23. BECCA HA 14 ANNI

Era un tranquillo venerdì sera. Becca se ne stava spaparanzata sul divano coi resti della pizza che aveva ordinato e una Coca-Cola già mezza finita che la faceva ruttare in continuazione. Sua madre era uscita, di nuovo. Ultimamente trascorreva tutti i fine settimana fuori. Doveva avere un uomo, non c'era altra spiegazione. Era successo altre volte, ma glielo aveva sempre detto. "Ho un appuntamento, stasera esco" oppure "sabato vado al cinema con un amico. Vuoi che chiamo la baby-sitter o ce la fai a stare da sola per qualche ora?"

Da quest'estate, però, sua madre si era fatta strana. Sorrideva di più, la trattava meglio e le concedeva molta più libertà. Però non le aveva mai parlato di un uomo. Beh, l'importante era che non lo portasse in casa. Non avrebbe più potuto gironzolare in mutande o essere sicura che un estraneo non aprisse la porta del bagno mentre lei sedeva sul water.

«Forse torno tardi questa sera» l'aveva avvertita prima. «Tu finisci i compiti e vai a dormire. Chiuditi a chiave dentro.»

Erano le undici passate e sua madre non era ancora tornata. Becca si sforzò di non immaginarla a casa del suo uomo, intenta a fare chissà quali porcherie.

Sbadigliò. Era stanca morta ma l'avrebbe aspettata sveglia, a costo di arrivare alle due del mattino, e poi l'avrebbe interrogata, magari emergendo dal buio come nei film e parlando in tono lugubre con una torcia puntata sul viso.

Qualcuno bussò alla porta. Becca abbassò il volume della tv, in ascolto. Bussarono di nuovo. Lei si alzò cauta e andò allo spioncino. Vedendo quel volto familiare sotto il cappuccio della felpa scura, tolse il catenaccio e aprì. «Cosa cavolo ci fai qui?»

Drew entrò incazzato nero. Aveva i pugni serrati ed era sudato. Doveva avere corso fino a casa sua. «Mia madre vuole che andiamo a vivere con quel serpente schifoso» disse tra i denti, tutto d'un fiato.

Ancora questa storia, pensò Becca, calmando la paura di averlo visto così fuori di sé. Aveva subito pensato a chissà quale tragedia, dimenticando che Drew era sempre il solito melodrammatico. «Sapevi che era questione di tempo. Io te l'avevo detto.»

«Oh, grazie, avevo proprio bisogno di un "te l'avevo detto"!»

Drew continuava a camminare avanti e indietro. A Becca sembrava una scena esagerata e quasi teatrale; andò a prende una lattina di Coca dal frigo e gliela tese. «Tua mamma sa che sei qui?» domandò osservando il suo pomo d'Adamo muoversi veloce su e giù.

«No, e non intendo dirglielo. Voglio che muoia di paura, così magari ripenserà alla cazzata che sta per fare.»

«Che stronzo che sei. Se tua mamma è felice, perché devi romperle tanto le palle?»

Drew la scrutò da sotto il ciuffo che si stava lasciano crescere. «Non dico che non deve avere un uomo. Ma non Harris. Ho una strana sensazione su di lui. So che nasconde qualcosa.»

Becca si voltò, perché la sua faccia non tradisse i suoi pensieri, ma Drew l'afferrò per la spalla, gridando: «Tu lo sai! Dimmelo!»

Becca tentò di liberarsi ma la stretta dell'amico era troppo forte, e si rassegnò. «È una cosa che mi ha detto Jamison tempo fa. Curt è stato processato per avere ucciso una sua fidanzata, ma non c'erano prove e così è stato assolto. Robert Clive era l'avvocato dell'accusa ed era convinto che l'avesse spinta giù dalle scale.»

Drew la lasciò andare, l'espressione tempestosa. «Ne sono convinto anch'io» asserì poi. «Ne sarebbe capace.» Guardò verso la tv. «Cosa stavi guardando?» Anche se Becca aveva abbassato il volume, si riuscivano a sentire comunque le urla di terrore dei ragazzi inseguiti dai mostri in "Quella casa nel bosco". «Non ti vengono gli incubi poi?»

Becca sbuffò derisoria. «Per chi cavolo mi hai presa?» Per quella gallina di Destinee?, stava per aggiungere ma si morse la lingua. Non voleva tirare in ballo quella piaga ora che poteva avere Drew tutto per sé.

Era rimasta sconvolta scoprendo non solo che la sua "sorellastra" frequentava la loro scuola, ma anche che Drew si era perdutamente invaghito di lei al primo sguardo. E come dargli torto? Era di una razza aliena, talmente bella da mozzare il fiato. Non che Becca se ne fosse mai accorta più di tanto. Lei l'aveva conosciuta intimamente, aveva intravisto la sua anima fredda e insensibile, aveva subito i suoi scherzi crudeli, le sue prese in giro, i suoi sogghigni di acida pietà.

Tramite sua madre, che aveva interrogato angosciata il giorno stesso dell'atroce scoperta, aveva scoperto che da quando Destinee e Pearl erano state sfrattate dalla villa di Durham si erano trasferite nell'appartamento di Rudy a Hope Mills, e Pearl aveva iscritto la figlia alla scuola più vicina. Non la prestigiosa scuola privata che aveva sognato per la sua principessa sul pisello, ma la ben più mediocre e popolare Gray's Creek.

Da quando era cominciata la scuola si erano incrociate in corridoio solo una decina di volte, e sempre Destinee l'aveva interpellata con sarcasmo e maligna ironia, insieme alle sue amichette che si portava sempre dietro come cucciolotti ansiosi di compiacerla. Becca le rispondeva sempre per le rime e poi guardava Drew, con un'espressione che significava: "e mi vuoi dire che a te piace quella stronza?". Ma Drew rideva, diceva che era comico vederle discutere, che era convinto che un giorno sarebbero diventate migliori amiche. Becca non riusciva a credere che fosse così ingenuo e che la sua cotta non fosse ancora sfumata nonostante l'avanzare dei mesi e nonostante quei due non si fossero mai rivolti la parola. Forse era proprio quello il problema. Se solo le avesse parlato, Drew avrebbe scoperto sulla sua pelle quanto poteva essere cattiva, l'avrebbe mandata al diavolo e sarebbe tornato da Becca, dicendole che aveva ragione, che Destinee era una puttana di nome e di fatto e non valeva neanche un minuto del suo tempo.

Drew si era buttato sul divano, dopo essersi tolto le scarpe e avere ammassato i cuscini per stare più comodo. Non c'erano mai molte formalità tra loro quando erano da soli.

«Vuoi fermarti qui stanotte?» gli chiese.

«Non ci torno a casa, e se mia madre vuole vivere con quell'essere me ne andrò per sempre.»

«Posso chiedere alla mia se puoi stare qui, ma non abbiamo una stanza degli ospiti.»

«Tu hai un letto grande.»

Becca si sentì aumentare le pulsazioni all'idea che potessero dormire insieme. Avrebbe potuto vegliarlo mentre si addormentava e poi accarezzarlo quanto avesse voluto!

Si schiarì la voce, girandosi in modo che non notasse le sue guance in fiamme. «Sono abituata ad occuparlo tutto, mi muovo sempre e russo.»

«Russo anch'io, e a volte parlo nel sonno.»

«Che coppia!» ridacchiò nervosa Becca.

Drew si fregò le mani, d'un colpo più sereno alla prospettiva di fare un pigiama a party con la sua migliore amica. «Allora, hai schifezze da mangiare?»

Mangiarono patatine e biscotti fino ad averne la nausea. Terminato il film andarono a letto. Becca non voleva che sua madre lo vedesse e facesse domande. Le avrebbe spiegato tutto domattina.

«Non mi sono portato il pigiama» disse Drew, una volta in camera.

«Prendi una delle mie maglie, e stai pure in mutande, si muore di caldo.»

Gliene lanciò una che stava larga anche a lei e Drew la indossò. Becca sbirciò il suo corpo magro e ben definito, vergognandosi all'improvviso del proprio aspetto sciatto. Lei era grassa, coi capelli da lavare e in tuta da ginnastica. Ormai non nutriva più speranze che Drew potesse considerarla. Da quando lo aveva visto divorare con gli occhi la sua sorellastra, aveva capito che era il tipo di ragazza come Destinee che aveva successo con i maschi. Quelle belle, magre e sempre tirate a lucido. Becca non sarebbe mai stata così, non lo voleva il suo corpo – aveva sempre fame, avrebbe mangiato ogni secondo – e non lo voleva la sua testa. Aveva provato un giorno a usare i trucchi di sua madre, ma aveva combinato solo un gran pasticcio e aveva rinunciato per sempre.

Andò a cambiarsi in bagno, col pretesto di fare pipì. E, anche se faceva caldo, indossò i pantaloni lunghi. Non voleva vedere la faccia inorridita di Drew davanti al suo culone.

Spese la luce sul comò. «'Notte allora.»

«'Notte.»

Gli diede le spalle e chiuse gli occhi, ma non ci fu verso di prendere sonno. Ascoltò il respiro di Drew calmarsi fino a diventare un sussurro regolare. Quando fu sicura che si fosse addormentato, gli strisciò accanto. La luce lunare penetrava dalle finestre, illuminando i dettagli del suo bel viso. Becca si domandò da chi avesse preso tanto fascino. Alease aveva un viso comune e il naso allungato. Inoltre era piccola e minuta, mentre Drew l'aveva già superata di vari centimetri e prometteva di diventare ancora più alto.

Becca allungò una mano ad accarezzargli il viso. Drew non si mosse. Allora, col cuore che galoppava nel petto, Becca accostò le labbra alle sue, imprimendovi un bacio leggero.

Drew si ritrasse, spalancando gli occhi. «Cosa fai?!»

Becca schizzò via, vergognandosi da morire.

Avrebbe desiderato che il letto si aprisse e la inghiottisse per sempre.

Aprì e chiuse la bocca come un pesce ritardato, senza sapere cosa dire, che bugia inventare.

«Ohi, ci sei? Perché...? Cos'era, un bacio?» insisté Drew, esterrefatto, come se fosse stata l'esperienza più allucinante che avesse mai vissuto.

Becca serrò i pugni. Ormai la frittata era fatta... «Scusa. È che mi piaci. Pensavo l'avessi capito.» Quella era una menzogna. Si era fatta in quattro per non lasciare indizi sulla sua cotta. Aveva pensato che forse la sfuriata per Destinee l'avesse tradita, ma Drew aveva creduto che fosse solo in collera per il fatto che gli piaceva la sua odiata sorellastra.

Drew sgranò gli occhi e le sue sopracciglia schizzarono fin quasi all'attaccatura dei capelli. «Io ti...? Ma... ma da quando?!»

«Qualche anno.»

Lui era più sconvolto che mai. «Ma noi siamo amici.»

«Lo so.»

«Tu mi piaci come amica, ma...»

«Lo so» ripeté Becca. Lo sapeva davvero, ma faceva comunque male sentirselo dire. «Non succederà più, te lo giuro. Restiamo come prima?» domandò ansiosa. Non poteva perderlo. Era il suo migliore amico, il suo confidente, la sua spalla, il suo complice. Perdere Drew sarebbe stato come se un emisfero del suo cervello avesse smesso all'improvviso di funzionare.

Lui era dubbioso. «Sei sicura di riuscirci?»

«Sì.» C'era riuscita fino a quel momento. Ma cosa cavolo le era passato per la testa di fare?! Tentò un sogghigno dei suoi. «È solo una cotta, mica amore, tranquillo. Non ti violenterò mentre dormi.»

Drew sorrise incerto, la fronte aggrottata. «Tu sei strana forte. Uno pensa di conoscerti...» Scrollò le spalle, tornando a stendersi. «Dai, dormiamo. E se mi sveglio con un succhiotto sul collo mi mangio tutta la tua colazione.»

Becca rise. Quella risata le fece male la gola e provò il gran bisogno di piangere. Ma perché trattenersi?

Gli diede le spalle e le lacrime iniziarono a scivolarle lungo il volto paffuto.

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