7. DREW HA 10 ANNI

Ogni mattina, Alease portava Drew dai Clive e la tata dei Clive, Suzy, portava lui e Jamison a scuola. Suzy guidava come una scatenata, e Drew la incitava sempre a passare col rosso e ad affrontare le curve a folle velocità, mentre Jamison strillava di paura. Ma dopo che Bobby si vide recapitare la multa per eccesso di velocità redarguì seccamente Suzy e lei, piuttosto spaventata, tornò a fare la brava. Così i viaggi in macchina erano sempre una noia.

Suzy aveva vent'anni, un sorriso birichino e occhi sempre pesantemente truccati. I suoi capelli erano del colore del platino, tagliati in un modo che Drew riteneva molto buffo, rasati da un lato della testa e lunghi dall'altro. Vestiva sempre leggins attillati, giubbotti con le borchie e maglie scollatissime. D'estate, poi, diventava quasi indecente, con quegli shorts e le minigonne inguinali che mostravano il tatuaggio che aveva sul fondoschiena. Era un ritratto di Jack Sparrow, che Suzy idolatrava. Era stato grazie a lei che Drew aveva conosciuto i "Pirati dei Caraibi" ed era stato grazie a quei film che aveva deciso di fare il pirata da grande. I pirati erano affascinanti, furbi e coraggiosi, erano dei ladri di tesori ma nessuno riusciva ad acciuffarli. Erano anche migliori dei pompieri. Loro erano degli eroi ma non potevano girare il mondo; dovevano solo spegnere gli incendi e far scendere i gatti dagli alberi. Drew era contento che il suo papà fosse stato un vigile del fuoco, ma lui sarebbe stato migliore.

Nel cortile della scuola trovarono ad attenderli Becca con sua madre Heather. Si erano trasferiti a Hope Mills da tre anni, a un isolato di distanza dalla casa di Drew.

Quello tra lui e Becca era stato un rapporto conflittuale. All'inizio lui aveva preferito giocare solo con Jamison, ignorando i tentativi di sua madre di includere anche la rossa.

«È una femmina» protestava, «io sono un maschio e devo giocare coi maschi.»

La mamma l'aveva rimproverato duramente per quella frase e Drew non l'aveva più ripetuta, anche se non capiva cosa avesse detto di sbagliato. Perché avrebbe dovuto giocare con una femmina? Le femmine erano stupide, con le loro bambole e i loro disegni di unicorni e i vestiti rosa. Le femmine non guardavano Dragonball, non giocavano a calcio o a rincorrersi.

Ma Becca tornava sempre e Alease lo spingeva da lei. Jamison era più gentile, forse perché era cresciuto con una sorella. Era Becca a trattarlo male, sferzandolo con dure parole e prendendolo in giro, ma poi si scusava sempre, dicendo che stava scherzando e che in realtà gli voleva bene.

Un giorno Drew prese le difese di Jamison. Erano nel parco davanti alla scuola e Becca aveva sfidato Jamison a saltare dall'altalena alla sua massima estensione. Jamison si era rifiutato, lei lo aveva preso in giro chiamandolo femminuccia e lui era scoppiato a piangere. Drew si era arrabbiato e aveva iniziato a insultare Becca. Lei era saltata giù al volo dall'altalena, quasi librandosi a mezz'aria, e gli aveva tirato un pugno sul viso, facendolo finire con la schiena sulla terra.

«Prova a ripetere quello che hai detto!» lo aveva sfidato, gli occhi color ardesia luccicanti di rabbia.

Allora Drew si era ricreduto. Non sulle femmine, ma su Becca. Lei non era come le altre, era tosta e aveva fegato. Spesso faceva cosa pericolose che lui stesso esitava a fare, come saltare da un lato all'altro dei fossi correndo il rischio di cadere nel canale fangoso e pieno di pantegane, o tirare le uova alle finestre dei vicini e correre via a gambe levate prima di essere beccata. Teneva i capelli molto corti e sempre spettinati, con una frangia lunga che le copriva le sopracciglia. I suoi occhi d'argento avevano la stessa durezza della pietra. Drew non l'aveva mai vista ridere serenamente, ma solo ghignare in modo perfido quando aveva combinato qualche marachella. Né l'aveva mai vista piangere; lui stesso piangeva a volte, quando la mamma lo sgridava per i brutti voti o lo metteva in punizione.

Né lui né Becca erano una cima a scuola. Lui era stato pure bocciato in seconda perché non riusciva a leggere correttamente, ed ora frequentava la stessa classe di Becca. Erano entrambi degli emarginati; lui si era fatto la reputazione dello scolaro orfano che non aveva voglia di imparare, lei era la peste indisciplinata che mandava fuori di testa i maestri e trascorreva la maggior parte delle ore nell'ufficio del preside.

Jamison aveva otto anni, era il più piccolo del loro trio, ma era anche lui emarginato, perché era nero. In pubblico, per salvare le apparenze di fronte a sua madre, gli altri genitori si comportavano in modo impeccabile, lodando l'intelligenza del bambino e la sua bontà. Ma una volta al sicuro da orecchie indiscrete istruivano i figli a stare lontani da quel bambino cicciottello con gli occhiali.

E così l'Orfano, la Peste e il Negretto avevano formato un trio indistruttibile, giurando di proteggersi sempre dai mali del mondo. Avevano trovato il loro posto speciale in cima al castello di legno traballante del parco; spesso correvano lì dopo la scuola, passando insieme un po' di tempo prima che Suzy e Heather venissero a prenderli.

Jamison e Drew corsero da Becca, salutarono la tata e la mamma e si avviarono nel cortile. Non si tenevano per mano, ma procedevano affiancati; tutti avrebbero potuto vedere il legame solido che li univa. Ma quel legame non significava sicurezza; e infatti gli scherni non tardarono a manifestarsi.

«Ehi, brutto negro ciccione!» Un ragazzino dell'ultimo anno apostrofò Jam. «Sono andato allo zoo ieri e ho visto tuo fratello, uno scimmione con la faccia nera come la tua!»

«Orfanello, hai più scoperto con quale idiota tua madre ti ha fatto?» gridò dietro un suo compare a Drew.

Lui non capiva perché nessuno gli credeva quando diceva che suo padre era stato un eroe ed era morto salvando la gente. Strinse i pugni. Non era portato alla violenza come Becca ma a tutto c'era un limite. Jamison invece aveva gli occhi umidi e stava per mettersi a piangere.

All'improvviso Becca venne trascinata via. Un altro ragazzo l'aveva presa per il giubbino in jeans. Si chiamava Morgan ed era il bulletto della scuola, ma la scorsa settimana Becca lo aveva buttato a terra. Non si era più fatto vivo, ma sua madre aveva sporto denuncia al preside e lui aveva sospeso Becca per un giorno. I tre avevano pensato che la vendetta di Morgan si fosse conclusa così, ma evidentemente sbagliavano.

Gli occhi di Morgan sprizzavano odio, i suoi denti storti erano scoperti in un ringhio. «A noi due, scema. Mi devi chiedere scusa.»

Becca tentò di liberarsi, ma lui le afferrò i capelli e la spinse in ginocchio sulla ghiaia. Dalle labbra della rossa non uscì un gemito, ma era chiaro dalla smorfia che le contorceva il viso che provava dolore alla testa. Aveva il viso rosso di rabbia e Drew decise di intervenire prima che accadesse l'irreparabile. Non portava mai a niente di buono fare del male a Becca - perché non aveva dubbi che in uno scontro tra Morgan e Becca sarebbe stata lei a trionfare, come si era già dimostrato.

Cercò di dividerli urlando: «Lasciala andare!»

Morgan spinse a terra Becca, quindi gli diede uno spintone che lo fece finire gambe all'aria. «Stanne fuori, figlio di puttana!»

Drew si infervorò. «Mia mamma non è una puttana!»

Morgan si chinò a gambe large su di lui, coprendolo con la sua ombra. «Certo che lo è, e tuo papà non era un pompiere. Sarà stato un drogato e scommetto che tua mamma neanche si ricorda la sua faccia!»

All'improvviso, un piede comparve tra le sue gambe, calciandogli le palle. Morgan ululò di dolore, mentre i suoi occhi si inumidivano. Si strinse il cavallo dei pantaloni e si voltò furioso versò Becca, che disse a testa alta: «Può darsi che un giorno ti serviranno, idiota. Fossi in te ci starei attento.»

Morgan urlò qualcosa di incomprensibile. Afferrò terra e ghiaia e gliele lanciò contro il viso. Becca si spostò troppo tardi e Morgan le afferrò il braccio che aveva alzato per proteggersi il volto; glielo tirò dietro la schiena e la spinse a terra, con la faccia a pochi centimetri da una pozzanghera fangosa.

«Non stavolta, scema!» ringhiò. «Non ti alzi finché non mi chiedi scusa!»

Becca digrignò i denti per il male ma non si lamentò, rispondendo invece: «Scusa, ma non posso farci niente se tua mamma ha fatto nascere un idiota.»

Morgan si incavolò di brutto e le spinse la faccia nel fango. «Mangiamerda! È questo il tuo posto! Chiedi scusa, chiedi scusaaa!»

Becca fece in tempo a chiudere la bocca, ma iniziò subito ad annaspare alla ricerca di aria, facendo leva sull'altro braccio per alzarsi, ma Morgan le teneva con brutalità la faccia nel fango.

Drew vide una nube rossa oscurargli la vista e caricò Morgan come un toro infuriato, colpendogli lo sterno con la spalla. L'aria sfuggì dai polmoni del suo avversario, che rovinò a terra. Drew gli fu sopra, tempestandogli il viso di pugni. Non vedeva nulla, non capiva nulla. Gli sembrava che le orecchie si fossero tappate, come quando andava sott'acqua nella piscina dei Clive. Colpiva Morgan come a volte faceva col suo cuscino quando era arrabbiato con la mamma; non sentiva quasi la resistenza delle ossa sotto le nocche.

Ad un certo punto si sentì tirare via da due mani forti e determinate. Lo stesso accadde a Morgan, che venne trascinato in piedi.

Drew scrollò il capo, cercando di tornare alla realtà. Era stata Miss Hamilton a fermarlo, la maestra di storia, una cornacchia alta e curva coi capelli lunghi e grigi da strega che vestiva sempre abiti sformati. Morgan invece era stato soccorso da Mr Hopper, il preside, un nero alto e grosso con due enormi baffi neri e il cranio rasato.

Una terza insegnante, Miss Lewis, di inglese, si stava prendendo cura di Becca. Era la più buona della scuola, con un viso dolce e lunghi capelli da principessa. «Rebecca, tesoro, tutto okay?»

Becca si pulì il viso col fazzoletto ricamato della maestra; poi puntò il dito. «È stato Morgan.»

«Non è vero! Bugiarda!!!» reagì subito lui con voce stridula.

In quel momento, Jamison, che era troppo piccolo e troppo spaventato per intromettersi nella zuffa, intervenne strillando: «È vero, è stato Morgan!»

Il ragazzino più grande gli indirizzò un'occhiata omicida e Jamison perse quel poco di coraggio che gli era venuto chissà da dove.

A quel punto il preside ordinò: «Miss Lewis, porti la ragazza in infermeria. Voi due venite nel mio ufficio.»

Drew e Morgan seguirono il preside, che ruppe il cerchio dei bambini spettatori. Una volta nel piccolo ufficio, rimasero in piedi mentre Mr Hopper si accomodava dietro la scrivania, con un sospiro stanco. A Drew cadde l'occhio sull'orologio da taschino dell'uomo. Erano solo le otto e un quarto e aveva già combinato un disastro. La mamma l'avrebbe ucciso. Non si era mai azzuffato con nessuno prima di allora.

Hopper prese tempo, tamburellando il dorso di una penna a sfera sulla scrivania. Quindi disse: «Non è la prima volta che ti trovi qui, eh Morgan? Sei un facinoroso. Sai cosa significa? Significa che ami provocare risse.»

«Rebecca ha insultato mia madre» bofonchiò il ragazzino.

«E tu le hai spinto la faccia nel fango. Cosa pensi sia più grave? Avrebbe potuto morire. Vuoi diventare un criminale ancor prima di essere passato alle medie?» I suoi occhi neri come inchiostro su uno sfondo giallo lattiginoso si spostarono su Drew. «E tu. Cosa stavi cercando di fare?»

«Volevo aiutare la mia amica, signore.»

«Rompendo il naso a lui?»

Solo allora Drew si accorse che il naso di Morgan sanguinava e provò una fitta di orgoglio. Era stato lui! Si era battuto come un uomo ed era riuscito a spaccargli il naso! «È stata solo sfortuna» rispose umilmente. «Non ho mai picchiato nessuno prima d'ora, mi deve credere.»

Hopper continuò a tamburellare la penna. Drew guardò di nuovo l'orologio. Non aveva mai desiderato tanto essere in classe. Si domandò come stesse Becca. Non sembrava avere riportato ferite, e sperava che non avesse mangiato davvero il fango.

«Penso che voi due abbiate molto in comune» parlò infine il preside. «Rispondete entrambi alle provocazioni con la violenza, senza pensare alle conseguenze. Vi dovrei sospendere.»

Drew rabbrividì di terrore. Sua madre voleva che andasse all'high school e magari anche all'università; che diventasse un avvocato come Bobby Clive, o un medico, o un politico di successo. Sarebbe rimasta sconvolta se Drew si fosse fatto sospendere.

Ma Hopper continuò: «Ma prediligo metodi più educativi. Ogni giorno per un mese vi tratterrete un'ora in più a scuola e aiuterete i bidelli a riordinare le aule.»

«Io con lui non ci voglio stare!» protestò subito Morgan, troppo stupido per capire che gli era stata offerta una chance di salvarsi il collo. «Mi picchierà di nuovo!»

Idiota esagerato, pensò Drew.

«Non lo farà. L'alternativa sono tre giorni di sospensione e tu non puoi permetterteli, Morgan. Verresti bocciato e dovresti ripetere l'anno. Di nuovo.»

Morgan mise il broncio.

«Avvertirà mia mamma, signore?» domandò preoccupato Drew.

«Temo di dovere, Drew. Hai fatto qualcosa di molto grave.»

«Cercavo solo di proteggere Becca. Lui l'avrebbe soffocata.»

Hopper soppesò la sua frase. «Forse potrei scendere a un compromesso. Non dirò nulla ai vostri genitori se ora vi stringete la mano e vi chiedete scusa a vicenda.»

Morgan fece una faccia schifata, voltandosi dall'altra parte. A lui non importava nulla che i suoi sapessero della zuffa, gli capitava in continuazione.

Drew ci pensò per qualche secondo, ma alla fine scosse la testa. «Mi dispiace, signore, non lo farò. Io ho fatto la cosa giusta e sono contento di avergli fatto male, così ricorderà che non si picchiano le ragazze.»

«È stata lei a cominciare!» urlò Morgan, rosso in faccia.

«Basta così» li sgridò Hopper. «Convocherò i vostri genitori, così verranno a prendervi dopo la vostra ora di punizione. Ora andate in classe e cercate di comportarvi come si deve.»

Morgan uscì per primo dall'ufficio, quasi spintonando Drew. Una volta chiusa la porta dietro di loro, Morgan puntò un dito contro Drew, sibilando: «Ve la farò pagare, Goodwin. A te, alla scema e al negro ciccione. Siete morti.»

E se ne andò, lasciando che quella minaccia aleggiasse nell'aria. Nonostante tutta la sua spavalderia, Drew rabbrividì. Si era appena fatto un nemico.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top