avrebbero agito presto, ma ora lei era pronta. La malvagità di Matilde, quel lato che le aveva sempre dato il sospetto, non era una minaccia, ma una forza. E quel ciondolo, l'ultimo rimasto, sarebbe stato il catalizzatore di tutto ciò che doveva ancora accadere.

Guardando fuori dalla finestra verso la notte, Belladonna sussurrò: "Matilde... non ti lascerò sola. Il tuo cuore oscuro sarà la luce di cui abbiamo bisogno."

"Come posso farlo? Non posso oppormi a ciò che è già scritto," mormorò Belladonna, il tono della sua voce tradiva un'inquietudine che raramente mostrava. "Non posso cambiare il destino."

Il giovane inclinò leggermente il capo, il suo volto si fece più serio. "Non devi cambiare il destino, Belladonna. Devi guidarlo." Fece una pausa, la sua voce carica di gravità. "Matilde non deve diventare regina del Regno di Sardegna. Se ciò accadesse, sarebbe la fine per tutti noi. Per il regno. Per il nostro legame con ciò che deve ancora venire."

Belladonna trasalì. "Perché? Perché non può diventare regina? Cos'è che non mi stai dicendo?"

Il giovane abbassò lo sguardo per un momento, come se fosse gravato dal peso di una verità scomoda. Quando tornò a guardarla, nei suoi occhi brillava una luce intensa. "Perché il suo compito non è governare, ma creare. Matilde porterà nel grembo un fanciullo, ma non colui che hai visto nella visione. Non il predestinato, ma il suo alleato. Colui che lo aiuterà a plasmare un nuovo ordine. Un ragazzo che sarà il fulcro tra il bene e il male, un ponte tra la luce e le tenebre."

Belladonna lo fissava, confusa ma attenta. "Quindi il suo compito è dare alla luce questo bambino? È per questo che non può regnare? Non capisco..."

Il giovane annuì lentamente. "Il suo cuore è troppo oscuro, la sua ambizione troppo feroce. Se diventasse regina, userebbe il potere del ciondolo e il suo sangue per distruggere, non per creare. Porterebbe il regno in rovina e spezzerebbe l'equilibrio tra ciò che è stato e ciò che sarà. Ma se rimane nella sua posizione, lontana dal trono, il suo destino sarà compiuto come deve. Attraverso lei, e sua sorella, verrà la stirpe che cambierà tutto. Matilde è tanto importante quanto pericolosa. Non tentare di cambiarla, Belladonna. La sua oscurità è necessaria. È ciò che la rende forte, ciò che la renderà madre del cambiamento."

Belladonna sentì un brivido lungo la schiena. Le parole del giovane risuonavano nella stanza come un eco antico. "E se fallisco?" chiese, la sua voce un sussurro carico di dubbio.

Il giovane si avvicinò al riflesso, il suo volto a pochi centimetri dal suo. "Non fallirai, anima mia. Non sei sola. Io sono con te, il mio sangue scorre nelle vene di Matilde e di sua sorella. Attraverso di loro, il nostro legame con il futuro è intatto. Proteggile entrambe, ma concentrati su Matilde. Lei è la chiave. Il suo bambino sarà colui che darà equilibrio a ciò che deve accadere. E quando sarà il momento, capirai tutto."

Belladonna si prese il volto tra le mani, cercando di assimilare quelle rivelazioni. "Mi stai chiedendo di proteggere una fanciulla la cui malvagità potrebbe distruggere tutto. E di fidarmi di ciò che ne verrà, senza sapere come andrà a finire."

Il giovane sorrise, un'espressione di speranza che illuminò il suo viso. "La malvagità di Matilde è il suo dono. È il suo potere. Non deve essere cambiata, solo guidata. Il male e il bene non sono ciò che sembrano, Belladonna. Ricorda: anche l'oscurità può dare vita alla luce, se usata con saggezza."

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