22. ALEASE HA 32 ANNI
Alease era finalmente felice. Aveva tutto quello che dalla vita poteva desiderare. Un figlio in salute che aveva - grazie a Dio! - deciso di proseguire gli studi e non se la cavava neanche troppo male. Una carriera finalmente soddisfacente presso la nuova libreria che avevano aperto a Hope Mills in cui lavorava dalle otto a mezzogiorno e dalle due alle sei, sabato e domenica esclusi. Un uomo che amava alla follia e con cui trascorreva ogni momento libero.
Curt era splendido. Stavano insieme da diciotto mesi ed ogni giorno sembrava il primo, ugualmente intenso e travolgente. Ma dovevano essere discreti; Drew non aveva preso bene la loro relazione e in sua presenza Alease si sentiva sempre a disagio, come se stesse facendo qualcosa di sbagliato. La colpa era anche sua. Aveva dato al figlio l'immagine idealizzata di un padre eroe al cui confronto nessuno poteva reggere. Non poteva confessargli che Curt era mille volte migliore del mostro che l'aveva ingravidata. Probabilmente Drew non le avrebbe nemmeno creduto, pensando che volesse solo far fare una bella figura al suo fidanzato.
Alease non aveva mai trascorso una notte insieme a Curt. A volte la sera uscivano insieme, facevano l'amore a casa di lui e poi Alease tornava da Drew. Avrebbe tanto voluto trascorrere con Curt ogni secondo, ma sapeva accontentarsi. Per anni non aveva avuto nulla, tranne sofferenze prolungate. Il presente invece era più luminoso che mai.
La porta di casa si aprì e Drew entrò con lo zaino. Si era fatto più alto, in quei mesi. Ormai l'aveva superata di mezza testa, ma a lei sembrava sempre un bambino.
«Ehi, com'è andata a scuola?» gli chiese, sorridendo.
«Sono stato interrogato in storia. Non è andata male.» Un eufemismo per dire che aveva preso un po' più della sufficienza. Drew non era una cima, ma riusciva a stare a galla. Aveva preso poche insufficienze gravi dall'inizio dell'anno, e questa era l'unica cosa che contava.
«Fantastico! Ti ho preparato gli spaghetti con le polpette. So che li hai mangiati da Alice e ti sono piaciuti tanto, quindi mi sono fatta dare la ricetta.»
Drew si lavò le mani e si sedettero insieme a tavola. Il ragazzo prese una forchettata. «Buoni!»
Alease si illuminò. Era sempre bello ricevere un complimento da suo figlio. Stava diventando un adolescente intrattabile, le parlava sempre meno e non le confidava più segreti come una volta, ma oggi doveva essere una bella giornata per lui, perché iniziò a chiacchierare.
«Abbiamo una bidella stramba, una negra enorme che parla un sacco. La chiamiamo Large Marge. Girano voci che una volta fosse la perpetua di un prete e che abbia trovato il suo cadavere stecchito in Chiesa.»
«A scuola giravano tante voci anche ai miei tempi, e quasi nessuna era vera. E con la tua classe come ti trovi?»
«C'è solo Becca. Gli altri sono sfigati o snob.»
«Sarebbe bello se ti facessi altri amici.» Era l'unica cosa che la preoccupava davvero. Drew non aveva amici, a parte Freddy della squadra di calcio. Temeva che gli altri ragazzi lo evitassero, magari perché non indossava capi firmati e usava libri di seconda mano. Temeva di essere la responsabile del suo isolamento. Drew non le aveva mai spiegato perché non avesse amici, e quindi non aveva mai dissipato il suo dubbio.
Fece spallucce. «Non mi interessa.»
«E le ragazze?» domandò maliziosa Alease.
«Non gli interesso.»
«Impossibile!» Gli carezzò la guancia. «Sei così carino.»
Lui le allontanò la mano, sbuffando. «Mammaaa!»
Alease sorrise e iniziò a lavare i piatti mentre il figlio si buttava sul divano con il joystick della play station in mano. «Oggi hai calcio, vero?»
«Sì. Ci prepariamo per la partita.»
«Mi raccomando, stai attento.»
«Rincorro una palla, mamma.»
«Gli infortuni sono frequentissimi in ogni sport. Cerca solo di non slogarti una caviglia e di non farti uscire un ginocchio.» Era apprensiva ogni volta che Drew usciva di casa. Temeva sempre che accadesse qualche tragedia, che una macchina lo investisse o gli cadesse una tegola in testa o un fulmine lo polverizzasse.
«Okaaay. Tu sì che mi incoraggi a dare il meglio di me!»
Alease rise. «Stasera esco con Curt. Ti preparo la cena e poi vado. Cosa vuoi mangiare?»
Breve pausa. «Mi è indifferente.»
Il cambiamento nel suo umore era stato repentino. Alease avvertì quella nota dura nella sua voce e sospirò. Si asciugò le mani su uno strofinaccio e andò a sedersi sul divano. «Vorrei tanto poterti far cambiare opinione su di lui. Curt è davvero straordinario.»
«Se lo dici tu.» Drew continuò a uccidere zombie, gli occhi fissi sulla tv.
Alease stropicciò lo straccio tra le dita rugose di acqua. Quanto sarebbe andata avanti quella storia? Drew non aveva più avuto reazioni isteriche come la prima volta che aveva scoperto la sua relazione con Curt, ma da allora detestava anche solo sentirne il nome, figurarsi trascorrere del tempo con lui. Ma così Alease non aveva mai la possibilità di fargli capire quanto meraviglioso Curt fosse, e quanto lei lo amasse.
«Ti va di stare con Marvin stasera?» tentò.
«Volevo giocare alla play» si lamentò subito lui.
«Fai giocare anche Marv. Gli piaci molto, sai. Sei il suo eroe.»
Drew sbuffò. Non che non gli piacesse Marvin, ma era dura per lui fare da baby-sitter a un bambino di sei anni che era pure il figlio del suo nemico giurato. Ma alla fine acconsentì con un grugnito.
«Grazie. Ti voglio bene...»
«Chiamami ancora Didi e stasera vi portate dietro il moccioso!»
Alease sorrise con una certa amarezza. «Quand'è che sei cresciuto?» domandò scherzosa, dandogli un bacio sulla tempia che lui subito si pulì con la mano.
...
Curt l'attendeva sotto casa. Indossava un abito gessato grigio scuro con la cravatta nera. Come sempre la spogliò con lo sguardo, prima di divorarle le labbra con un bacio appassionato cui Alease rispose colma di gioia. I baci tra loro erano sempre così, come se non ne avessero mai abbastanza o fossero stati lontani per mesi.
«Bellissima» mormorò Curt, osservando il suo corto vestito nero, col cinturino che evidenziava i piccoli seni. Lo aveva comprato col suo ultimo stipendio ed era felicissima che lui apprezzasse.
«Tu sei ancora più elegante del solito. È un'occasione speciale?»
«Lo sai. Un anno e sei mesi da quella volta nella giostra degli orrori.» I suoi occhi brillarono e Alease rise, seguendolo in auto.
«Non pensavo te ne ricordassi. Gli uomini non hanno memoria per gli anniversari, o così mi ha detto Alice. Non sono mai stata abbastanza a lungo con una persona per verificarlo.»
Curt le tenne la mano mentre guidava fino al ristorante dove aveva prenotato. Trascorsero una bella serata, chiacchierando senza mai pause imbarazzanti. Era una loro particolarità: anche se stavano insieme da tanto e si vedevano così spesso, avevano sempre cose da dirsi.
Arrivato il dolce, Curt estrasse qualcosa dalla tasca dell'abito. «Ho pensato fosse il regalo giusto per celebrare il tempo passato insieme.»
Era una scatolina adornata da un fiocco. Alease si sentì arrestare il battito cardiaco. Si portò una mano alla gola. «È...?»
«Aprilo» la incoraggiò Curt.
Lei esitò. Poteva davvero essere...? E lei come avrebbe reagito se effettivamente...?
Decise di non torturarsi oltre e prese la scatolina. Sciolse il fiocco con dita tremanti e l'aprì.
Dentro c'era una chiave.
Curt le prese la mano, guardandola negli occhi. «Alease Goodwin, vuoi venire a vivere con me?»
Alease si ricordò di respirare. Rise e pianse ed esclamò: «Oddio sì! Sì sì!» Gli buttò le braccia al collo, baciandolo. «Ti amo!»
Curt le carezzò il viso, guardandola come se fosse la cosa più preziosa del mondo. «Ti amo anch'io. Per la nostra prima colazione insieme ti preparerò i muffin più buoni che tu abbia mai mangiato. Poi dovrai pensarci tu.»
Alease rise ancora, scaricando la tensione accumulata. «Ah è così? Posso ritirare la mia risposta?»
«È troppo tardi» rispose Curt, serio. «Per tutto.» Alease si perse nei suoi occhi di ghiaccio. «Non hai idea di quanto tu sia diventata importante per me, Alease.»
Lei lo baciò di nuovo, il cuore gonfio di tenerezza. «Andiamo da te» sussurrò poi.
Non aspettarono neanche di chiudere la porta. Si svestirono per le scale, si gettarono sul letto e non si fermarono perché Alease si togliesse i tacchi o Curt la canottiera. Fecero l'amore con urgenza, senza freni, facendo sbattere la testiera del letto contro il muro. Nel momento finale, Alease gridò a lungo, frastornata dal piacere, mentre Curt si svuotava dentro di lei.
Dopo, rimasero accoccolati sotto le coperte. Curt le accarezzava la spalla. Mormorò: «Solo perché tu lo sappia, avrei messo qualcos'altro dentro quella scatolina. Se non l'ho fatto, è stato per dare tempo a tuo figlio di abituarsi a noi. Quando ci sposeremo, perché ti costringerò prima o poi, questo» e indicò la camera, «sarà per sempre.»
Alease sentiva le lacrime pungerle gli occhi. Quando aveva visto la scatolina aveva avuto paura. Paura di non essere pronta, ma soprattutto paura della reazione di Drew. La chiave era meno compromettente, ma sarebbe stato comunque un grande cambiamento nelle loro vite. Drew avrebbe dovuto accettarlo, perché lei aveva finalmente la possibilità di essere felice.
Lo baciò ancora e ancora. «Sei fantastico, Curt. Sei l'uomo migliore che io abbia mai conosciuto.»
Lui non disse nulla e lentamente Alease si assopì, cullata dal ritmo del suo respiro sotto la guancia, confortata dal calore che emanava.
Molto più tardi, le sembrò di udirlo sussurrare: «Non si conosce mai davvero una persona.»
Ma forse stava già sognando.
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