53. ALEASE HA 33 ANNI

Da quando avevano avuto quella strana discussione fatta di urla a bassa voce e occhi lucidi da parte di lei e di espressione pietrificata e bocca aperta da parte di lui, Alease non aveva più chiacchierato volentieri con Pete. Portava sempre Drew a casa sua per le lezioni di chitarra, ma più di smozzicare qualche saluto non faceva. A volte Pete cercava di trattenerla, la invitava a restare per assistere ai miglioramenti del figlio, ma Alease sapeva che era solo un pretesto per tenerla accanto a sé.

Non aveva dimenticato il complotto suo e di Drew per separarla da Curt; non aveva le prove che così fosse, ma quelle congetture, quelle accuse senza fondamento portavano in un'unica direzione, lontano dall'uomo che amava con tutto il cuore. Drew sperava che si mettesse con Pete; beh, non sarebbe successo. Erano amici, e ora forse neanche quello. L'aveva ferita il fatto che avessero cospirato contro la sua felicità ora che l'aveva faticosamente raggiunta, ma era risoluta a non soffrire più. Per questo evitava Pete con assiduità e non rispondeva alle sue chiamate e ai suoi messaggi.

Ultimamente si era fatto – grazie a Dio – meno assillante. Forse aveva capito che quello che c'era tra loro prima ormai se ne era andato. Non poteva essere amica di una persona che voleva il peggio per lei.

Quando quel giorno andò a riprendere Drew, rimase sorpresa quando non lo trovò ad aspettarla sulla soglia come al solito. Anzi, non lo trovò proprio.

«Dov'è Drew?» chiese, già allarmata.

«È andato via da solo, ha detto che aveva un appuntamento» rispose Pete.

Alease cercò di non fissare la t-shirt aderente che ricopriva dei pettorali niente male – aveva iniziato a fare palestra? Non era così ben messo l'ultima volta che lo aveva visto... – e continuò ad indagare: «E perché non mi ha scritto niente? Un appuntamento con chi, poi?»

«Rilassati, Alease. Vuoi bere qualcosa?»

«No.»

«Ti prego.» Pete tenne la porta aperta. «Devo dirti una cosa.»

Alease esitò giusto il tempo di mostrare tutta la sua contrarietà, poi avanzò dentro casa a passetti veloci, impettita. «Di che si tratta?»

Pete si accese una sigaretta, creando subito una densa nube di fumo che soffocò Alease. Lei si ritrasse accanto al divano, senza sedersi.

«Di padre Josh» rispose finalmente Pete. «Sapevi che aveva una perpetua? Si chiama Marge, e si è fatta viva l'altro giorno rispondendo al mio annuncio online.»

Brividi avevano già solcato la pelle di Alease, ancora pallida nonostante l'estate inoltrata. «Annuncio?»

«Non ricordi? Ti avevo detto che avrei indagato per conto mio per scoprire cos'era successo a Josh.»

Il suo cuore aumentò i battiti per la paura e la rabbia. «Certo che ricordo» sillabò, con una freddezza che le era impropria. «Ricordo di averti detto di lasciar perdere.»

Pete la stava guardando in modo strano, dolce, quasi pietoso. Un modo che fece temere il peggio ad Alease.

«Non l'ho fatto per te. Josh era mio amico, mi aveva trovato lavoro in un periodo disperato anche se c'erano molti altri maestri di coro disposti a insegnare gratis in Chiesa.» Spense la sigaretta e andò in cucina, aprendo il frigo. «Sicura che non vuoi nulla?»

«Arriva al punto.»

Pete stappò una bottiglia di birra gelida. «Insomma, questa Marge mi ha scritto alcune cose che mi hanno fatto capire che non era una ciarlatana come tanti altri stronzi che mi rispondevano solo per prendersi gioco di me e intascare la taglia. Mi ha detto quanto bastava per spingermi a incontrarla.» Pete bevve una lunga sorsata di birra, poi la lasciò sul tavolo e prese un foglietto dal retro dei pantaloni, avanzando verso di lei. «E mi ha mostrato questa.»

Alease non prese nemmeno quella cosa. La fissò impietrita e la riconobbe anche senza bisogno di voltarla.

La foto.

Un forte brivido la scosse, quasi come una convulsione, e si schiantò sul divano, le ginocchia molli come la prima volta che l'aveva vista.

Pete le si sedette accanto, prendendole una mano inerte. «Alease... Vuoi aprirti finalmente con me?»

«Se mi fai questa domanda vuol dire che hai già capito» mormorò lei, tremando.

Forse Pete ci aveva pensato, ma non ci aveva creduto davvero. In quel momento scosse la testa, allucinato. «Non è possibile...»

Alease si strappò dal divano, fissandolo con furia da sotto le ciocche di capelli sottili che le erano piovute davanti al volto. «Sei come tutti gli altri.»

Pete l'afferrò per il polso quando già stava irrigidendo le gambe per alzarsi. «Aspetta... È difficile crederci, ma io ti credo, Alease.» Gli era costato dirlo, le sue pupille danzavano come impazzite, come se cercassero anche loro un punto fermo, una qualche solida certezza. Gli era appena caduto un mito, il prete buono e caritatevole. Era davvero difficile crederci. «Drew è suo figlio?»

«Sì.»

«Mio Dio.»

«Strano che lo invochi» commentò Alease, sarcastica. «Eravamo in casa sua mentre il suo adepto si prendeva tutto ciò che avevo. La mia dignità, la mia infanzia, la mia vita!»

La paura era scomparsa, ora restava la rabbia.

«Qualcun altro lo sa?»

«Solo Curt.»

La sua risposta sembrò confermare qualche dubbio di Pete, che subito le prese di nuovo le mani, parlando concitato: «Ascolta, Alease, so che può sembrarti pazzesco, ma ti prego di ascoltarmi. L'investigatore che Josh ha assunto per trovarti si chiamava Curt Harris, me l'ha confermato anche Marge. Curt è venuto a cercarti, ti ha trovata e poi qualcosa dev'essere andato storto perché non gli ha mai detto di te, non è più tornato. O almeno così dice Marge. Io credo che sia tornato almeno una volta. Per ucciderlo.»

Stavolta Alease sgusciò via prima che lui potesse trattenerla. «Non starò a sentire queste stupidaggini.»

Pete la rincorse. «Tu gli hai detto che Josh ti aveva violentata.»

«Basta.»

«Curt dev'essersi incazzato a morte e ha deciso di farsi giustizia da solo, rompendo il contratto che aveva con lui.»

«Zitto!»

«Drew mi ha detto che ha una pistola. Josh è stato ucciso da un colpo di pistola. E scommetto che se confrontassimo la data in cui tu ti sei confidata con Curt e quella in cui Josh è morto, scopriremmo che sono molto più vicine del normale.»

Alease aveva ormai una mano sul pomello della porta, ma lo lasciò per girarsi di scatto e urlare: «Ho detto che non mi interessa!» Pete si arrestò davanti alla sua furia. «Curt non è un assassino! Josh ha avuto quel che si meritava e spero che stia bruciando all'inferno per quello che mi ha fatto!»

E come al solito, la rabbia non riuscì ad esprimere tutta la confusione di sentimenti che provava, perché le lacrime le inondarono gli occhi scuri e Alease si trovò a singhiozzare, curvando le spalle e lasciando cadere a terra la borsetta per coprirsi il viso.

Pete la circondò con le braccia. «Sicuramente, Alease. Non piangere, per favore» mormorò, in tono dolce. «Mi dispiace da morire che tu abbia dovuto sopportare tutto da sola.»

Alease pianse contro il suo petto, come il giorno in cui suo padre era morto. Sotto le dita avvertiva la consistenza dei suoi pettorali e fu questo a indurla a calmarsi e tirarsi indietro. «Non può essere stato lui» tirò su col naso, asciugandosi gli occhi con le dita. «Ci conoscevamo appena...»

«Tu sei sicura che Curt sia davvero un contabile?»

«Non sono mai andata a trovarlo a lavoro, ma cosa dovrebbe essere?»

«Forse non ha mai smesso di fare l'investigatore. Potrei pedinarlo qualche giorno e scoprire cosa fa davvero.»

Il suo tono era troppo disponibile, quasi... entusiasta.

Alease alzò lentamente lo sguardo su di lui. «No» sussurrò. «Ti sei messo in mezzo anche troppo. Lo so qual è il vostro piano. Non riuscirete a separarci.»

«Alease...»

«Curt non ha ucciso mio zio!» strillò lei. «Non ha ucciso il padre di Drew!»

Gli occhi di Pete si puntarono oltre la sua spalla. Alease si girò e vide la porta aperta e suo figlio sulla soglia con un'espressione di pietra.

In mezzo al silenzio tombale, riuscì solo a scusare la sua presenza lì con un balbettio: «Mi ha dato buca...»

Alease si era fatta rossa in viso e non sapeva più da che parte girarsi. Voleva solo che il pavimento si aprisse inghiottendola e risparmiandole ulteriori sofferenze.

Drew ripeté: «Tuo zio?»

Alease tirò su col naso e uscì dall'appartamento, quasi correndo giù per le scale e saltando in macchina. Infilò le chiavi nel cruscotto con mani tremanti. Si sentiva febbrile ed esagitata. Tutto storto, stava andando tutto storto, maledizione!

Drew salì accanto a lei dopo qualche minuto. Alease iniziò a guidare verso casa più velocemente del suo solito. Voleva solo nascondersi in camera da letto e farsi un bel pianto come quando era una ragazzina frignona.

Ma suo figlio aveva altri piani per lei. «Mi avevi detto che era un pompiere.»

«Ti avevo detto che era un eroe. Invece era l'esatto opposto.»

«Tuo zio?»

Un singhiozzo le uscì dalla bocca e le lacrime tornarono abbondanti. «So che hai il diritto di sapere la verità... ma ora non ce la faccio, Drew... perdonami! Un giorno ti... ti racconterò tutto.» Si asciugò il viso col dorso della mano, facendosi rabbiosa. «Sempre che tu non venga a saperlo dal tuo amico Pete prima.»

Drew la guardò a lungo, incapace di controbattere finché sua madre era in un tale fragile stato d'animo. Infine borbottò: «È l'unico che mi capisce.»

«È anche l'unico con cui ti apri, per forza ti capisce.» Forse era meglio cambiare argomento, si sarebbe rilassata. «Con chi dovevi uscire oggi?»

«Una ragazza.» Le labbra di Drew si chiusero sull'ultima sillaba, ma poi dovette riflettere che gli occhi lucenti di sua madre meritavano una risposta più esaustiva. «La figlia del meccanico. Si chiama Ellie, ha un anno meno di me.»

«È carina?»

«Non è male, ma suo padre non vuole che ci frequentiamo...» Drew non riuscì a continuare. Serrò i pugni e scoppiò: «Non ce la faccio a parlare di queste stronzate! Com'è successo? Come ha fatto tuo zio a... Tu lo volevi?»

La sua indignazione ebbe un effetto magico su Alease. Sentire che suo figlio era dalla sua parte le distese il volto e riuscì a guidare senza più artigliare il volante o confondere le strade dietro un velo di lacrime. «Quel momento è stato il mio incubo per anni, Drew» mormorò, prosciugata. «Non fare mai una cosa del genere a una ragazza.» Lo guardò per un secondo che valse una vita. «Mai

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