48. DREW HA 16 ANNI

Ultimo giorno di scuola, ultima ora, ultimo minuto.

Come tutti i suoi compagni di classe, Drew teneva lo sguardo fisso sul vecchio orologio appeso sopra alla cattedra di Mrs Robinson, che blaterava da mezz'ora sui compiti per le vacanze e sull'esame che li aspettava non appena fosse ricominciato l'anno scolastico.

È curioso come le lancette sembrano muoversi più lentamente quando le fissi. Quel minuto pareva eterno.

Drew cercò di non fissare più l'orologio. Aveva scarabocchiato sul quaderno i suoi progetti per l'estate. Diventare un chitarrista professionista, farsi un weekend romantico con Destinee da qualche parte e magari una vacanza "soli uomini" con Pete. Ne avevano parlato durante l'ultima lezione. Pete si era mostrato disponibile, "ma bisogna chiedere a tua madre".

Non le parlava più. Aveva perso tutta la debole stima che aveva per lei quando aveva accettato di sposare il serpente. La notizia lo aveva lasciato di sasso. Glielo aveva comunicato un giorno a pranzo - solo dopo Drew aveva capito perché gli aveva cucinato gli spaghetti con le polpette, il suo piatto preferito - e lui aveva rischiato di soffocarsi col boccone che gli era rimasto in gola.

«Ma sei fuori?!» l'aveva aggredita. «Perché cazzo dovresti sposarlo?!»

La risposta della madre - "ci amiamo" - gli aveva strappato una risata di derisione. Poi, incazzato come non mai e consapevole che se fosse rimasto lì avrebbe ribaltato la sala da pranzo, era andato da Destinee. Lei aveva ascoltato il suo sfogo per appena cinque minuti prima di posargli un indice sulla bocca e dire: «Mia madre non c'è. Hai voglia?» Si era abbassata la spallina della canottiera, e Drew aveva iniziato a sfogarsi in un altro modo.

Pete gli aveva dato più soddisfazione. Anche lui era rimasto perplesso. «Non pensavo avessero così fretta. Si conoscono da due anni appena, no?»

Drew non riusciva a capire come sua madre potesse essere tanto idiota, ma ormai aveva deciso; se ne sarebbe andato di casa. Sarebbe andato a stare da Pete, l'unico che lo capiva lì in mezzo. L'atmosfera in casa era diventata pesantissima; Drew scoppiava alla minima provocazione e Curt aveva smesso di incassare colpi senza reagire. L'ultima discussione aveva raggiunto volumi così elevanti che Marvin era scoppiato a piangere e ad Alease c'era voluta un'eternità per calmarlo. Poi aveva detto a Drew, severa e implorante al tempo stesso: «Parlaci tu, rassicuralo che tra te e Curt è tutto a posto.»

«Un cazzo è a posto, mamma. Marvin ha visto finalmente che bestia è suo padre.»

L'aveva ferita, l'aveva delusa, ma anche lei aveva deluso lui. Per anni non avevano avuto bisogno di un uomo, se l'erano cavata da soli, e ora tutto ad un tratto decideva di sposare l'uomo che Drew odiava di più al mondo!

D'impulso prese il cellulare e scrisse a Pete: "Si può anticipare la lezione a domani? Ho bisogno di parlarti."

Lui gli rispose con un pollice in su, senza chiedere altro.

In quell'istante suonò la campanella e tutti gli studenti esultarono, schizzando fuori dall'aula e ignorando le urla di Mrs Robinson. Anche Drew si alzò e corse a recuperare i libri dal suo armadietto, pregustando il delizioso momento in cui avrebbe dato loro fuoco.

Si unì alla calca di studenti che si riversavano fuori dalle porte battenti e si fermò un istante sulla soglia, respirando a pieni polmoni.

Finalmente quello schifo era finito! Ora iniziava la vita vera! E lui aveva intenzione di trascorre più tempo possibile con la bionda più sexy del pianeta.

La individuò immediatamente. Risaltava come un faro nella notte buia, con quei lunghi capelli d'oro e l'abbigliamento quasi indecente - jeans stinti e strappati, top scollato e tacchi, neanche si stesse preparando ad una serata in discoteca. Era con le sue amiche Sasha e Gena, e coi palestrati che parevano appena usciti dalla rivista "I giocatori di football più cool del momento".

Si diresse baldanzoso da lei. Non aveva mai provato ad inserirsi nel suo gruppo e Destinee non l'aveva mai invitato a frequentarli, limitandosi ad invitarlo alle stesse feste. Era chiaro che ci teneva a marcare la distanza tra Loro - le star della Gray's Creek - e Lui - un junior venuto dal nulla che aveva solo il privilegio di scoparsi saltuariamente la Queen B.

«Ehi» la salutò, interrompendo i discorsi dei palestrati. Tutti si zittirono, come di comune accordo, e lo fissarono con fastidio.

Destinee roteò vistosamente gli occhi truccati, prima di fargli un cenno svogliato. «Ciao.»

Drew cercò di trovare qualcosa da dire, anche se avrebbe solo voluto trascinarla in disparte e coprirla di baci. Era estremamente sexy con quel top che lasciava intravedere la curva dei seni prorompenti. «Finita la scuola, eh?» buttò là infine. «Cosa farai quest'estate?»

«Ci stavamo appunto organizzando.»

«Andate da qualche parte tutti insieme?»

«Pensavamo a una settimana a L'Avana» rispose sempre Destinee.

Drew fischiò, sventolando una mano. «Cacchio, ne avete di soldi di buttare!»

«Di che ti preoccupi?» intervenne uno dei palestrati, col cranio rasato e il giubbotto in pelle. «Mica li devi sborsare tu.»

Drew serrò la mascella. Avrebbe voluto rispondergli per le rime e fare bella figura davanti a Destinee, ma rimase zitto, a costo di apparire un debole, perché quelli in fondo erano i suoi amici e non sarebbe stato molto saggio accapigliarsi con loro.

Fu proprio lei a trarlo d'impiccio, allontanandosi perché la seguisse in una zona appartata del cortile.

«Stronzi i tuoi amici» commentò Drew, vagamente irritato.

«Cosa vuoi?»

«Sapere quando potevamo vederci.»

Destinee sospirò. «Senti, Drew, è meglio che lasciamo perdere. Sei un bravo ragazzo e mi piaci, ma vedi come sono io, quella è la gente che frequento, non posso farmi vedere ancora con te. Ormai va avanti da troppo. Pensavo l'avessi capito.»

Drew si sentì sprofondare lentamente. Il cuore gli calò nello stomaco e lì rimase, pesante quanto un macigno. «Mi stai piantando?» domandò, senza riuscire a trovare il senso di quelle parole.

«Non siamo mai stati insieme» rispose dolcemente Destinee. «Eravamo scopa-amici, ma ora basta. Non è salutare stare sempre con lo stesso ragazzo.» Rise, e la sua risata argentina gli ferì le orecchie. «E poi siamo giovani, abbiamo il diritto di divertirci! Mica mi voglio impelagare subito e mettere su famiglia.»

Drew sprofondava sempre più nel baratro, ma non voleva arrendersi. Doveva trovare una soluzione, non poteva permettere che mandasse tutto a puttane. Ora forse non poteva fare nulla, ma se fossero stati soli l'avrebbe convinta, l'avrebbe piegata alla sua volontà. A Destinee piaceva fare la cagnolina ubbidiente durante il sesso, obbedire ai suoi ordini, eseguire le sue istruzioni. Schiava quando era nuda, tiranna da vestita, ecco la sua natura.

«Parliamone stasera con calma. Da te» propose, cercando di suonare più sensuale che disperato.

«Sono via, Drew, e non c'è niente di cui parlare. Non voglio più frequentarti e dato che non credo alla stronzata del "restiamo amici", possiamo stringerci la mano e ognuno per conto suo. Okay?»

«Ne parli come se in questi mesi non avessimo fatto altro che scopare quando ne avevi voglia tu.»

«E non era così?»

Drew non riusciva a crederci. Dannazione, no! Lui non scopava solamente con Destinee. Faceva l'amore con lei, perché l'amava alla follia, e lei lo stava mollando senza una spiegazione logica! Diceva che le piaceva, e allora dove stava il problema?

«Io ti ho confidato cose private, sei importante per me...»

Lei sorrise. «Tesoro, ti ho tolto la verginità e sono stata la tua prima cotta, è ovvio che sono importante per te. Ma la vita va avanti, trovati un'altra, il mondo è pieno.» Destinee fece il labbruccio, carezzandogli il viso. «Dai, non fare quella faccia...»

Drew si scostò, oscillando il lungo ciuffo con fare rabbioso. «Non trattarmi come un bambino, cazzo. Abbiamo la stessa età, anche se tu hai l'esperienza di una zoccola e io sono solo un ingenuo deficiente.»

Lei sollevò il mento, altezzosa. «Non resterò qui a farmi insultare. Buona vita, Drew Goodwin.»

E sculettando tornò dai suoi amici, che subito vollero informarsi su quello che si erano detti e iniziarono a lanciargli occhiatine mentre lei raccontava. Drew non sarebbe stato il loro zimbello e si allontanò a grandi passi verso la fermata dell'autobus.

Quando arrivò a casa era di umore pessimo e sapeva che lì dentro non sarebbe di certo migliorato. Sua madre era in cucina intenta a scrivere qualcosa.

«Ehi, com'è andato l'ultimo giorno di scuola?» volle sapere, sorridendo.

Drew non le rispose neanche, aprendo il frigo per prendersi una Red Bull.

«Cos'è successo?» si preoccupò Alease.

«Niente.»

Il suo tono scattoso non la rassicurò affatto. Drew la vide accumulare quelli che sembravano bigliettini in un gruppo e pararcisi davanti, come per nasconderli alla sua vista.

«Cosa sono?» chiese subito, preparandosi ad affilare gli artigli.

«Oh, niente» minimizzò Alease.

Drew la aggirò e vide le partecipazioni prestampate che lei stava compilando con i nomi "Alease Goodwin e Curt Harris". Il ragazzo fece un verso di disgusto, uscendo subito dalla cucina. Non voleva neanche cominciare la discussione. Ma ovviamente sua madre non lo capì.

«Sono passati due mesi da quando te l'abbiamo detto, potresti anche farci l'abitudine.»

Drew salì le scale. Smettila, mamma, taci, implorò mentalmente. Non farmi incazzare ancora di più.

Forse lei lo sentì perché non insisté e lui poté barricarsi in camera. Si tolse le scarpe e le gettò in un angolo, buttandosi sul letto pieno di spartiti musicali e cd. Si portò le mani al viso, massaggiandosi gli occhi. Sapeva che avrebbe dovuto sentirsi addolorato per essere stato piantato dalla ragazza che amava; ma in quel momento la odiava con la stessa intensità con cui l'amava. E voleva riprendersela.

Passò ore ad escogitare un piano, ma quando uscì di casa quella sera dopo cena non aveva ancora trovato una soluzione. Andò comunque a suonare alla sua porta. Qualcosa avrebbe inventato, l'avrebbe convinta coi fatti e se non era in casa - come lo aveva così gentilmente informato - si sarebbe fatto dire dalla madre dov'era.

Fu proprio Pearl ad aprirlo. Era la prima volta che la vedeva e rimase sorpreso di quanto fosse affascinante. Aveva pensato che per le foto si fosse truccata in abbondanza per nascondere le rughe, invece dimostrava appena trent'anni, aveva gli stessi lineamenti e occhi della figlia, le stesse labbra piene. Solo il seno era un po' meno sfacciato, ma anche a lei piaceva metterlo in mostra, come si evinceva dalla canottiera scollata che indossava.

«Destinee è in casa?» chiese subito Drew, cercando di non fissarle il decolleté.

«No. Chi sei?»

Allora aveva detto la verità, era in giro a divertirsi senza di lui, quella stronza! Drew non riuscì a controllare la rabbia e cercò una piccola vendetta, rispondendo: «Il suo scopa-amico.»

Pearl parve divertita dalla sua volgarità. «Uno dei tanti, vuoi dire.» Drew le rivolse un'occhiata bruciante, che la fece sorridere. «È uscita con gli amici, sono all'"Aqua", il night club.»

Il posto perfetto per farsi scopare in qualche meandro, pensò Drew sentendo la collera colorargli il viso. «Grazie.»

«Ha rotto con te, eh?» lo fermò Pearl quando già stava per andarsene. «Ti conviene metterci una pietra sopra. Sembri un bravo ragazzo. Non fa per te.»

Lui si rivoltò indietro. «Se permette, signora, questi sono affari nostri.»

Pearl sollevò un sopracciglio depilato. «Un po' stronzo lo sei, ecco perché ti ha scelto. Ma si stanca sempre di tutti, alla fine. Prima accetterai che non sei stato niente di speciale per lei e prima smetterai di soffrire.»

Drew smise di ascoltarla e se ne andò senza salutare. L'"Aqua" era abbastanza distante da lì e si rassegnò a prendere un taxi. Avrebbe speso una follia ma in quel momento non gli importava. Voleva solo risolvere quella faccenda. Non vedeva l'ora di avere davanti agli occhi il bianco collo di Destinee per poterci affondare i denti e sentire il sapore del suo sangue. Sapeva che a lei sarebbe piaciuto. La conosceva. E lui avrebbe potuto vendicarsi e godere, odiarla e amarla nello stesso tempo.

La musica a palla lo stordì e l'ambiente scuro e fumoso, pregno di profumi forti, odore di alcol e sudore lo soffocò ma andò avanti, cercandola tra tavolini e divanetti, tra le coppie che si dimenavano in pista.

La cercò per venti minuti buoni ma non trovò nessuna testa bionda, nessun corpo voluttuoso tra quelle sagome anonime. Provò a cercare nei bagni, temendo di ritrovarla chiusa in qualche toilette con uno dei suoi amici palestrati, ma non c'era traccia di lei.

Uscì dal locale e, colto da un'intuizione che non seppe spiegare, andò ad esplorare il parcheggio. Vagò di macchina in macchina, trovandole tutte vuote. Arrivato in fondo alla spianata di ghiaia, vide l'auto nera. Non sapeva di chi era, ma capì subito che dentro c'era lei. E non era sola.

Si erano appartati in una zona senza lampioni e dietro i vetri appannati poteva scorgere dei movimenti. Era troppo distante per riuscire a vedere qualcosa ma sentì ugualmente qualcosa spezzarsi in lui, mentre stava lì impalato a guardare Destinee e il suo rimpiazzo che ci davano dentro.

Rimase lì tutto il tempo necessario, solo perché i suoi occhi confermassero quello che già il suo cuore sapeva.

Dopo un po' le portiere si aprirono e il ragazzo scese per primo, abbottonandosi la patta dei jeans e sistemandosi la giacca in pelle. Le tenne aperta la porta e lei si mostrò pian piano. I piedini avvolti in alti sandali, le gambe chilometriche appena coperte da shorts inguinali, il petto bene in mostra sotto quella camicetta scollata, i capelli sciolti e spettinati che le ricadevano a cascata sulla schiena nuda.

Destinee si mise in piedi, scrollò il capo con fare vezzoso e rise, forse per una battuta del palestrato dal cranio rasato. I due presero a camminare verso la discoteca. Drew non si mosse dal suo posto. Era diventato una statua di sale, non sarebbe riuscito a muovere un muscolo neanche se l'avesse voluto.

Non si accorsero di lui. Tirarono dritto verso l'"Aqua". Ad un certo punto a Destinee cadde qualcosa a terra, forse un orecchino. Si girò per raccoglierlo e, come richiamata dallo sguardo di Drew, alzò gli occhi. Lo vide e si immobilizzò, come una lepre imbattutasi nel cacciatore.

Drew non batté ciglio, limitandosi a serrare i pugni. Il suo cuore aveva rallentato i battiti e temeva che ad un certo punto si sarebbe fermato. Lo stomaco si era stretto in una morsa terribile che gli impediva di respirare a fondo. Sentiva un dolore al petto mai sperimentato prima, come se qualcuno gli stesse premendo addosso le mani con tutta la sua forza.

Destinee si raddrizzò e tornò dal palestrato. Non una scintilla aveva acceso i suoi occhi. Dopo l'attimo di sorpresa, la sua faccia non aveva mostrato alcuna emozione.

Si era già completamente dimenticata di lui.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top