50. ALEASE HA 33 ANNI
Se c'era una cosa che Alease adorava del suo lavoro era il silenzio. Non che fosse una persona solitaria o esageratamente misogina, anzi. Le piaceva il contatto con le persone, ma... ecco, dovevano essere persone di un certo tipo, che non la mettessero a disagio con chiacchiere inopportune. E in libreria questo non accadeva mai. I clienti erano sempre cordiali e acculturati, soprattutto i più anziani, ma non mancavano ragazzi in età scolastica appassionati di romanzi di tutti i tipi e persino bambini più piccoli che si approcciavano alla lettura per la prima volta.
Alease lavorava a tempo pieno in quel negozietto da anni, e non c'era giorno che non arrivasse al lavoro con un sorriso sulle labbra. Da piccola non aveva mai sognato di diventare attrice o cuoca o nuotatrice professionista. Aveva studiato estetica ma senza la convinzione vera e propria di farne un giorno una professione. Tralasciando il sogno fanciullesco di aprire un salone di bellezza con Ronnie e Stacy, non si era mai esaminata a fondo per capire cosa avrebbe fatto da grande.
Ma fare la commessa da "Storybook" era meraviglioso, le sue colleghe sempre gentili e mai invadenti, e il proprietario, le rare volte che si presentava, sembrava sempre che avesse vinto alla lotteria, coi suoi ampi sorrisoni e le sue battute salaci. Alease non dava mai troppa confidenza ai clienti ma non si chiudeva in se stessa quando qualcuno le rivolgeva la parola. Era cordiale ma sempre all'erta; rispondeva alle domande ma non ai loro complimenti.
Accadeva, non spesso ma accadeva, che qualche uomo cercasse di flirtare con lei. All'inizio Alease non ci aveva fatto caso, ma poi la sua collega le aveva fatto l'occhiolino, e Alease aveva capito che doveva stare attenta se non voleva dare un'impressione sbagliata di sé. Da una parte era lusingata che qualcuno le si rivolgesse così confidenzialmente ma dall'altra pensava sempre a Curt, a come avrebbe reagito se avesse sentito i loro flirt, se avesse visto i loro sorrisi. Ripensava al giorno in cui aveva temuto che avrebbe fatto a pezzi Pete solo per averla abbracciata, e rifuggiva tutti gli approcci degli uomini.
Ma con Pete era diverso.
Lo vedeva spesso, quando portava Drew da lui per le lezioni, ma non si tratteneva più di cinque minuti, e comunque non erano mai soli, c'era anche il ragazzo con loro. E quando c'era lui Pete era sempre il solito Pete, divertente e simpatico. Ma quando erano soli si trasformava. Si faceva più dolce, più attento. I suoi occhi azzurri non la mollavano mai, fissandola con un'intensità tale da farla arrossire. E quello che le diceva... non erano le parole, era il tono, basso, come lo scrosciare di un ruscello sui ciottoli. Le metteva i brividi, perché non avrebbe voluto sentire quelle parole, perché pensava a Curt, pensava sempre a lui. Era lui che amava, era suo l'anello che portava al dito, era suo il cognome che avrebbe preso a breve.
Ma Pete ignorava l'anello, ignorava le sue dichiarazioni d'amore per Curt. Notava solo le sue guance rosse, il suo imbarazzo, e fraintendeva.
Alease non avrebbe saputo dire quando tutto era cominciato. Forse quella mattina, quando lui l'aveva abbracciata per consolarla della perdita del padre. O forse il pomeriggio in cui era venuto in libreria e l'aveva trovata sola, senza neanche un cliente a proteggerla.
Alease era stata contenta di vederlo, si trovava bene in sua compagnia, era la persona più simpatica che conoscesse e anche il suo unico amico, ora che le cose con Alice stavano peggiorando. La bella italo-americana era cambiata; si era incupita, era sempre di cattivo umore e le si rivolgeva con toni astiosi e bruschi. Poi cambiava repentinamente espressione e si faceva mansueta e gentile, ma Alease non poteva fare a meno di pensare che fingesse, e ne soffriva. Alice l'aveva tirata su dalla strada, l'aveva accudita quando era solo una diciassettenne impaurita, l'aveva aiutata ad allevare Drew e a superare ogni difficoltà; e ora la stava perdendo senza sapere perché. Sentiva che i sentimenti di Alice per lei erano cambiati, sapeva che non le voleva più bene come un tempo. Era cominciato tutto con il divorzio da Robert, poi col fidanzamento di Sandy. Alease avrebbe voluto aiutarla a superare il momento ma Alice continuava a sorridere e a dire che stava bene e se Alease insisteva lei si arrabbiava e magari non le parlava per giorni e poi tutto ad un tratto le chiedeva di fare shopping insieme.
Alease non sapeva come affrontare la sua strana volubilità. Curt le aveva consigliato di lasciarla perdere, non era di certo la sua balia. Ma Alice c'era sempre stata per lei, ed era dovere di un'amica assisterla ora che ne aveva più bisogno. Curt si mostrava sempre infastidito quando gli diceva che andava da Alice. La rimproverava di essere troppo ingenua, troppo buona; la gente si approfittava di quelli come lei.
Con Pete, invece, poteva parlare di tutto senza venire giudicata con superiorità. Le aveva consigliato di dare del tempo ad Alice. Le ferite erano ancora fresche, doveva lasciala sbollire, ascoltarla senza commentare, perché in quel momento solo Alice sapeva di cosa aveva bisogno e non avrebbe mai permesso che degli estranei mettessero becco nella sua vita sentimentale.
Alease pensava che Pete avesse ragione e ascoltava ogni suo consiglio. Le faceva bene parlare con lui. Per questo era ancora più delusa dalla situazione che si era creata quando Pete aveva messo piede per la prima volta da "Storybook".
«Guarda un po' chi si vede, la più bella commessa di Hope Mills!» l'aveva salutata.
Lei aveva riso, chiedendogli come fosse andata la lezione con Drew.
«Non abbiamo suonato oggi. Era un po' giù, voleva soprattutto sfogarsi.»
«Almeno con te parla» aveva sospirato lei, amareggiata e sconfitta.
«Senza offesa, ma neanch'io mi confidavo mai con mia madre.»
Lei aveva sorriso amara. «È bello che abbia te come amico. Con Curt non ce la fa proprio ad andare d'accordo.»
«Non puoi obbligare due persone a piacersi.»
«Lo so...»
Pete aveva appoggiato i gomiti al bancone, con un sorrisetto. «Sarebbe più semplice se iniziassi a uscire con me.»
Alease aveva riso, senza prenderlo sul serio. «Sto bene così, grazie.»
«Che stai bene lo vedo. Sorridi sempre come se la tua vita fosse meravigliosa.»
«Lo è. Ho un lavoro, un compagno, un figlio in salute. Cosa posso desiderare di più?»
«Armonia familiare.»
Lei aveva fatto spallucce, ma era vero, era l'unica cosa che le mancava per essere completamente soddisfatta.
Poi Pete aveva chiesto, in tono serioso: «Perché ti piace Curt?»
Alease era stata colta di sorpresa dalla domanda e aveva esitato a lungo prima di rispondere sincera: «Si prende cura di me come nessuno ha mai fatto prima, a parte Alice. Mi piace credere di essere la cosa più importante per lui. Non ho mai incontrato nessuno come Curt, nessun uomo prima di lui mi ha suscitato le stesse emozioni.»
«Neanch'io? Mi ricordo come tu e le tue amiche mi mangiavate con lo sguardo, durante le lezioni di canto» aveva fatto l'occhiolino Pete.
«Ma eravamo ragazzine!» Alease si era fatta rossa, nascondendo il viso tra le mani. «E non pensavo te ne fossi accorto.»
«Non ero cieco.»
Alease si era morsa il labbro, prima di azzardare: «Perché non ne hai mai approfittato? Molte si sarebbero gettate nel fuoco per te.»
«L'hai detto, eravate delle ragazzine che non sapevano cosa facevano quando indossavano quelle minigonne e mi lanciavano quelle occhiate provocanti. Tu eri l'unica suorina lì in mezzo.»
«Colpa di mia madre. Se avessi potuto scegliere mi sarei messa anch'io in ghingheri.»
Lo sguardo di Pete l'aveva percorsa tutta. «Sei cambiata. Ora non ti ci vedrei in ghingheri per sedurre un uomo.»
«Sì, sono cambiata.»
«C'entra con la tua partenza improvvisa da Garland?»
Alease si era chiusa in se stessa, come sempre faceva quando qualcuno tirava in ballo quella vecchia storia.
«Non ne vuoi proprio parlare» aveva mormorato Pete, comprensivo.
«Non sono ricordi piacevoli.»
Il silenzio era caduto tra di loro. Alease aveva iniziato a premere tasti a caso sul computer, pregando di trovare in fretta un altro argomento di conversazione, ma non ce n'era stato bisogno, perché Pete, cambiando tono, aveva proposto: «Ti posso rapire dopo il lavoro? Potremmo prenderci un caffè e chiacchierare ancora.»
«Devo tornare a casa.»
«Devi tornare da Curt» aveva capito lui, sollevando un sopracciglio. «Peccato. Mi sarebbe piaciuto ritrovarti single.»
«Ci avresti provato con me?» aveva domandato lei, sorpresa.
«Assolutamente sì. Sei di una razza rara, Alease. Quelle come te non si trovano spesso in giro. Curt farà bene a tenerti stretta.»
Alease era più confusa che mai. Perché Pete le parlava in quel modo? Non poteva essere davvero interessato a lei. Un così bell'uomo doveva avere una fila di donne disposte a tutto per un suo bacio, ora come quindici anni fa. Non le raccontava mai delle sue storie, ma Alease poteva scommettere che avesse un appuntamento ogni fine settimana. Forse non voleva impegnarsi seriamente e passava da una ragazza all'altra. Forse non riusciva più ad affezionarsi a nessuna dopo Leslie.
Provò, per un secondo, ad immaginare come sarebbe stato lasciarsi sedurre da Pete. Se fosse stata single, ovvio. Le avrebbe rivolto paroline dolci per una sera, avrebbero passato una splendida nottata a casa sua... e poi? Non si sarebbe neanche fatto trovare la mattina dopo, lasciando al posto suo un biglietto di addio? Le avrebbe detto "sì, è stato bello, ma restiamo amici"? Sarebbe stata una delle tante?
Per qualche motivo non riusciva a crederlo. Forse perché, come diceva Curt, era troppo ingenua e tendeva a fidarsi ciecamente delle persone, e quando Pete la guardava con quell'intensità e le faceva quei discorsi, Alease era portata a credere che sarebbe stata l'unica per lui. Come ora era certa di essere l'unica per Curt.
Si irrigidì, pensando a come avrebbe reagito il suo fidanzato se avesse sentito quella conversazione. Si guardò intorno, il cuore che le batteva forte, come aspettandosi di trovarlo in negozio, intento a fissarli con l'omicidio negli occhi e i pugni serrati.
«Mi tiene già stretta» aveva risposto, in un tono che sperava fosse abbastanza scoraggiante.
Pete aveva sorriso. «L'ho notato. Beh, se dovessi avere dei ripensamenti su questa storia del matrimonio fai un fischio.» Se ne era andato, lasciandola improvvisamente preda di quel silenzio a lungo auspicato, che ora si era fatto più pesante che mai.
Non aveva fatto parola di quell'incontro con Curt, ma Drew le aveva rivolto occhiate insistenti a cena, come se sapesse o sospettasse qualcosa. Alease aveva cercato di ignorare il senso di angoscia che provava. Le sembrava che tutto fosse diventato precario d'un tratto, la sua felicità, il suo fidanzamento, il suo amore. Aveva una paura folle di perdere Curt. Sapeva che non doveva dar retta alle parole di Pete, ma quelle parole erano state pronunciate, quella proposta era stata fatta, e anche se lei l'aveva rifiutata si sentiva comunque vergognosamente in colpa. Forse per le fantasticherie cui si era abbandonata in negozio e poi anche quella notte, accanto a Curt, dopo aver fatto l'amore.
...
Pensieri non dissimili le frullavano in testa quel pomeriggio, mentre girava e rigirava l'anello che portava al dito. Si stava concedendo una pausa tra una cesta di bucato da stirare e l'altra, bevendo la limonata che aveva imparato a fare da Alice. Quando Drew entrò in salotto quasi sobbalzò dallo spavento.
«Tra poco arriva Pete» la informò.
«Anche oggi? Non dovevate vedervi la settimana prossima?»
«Per la lezione sì. Stasera mangiamo al McDonald's e poi andiamo al concerto degli Aerosmith.»
«Hai i soldi?»
«Offre lui.»
«Ti stai approfittando troppo di lui» dichiarò contrariata Alease, andando a prendere delle banconote dal portafoglio. «Tieni.»
«Tanto non mi fa pagare.»
Alease lo osservò intascare i dollari. «Ti trovi bene con Pete, vero?»
«È un figo. Ogni volta che andiamo in giro ci sono sempre le ragazze che lo fissano. È come stare con un vip.»
Alease fece una smorfia divertita. «Pete ha sempre avuto un grande fascino.»
«Sai che gli piaci? Dice che se non stessi con Curt ti prenderebbe lui.»
Ah, fantastico, ora cercava di metterle contro anche suo figlio? Alease sentì la stizza vincere il suo amor proprio lusingato da quelle parole. «Ma io sto con Curt.»
Drew non riuscì più a trattenersi: «Perché non lo molli? È uno stronzo, mamma, e si approfitta di te. E poi so che nasconde qualcosa. So che tiene una pistola in cassaforte, un giorno gliel'ho vista lucidare. Perché ha una pistola se è solo un contabile?»
Ad Alease quella notizia giungeva nuova. Non sapeva che Curt tenesse delle armi in casa, ma aveva la risposta pronta: «Tutti gli americani previdenti hanno una pistola. Questo non significa che la usa.»
«Pete è convinto che ti stia prendendo in giro. Non è chi dice di essere.»
Alease schiuse le labbra ma, prima che potesse replicare, suonarono alla porta. Fu lei stessa ad aprire.
Pete fece un largo sorriso: «Buongiorno, splendore!»
Alease lo fissò truce, prima di chiudersi la porta alle spalle. «Dobbiamo parlare.» Lo trascinò per un braccio lungo il viottolo che andava in strada.
«Cos'ho fatto?»
«Che sciocchezze vai mettendo in testa a mio figlio?» lo affrontò Alease battagliera.
«In merito a cosa?»
«A Curt, che non sarebbe chi dice di essere perché ha una pistola.»
Pete si passò una mano sul collo. «Te ne avrei parlato, ma avevo bisogno di esserne sicuro.»
«E lo sei?»
«No, però il suo nome mi ha sempre detto qualcosa. Harris. Vedi, anni fa padre Josh mi confessò di avere assunto un investigatore privato per trovarti; il suo nome era Harris. Non so se si trattasse di Curt, ma se in passato fosse stato un investigatore si spiegherebbe perché ha ancora l'arma di servizio.»
Alease sentì la pelle rabbrividire, nonostante la calura pomeridiana. «Perché Josh avrebbe dovuto cercarmi?» domandò in un filo di voce.
«Non lo so, forse gliel'avevano chiesto i tuoi. Era tuo zio, giusto?»
Le guance si arroventarono. Sì, mio zio. E anche il padre di mio figlio. «Ti stai sbagliando. Curt è solo un contabile bancario. Non l'ho mai visto maneggiare una pistola e di certo non è venuto a cercarmi per ordine di mio zio. Ci siamo incontrati per caso alla fiera di Hope Mills due anni fa.»
«E due anni fa Josh è morto, ucciso da un'arma da fuoco. Nessuno ha mai scoperto il colpevole, ma io sono convinto che manchi un pezzo del puzzle e sto indagando per conto mio.»
«Che vuoi dire?»
«Ho offerto una ricompensa in denaro per chiunque mi aiuterà a venire a capo di questo mistero.»
Alease sentì il petto comprimersi per l'ansia. Era impossibile, Pete non poteva davvero far ricominciare quell'orrore! «Perché vuoi buttare i tuoi soldi in questo modo?»
«Vivo da solo e non ho grandi spese.» Pete la prese per le spalle, guardandola con ardore. «Lo sto facendo per te, Alease. Immagino vorrai sapere perché volevano morto tuo zio.»
Alease si ribellò, facendo un passo indietro. Aveva la gola serrata; sentiva che per la rabbia e la paura sarebbe scoppiata in breve a piangere. «No, non mi interessa proprio. Lascia perdere, Pete. Se davvero non ti importa dei soldi e vuoi farmi un bene, non farti pagare le lezioni di chitarra da Drew.»
Come chiamato in causa, il ragazzo comparve sulla soglia. Alease avvertì un sordo rancore farsi strada dentro di lei e puntò il dito contro entrambi. «Curt non deve venire a sapere di queste vostre macchinazioni, sono stata chiara? Sono accuse infondate e lui non merita di venire preso di mira da voi due. So che cercate di allontanarci, ma non ci riuscirete. Curt è l'uomo più buono di questa terra e non capisco come possiate non accorgervene.» Quindi si rivolse a Pete, inchiodandolo con i suoi occhi ormai pieni di lacrime. «Sappi che se farai del male a lui, farai del male a me.»
E marciò dentro casa, riprendendo a stirare con foga, mentre le lacrime le ruscellavano lungo le guance e finivano per friggere sul ferro bollente.
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