4. ALEASE HA 25 ANNI

Da quando Drew aveva cominciato la scuola, la vita di Alease era una continua corsa. Portava il bambino fino alla fermata dell'autobus, perché non aveva i soldi per comprarsi un'auto e perché la scuola distava solo due fermate dal loro appartamento. Quindi correva alla farmacia, dove aveva trovato lavoro come commessa part-time. Guadagnava di più rispetto alla pompa di benzina e inoltre stava al caldo d'inverno e al fresco d'estate. Poi correva a prendere il figlio a scuola e cucinava un pranzetto in tutta velocità; gli preparava uno zainetto con i compiti da fare e correvano entrambi in biblioteca. Drew si metteva in un angolo a studiare mentre sua madre lavorava.

Drew non si lamentava di quella vita. Avrebbe voluto giocare a calcio ma dopo che sua madre gli ebbe spiegato che non avevano i soldi per permettersi l'allenamento, Drew si era rassegnato. Per farsi perdonare, Alease gli aveva regalato un pallone di seconda mano macchiato d'erba, con cui il bambino giocava nel parco la domenica pomeriggio.

Il dopo cena era il momento che lei preferiva. Poteva stare sul divano abbracciata al suo bambino a guardare i Pokemon o Drangonball, riempirsi le orecchie delle sue risate tintinnanti e dei suoi strilli perforanti. Drew era la sua vita, e non passava giorno che lei non ringraziasse Dio di averle dato quella gioia.

Quel sabato Alease stava preparando dei pasticcini da portare a casa di Alice. Li aveva invitati per il tredicesimo compleanno di Sandy. Era una ragazzina meravigliosa, con le lentiggini sul naso e occhi grigio acciaio presi dal padre irlandese. Dalla madre aveva preso i capelli scuri e il carattere gentile e generoso. Era sempre entusiasta di vedere Drew, che era stato suo compagno di giochi per tanti anni, e Drew la ricambiava adorandola come una sorella maggiore.

«Sei sicura che le piacerà, mamma?» chiese dubbioso Drew guardando il libro incartato col fiocchetto.

Era "Piccole donne", un classico, e ad Alease pareva appropriato ad una ragazzina dell'età di Sandy.

«Ma certo, Didi. Sai quanto le piace leggere.» Sandy era una frequentatrice assidua della biblioteca. Vi veniva anche per studiare, dato che casa sua era tutto un fermento da quando era nato Jamison.

Aveva cinque anni, due meno di Drew. Alice lo aveva dato alla luce esattamente un anno dopo quella fatidica domenica in cui Alease aveva conosciuto Robert Clive. Era un bimbo cicciottello, colpa della costituzione robusta del padre, con la pelle scura e gli occhi neri. Teneva i capelli ricci e lunghi, tanto da formare un cespuglio intorno alla testa. Aveva un musetto adorabile, ma portava già gli occhiali, perché aveva ereditato la miopia di Alice – che lei nascondeva dietro le lenti.

Erano stati tutti entusiasti del nuovo arrivato, anche Sandy, che era già abituata con Drew ad avere a che fare con bambini piccoli. Alease pensava di essersi sbagliata sul conto di Robert: era un brav'uomo, e amava sinceramente Alice, anche se non gli piaceva indulgere in effusioni davanti agli altri, a differenza della moglie.

Si erano sposati quando Alice già sapeva di essere incinta. Era stata una cerimonia semplice, davanti al giudice. Alease e il fratello di Robert, Stuart, avevano fatto da testimoni. Il rinfresco si era tenuto a casa di Alice, che aveva annunciato che presto si sarebbero trasferiti a vivere tutti insieme in una casa più grande, fortunatamente vicina a quella di Alease.

"La casa più grande" si era dimostrata essere una villetta a un solo piano più mansarda, dove dormiva Sandy, con un enorme giardino recintato e l'erba tagliata all'inglese. D'estate Robert gonfiava la piscina e organizzava grandi grigliate. Erano la famiglia perfetta, se non si controllava il colore della loro pelle. Tutti si volevano bene, tutti si supportavano e non si udivano mai litigi.

Alease prese per mano Drew e camminarono fino alla "casa più grande". Robert e suo fratello erano al barbecue, insieme a vari amici di famiglia e ai genitori dei compagni di classe di Sandy, tutti con una birra in mano intenti a sganasciarsi dalle risate. Alice dirigeva il club delle donne, allestendo la tavolata e al contempo sorvegliando i ragazzini che si dibattevano nella piscina tra schizzi e risate.

Alease aprì il cancelletto basso e subito Rudolph le venne incontro abbaiando come un forsennato. Era un Jack Russel, l'ultimo arrivato in famiglia. Era stato il regalo di Natale di Jamison; Stuart, travestito da Santa Claus, era entrato in casa gridando "Oh-oh!" e portando con sé quel cucciolotto festoso con le corna da renna e il famoso naso rosso di Rudolph.

«Ally!» Alice la vide subito e le venne incontro. Profumava di carne arrosto e zucchero. «Scusa se non ti bacio ma sono unta da far paura!»

«Mamma posso andare in piscina?» chiese Drew, tirandole la canottiera.

«Certo, ma lascia i vestiti in ordine!» Non fece in tempo a dirlo che Drew si spogliò a metà percorso, mentre correva verso la piscina, disseminando il prato di indumenti. «O mollali dove capita...»

Alice rise. «I ragazzi! Devi solo pregare che ti diano retta.»

«Come se tu avessi questi problemi. Dov'è la festeggiata?»

«Ha mostrato il bagno a Lenny.» Le due donne si scambiarono un'occhiata, poi Alice sospirò: «Faccio finta di crederle, dai...»

Alease scoppiò a ridere del disagio materno nei confronti di una figlia non più bambina che iniziava ad avere la sua prima storia d'amore.

«Lenny è un bravo ragazzo, non fare quella faccia.»

«Ha quindici anni.»

«Solo due più di lei! Ti ricordo che Robert ti distanzia di una decade, Ally.»

Alice le puntò un dito contro, corrugando la fronte. «Taci uccellaccio fastidioso! E aiutami a sistemare.»

Le due si avvicinarono alle altre donne, che brindavano a mimosa e succo di frutta. Alease salutò quelle facce sconosciute senza provare il minimo interesse a relazionarsi. Si sarebbe subito messa in un angolo se non fosse stato per Alice, che le dava sempre qualcosa con cui tenere occupate le mani.

Poi Alease vide Sandy uscire dalla porta di casa, e si illuminò.

«Zia Ally!» strillò la ragazza, correndo ad abbracciarla. Aveva i capelli bagnati pettinati all'indietro e indossava un costume verde mela a due pezzi. Iniziavano ad essere delineate le curve che avrebbero fatto di lei una ragazza stupenda.

«Ciao, cucciola, come stai?»

«Alla grande! Sto ricevendo un sacco di regali, sono tutti in salotto e sono una montagna!» Prese la mano del ragazzo che l'aveva seguita, un tipo pallido e magro, col petto incavato e un accenno di peluria sotto il mento. «Torniamo in piscina, dai!»

Alease la guardò arrampicarsi sulla scaletta e tuffarsi a bomba in mezzo agli amici urlanti e sentì una fitta di invidia nei confronti di Alice. Aveva una figlia perfetta, una vita perfetta. Robert le aveva portato amore, benessere economico, una casa nuova, un figlio... un cane! Alice continuava ad essere una professoressa, ma ora aveva Sandy ad aiutarla col piccolo Jamison e poteva anche rilassarsi in giardino sotto l'ombrellone con una spremuta d'arancia in mano.

«Torna in te, mi servi!» la riprese Alice.

Alease iniziò a distribuire i salatini nelle ciotole, senza dar voce ai suoi pensieri. Era ingiusto paragonare la sua vita a quella dell'amica. Doveva ad Alice la sua stessa esistenza. Senza di lei, chissà dove sarebbe finita...

All'improvviso si sentì suonare il campanello. Alice fissò la donna al di là del cancelletto bianco, riparandosi gli occhi dal sole. Poi spalancò la bocca: «Oddio! Heather?!»

Corse verso di lei come se stesse avendo una visione. Poi l'abbracciò e rise, portandola verso il tavolo delle vivande.

Era una donna sui quarant'anni, tarchiata e pallida, col viso fitto di lentiggini e i capelli di un rosso accecante. Vestiva pantaloni di seta neri e una camicetta grigia e faticava a camminare coi tacchi sul prato. Gli enormi occhiali da sole le tagliavano via mezza faccia, ma quella che Alease poteva vedere trasudava arroganza e superiorità: le labbra sottili piene di rossetto scuro piegate all'ingiù, il mento sfuggente sollevato, il collo teso. Un cappello a tesa larga le ombreggiava la fronte.

Per mano teneva una bambina, che ora Alice stava riempiendo di moine. Era bassa e grassottella, con gli stessi capelli rossi della madre ma meno lentiggini. Gli occhi erano color ardesia, molto simili a quelli di Sandy.

«Ally, ti presento Heather Blake, mia cognata» la presentò Alice appena furono abbastanza vicine. «La sorella del mio povero Rick, voglio dire. E lei è sua figlia, Becca.»

Alease si trovava più a suo agio a parlare coi bambini che con gli adulti. Quindi dopo aver stretto la mano fredda di Heather si chinò in avanti con un sorriso. «Ciao Becca, quanti anni hai?»

«Sei.» La bambina sembrava imbronciata; la sua smorfia di scontentezza ricordava tanto quello della madre.

«Sei! Quindi vai già a scuola?» Lei annuì, ma non pareva convinta. «E ti piace?»

«Insomma. Faccio la lotta coi maschi.»

Alease alzò un sopracciglio, non sapendo come interpretare quella frase. «Divertente.»

«Non se loro picchiano per ferire» intervenne Heather con la sua voce secca come carta vetrata. «Lei sarebbe?»

«Alease, un'amica di famiglia.»

«Amoreee, vieni!» Alice chiamò Sandy, sventolando una mano per richiamare la sua attenzione. Sandy arrivò correndo sulle lunghe gambe abbronzate e gocciolando sul prato. «Guarda chi c'è. Te la ricordi zia Heather?»

«Non può ricordarsi, era piccolissima all'epoca» disse pragmatica Heather.

Sandy fece spallucce, trincerandosi dietro un sorrisino irresistibile di scuse. «Mi dispiace.»

«È la signora che ti manda sempre le cartoline da uno stato diverso per il tuo compleanno.» Alice guardò Heather, gli occhi brillanti. «Non pensavo che questa volta l'avresti inviata da qui! Cosa fai da queste parti?»

«Lunga storia. Ho divorziato per la terza volta, e stavolta ho perso la causa.»

Alice si portò una mano alla bocca. «Oddio.» Le toccò la spalla, dicendo seria: «Ne parleremo, okay?»

In un'altra occasione, era il messaggio sottinteso. Heather tirò fuori dalla borsa un pacchetto colorato e lo tese a Sandy. «Per te.»

«Grazie zia, lo metto con gli altri.»

Sandy corse dentro, Alice riprese a organizzare il buffet e Alease rimase da sola con quella donna sgradevole. Dava molta importanza alla prima impressione e tutto in quella donna la infastidiva. La piega amara della sua bocca, la sua posa rigida, neanche avesse una scopa infilata nel sedere, il modo in cui osservava ogni cosa e ne pareva disgustata.

«Così, è quello suo marito» disse ad un certo punto, accennando al gigantesco nero che rideva coi suoi amici al barbecue.

«Sì.»

«Non me lo aspettavo proprio.» La disapprovazione che permeava tutta la sua figura si fece più evidente.

Alease si alterò. Avrebbe voluto difendere Bobby con passione. Aveva imparato ad apprezzarlo in quegli anni. Più volte l'aveva aiutata con altruismo, come quando aveva trasportato da solo il letto nuovo di Drew su per tre rampe di scale. E per il suo ultimo compleanno era stato lui a suggerire ad Alice di regalarle una libreria in legno, dopo aver visto che teneva i libri in vecchi scatoloni presi dal supermercato.

Ma Alease non era mai stata brava con le parole e si limitò a bofonchiare, trattenendo la rabbia: «È un brav'uomo. Avvocato» aggiunse, come se questo potesse sollevarlo nell'opinione della rossa.

Non aveva mai incontrato una donna con quei capelli. Nel suo immaginario e nei romanzi che amava leggere, le rosse erano ragazze giovani, bellissime e piene di carattere, combattive e sensuali. Di certo non erano delle specie di goblin arrabbiati e arroganti.

Si rivolse alla bambina che era ancora con loro. «Ti piacerebbe giocare con gli altri bambini?»

Lei annuì, ma Heather le serrò una mano sulla spalla. «Ti ho messo il vestito buono, Rebecca, non voglio che lo sporchi.»

«Sto attenta.»

«Non importa che tu stia attenta. Finisci sempre per cadere e sbucciarti le ginocchia.»

«La terrò d'occhio io» garantì Alease. «Lei intanto può rilassarsi con una mimosa.»

«Non bevo alcolici» disse freddamente Heather, come se lei invece fosse un'alcolizzata abituale.

Alease rinunciò a quella battaglia persa in partenza, prese la mano di Becca e sorrise. «Ti faccio conoscere mio figlio, Drew. Ha un anno più di te.»

La portò via rapidamente, prima che Heather potesse fermarle. Solo quando fu sommersa dalla marea di ragazzini, espirò tremando. Era la prima volta che sosteneva una conversazione così difficile con qualcuno. Fino ad allora le persone erano state cortesi ma distanti con lei; anche sul lavoro la trattavano bene ma non sembravano interessate ad approfondire la sua conoscenza. Heather invece l'aveva fatta sentire sporca e stupida.

Alease chiamò suo figlio, che era nel castello di scivoli e scale fatto costruire da Bobby. Drew scese agile come una scimmietta.

«Drew, questa è Becca. Portala a giocare con te e Jamison.»

Drew fece una smorfia, ma non disse nulla. I due bambini raggiunsero il negretto seduto sull'altalena. I bimbi erano fantastici; in cinque minuti potevano creare un'amicizia solida come le fondamenta di quella "casa più grande". Litigavano con la stessa facilità con cui si perdonavano. Si innamoravano tre volte al mese e alla fine di una relazione non provavano il desiderio di farla finita, ma guardavano avanti.

Se rimanessimo con la loro mentalità, ci sarebbe molta più felicità al mondo, pensò Alease.

Heather

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