51. DREW HA 16 ANNI (PT 1)
«Io non torno a scuola.»
Drew si rimproverò mentalmente di aver fatto vacillare la voce.
Si schiarì la gola e riprovò. «Mamma, ho deciso di non tornare a scuola.»
Meglio, ma non aveva abbastanza sicurezza nello sguardo. Era come se si aspettasse di venire zittito o preso in giro per la sua folle idea.
Strinse i pugni. «Sono abbastanza grande per cominciare a lavorare. Non mi serve un pezzo di carta che dica che ho frequentato l'high school. Tanto, mica voglio diventare un intellettuale, io, e...»
Si incastrò di nuovo e si morse con forza il labbro. L'immagine riflessa allo specchio gli mostrò tutta la sua titubanza. Avrebbe voluto apparire sicuro di sé, ma in realtà era solo molto dubbioso. Non voleva tornare a scuola per non vedere Destinee, in primo luogo. Ma se lo avesse detto a sua madre lei avrebbe voluto sapere ogni dettaglio della loro storia e poi, nel remoto caso lui fosse stato abbastanza determinato, l'avrebbe iscritto in un'altra scuola. Ma lui a scuola non ci voleva più mettere piede. Era stufo di studiare robe che non lo interessavano. Era stufo di tutto, voleva solo trascorrere le giornate a letto o suonando la chitarra con Pete. Sapeva di non essere granché bravo e se ne dispiaceva; pizzicare quelle corde era l'unica cosa che gli procurava un po' di gioia durante quei caldi mesi estivi.
Era già arrivato agosto, tra poche settimane la scuola sarebbe ricominciata e lui non aveva le palle di parlare chiaro e tondo a sua madre. Se almeno avesse avuto Becca accanto... lei avrebbe saputo dirgli cosa fare. Ma Becca era partita con Mr T per un tour di presentazione del suo libro nel North Carolina. Quasi ogni sera postava sul suo profilo Facebook - che si era creata solo per accompagnare la sua crescente fama - foto da un diverso hotel dove soggiornava, mangiava cibo gustoso, si rilassava nelle vasche idromassaggio e a tempo perso ripeteva gli stessi discorsi a un pubblico sempre diverso di giovani, adulti e anziani che avevano letto "Fuck you Queen B!" e desideravano esprimerle la loro approvazione.
Becca aveva sempre odiato i selfie, ma i giornalisti pubblicavano articoli su di lei e nelle foto più recenti Drew aveva colto un cambiamento; sembrava dimagrita, forse a causa dello stress. Non aveva più il volto paffuto, e gli abiti aderenti non creavano più l'effetto di salsicciotti strizzati sulle sue maniglie dell'amore. Aveva iniziato persino a truccarsi!, ma forse questo era merito delle make-up artist, a tutto beneficio della stampa. Becca pareva invecchiata, con quelle capigliature elaborate e gli occhi appesantiti dal mascara. Drew non poteva fare a meno di rimpiangere la vecchia Becks che mangiava schifezze con lui sul divano guardando film horror che non la spaventavano neanche un po'.
«Drew, è prontooo!» sentì sua madre gridare dal piano di sotto.
Drew si concentrò ancora una volta sul suo riflesso. «Okay» espirò, contraendo le dita.
Scese le scale col suo solito passo da elefante e andò a sedersi a tavola. Curt arrivò con Marvin poco dopo.
«Guarda, ho quasi finito l'album dei Pokemon!» dichiarò il bambino entusiasta, mostrandogli il fascicolo in questione.
«Bravo» replicò Drew, concentrato solo sul discorso che si andava ripetendo in testa da quella mattina.
Alease arrivò con un calderone di maccheroni al formaggio, iniziando a riempire i piatti. Drew non poté fare a meno di notare che Curt sembrava dare per scontata quella pratica. Quando vivevano insieme, solo lui e sua madre, Alease lo chiamava sempre in cucina per riempire i piatti, non veniva mai a servirlo in tavola come se fosse il re e lei la sua sguattera. Ma ovviamente a lei andava bene così. Era rimasto spiazzato quando l'aveva vista inveire contro Pete, due mesi prima. Nonostante gli occhi lucidi, aveva visto bene quanto era arrabbiata. E solo perché loro avevano cercato di mostrarle la verità! Non esisteva donna più ingenua di lei.
Drew era sempre stato convinto che Curt nascondesse qualcosa. Quando Pete gli aveva raccontato la storia del prete, tutto aveva acquistato senso. Ecco perché Curt si era avvicinato a sua madre, era stato il prete ad ordinarglielo! Altrimenti nessun uomo si sarebbe mai accorto di una donna insignificante e comune come lei. Ma perché poi era rimasto? Perché il prete non aveva voluto vederla? Com'era morto? C'entrava Harris? Il prete era stato ucciso da un colpo di pistola. Harris aveva una pistola. Ma perché avrebbe dovuto farlo? Cosa nascondeva di così orribile da dover eliminare uno scomodo testimone?
«Come sei silenzioso, oggi» disse sua madre, con un sorriso di incoraggiamento.
Sono sempre silenzioso, avrebbe voluto risponderle.
«Io non torno a scuola.»
Gli era uscito così, senza preavviso, senza che neanche si fosse accorto di aver pronunciato quelle parole.
Alease smise di mangiare. «In che senso?»
Lei era l'unica a fissarlo. Marvin continuava a mangiare di gusto i maccheroni mentre sfogliava il suo album, mentre Curt apparentemente non gli stava prestando attenzione; ma Drew poteva quasi vedere le sue orecchie tendersi per carpire ogni parola.
«Mi troverò un lavoro. Non voglio che mi iscrivi al secondo anno.»
«Che sciocchezze» lo liquidò Alease. «Non puoi lavorare, sei troppo giovane e non hai esperienza.»
«L'esperienza me la creo e ho sedici anni, posso essere assunto ovunque.»
«E cosa andresti a fare? Il lavapiatti?» Il tono di sua madre si stava caricando di astio, che Drew giudicava del tutto immotivato.
«Qualcosa troverò» alzò la voce anche lui, arrossendo. «Mi sono stufato di studiare sei ore al giorno e di non imparare niente di utile.»
«Potresti, se solo ti applicassi!» gridò sua madre, sbattendo le posate sul tavolo.
Marvin sussultò, guardandola con gli occhi sgranati identici a quelli del padre. Drew si irrigidì, come se lei lo avesse appena schiaffeggiato. Sua madre era cambiata, dalla discussione con Pete. Si era fatta meno solare, più guardinga, come se stesse aspettando che capitasse qualcosa di irreparabile. La sentiva anche lui, la tensione. Sapeva che era solo questione di attimi prima che la campana di vetro entro cui tutti vivevano si frantumasse, e che le loro continue finzioni e falsità smettessero di proteggerli.
Curt strinse il polso di Alease. «Calmati» disse con la sua solita voce fredda e monocorde. «Per me ha ragione. È ora che si trovi un lavoro e contribuisca in famiglia.»
Drew non si rallegrò del fatto che Curt, per la prima volta, lo stesse supportando; anzi accrebbe il suo fastidio, perché sapeva che sua madre sarebbe scesa a più miti consigli, dato che riteneva che le parole di Curt fossero le sole a contare.
Invece lei non si calmò ma esclamò, rossa in faccia: «Ma hai sentito quello che ha detto? Vuole mollare la scuola!» Tornò a rivolgersi a Drew. Aveva gli occhi lucidi, come sempre quando alzava la voce. «Io mi sono fatta in quattro per assicurarti una vita migliore della mia, ma a te non importa, ti interessa solo quella maledetta chitarra!»
«La chitarra è l'unica cosa che mi trattiene dal suicidarmi!» urlò Drew, azzittendo la tavolata.
Alease spalancò gli occhi, Curt non mosse un sopracciglio. Marvin, spaventato dalle urla, aveva smesso di mangiare e li fissava attonito.
Drew strisciò indietro la sedia e uscì di casa a larghi passi. Voleva allontanarsi da lì il più possibile. Sapeva di avere consapevolmente esagerato - non aveva mai pensato realmente a suicidarsi, la morte gli appariva così lontana da sé - ma voleva spaventare sua madre, voleva farla tornare il coniglio pauroso che era sempre stata, non quella tigre focosa che gli urlava contro e - cosa inaudita! - alzava la voce persino contro il suo dio-Curt.
Il cuore gli batteva forte. Chissà cosa stavano dicendo in quel momento... Harris l'avrebbe calmata o avrebbe fomentato la sua ansia e la sua irritazione?
Non m'importa, decise. Quello che voglio è solo mollare la scuola. Inizierò a darmi da fare per trovare un lavoro fin d'ora, così mia mamma capirà che non sono uno scansafatiche e che posso guadagnarmi il pane.
Drew non era mai stato religioso, ma quando vide quel cartello affisso sulla parete dell'officina non poté fare a meno di pensare che fosse un segno.
"CERCASI APPRENDISTA MECCANICO PER LAVORO IN OFFICINA."
Drew si fermò. Conosceva il proprietario del posto, il signor Gold. Era il meccanico di fiducia di Harris e poi anche di sua madre, quando si era decisa a prendere la patente. Lo aveva incontrato un paio di volte. Era un omone arcigno e prepotente con la fama di trattare come schiavi i suoi operai. Per questo era sempre alla ricerca di nuove cavie.
Le premesse non erano buone, ma Drew era convinto che se la sarebbe cavata meglio degli altri. Forse perché era così desideroso di imparare cose nuove; forse perché avere un lavoro era diventato per lui di vitale importanza; forse perché tornare a casa quella sera e sbandierare in faccia a sua madre che era appena stato assunto senza aver speso neanche un giorno a cercare un impiego gli avrebbe dato un'immensa soddisfazione.
Per tutto questo, Drew decise di entrare.
Marvin
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