9. ALEASE HA 31 ANNI
Bollino rosso.
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La fiera di Hope Mills era l'evento dell'anno. Tutto il paesino si radunava nell'area circostante la Chiesa, e per una settimana luci e musica impedivano il sonno di chi aveva la sfortuna di abitare in Patterson Street.
Alease non era un'amante del chiasso, ma quando Alice l'aveva invitata aveva fatto in modo che anche Drew sentisse, e lui l'aveva implorata di mandarlo. Alla fine aveva deciso di andare anche lei, unendosi ai Clive e a Heather Blake con la sua Becca.
Alice aveva un sorriso entusiasta e si comportava come una ragazzina al luna park. Comprava zucchero filato e frittelle per i ragazzi e pagava loro i gettoni per le giostre. Becca voleva fare quelle più pericolose, come la nave oscillante dei pirati e le catenelle degli adulti. Drew l'assecondava, mentre Jamison preferiva restare a terra col padre.
Alease adorava Jam; era un bambino adorabile e tenero, non come Drew che non si faceva abbracciare neanche se non c'era nessuno a vederli. Jam amava i suoi genitori, raccontava loro di tutto, mentre Drew non le parlava più di nulla. Quando gli chiedeva com'era andata a scuola, lui rispondeva: «Al solito.» Stavano insieme solo la sera, perché il resto del tempo lei lavorava, ma era come se Alease cenasse da sola, tale era il mutismo nel quale Drew si chiudeva.
Ora le teneva il broncio perché desiderava un cellulare d'ultima generazione come tutti i suoi compagni di classe. Non voleva capire che non c'erano abbastanza soldi. Alease era tentata di donargli il suo, ma le serviva per lavoro e le emergenze. Aveva sperato che d'estate Drew avrebbe potuto contribuire in casa facendo dei lavoretti, ma era stato rimandato in matematica e biologia e così avrebbe passato quei mesi in casa a studiare. Alease si era arrabbiata molto nel vedere la pagella; lo aveva minacciato di sequestrargli tutti i videogame. In risposta, Drew era fuggito a casa dei Clive. Alice l'aveva chiamata subito, ma le aveva consigliato di lasciarlo sbollire da loro quella notte.
Alease non credeva di essere una cattiva madre, ma a volte si chiedeva se le sue aspettative non fossero troppo alte. Voleva un figlio intelligente, bravo a scuola e volenteroso. Non voleva che facesse la sua stessa fine. Voleva che potesse permettersi una casa grande con almeno due camere da letto, e che potesse dare ai suoi figli quello che desideravano. Ma Drew era lento nell'apprendere, pigro e svogliato. Gli interessava solo giocare con l'xbox. Alease avrebbe tanto voluto che fosse sveglio come Jamison. Era solo in prima media, ma era il genio della classe, proprio come sua sorella. Sandy, oltre ad essere super intelligente, era stata anche eletta reginetta dell'ultimo anno. Ora era stata ammessa all'università di Chicago. Sarebbe partita a fine agosto; Alease sentiva già la sua mancanza.
C'era anche lei quella sera. Aveva diciannove anni ed era semplicemente stupenda. Indossava una minigonna nera che le slanciava le gambe abbronzate e una maglietta aderente fucsia che evidenziava il seno elegante preso dalla madre. Aveva tagliato i capelli corti e così sembrava più grande e affidabile. Aveva appena chiuso col suo fidanzato, perché non c'era futuro per loro se lei fosse andata a Chicago. A differenza di molte ragazze, Sandy non cambiava atteggiamento o espressione a seconda che fosse single o impegnata. Aveva lo stesso sguardo indagatore e astuto, lo stesso sorriso sbarazzino e la stessa voglia di divertirsi. Sandy non camminava, saltellava; non parlava, esclamava. Quando era felice rideva, quando era triste – e accadeva di rado – piangeva. Non le importava l'opinione degli altri, ma forse perché nessuno avrebbe mai potuto dire nulla di male su una ragazza tanto perfetta.
Sandy si distaccò ben presto dalla famiglia quando si imbatté in un gruppo di amici. Becca e Drew iniziarono a gridare che volevano entrare nella casa stregata. Jamison rifiutò categorico, tremando di paura al solo udire quei suoni spettrali e quelle urla metalliche.
«È tutto finto, Jam» cercò di tranquillizzarlo Alice. «Sono solo pupazzi e luci intermittenti.»
«Non mi piace, non vengo» disse il ragazzino risoluto.
Alice alzò gli occhi al cielo e sussurrò ad Alease: «Mi domando da chi abbia preso tanta codardia. Becca, Drew, siete pronti?»
«Ma voglio che venga anche la mamma» disse Drew, con un sorriso maligno.
Alease sollevò le mani. «No, grazie, io sto con Jam. Robert, se vuoi vai pure tu.»
«Non voglio spendere soldi inutilmente» fu la sua risposta. Tipico di Bobby; sempre a farsi i conti in tasca. Era un gran taccagno, ma poteva permetterselo. Dava comunque ai figli tutto ciò che chiedevano, e lui conduceva una vita austera.
Alice sventolò i quattro biglietti appena acquistati. «Muoviti, Ally, non abbiamo tutta la notte!»
Alease sospirò e si rassegnò a mettersi in fila per la casa degli orrori. Non era riluttante a salire perché aveva paura, ma non era mai salita su una giostra prima d'ora. I suoi genitori non l'avevano mai portata alla fiera di paese. La pensavano come Bobby sui soldi; non bisognava sperperarli in cose inutili. Però ogni domenica a Messa lasciavano cinque dollari nella cassetta delle offerte...
Arrivarono i vagoni, scivolando rapidi sulle rotaie. Erano a forma di mano di scheletro aperta, con tre posti davanti e tre dietro. Scesero due famiglie con bambini; uno, che doveva avere quattro anni, piangeva come un disperato mentre il padre che lo teneva in braccio rideva.
Il giostraio tolse il cordone e fece venire avanti la gente. Becca e Drew si sedettero ovviamente in prima fila, mentre Alice e Alease alle loro spalle. Alease guardò gli altri salire. Erano perlopiù genitori coi bambini, ma c'erano anche ragazzi sui diciott'anni che ridevano e si spintonavano, spaventandosi a vicenda e facendo un gran baccano.
Venne avanti anche un uomo alto e magro col figlio di quattro o cinque anni. Gli unici posti liberi erano nel loro vagone.
L'uomo disse, con un sexy accento gallese: «Dai, Marvin, siediti davanti coi ragazzi che io mi metto dietro di te.»
Il piccolo si sedette accanto a Drew, mentre l'uomo accanto ad Alease. Lei si sentì stordire dal profumo del suo dopobarba. Alice le diede di gomito, rivolgendole un'occhiata maliziosa. «Carino» sussurrò.
Alease la zittì, terrorizzata che lui avesse potuto udirla.
Alice si sporse, con un largo sorriso. «L'ha già fatta prima questa giostra? Non vorrei che la mia amica iniziasse a strillare come una bambina.» E ammiccò con fare divertito.
L'uomo sorrise e Alease sentì un buco nello stomaco che non seppe definire. Doveva avere senza dubbio a che fare con la sua bellezza. Aveva il volto pallido come quello di un vampiro, gli occhi color ghiaccio e i capelli neri e folti che si arricciavano sulla nuca. Vestiva molto casual, con una t-shirt nera che metteva in risalto il ventre piatto e i pettorali appena accennati. I jeans erano consunti, alla moda giovanile, eppure gli stavano da dio.
«Mio figlio l'adora, è il secondo giro questa sera.» Fissò Alease dritto negli occhi, e lei si sentì arroventare. «Ma se ha paura posso tenerle la mano.»
Alease aveva la bocca secca e senza dubbio era rossa in faccia come un peperone. Non un bello spettacolo, ma non sapeva cosa farci. Non conosceva quell'uomo, ma il suo fascino la mandava in tilt. «N...non penso sia necessario...» rispose con voce flebile, distogliendo lo sguardo e serrando le mani in grembo.
«Si parte!» annunciò con voce allegra il giostraio.
Il vagone ebbe una scossa e iniziò a muoversi verso la bocca spalancata dello zombie che costituiva l'entrata.
Alice si sporse a stringere le spalle di Drew e Becca, che si muovevano eccitati; l'uomo scompigliò i capelli di suo figlio, che rise battendo le mani. Solo Alease si sentiva ansiosa e intimorita... non sapeva se dalla giostra degli orrori o dal magnetismo dello sconosciuto seduto alla sua sinistra.
Sentendosi osservata, si girò verso di lui e trovò i suoi occhi azzurri fissi nei propri. Il cuore iniziò a batterle come un tamburo. Non sapeva come decifrare quello sguardo. Sembrava quasi... affamato. Ma stranamente non le incuteva terrore, bensì una strana forma di eccitazione che non aveva mai provato, neanche prima dei suoi appuntamenti al buio.
Il vagone entrò nella casa e l'oscurità più completa li avvolse. Alease rilassò la schiena, espirando, e si guardò intorno. La cacofonia era paurosa. Strilli femminili, ululati, risate agghiaccianti, suoni di unghie sulle pareti che le accapponarono la pelle, canti di bambini. E poi scheletri che comparivano luminosi nelle pareti, fantasmi che passavano sopra le loro teste, mummie che uscivano dai sarcofagi, vampiri che succhiavano il sangue di belle ragazze. C'era persino Freddy Krueger con la sua faccia ustionata e le lame al posto della mano; c'era il pazzo con la sega elettrica di "Non aprite quella porta"; c'era la terrificante maschera da hokey di "Venerdì 13".
Ma a tutto questo Alease smise di prestare attenzione quando sentì la mano dello sconosciuto sul suo ginocchio scoperto. Indossava un prendisole a fiori leggero, e lui lo stava scostando pian piano.
Alease sentì una morsa serrarle lo stomaco. Non fece nulla, paralizzata, mentre le dita fredde dell'uomo risalivano, spostandole la gonna sempre più su, carezzandole la carne e avvicinandosi alle sue mutandine. La sfiorò lì, e Alease sentì un immediato calore inumidirla. Senza neanche rendersene conto, divaricò di più le cosce, trattenendo il respiro. Le dita l'accarezzarono sopra la stoffa, seguendo il profilo delle grandi labbra fino a raggiungere il clitoride. Lo stimolò con l'unghia e Alease gemette, mordendosi poi con forza le labbra. Ma non c'era pericolo che qualcuno potesse sentirla, o vederla. Il buio era completo.
Sentendosi esplodere dal desiderio, Alease spinse il bacino contro la mano dell'uomo. Allora lui insinuò le dita sotto le mutandine, toccandole la carne bollente e bagnata. L'accarezzò ovunque fino a giungere alla sua entrata bramosa. Alease avrebbe voluto afferrargli la mano e spingerla tutta dentro, ma si costrinse a stare immobile. Quell'uomo sapeva il fatto suo.
L'indice le carezzò l'intimità, penetrando un polpastrello, lentamente, fino in fondo. Alease boccheggiò, trattenendo un urlo di piacere. Nessuno l'aveva mai toccata lì, neanche il padre di Drew. Lui l'aveva solo deflorata, senza aspettare che fosse pronta a riceverlo. E Alease non si era mai data piacere da sola, perché la riteneva una cosa sporca, da cattiva ragazza, di cui vergognarsi.
Allargò di più le gambe, ansimando, mentre l'uomo muoveva il dito dentro e fuori, stuzzicandole il clitoride dall'interno e toccandole un punto in fondo che la faceva sudare di piacere. Aggiunse un secondo dito, e l'estasi arrivò rapida, travolgendo Alease con una forza inaspettata. L'uomo mosse la mano più rapida, dentro e fuori dal suo corpo. Alease gridò, ma tutti strillavano di paura o sorpresa, e nessuno ci fece caso. Solo Alice le strinse un braccio, come per farle coraggio.
Fiotti liquidi le inzupparono le cosce e il vestito, colando sul legno del vagone. L'uomo continuò a torturarla finché Alease non sentì la foga esaurirsi. A quel punto rimosse la mano.
Il capo di Alease crollò all'indietro. Era esausta come se avesse corso una maratona, sudata e bagnata. Ma si sentiva anche rilassata, come se si fosse liberata di un peso. E aveva anche l'urgenza di fare pipì.
Pochi secondi dopo, uscirono dalla giostra. La luce dei lampioni ferì gli occhi di Alease. Immediatamente guardò l'uomo seduto accanto a lei. Si stava pulendo la mano con un fazzoletto e le rivolse un sorriso, senza dire nulla.
Il vagone si fermò e scesero tutti. Drew, Becca e Marvin, il figlio dello sconosciuto, strillavano eccitati e volevano fare un altro giro. Alice rideva come una pazza, sventolandosi il viso accaldato. L'unica silenziosa era Alease.
Mentre scendevano i gradini, non poteva fare a meno di ripensare a quello che era successo. Sentiva gli occhi dell'uomo sulla sua nuca e ne era eccitata.
«È stata una figata, no?!» rise Alice, rivolta all'uomo. Era chiaro che cercava di inserirlo in una conversazione con Alease. Le venne da sorridere al pensiero che loro erano andati decisamente oltre.
«Sarebbe da rifare» fu la risposta dell'uomo. Guardava Alease sempre con lo stesso sguardo affamato, e stavolta un sorriso le scappò.
Alice se ne accorse, ma non disse nulla. «Suo figlio è adorabile» disse all'uomo. «Dovreste unirvi a noi per continuare il giro. Vada a chiedere a sua moglie.»
Sottile, pensò Alease.
«Non sono sposato.»
Per qualche motivo, quella risposta rischiarò il volto di Alease, che sorrise di nuovo senza volerlo, tenendo lo sguardo basso.
«Oh!» fece Alice. «Beh, allora possiamo procedere subito. Come si chiama?»
«Curt Harris.»
Alice fece le presentazioni. Quindi esclamò: «Forza ragazzi, andiamo dagli altri!»
Spinse avanti Drew e Becca, facendo in modo che Alease rimanesse indietro con Curt e Marvin.
Lei si sentì sopraffare dalla vergogna. E adesso?
Curt
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