Terra e acqua
Ancora una volta aveva dovuto impugnare la pistola e indossare l'armatura.
Quando era scattato l'allarme, non aveva avuto dubbi: avrebbe fatto di tutto per il suo popolo.
Era scesa in campo, sfidando persino i timori di Cogwright.
Schizzi di sangue oros, grida di dolore Liberiano. Entrambi i popoli stavano perdendo vite preziose.
Poi il suo sguardo notò la figura stonata di una bambina, lì, in mezzo alla piazza, in mezzo alla violenza. Lo scintillio di una lama e, incredibilmente, una donna oros china sulla piccola, pronta ad anteporre la sua vita alla propria. E ancora, una freccia scoccata da Miwaka nella loro direzione.
Il tempo rallentò, ogni dettaglio sembrava contare, ogni respiro era sospeso, ogni guerriero era bloccato.
Sentì una lacrima scendere lentamente attraverso il sangue sulla sua guancia.
Poi il tempo riprese a scorrere normalmente. Donna e bambina entrambe salve, grazie alla guerriera.
Genevieve si voltò verso il Luogotenente: «Mordecai, io non voglio tutto questo!»
Quando si rese conto che anche lui aveva capito, seppe cosa fare: afferrò la sirena a ultrasuoni dalla cintura e la lanciò in alto nel cielo, dove esplose roboante, come un potente razzo di segnalazione che illuminò la notte intera. Oros e Liberiani rimasero storditi per qualche secondo, giusto il tempo che servì alla regina per contattare Almostfox tramite gli auricolari: «Nick! Risintonizza il segnale e setta il traduttore!» ordinò.
Era il momento di dire basta. E tutti avrebbero dovuto ascoltare.
Quando l'ingegnere le diede il via libera, tuonò: «Liberiani! Abbassate le armi! Subito!»
Chi aveva assistito alla scena nella piazza obbedì immediatamente, gli altri li seguirono.
Negli auricolari Genevieve sentì mormorare "Si arrendono?".
Lei lasciò cadere la pistola per terra e continuò: «No, Oros, noi non ci arrendiamo! Noi vi accogliamo!»
Il suo sguardo incrociò quello del loro re, che avanzò zoppicando sulla gamba artificiale.
«Quella oros» puntò il dito sulla donna che stringeva ancora al petto la bambina «ha salvato la vita a una Liberiana. E quella guerriera» indicò Miwaka «ha salvato una oros. Hanno ricordato a ognuno di noi quale sia lo spirito di questa città. Siamo l'unione di tanti popoli!» Li guardò, uno a uno, Oros e Liberiani. «Ma soprattutto siamo liberi! Non dobbiamo combattere. Se è l'acqua che volete, prendetela!» Genvieve si sfiorò l'auricolare: «Nelly! Abbassa il muro!»
I rumori metallici che sentiva nelle orecchie le confermarono che la contessa le aveva dato ascolto, così tornò a rivolgersi al re Oros: «Il tuo popolo può servirsi di tutta l'acqua di Liberia, è vostra! Ma per crescere e prosperare non vi basterà: avrete bisogno anche della terra. Questo ti propongo.» La regina fece un passo verso l'uomo che ancora la guardava incredulo. «Condividete con noi questa terra e mettete radici.»
L'uomo la fissò in quei suoi occhi neri e determinati: «Oppure potremmo prenderci la terra, senza nemmeno condividerla. Perché dovremmo accettare?» Un ghigno a incurvargli le labbra.
Anche Genevieve sorrise, ma di una sicurezza differente: la consapevolezza della pace. «Per loro» indicò ancora la donna oros e la piccola Liberiana, mano nella mano, i volti sollevati, la promessa di un futuro da vivere insieme.
Anche lo sguardo del re sembrava cambiato: «Convivere?»
Una oros lo affiancò: «Oros e Liberiani. Silver, potrebbe funzionare.»
Era dunque quello il suo nome. I suoi guerrieri lo guardavano, asserirono a quelle parole, e, solo in quel momento, Genevieve si rese conto che anche gli Oros avevano abbassato le armi per tutto quel tempo, senza approfittare della situazione.
Silver sorrise, arrendendosi solo all'evidenza: «Se hai convinto anche Nen, la mia regina, forse ne vale davvero la pena.» Si guardò intorno: «Liberia, la città della libertà.»
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